Andy Irvine
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Andy Irvine: Way Out Yonder

 

Andy Irvine: ovvero una buona fetta della storia della musica irlandese degli ultimi decenni. Ma non solo. Pensi ad Andy, e tutto sommato ti viene naturale accostare la sua figura a quella degli antichi bardi, girovago cantastorie del ventesimo…ed anche del ventunesimo secolo. Proviamo ad esempio a dare un’occhiata, sul suo sito ufficiale, alla schedule dei suoi concerti per il 2002: c’è da rimanere a bocca aperta. Ad onta dei quasi sessant’anni di età, questo infaticabile musicista è impegnato senza soluzione di continuità in concerti che spaziano dal Giappone agli Stati Uniti, dalla Nuova Zelanda all’Europa, all’Australia…Complimenti per l’energia, Mr. Irvine!

Intendiamoci, l’immagine di “bardo contemporaneo” potrebbe essere fuorviante e riduttiva. Se infatti ci fosse ancora qualcuno che avesse ancora dubbi sull’universalità propria del linguaggio musicale, gli si potrebbe consigliare di prendere in considerazione l’esperienza artistica di Andy Irvine, un musicista il cui materiale spazia dalla musica tradizionale irlandese alle composizioni contemporanee, da Woody Guthrie alla musica dell’est europeo. Ancora di più, Andy è al riguardo il musicista irlandese che in misura maggiore è riuscito ad avere negli ultimi decenni “le mani in pasta” in tutta una serie di progetti fondamentali per lo sviluppo e la diffusione a livello mondiale della musica irlandese.

Andy Irvine nasce a Londra nel 1942, da padre scozzese e madre irlandese. La madre, un’attrice, lo spinge a calcare le scene sin dalla più tenera età, ma ben presto il giovane Andy inizia a interessarsi alla musica, nella fattispecie allo skiffle tipico della fine degli anni ’50. Il suo primo strumento è la chitarra classica. Nel 1962 si trasferisce a Dublino, dove inizia a frequentare la scena folk della capitale irlandese, ed è nel 1966 che Irvine fonda, insieme a Johnny Moynihan e Joe Dolan, il gruppo Sweeney’s Men, che l’anno successivo piazza nella hit parade irlandese i brani “Waxie’s Dargle” e “Old Maid In A Garrett”. All’epoca Andy suona armonica, chitarra e mandolino, e contribuisce al repertorio del gruppo con diversi brani della tradizione inglese e scozzese. Nel 1968 Andy inizia ad esplorare, dal punto di vista geografico oltre che musicale, l’Europa dell’est: si reca in Bulgaria, Romania e Jugoslavia, immergendosi nel ricco patrimonio musicale di quelle zone, e rimane affascinato dalle “strane” alchimie melodico-ritmiche proprie della musica balcanica, che continueranno a caratterizzare in modo caratteristico - ancora oggi - la sua attività artistica.

Tornato in Irlanda, nel 1972 Andy si unisce a Christy Moore, Donal Lunny e Liam O’Flynn per fondare quello che rimarrà uno dei gruppi fondamentali nella musica irlandese contemporanea, i Planxty: il mandolino ed il bouzouki, retaggio degli Sweeney’s Men, suonati nei Planxty da Irvine e Lunny, si uniscono alle uillean pipe di O’Flynn ed alla chitarra di Christy Moore. Nel giro di tre anni nascono tre dischi, ognuno dei quali si guadagna il titolo di “Folk Album Of The Year” dal prestigioso Melody Maker. Nel 1975 i Planxty si sciolgono, e Andy suona con Paul Brady per un paio d’anni.

I Planxty si ricostituiscono nel 1979, per proseguire sino al 1983 con altri tre album al proprio attivo, ma Andy inizia nel frattempo ad affiancare all’attività con il gruppo quella di solista: il suo disco (del 1980), Rainy Sundays…Windy Dreams, è un chiaro specchio degli interessi musicali di Andy, comprendendo composizioni proprie, musica dell’est europeo e tradizione irlandese.

In seguito al definitivo scioglimento dei Planxty, Irvine fonda i Mosaic, una sorta di multinazionale del folk: i membri della band sono originari, oltre che dell’Irlanda, della Danimarca, dell’Ungheria e dell’Olanda. Non restano purtroppo testimonianze su disco di questo gruppo, autore di un solo, molto acclamato, tour europeo e inglese.

Si giunge così al 1986: Andy è in tour negli States con Kevin Burke, Jackie Daly e Gerry O’Beirne; quest’ultimo sarà in seguito rimpiazzato da Arty McGlynn: sarà questo il line-up della terza (in ordine di tempo) band, fondamentale per la popolarità mondiale dell’Irish traditional music, cui Andy Irvine darà vita: i Patrick Street. Questo gruppo registrerà cinque album, ma durante gli anni della sua esistenza Andy non abbandonerà mai le proprie tendenze solistiche e la musica dell’est europeo: nel 1991 è pubblicato East Wind, splendido (ma difficile) album di musica originaria della Bulgaria e della Macedonia, in compagnia di Davy Spillane, Marta Sebestyen e Bill Whelan. A questo disco seguirà il solistico Rude Awakening.

Nel 1995 il consueto tour americano di Andy andrà incontro a un grande successo anche grazie alla compresenza del polistrumentista balcanico Nikola Parov e di Rens van der Zalm alla chitarra, fiddle e mandolino. Andy arriverà in quell’occasione a cantare in ungherese, bulgaro e macedone!

Nel 1997 Irvine prende la decisione di rompere definitivamente con le compagnie discografiche, i distributori e i megastore di dischi: frutto di questa coraggiosa decisione è l’album Rain On The Roof, che Andy vende direttamente nel corso dei suoi concerti e tramite il suo sito web.

A partire dai primi anni ’90 Andy inizia a frequentare sempre più spesso l’Australia, Paese divenuto oggi, per stessa ammissione del cantautore, la sua seconda patria. La causa iniziale di questo avvicinamento era ovviamente stata, nel 1984, una serie di concerti, durante la quale Andy rimase colpito dalla vastità degli spazi, dal senso delle grandi distanze e dalla natura selvaggia dei panorami, oltre che dal carattere aperto e cordiale della popolazione, decidendo che da allora in poi avrebbe trascorso buona parte dell’anno nel Paese dei canguri. Irvine è addirittura orgoglioso di poter affermare di conoscere l’Australia meglio della maggior parte degli stessi australiani, avendola percorsa in lungo e in largo, felice di sentirsi spesso “solo nel Giardino dell’Eden”, per usare una sua espressione.

Queste considerazioni sull’amore di Andy Irvine nei confronti dell’Australia potrebbero sembrare qui fuori luogo, ma sono invece fondamentali per inquadrare correttamente l’ultimo, splendido CD del cantautore irlandese, Way Out Yonder, pubblicato nella primavera del 2001, da cui è tratto il suggestivo brano “The Highwayman”, che potete ascoltare sul CD allegato a Keltika di questo mese. Dei nove brani che compongono il CD, ben cinque infatti hanno una qualche relazione con l’Australia o la Nuova Zelanda: anche in questo disco temi dominanti sono le ingiustizie sociali, gli abusi del potere costituito, i piccoli grandi eroi della vita quotidiana, argomenti presenti del resto in tutta la lunga carriera di Andy. Anche questa volta è ovviamente presente il tributo alla musica balcanica (“Way Out Yonder”).

Ad accompagnare Andy Irvine in Way Out Yonder sono Rens van der Zalm (chitarra, fiddle, mandolino, basso e tamboura); Lindsey Horner (contrabbasso); Máire Breatnach (viola); Cormac Breatnach (low whistle); Dermot Byrne (accordion); Steve Cooney (chitarra classica e percussioni); Declan Masterson (uillean pipe e low whistle); Liam O’Flynn (uillean pipe e low whistle); Nikola Parov (gadulka); Brendan Power (armonica), e come backing vocalist Lynn Kavanagh, Mandy Murphy e Phil Callery.  

“The Highwayman” è sicuramente la gemma di questo disco: si tratta di una celebre poesia, intrisa di amore e morte, scritta nel 1907 dal poeta inglese Alfred Noyes. Non è  certo la prima volta che queste celebri rime vengono messe in musica: oltre trenta anni fa Phil Ochs fu il primo a orchestrare la poesia di Noyes, e molti ricorderanno la versione più recente di “The Highwayman” sul doppio CD live di Loreena McKennitt. Proprio questa ultima incisione dell’arpista canadese, spiega Irvine nelle note di copertina, è all’origine della presenza del brano in questione su questo Way Out Yonder: la McKennitt aveva chiesto ad Andy di partecipare alla registrazione del brano sul suo CD Live In Paris And Toronto, ma per Irvine non era stato possibile far coincidere i propri impegni con le registrazioni.

Andy ammette tuttavia di essere rimasto affascinato dalla versione di “The Highwayman” resa dalla cantante canadese, al punto di aver deciso di metterla stabilmente nel proprio repertorio.

Andy Irvine, cantastorie del terzo millennio, dicevamo all’inizio: non resta che ascoltare con ammirazione gli oltre nove minuti di “The Highwayman” per averne la conferma.

 

                                                                                                          Testo di Alfredo De Pietra

Andy Irvine – Way Out Yonder – Appleseed Recordings APR CD 1049

© New Sounds 2000

Andy Irvine - Intervista per New Age Music

 

Andy Irvine è uno dei “grandi” della musica irlandese; si potrebbe anzi dire che è uno dei pochi artisti irlandesi che, a decenni ormai di distanza dagli esordi nel gruppo Sweeney’s Men, passando attraverso gruppi fondamentali come Planxty e Patrick Street, continua instancabilmente (ormai quasi sessantenne!) con un vorticoso, ininterrotto susseguirsi di concerti e dischi, sia da solo che in gruppo.

Andy è valente polistrumentista, oltre che cantautore di classe finissima, e gode del rispetto e della stima della totalità dei suoi colleghi: abilissimo al bouzouki, al mandolino, alla chitarra e all’armonica, Irvine è inoltre il primo artefice dell’apertura della musica irlandese nei confronti della musica balcanica. Era infatti il 1968, e le contaminazioni tra le musiche tradizionali dei vari Paesi erano ancora un fenomeno sconosciuto, quando il giovanissimo Andy si recava in Bulgaria, Romania e Yugoslavia alla scoperta di quella musica dell’est europeo che rimarrà da allora in avanti una presenza costante (e importante) nel suo repertorio, sino ai nostri giorni.

L’ultimo CD di Andy Irvine, pubblicato nella primavera del 2001, è il riuscitissimo Way Out Yonder: da esso è stato tratto il brano “On A Distant Shore”, presente sul CD di New Age Music di questo mese.

Nel breve intervallo di un tour che lo ha visto spostarsi dal Giappone all’Australia abbiamo posto a Andy alcune domande sulla sua musica e su questo ultimo suo CD:

Prendiamo in considerazione questa “triade”: Sweeney’s Men, Planxty e Patrick Street. Si tratta di tre fra i gruppi più importanti della storia della musica irlandese di questi ultimi decenni. Lei ha fatto parte di tutte e tre queste band: cosa ritiene di aver dato a questi gruppi, e cosa rimane in lei di queste esperienze?

Gli Sweeney’s Men sono stati per me importanti perché è stata la mia prima band. Era infatti la prima volta che suonavo assieme ad altri musicisti: fino ad allora ero stato praticamente un “animale solitario”! Suonare in quell’occasione con Johnny Moynihan e Joe Dolan, e in seguito con Terry Woods, è stato entusiasmante. Abbiamo condiviso le nostre idee musicali, ma anche i nostri ideali.

I Planxty sono venuti in un secondo tempo; la musica del “periodo-Planxty” che preferisco è quella degli ultimi tre dischi: eravamo ormai cresciuti insieme dal punto di vista musicale, e la cosa bella di quegli anni è stata l’ampliamento dei parametri dell’intera scena musicale irlandese conseguente anche all’esperienza dei Planxty.

Quanto ai Patrick Street, beh, suono ancora con loro, e sono entusiasta di farlo. Certo, mi piace esibirmi anche come solo artist, ma la gioia di suonare con i Patrick Street è tuttora molto grande: il prossimo CD dei Patrick Street è quasi ultimato.

Mettendo da parte il brano strumentale presente sul CD allegato a New Age Music di questo mese, personalmente l’ho sempre considerata come un grande cantastorie, in un certo senso un bardo del ventesimo, e ormai ventunesimo, secolo. Si riconosce in questa definizione?

Certo che mi ci riconosco: sì, sono uno degli ultimi “trovatori”! In realtà quando compongo una canzone mi ispiro in genere a quei personaggi coraggiosi cui i libri di storia non lasciano che qualche misera nota a piè di pagina, e che invece meriterebbero di essere ricordati in maniera più degna. Sa quand’è che mi sento realizzato come compositore? Quando, alla fine di un concerto, si avvicina qualcuno e mi dice: “Ehi, Andy, mi è veramente piaciuta quella canzone su…(e a questo punto ci può essere il nome di Raoul Wallenberg, o di Michael Davitt, o di Tom Barker…). Non sapevo nulla di questa storia! Veramente interessante!”

Lei è anche noto per la sua grande passione, e competenza, nei confronti della musica dell’Europa dell’est sin dagli anni ’60, periodo in cui il termine “world music” era ancora sconosciuto. Si ritiene in un certo senso un pioniere musicale? Sono molti oggi i musicisti irlandesi interessati alla cultura musicale di altre parti del mondo.

Sì, per quanto riguarda la musica balcanica in effetti sono stato un pioniere. E devo ammettere che guardo con molto interesse, e con grande piacere, all’attenzione dei musicisti tradizionali miei conterranei nei confronti dei ritmi balcanici. È un fenomeno di sempre maggiore attualità.

Andiamo a questo CD, e al brano presente sulla compilation di New Age Music: “On a Distant Shore” ha a che fare con la Nuova Zelanda, e più in generale si direbbe che un po’ tutto il CD si confronta con storie ispirate al continente oceanico.

In generale sono molto interessato alla storia sociale, a prescindere dai luoghi ove i fatti avvengono. Per quanto riguarda il CD Way Out Yonder, in effetti è capitato di scrivere qualcosa che avesse a che vedere con la Nuova Zelanda e con l’Australia: ho composto “On a Distant Shore” trascorrendo due giorni su una spiaggia deserta dell’Isola Nord della Nuova Zelanda, chiamata Wahua. Le onde marine che si ascoltano all’inizio del brano le ho registrate lì. Gran parte di questo disco mi è stata ispirata dai panorami che ho potuto ammirare guidando su e giù per l’Australia, così mi è sembrato giusto rendere omaggio alla storia sociale di questa nazione. Sono comunque molto soddisfatto di questo CD, anche per quel che riguarda la partecipazione di tanti splendidi musicisti.

Sempre in questo CD vi è una splendida versione del poema di Alfred Nobles “The Highwayman”.

“The Highwayman” dura oltre nove minuti, ma ogni volta che la eseguo dal vivo, mi accorgo che tutti ascoltano attentamente questa canzone dall’inizio alla fine. È una bella storia, e per giunta molto facile da seguire: romantica, tragica e con il pregio di colpire l’immaginazione. Per la musica ho scelto la versione di Loreena McKennitt: quando la cantante canadese ha registrato questo brano, mi aveva invitato a partecipare, cosa che purtroppo non mi era stata possibile per concomitanti impegni di lavoro. La versione di Loreena mi è comunque subito piaciuta molto, e così mi è parso naturale renderle omaggio adottandola durante i miei concerti. Visto il successo che “The Highwayman” otteneva presso il pubblico, ho deciso di metterla su disco.

Quali sono i suoi progetti futuri? C’è qualche possibilità di averla in Italia, prossimamente?

A marzo suonerò in Australia con una nuova formazione. Si chiama Mozaik, una lieve deformazione del nome della mia vecchia band del 1985, i Mosaic. Il gruppo comprenderà, oltre me, Donal Lunny, Nikola Parov, Rens van der Zalm e Bruce Molsky. Suoneremo musica irlandese, musica dei Balcani e “old time music” americana. Se la musica dei Mozaik sarà all’altezza dei singoli musicisti che compongono il gruppo, sarà una bella esperienza.

Come le ho detto in precedenza, il prossimo CD dei Patrick Street dovrebbe essere pronto fra pochissimo tempo: è quasi completo. Inoltre quest’estate dovrei iniziare a registrare un nuovo CD solistico. Infine continuerò a esibirmi in concerto: andrò in tour con il cantante e violinista inglese Chris Wood ad aprile in Irlanda, mentre a maggio mi esibirò in America con  Rens van der Zalm. Quanto all’Italia, forse quest’estate, almeno spero…

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La delicata On A Distant Shore , presente sul CD allegato a questo numero di New Age Music, vede all’opera Andy al bouzouki, Declan Masterson al low whistle e alle uillean pipe, Rens van der Zalm al fiddle e alla chitarra, Lindsey Horner al contrabbasso e Steve Cooney alla chitarra classica.

Ad onta dell’età (Andy Irvine ha oggi 58 anni), questo musicista mostra di avere ancora un’energia e una creatività inesauribili. A tal proposito si può simpaticamente concludere citando il musicista irlandese Garry O’Briain: “In qualsiasi parte del mondo io vada, Andy Irvine è appena passato da lì, è attualmente lì o vi arriverà la prossima settimana!”

 

                                                                                              Intervista di Alfredo De Pietra

Andy Irvine – Way Out Yonder – Appleseed Recordings APR CD1049