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Duck Baker, Maggie Boyle & Ben Paley - The Expatriate Game Testo di Alfredo De Pietra La musica degli emigranti A distanza di trent’anni dai primi dischi acustici per la Kicking Mule, Duck Baker torna sulla breccia in compagnia di Maggie Boyle e Ben Paley, alla riscoperta del folk irlandese e americano. Due i brani in compilation. I lettori di questa rivista non più giovanissimi, diciamo quelli che hanno ormai raggiunto la cinquantina, e che si appassionarono a questa musica sin dagli anni dell’adolescenza, ricorderanno senz’altro la gloriosa Kicking Mule Records. Erano gli anni Settanta e suonare la chitarra era un fatto quasi scontato per i ragazzi di allora. Per i chitarristi appassionati di fingerpicking di quegli anni, il catalogo Kicking Mule era una sorta di paradiso, una specie di pozzo dei desideri: il meglio del fingerpicking mondiale incideva per questa piccola etichetta londinese (la sede era in una anonima casetta alla periferia della capitale inglese, ci andai personalmente quasi in pellegrinaggio), ma a parte questo ogni vinile veniva accompagnato dalle partiture in intavolatura per chitarra dei brani dell’album, in modo che gli amatori potessero “tentare” (ahimè, quasi sempre con risultati catastrofici) di eseguire i capolavori acustici di grandi come Davey Graham, John Renbourn, Dave Evans, Duck Baker… Già, Duck Baker. Per molti versi era il più eclettico di tutti, da tanti punti di vista. Innanzitutto colpiva l’irridente facilità con cui spaziava da un genere musicale all’altro. Mentre gli altri chitarristi erano facilmente identificabili con un ben particolare versante artistico Baker, americano originario della Virginia, era perfettamente a proprio agio in campi apparentemente distanti tra loro come l’Irish traditional e il jazz, l’old time music e il ragtime. Mostruosamente bravo e preciso, a prescindere da qualsiasi cosa suonasse, al punto da innervosire più di un chitarrista dilettante! A parte questo, Duck Baker si contraddistingueva anche perché era l’unico picker della famiglia Kicking Mule che avesse scelto la chitarra con le corde in nylon, la chitarra classica per intenderci, e ciò non faceva che accrescere le difficoltà dei giovani chitarristi in erba (tra i quali ahimè anche l’autore di questa recensione) che tentavano di “rifare” alla meno peggio quei pezzi così complessi… Bene, con questa nostalgica premessa, capirete bene la piacevole sensazione che chi scrive ha nel recensire questo The Expatriate Game: a distanza di oltre trenta anni Duck Baker è infatti più in forma che mai, sempre con la sua chitarra classica tra le mani, e sempre con il suo singolare eclettismo. La tecnica è immutata e la sensibilità musicale si conferma finissima. Nel suo continuo ondeggiare da un genere all’altro, in The Expatriate Game il chitarrista americano si sposta questa volta sul versante tradizionale, come confermato dal sottotitolo del disco, “Traditional Irish & American Music”. Questo album è per molti versi il frutto di una “europeizzazione” di Baker, sempre più spesso residente nella capitale dell’Inghilterra. In realtà i semi di The Expatriate Game risalgono a un precedente disco del 1998, The Fairy Queen, in duo con il fiddler Kieran Fahy. A Baker quel progetto piaceva, ma si rendeva necessaria l’aggiunta di un terzo strumento per diversificare la struttura musicale complessiva. La scelta cadde su uno dei nomi “gloriosi” della comunità irlandese trapiantata a Londra, la flautista Maggie Boyle, di cui si ricorda principalmente la partecipazione alla band di John Renbourn Ship of Fools insieme un altro grande della chitarra, Steve Tilston. Nel frattempo però Kieran Fahy, imbarcatosi in Belgio nell’avventura Shantalla, non era più disponibile, e il suo posto venne preso dal fiddler americano (ma anch’egli trapiantato in Inghilterra, a Brighton) Ben Paley, ottimamente a suo agio sia nel campo dell’Irish traditional che nell’old time music americana. Lo stesso titolo del disco, The Expatriate Game, ha proprio a che fare con la peculiare situazione dei tre musicisti, un chitarrista e un fiddler americani e una flautista di origine irlandese, tutti “espatriati” a Londra; ma è anche un gioco di parole basato sia su una famosa canzone di Dominic Behan, “The Patriot Game”, brano che parla della tendenza dei musicisti a esportare le proprie canzoni verso terre lontane, sia dal film “Patriot Games”, nella cui colonna sonora è presente la voce di Maggie Boyle. The Expatriate Game è un disco di rara bellezza e squisita fattura, ben bilanciato tra esperienze americane e irlandesi. Dato il target della nostra rivista, ci siamo orientati ovviamente verso queste ultime, e presentiamo nel sampler di questo mese The Expatriate Game con due brani: “The Blackbird” in cui l’intreccio melodico-armonico dei tre strumenti raggiunge vette altissime, e la struggente “Bonny Portmore” song risalente a oltre due secoli fa. The Expatriate Game può essere acquistato online presso il sito web http://www.threescompany.org.uk/ |