Barry Mc Cabe
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Barry McCabe – The Peace Within

Intervista di Alfredo De Pietra

Evviva il Celtic blues!

Una commistione musicale difficile da immaginare: chitarra elettrica e uilleann pipes, blues e Irish music. Un disco di rara intensità e bellezza, con due delle sue splendide track sulla nostra compilation. Dedicato al grande bluesman irlandese Rory Gallagher.

I lettori di “Keltika”, ascoltando sul CD di questo mese il brano “Istanbul Blues” di Barry McCabe, penseranno che siamo impazziti…Blues? Blues, e per giunta di ottima fattura, d’accordo, ma cosa c’entra il blues con la musica celtica? E invece sì, che c’entra: abbiate fiducia, aspettate un paio di minuti e rimarrete sbalorditi, nel momento in cui irrompe un assolo a opera delle uillean pipes – sì, non stiamo scherzando – di Davy Spillane. E che solo! Pieno di blue notes, come tradizione (blues) comanda, con tanto di bending, e con il mood giusto…

Andiamo poi a vedere le foto di questo chitarrista, Barry McCabe (http://www.barrymccabe.com/), e anche lì siamo abbastanza al di fuori dello stereotipo del musicista “tipo” che compare sul nostro magazine: una vaga somiglianza con il Jimmy Page di zeppeliniana memoria, chitarrona elettrica, lunghi capelli ricci e abbigliamento tipico della rockstar anni Settanta.

Insomma, come avrete capito, siamo di fronte a una nuova fusion, che francamente non ritenevamo neanche immaginabile prima di aver fatto conoscenza con McCabe: blues e musica irlandese, tradizione musicale dei neri d’America e di uno dei popoli europei che più ha sofferto nei secoli. Ma ancora una volta, quando alla base di queste esperienze ci sono onestà d’intenti, senso artistico e maestria tecnica (e sia McCabe che Spillane ne hanno da vendere, di queste qualità), i risultati non possono che essere brillantissimi: The Peace Within è un bellissimo disco, perfetto per l’appassionato di blues ma stimolante per chi ama la musica irlandese.

Incuriositi dall’audacia artistica del suo autore, abbiamo anche scoperto che Barry McCabe è un profondo conoscitore del pubblico italiano…

Barry, il suo ultimo CD si intitola “La pace interna”; e anche in copertina la parola pace è menzionata spesso…

Sì, ha ragione, il CD in generale e anche il suo titolo parlano di pace…Per cominciare, non penso alla pace come a un concetto astratto: la gente finora ha cercato di trovare la pace nel modo sbagliato, e forse proprio per questo motivo non riesce a raggiungerla. Bombardare una nazione con cui si è in guerra, e chiamarla “pace” una volta che la guerra è finita ed è stata vinta, non ha nulla a che vedere con la pace, e anzi ne è l’esatto opposto. La vera pace può provenire invece solo dal proprio intimo: quando sei in pace con te stesso sei in pace con il mondo intero, e solo allora avrai la pace nel mondo! Ecco perché, secondo me, ciascuno di noi deve lavorare su queste tematiche in prima persona, ed ecco perché ho chiamato il CD The Peace Within, ovvero la pace che proviene dall’interno…

Oltre che di pace, nelle note di copertina parla della sua scoperta di una nuova “dimensione musicale”. E allora, che ci dice di questo suo incontro con la musica tradizionale irlandese?

Beh…innanzitutto sono irlandese, e quindi anche se fino a questo CD non mi ero mai cimentato con l’Irish traditional, in fondo è una musica con cui sono stato costantemente in contatto. È  presente nella mia mente in modo subconscio a prescindere dalla mia volontà. Quando ero giovanissimo, come la maggior parte dei teenager mi entusiasmai per il rock, innamorandomi della musica di Rory Gallagher e più in generale del blues: a conquistarmi era stata l’energia di quella musica, e allora mi sembrava che questa potenza non fosse presente nella musica tradizionale. Solo col tempo ne ho compreso la forza espressiva, che arriva all’ascoltatore in modo differente. Attualmente ascolto molto spesso i dischi della Bothy Band, e grande è stata la mia sorpresa quando ho scoperto che un loro disco risale addirittura al 1972, proprio come Gallagher. A un certo punto della mia vita sentii il bisogno di capire chi veramente io fossi – non ciò che la mia famiglia o il mio Paese volevano che io fossi – e fu proprio durante quel periodo di auto-analisi che scoprii che musica tradizionale e blues avevano molte caratteristiche in comune: entrambe potevano essere molto melanconiche, o al contrario piene di furore. In sostanza riuscii finalmente a collegarmi con il contenuto emozionale dei due stili musicali. E in seguito scoprii, con grande sorpresa, che anche da un punto di vista strettamente musicale le analogie non mancano. In entrambi i casi si tratta di musica che chiamerei “ancestrale”, che origina dai desideri e dalla sofferenza di due popolazioni: i neri che vivevano in schiavitù in America, e gli irlandesi, governati da qualcuno che irlandese non era.

Ma è veramente così facile far convivere blues e Irlanda? Non ci sono difficoltà in questo matrimonio?

Per quanto mi riguarda, alla luce di questo mio The Peace Between, è un matrimonio che funziona perfettamente: anzi, è proprio un’unione da favola! Alcune canzoni si prestano in modo particolare a questa fusione di stili, ed è proprio quello su cui ho intenzione di concentrare il mio lavoro per il mio prossimo album. Ad esempio proprio la mia versione di “Istanbul Blues”, che i lettori della vostra rivista potranno ascoltare sulla compilation allegata al magazine, riesce a fondere i due stili in modo splendido. Anche “One Of These Nights” si presta egregiamente al mix, ma in quest’ultimo caso l’ingresso delle pipes, verso la fine del pezzo, lo porta verso una direzione abbastanza differente.

Ecco, appunto, le pipes, suonate dal grande Davy Spillane…Com’è andata?

In modo fantastico, veramente! Davy è una persona dolcissima e un musicista straordinario. Ma lo sa che quella era la prima volta che mi trovavo così vicino a un set di uilleann pipes? Nella contea di Cavan, di cui sono originario, si suonano molto di più il fiddle e l’accordion. Comunque, Davy è veramente un grande professionista, e quindi lavorare con lui è stato molto facile. In qualche caso mi chiedeva, prima di registrare, cosa io desiderassi in particolare, ma in altre canzoni sapeva in modo istintivo ciò che ci voleva. E non si è mai comportato da super-star, sa? Provi a immaginare la scena: io che suono nello studio di registrazione di Davy, il più famoso uilleann piper al mondo! Immediatamente prima che con me, aveva suonato con personaggi del calibro di Van Morrison e Chris Rea, e dopo di me avrebbe suonato con Bryan Adams! Tornando alla sua domanda precedente, sull’unione tra blues e musica irlandese, io non sapevo che le pipes possono suonare solo in alcune tonalità, e fortunatamente le canzoni scritte per questo album erano proprio nelle tonalità giuste per quello strumento: la dimostrazione che gli dei mi tenevano per mano, mentre lavoravo a questo CD!

Barry Mc Cabe e l’Italia…

Beh, io amo l’Italia! Ho la fortuna di avere in Italia un promoter eccezionale, e fin dalla prima volta le cose da voi sono andate in modo splendido…e pare proprio che al pubblico italiano piaccia la mia musica, quindi è un amore ricambiato. Mi piace il carattere degli italiani, estroverso, aperto, casinista…insomma tutte le caratteristiche che mancano a noi irlandesi. Noi tendiamo a essere più riservati, più calmi, e sono proprio queste differenze che mi colpiscono di voi. E poi, naturalmente, mi piace il vostro sole – dico, ha presente il nostro clima, no? – e il cibo! Ho avuto la fortuna di suonare un po’ in tutta Italia, non solo il tradizionale circuito del nord, e anzi ricordo in modo particolare alcuni concerti nel sud Italia: la gente era felice al solo pensiero che avessimo viaggiato tutto il giorno per venire a suonare per loro, e ne uscirono alcuni dei miei migliori concerti in assoluto…come vede, conservo ancora splendidi ricordi di quel viaggio, e il solo fatto di parlarne mi fa venir voglia di tornare a suonare da quelle parti!

Abbiamo detto di “Istanbul Blues”. L’altro brano, tratto da The Peace Within, che lei regala ai lettori di “Keltika”, è “The Emigrant” ed è dedicato a Rory Gallagher...

Mi innamorai della musica di Rory quando avevo quattordici anni: il primo disco che ho comprato era suo, e sono stato un suo fan fino al giorno della sua morte. Ora, dopo aver lavorato a The Peace Within e alla fusione con la musica tradizionale, riesco a cogliere tracce di musica irlandese anche nella musica di Gallagher: forse per lui  si trattava di qualcosa di subconscio, anche se negli ultimi tempi si dedicò maggiormente alla musica irlandese, registrando con i Furey Brothers e con i Dubliners. Dopo la sua morte avevo in mente di scrivere qualcosa dedicato a lui, ma volevo assolutamente evitare di scrivere un testo retorico, e così mi orientai per una composizione musicale. Davy ha molta parte in quella tune (l’abbiamo scritta insieme); durante la registrazione della sua parte guardavo l’oceano Atlantico, attraverso le finestre del suo studio d’incisione, e alla fine il suono del suo low whistle continuava ad andare avanti e indietro, alla stessa maniere delle onde del mare. In quell’attimo realizzai che nel tempo moltissimi irlandesi avevano lasciato la propria terra per attraversare quelle onde e diventare emigranti in altre nazioni, e che questo valeva anche per Gallagher: per questo motivo ho chiamato questo pezzo “The Emigrant”. E d’altra parte Rory aveva suonato anche in un disco di Davy, così in qualche modo il cerchio si è chiuso…