Affinità di Quarta
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Affinità di Quarta – Echi dal Novecento

Intervista di Alfredo De Pietra

Guardando al passato con la mente rivolta al futuro.

Jazz, echi di classica, sonorità mediterranee, elettronica, world music, strumenti medioevali. Questo e altro ancora nel disco di esordio del quartetto palermitano, un arcobaleno di sonorità sapientemente assemblate.

È musica di sensazioni, quella del quartetto palermitano Affinità di Quarta. Ma la loro musica è soprattutto la dimostrazione che, laddove la cultura si sposa con la sensibilità artistica, il prodotto che ne scaturisce – in questo caso l’album Echi dal Novecento – può risultare opera molto gradevole, pur in presenza di concetti di partenza apparentemente abbastanza complessi.

Se vogliamo, la sintesi di questo disco sta tutta nel titolo: gli echi musicali che ci provengono dal secolo appena trascorso, molteplici e apparentemente caotici, arrivano a confluire in modo coerente nelle track di questo disco, dapprima in modo disordinato, poi con una logica e una compattezza ammirevoli, considerato l’arduo compito di mettere insieme generi musicali a prima vista così lontani tra loro.

È veramente impossibile riuscire a descrivere la musica di Affinità di Quarta, ammesso che ciò abbia un senso. Basti guardare alla strumentazione del gruppo, che spazia dal pianoforte di Cinzia Guarino alla bella voce di Rossella Messina, dal sax soprano di Orazio Maugeri alle tabla di Fulvio Farkas, dalle percussioni arabe di Daniele Schimmenti al bassoon di Aldo Terzo.

Un discorso a parte merita poi il fondatore e “anima” del gruppo, Paolo Rigano, musicista con decenni di esperienza in campi apparentemente contrastanti come il jazz e la musica medioevale. Il suo intelligente eclettismo di compositore, che si evidenzia in ogni brano di Echi dal Novecento, lo vede spaziare dal passato di uno strumento come la tiorba al “presente elettronico” del wind midi controller: il risultato di tanta alchimia è una musica affascinante, ricca, anche “colta” se vogliamo, ma nel senso più intelligente e positivo del termine.

Abbiamo chiesto a Paolo Rigano di fare il punto sulla sitazione artistica del suo quartetto.

Innanzitutto, da dove viene la scelta del nome Affinità di Quarta?

“Con il nome “Affinità di Quarta” ho voluto riprendere il concetto armonico delle relazioni tra successioni di accordi, e utilizzarlo come metafora per esprimere l’empatia tra i musicisti del gruppo (quattro nella formazione iniziale), accomunati da una istintiva propensione verso la ricerca di nuove atmosfere sonore, ma anche da idee e sentimenti affini.”

Come nasce la decisione di suonare insieme? Si tratta di un gruppo di musicisti riunito in funzione di questo disco, o il vostro è un progetto artistico ad ampio respiro?

L’idea iniziale era quella di  eseguire le  musiche che avevo composto, coinvolgendo musicisti affermati nel proprio genere musicale, che potessero dare un contributo in termini  di creatività e innovazione al progetto. È nato così il nucleo originario del gruppo, formato da musicisti di diversa formazione, ma con ampie vedute. Il sound si è caratterizzato attraverso l’accostamento di sonorità acustiche, come il sax e il pianoforte, ed elettroniche realizzate con il wind controller; a ciò si sono aggiunti strumenti etnici con sonorità particolari, come le tabla, e la tiorba, strumento in uso nel periodo rinascimentale e barocco, ma poco utilizzato per la musica contemporanea. Nel corso degli anni il nucleo iniziale si è aperto a  collaborazioni con altri artisti che hanno dato un importante apporto al progetto, come la cantante Rosalba Bentivoglio e il percussionista Daniele Schimmenti; inoltre alla realizzazione del nostro CD ha collaborato il primo fagotto del Teatro Massimo di Palermo. Questa filosofia ci sembra importante per potere avere sempre nuovi stimoli e idee e far sì che la ricerca armonica e sonora che ci caratterizza sia un processo in  continua evoluzione.”

Nel vostro gruppo è evidente la presenza di diverse “anime” musicali. È stato facile trovare un punto di incontro tra generi di partenza (classica, jazz) apparentemente così diversi tra loro?

Non è stato molto difficile perchè il progetto ha rappresentato una evoluzione del percorso musicale di ognuno di noi. Sono partito da una idea compositiva che costituisce una sintesi delle esperienze musicali del Novecento, ma che riflette la mia decennale esperienza nella musica rinascimentale e barocca. In particolare mi sono ispirato alla musica di Debussy e  Ravel, al Jazz, ad alcune atmosfere della New Age e al Minimalismo. Questa idea compositiva, a livello di interpretazione, si è tradotta in un percorso che lascia agli interpreti lo spazio di dialogare e confrontarsi, e di diventare anch’essi “compositori”, liberi dai confini e dalle etichette delle varie civiltà musicali. Forse proprio questa libertà, unita alla comune idea di vivere la musica al di là dei confini temporali, geografici, e al di là dei generi, ci ha permesso di superare qualsiasi difficoltà. È  in sostanza la fusione armonica di varie e ricchissime esperienze, modi di vivere la musica in tutte le sue manifestazioni, che mira a stimolare le corde dell’emozionalità sin nei più reconditi anfratti e a toccare il cuore degli ascoltatori.”

Echi dal Novecento: secondo lei, questi echi, in cosa andranno a confluire nel prossimo futuro? In altri termini, cosa vi aspetta dal punto di vista musicale?

“Proprio per la sua caratteristica di work in progress il nostro lavoro è incentrato sulla ricerca e sulla sperimentazione, quindi gli obiettivi si definiscono di volta in volta. È nostra intenzione continuare il percorso, cercando di trovare sempre nuove soluzioni musicali, ma non vogliamo distaccarci dalla nostra idea iniziale di fare una musica fruibile che possa essere recepita dal pubblico e che sia in grado di suscitare delle emozioni. Inoltre è nostro desiderio continuare  le collaborazioni con altri artisti, e un mio sogno sarebbe quello di potere eseguire le nostre musiche insieme ad una orchestra.”

Come è stata recepita a tutt'oggi la vostra proposta musicale?

“Il nostro progetto, che esiste da soli due anni, ha suscitato un crescente interesse nel pubblico, che ha mostrato di recepire e accogliere emotivamente il nostro messaggio musicale. Le musiche sono state apprezzate anche come commento sonoro, e sono state utilizzate in trasmissioni radiofoniche e televisive. Attualmente  vanno in onda nella  rubrica  “Almanacco del mese” del programma televisivo “Geo & Geo” di RAI 3. Nell’agosto 2004 il gruppo si è aggiudicato il primo posto nella propria categoria al Concorso Musicale del Festival Internazionale Music World di Fivizzano (Toscana), a cui partecipavano 68 nazioni, ottenendo la menzione speciale della giuria per l’originalità delle musiche e degli arrangiamenti. Lo scorso settembre inoltre al gruppo è stato assegnato il premio “Pigna D’Argento 2004” che viene conferito agli artisti siciliani che con la loro opera si distinguono in Italia e nel mondo. Recentemente siamo stati scelti per partecipare a una compilation che uscirà sul quotidiano “Il Manifesto”.

Nelle note di copertina lei parla del mare come del leitmotiv di queste incisioni, con riferimenti ad esso in diversi brani del disco. Come mai questa scelta?

“Il mare è un tema fondamentale della Suite. Il Mediterraneo, che da sempre ha favorito l’incontro e lo scambio tra le differenti culture che nei secoli hanno attraversato la Sicilia, diviene metafora di integrazione, mediante la creazione di una “cultura nuova” che ne rappresenta la sintesi. Questo è il ruolo che oggi dovrebbe assumere la musica, oltrepassare i confini, i rigidi schemi entro cui continua ad essere classificata, e diventare strumento per superare anche le barriere culturali, religiose e linguistiche che oggi sono la principale causa delle incomprensioni tra i popoli. Così come le onde del mare sono generate da una corrente profonda e invisibile, anche le nostre azioni e i nostri pensieri trovano la spinta motrice nell’energia vitale dell’amore, altro filo conduttore della Suite.”

Per finire, qualche riflessione sul brano che va nella compilation allegata a questo numero di New Age Music & New Sounds, “Il Viaggio”.

““Il Viaggio” è il brano conclusivo delle quattro Variazioni sull’antica melodia sefardita “El Rey de Francia”, ispirate appunto ad un antico canto Sefardita tramandato per tradizione orale. Il riferimento alla cacciata degli Ebrei sefarditi dalla Spagna sconfina dai limiti storici, ed è assunto a simbolo di tutte le diaspore e dell’oppressione nei confronti di tutti i popoli, in tutti i luoghi e in tutti i tempi. La trasfigurazione dei diversi momenti delle vicende di quel popolo dà vita a quattro variazioni (“Da Antichi Canti”, “La Terra”, “La Fuga”, “Il Viaggio”) organizzate in una struttura ciclica, in cui il tema ritorna periodicamente; prima sopra  virtuosistici arpeggi del piano, intenzionalmente ossessivi, poi si adagia liricamente, poi si ripresenta sotto forma di canone. Nella “Fuga”, inoltre, la declamazione di due versi di due differenti poesie di Paul Celan, massimo poeta di lingua tedesca del secondo dopoguerra, ricorda per un breve e intenso istante, un momento tragico della nostra storia, e improvvisamente si distende in un accorato canto di rinascita e rinnovamento. Infine, nell’ultima variazione, “Il Viaggio”, che rappresenta la migrazione del popolo Sefardita dopo la “cacciata”, il tema che inizia liricamente cede il passo a un tessuto più elaborato e differenziato sul quale si innesta l’improvvisazione. Il messaggio finale è un inno alla libertà e alla pace. L’uomo non deve dimenticare che esiste una Legge della vita, se egli si allontana da essa, cedendo alle tentazioni del potere, si avvia inesorabilmente verso la distruzione.”