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Chris Thile: Not All Who Wander Are Lost Il termine “enfant prodige” è sempre stato visto con una buone dose di perplessità e scetticismo nel campo musicale: tranne rare eccezioni, quasi sempre tutta l’abilità dei bambini prodigio si risolve in puro sfoggio di una abilità tecnica fine a se stessa, senza la presenza di una “sostanza” artistica apprezzabile. Il giovanissimo mandolinista americano Chris Thile costituisce in questo senso una piacevole eccezione. Provate un po’ a immaginare la scena: il piccolo Christopher Scott Thile alla tenera età di due anni viene portato da mamma e papà in una di quelle pizzerie americane con la band che suona dal vivo in sottofondo musica bluegrass. Il piccolo Chris osserva e sente suonare il mandolinista della band, John Moore e…ad onta dell’età il pargolo prende “la” decisione della sua vita: il mandolino sarebbe stato per sempre il suo compagno inseparabile. Sogni di un bambino? Neanche per sogno! Invece di chiedere trenini e costruzioni, il piccolo Chris desidera, vuole, pretende un mandolino. All’età di cinque anni i genitori, esausti per le continue richieste del piccolo Chris, decidono finalmente di accontentarlo, e gli regalano il tanto agognato strumento: da allora in poi non vi è stato un solo giorno in cui Chris Thile non sia stato con il mandolino tra le mani. E i risultati si iniziano ben presto a vedere: all’età di otto anni si affiancano a questa giovane promessa i coetanei Sara Watkins al fiddle e Sean Watkins alla chitarra: è la nascita del gruppo Nickel Creek, ormai insieme da oltre dieci anni. A 12 anni Chris viene scritturato dalla Sugar Hill Records, ed il suo primo album, Leading Off, desta grande scalpore nell’universo dei mandolinisti americani. Tornando ai Nickel Creek, la band ha di recente inciso un omonimo CD (sempre per la Sugar Hill) che nel breve giro di un anno si è guadagnato due nomination ai Grammy ed è entrato nella Top 20 della classifica di Billboard nella categoria Country Music. Ancora, la musica dei Nickel Creek è stata descritta con toni iperbolici dal New York Times, e il TIME Magazine si è spinto a parlare di Chris, Sara e Sean in termini di “Music Innovators for the Millennium”. Oggi Chris Thile ha raggiunto la veneranda età di venti anni (!), non è più considerato semplicemente un bambino prodigio, e il suo nome figura a ragione tra i grandi del mandolino mondiale, a prescindere dai generi musicali. Se infatti è vero che la sua origine è ragionevolmente da collocare nella bluegrass music, è innegabile che nella sua musica siano presenti le più svariate influenze, dal jazz al rock alla musica classica, con una sostanziale vena “celtic”, nettamente percepibile del resto anche nelle incisioni con i Nickel Creek. Ciò che colpisce maggiormente in questo incredibile talento musicale sono, a parte la sensazionale abilità tecnica, la versatilità e il gusto presenti nelle sue registrazioni: non si può parlare esclusivamente di bluegrass né comunque, a ben vedere, di un ben definito genere musicale. Non a caso la critica musicale di giornali come USA Today e il Chicago Tribune si è espressa, a proposito di Chris Thile, in termini di “acoustic innovator” e di “future Of American acoustic music”. A onore del mandolinista va inoltre il merito di non essersi montato la testa, nonostante la giovane età e le lusinghiere definizioni che già da qualche anno accompagnano la sua musica. Thile ammette infatti serenamente di comprendere bene di trovarsi ancora in una fase iniziale del suo sviluppo artistico: “Cerco sempre di migliorare la mia conoscenza della tastiera, di impadronirmene sempre meglio da un punto di vista tecnico. Da questo punto di vista i miei modelli sono i pianisti e i violinisti classici e i sassofonisti jazz. Alla base della mia filosofia musicale vi è il continuo miglioramento, non tanto da un punto di vista tecnico, ma in funzione di una migliore espressione delle mie tendenze artistiche. A chi mi chiede quali siano le mie influenze musicali, posso mostrare la musica che ascolto in macchina: Pat Metheny, J.S. Bach, Radiohead, Bela Fleck…” Recentemente è stato pubblicato, sempre dalla Sugar Hill Records, il terzo CD di Chris Thile, intitolato Not All Who Wander Are Lost, ovvero “Non tutti quelli che vagano si sono persi”. La spiegazione di questa altrimenti sibillina affermazione è nelle note di copertina redatte dallo stesso mandolinista: “Il concetto alla base di questo album è che comunque è sempre meglio vagare insieme a qualcuno, che non da soli. Certo, mi piace comporre, ma arrangiare, provare e alla fine registrare la mia musica assieme a questi musicisti è stato per me il classico sogno che si avvera! Sono infatti cresciuto musicalmente ascoltando la loro musica, e suonando insieme a questi grandi musicisti ho cercato di capire cosa ci accomuni e cosa d’altro canto li renda così unici: ci unisce il gusto dell’esplorazione musicale, e ciò che li diversifica è quello che ciascuno di loro riesce a offrire e il modo in cui ci presenta la propria individuale esperienza artistica. La musica di questo CD rappresenta ciò che ho osservato, sperimentato e creato grazie a queste grandi collaborazioni”. E ad osservare la line-up di questo CD ci si rende conto che ad accompagnare Chris Thile in questa sua nuova avventura discografica è presente il meglio della new acoustic music americana: in varie formazioni sono infatti presenti Bela Fleck al banjo, Jerry Douglas al dobro, Stuart Duncan e Sara Watkins al fiddle, Edgar Meyer e Byron House al basso, Bryan Sutton e Sean Watkins alla chitarra e Jeff Coffin al sax tenore. Sul CD allegato a Keltika di questo mese è presente il brano “Big Sam Thompson”, tratto da Not All Who Wander Are Lost, evidente esempio dell’importanza della celtic music nell’esperienza artistica di Chris Thile: il brano è dedicato a un antenato di Chris, a quanto pare star del baseball americano degli inizi del secolo scorso. Per stessa ammissione di Chris inspiegabilmente nel suo cervello vi è una curiosa associazione mentale tra il baseball e la musica celtica! Ad accompagnare il mandolinista in questo “Big Sam Thompson” sono Sean e Sara Watkins, ovvero il resto dei Nickel Creek, e Byron House al basso. È una fiddle tune che parte con una lenta e malinconica presentazione del tema per poi scatenarsi liberamente fino a un travolgente finale: energia allo stato puro, e chiara dimostrazione delle grandi qualità di compositore, arrangiatore e strumentista di questo ex bambino prodigio, dai più considerato ormai, giustamente, il nuovo messia del mandolino. Testo di Alfredo De Pietra © New Sounds 2000 |