Le vacanze estive trevillesi erano attese come il Natale. Fin dalla
primavera cominciava il conto alla rovescia ed, in età scolare, già dopo
le vacanze di Pasqua, comparivano sui banchi di scuola i giorni mancanti
all’appuntamento. Queste scritte, col passare degli anni, divennero
tabelloni sempre più sofisticati, riportanti giorni, ore, minuti e secondi
(divisi in “lavorativi” e “non lavorativi” !!!), fino a tenere quasi tutta
la nostra metà di banco.
Già da maggio con i miei fratelli Enrico e Cristina si preparavano
pistole, palloni, “toppe” per le gomme della bici, gli ultimi Tex, tutte
le macchinine disponibili...
Passato “a fatica” l’ultimo giorno di scuola si poteva partire per 4 mesi
di vacanze (... bei tempi, ogni tre anni uno era di vacanza...).
Il nucleo trevillese della nostra compagnia era
costituito da numerosi ragazzini, ultimi frequentatori della scuola
elementare di Treville (successivamente chiusa per carenza di alunni), tra
i quali Luciano, Marco, Francesco, Claudio, Armando, Maria Grazia,
Giuseppe e i più grandi Giorgio, Fernanda, Claudia, Lucia e qualche altro.
A loro, d’estate si univano i “foresti” come me ed Enrico, le cugine
Manuela e Francesca, o come Gabriella, Arturo, Giancarlo, Silvana, i
fratelli “Francolino” e Maria Adelaide (nipoti del parroco Don Franco),
Mauro, Maurizio, i fratelli “Carlino” e Daniela. Quasi tutti avevamo
parenti nati o residenti a Treville e provenivamo dai posti più disparati:
Casale, Genova, Milano, Santhià…..
a sinistra: Estate 1961: Alfredo, Luciano, Agostina
(?), Manuela ed Enrico.
a destra: Estate 1961 sul "Castello": Enrico,
Manuela, Alfredo, Francesca
ll luogo di ritrovo principale era la Chiesa di S.Ambrogio (il
“Castello”), dotata di spiazzo tra la
chiesa e la canonica e di sentieri scavati da varie generazioni di
ragazzi. Qui si svolsero interminabili partite di calcio, duelli western
con pistole e mitra, battaglie con lanci di erba attaccata a zolle di
terra (dette da noi “teppe”) e partite a calcio-balilla nell’oratorio di
Don Franco.
Con gli amici, ci si trovava anche nei giardini di casa mia o di Carlino,
a scavare profonde buche e galleria che mettevano a dura prova i nostri
modellini di scavatori o a casa di Arturo per un “poker da giornalini”
(.... invece che soldi si puntavano fumetti).
Luciano, mio vicino di casa, era un vero leader. Forse, per questo, fu
preso spesso di mira dalle generazioni “più mature”.
Marco e
Francesco erano
invece i chierichetti del paese. Tutte le domeniche pomeriggio li
accompagnavamo al Vespro perché Don Franco ci pagava il ghiacciolo (..lo “stick”)....
stranamente i soldi finivano sempre quando arrivava il turno di Luciano.
Francesco in quel periodo indossava una “caplinna russa”, dalla
quale non si separava mai. Nelle partite giocava in porta e durante i
rinvii teneva con una mano il pallone e con l’altra ovviamente la “caplinna”.
Marco, invece, era appassionato di storia (nazista) e possedeva una vasta
collezione di fumetti e libri illustrati sull’argomento. Amante
dell’avventura, a metà degli anni ‘70 emigrò in Inghilterra, dove rimase
due o tre anni; da lì tornò con un accento stranissimo, da fare invidia al
cantante Mal dei Primitives.
Ai due chierichetti capitò un giorno di incontrare il mitico “Delfin”
(simpatico ed innocuo ubriacone locale), che fece loro visitare la sua
cantina prima di raggiungere la chiesa. Arrivarono così in ritardo al
Vespro, “alticci” e profumati al barbera. Per questo “profumo”, Don Franco
durante la funzione religiosa, li allontanava con ampi gesti della mano.
Dai banchi della chiesa nacque anche la potente
"Ivan 1". Si da il
caso che Don Franco in quegli anni decise di cambiare i banchi della
chiesa parrocchiale. Li accatastò sul retro della chiesa, forse per fare
legna da ardere durante l'inverno. In quel luogo, tempo indietro, avevamo
montato una tenda indiana... fatta di canne e stracci... per cui ci
ingegnammo a costruire qualcos'altro.
Mentre Don Franco era al lavoro nei campi con tutta
la famiglia e il suo mitico trattore "Oto" (caratterizzato da due ruotine
anteriori ravvicinate tra loro.. una vera rarità), portammo sul "Castello"
attrezzi da lavoro raccattati in casa, chiodi e qualche ruotina smontata
dai vecchi tricicli.
In qualche giorno (di notte il lavoro veniva "mimetizzato" sul posto)
segammo i banchi, inchiodammo le assi tra loro ed inserimmo ai lati le
ruotine... nacque così un portento di automobile che
targammo "Ivan 1". Caratteristiche tecniche:
Larghezza e lunghezza pari alla base del banco della chiesa (sedile e
inginocchiatoio compresi...), 6-7 ruotine da triciclo, assenza di sterzo e
di freni, peso "esagerato"... e trazione, ovviamente, umana!!!
La voglia di vederla in azione era tanta, ma dovemmo aspettare che la
vigna "chiamasse" il nostro parroco.... e
la vigna "chiamò"!!!!
Scendemmo giù per via Marconi e quindi per via Roma, impiegandoci un
eternità e con il timore di bloccare... o meglio venire bloccati da
qualche auto o trattore. I problemi vennero a galla subito: la macchina
era pesantissima e teneva tutta la strada. Le strade non erano ancora
asfaltatele per cui ruote oltre a non reggere il peso si piantavano nella
polvere.... inoltre, come già detto, non c'erano nè sterzo, nè freni. In
curva il fortunato di turno doveva scendere e aiutare gli altri a "ruotare
" il potente mezzo.
Riuscimmo a girare (a mano) a 90° in Via Circonvallazione, perdendo un
paio di ruote. La via, essendo inizialmente pianeggiante, mise a dura
prova il prototipo e i suoi costruttori. Le altre ruote cedettero ad una
ad una e il "progetto Ivan 1" naufragò impietosamente dopo pochi metri,
nel garage della casa di mia nonna.
[Per la cronaca, l'auto rimase dimenticata
per anni finché alla prima ristrutturazione dell'edificio soprastante e
dello stesso garage fu fatta a pezzi da mano ignota che si riscaldò
durante l'inverno, alla faccia nostra e del nostro parroco].
Anni 60 - Arturo sul "Castello"
Carlino ed Arturo erano detentori dei giocattoli migliori e
delle ultime novità (es. i loro fucili avevano più colpi degli altri).
Un'estate Arturo giunse a Treville addirittura con un bigliardo.
Carlino, inoltre, aveva una collezione di automobiline da fare invidia a
tutti. Mentre noi, a fatica, riuscivamo ad ottenete uno o due modelli, suo
padre gli comprava tutta la collezione.
.... un anno nel negozio alimentari di Rosina arrivò una scatola enorme di
“ciungai” (gomme da masticare), confezionate singolarmente, con premi
allegati. In quell’occasione i premi erano rappresentati dalle varie parti
di un villaggio indiano (tende, canoe, cavalli,... ). I biglietti vincenti
erano contenuti nelle singole confezioni.
Iniziammo un specie di sfida per aggiudicarci i pezzi migliori e
masticammo un’enormità di gomme.
Un giorno, finalmente, Enrico ed io trovammo un bigliettino sbiadito con
scritto “Totem indiano”... uno dei due pezzi più ambiti!!! (l'altro era la
"Tenda indiana", ormai da tempo trofeo di Carlino..).
Andammo “gasati” in negozio, ma Rosina ci disse:
“Carlino ha comprato tutta la scatola e gli ho dato anche il totem.....e
poi il bigliettino è sbiadito e non vale!!!!”. Non comprammo più
niente.
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Dagli aneddoti raccontati, data anche la nostra età, quella di inizio ’60
era una compagnia in prevalenza maschile, alla quale si univano ragazzine
particolarmente dotate nel gioco del calcio.
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