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webmaster: Alfredo Frixa

fine anni 60 >>

 

LA PRIMA META' DEGLI ANNI '60

(ANEDDOTI E RICORDI)

 

 

Le vacanze estive trevillesi erano attese come il Natale. Fin dalla primavera cominciava il conto alla rovescia ed, in età scolare, già dopo le vacanze di Pasqua, comparivano sui banchi di scuola i giorni mancanti all’appuntamento. Queste scritte, col passare degli anni, divennero tabelloni sempre più sofisticati, riportanti giorni, ore, minuti e secondi (divisi in “lavorativi” e “non lavorativi” !!!), fino a tenere quasi tutta la nostra metà di banco.
Già da maggio con i miei fratelli Enrico e Cristina si preparavano pistole, palloni, “toppe” per le gomme della bici, gli ultimi Tex, tutte le macchinine disponibili...
Passato “a fatica” l’ultimo giorno di scuola si poteva partire per 4 mesi di vacanze (... bei tempi, ogni tre anni uno era di vacanza...).

 

 

Il nucleo trevillese della nostra compagnia era costituito da numerosi ragazzini, ultimi frequentatori della scuola elementare di Treville (successivamente chiusa per carenza di alunni), tra i quali Luciano, Marco, Francesco, Claudio, Armando, Maria Grazia, Giuseppe e i più grandi Giorgio, Fernanda, Claudia, Lucia e qualche altro. A loro, d’estate si univano i “foresti” come me ed Enrico, le cugine Manuela e Francesca, o come Gabriella, Arturo, Giancarlo, Silvana,  i fratelli “Francolino” e Maria Adelaide (nipoti del parroco Don Franco), Mauro, Maurizio, i fratelli “Carlino” e Daniela. Quasi tutti avevamo parenti nati o residenti a Treville e provenivamo dai posti più disparati: Casale, Genova, Milano, Santhià…..

 

 

 

a sinistra: Estate 1961: Alfredo, Luciano, Agostina (?), Manuela ed Enrico.

a destra: Estate 1961 sul "Castello": Enrico, Manuela, Alfredo, Francesca


ll luogo di ritrovo principale era la Chiesa di S.Ambrogio (
il “Castello”), dotata di spiazzo tra la chiesa e la canonica e di sentieri scavati da varie generazioni di ragazzi. Qui si svolsero interminabili partite di calcio, duelli western con pistole e mitra, battaglie con lanci di erba attaccata a zolle di terra (dette da noi “teppe”) e partite a calcio-balilla nell’oratorio di Don Franco. 
Con gli amici, ci si trovava anche nei giardini di casa mia o di Carlino, a scavare profonde buche e galleria che mettevano a dura prova i nostri modellini di scavatori o a casa di Arturo per un “poker da giornalini” (.... invece che soldi si puntavano fumetti).
Luciano, mio vicino di casa, era un vero leader. Forse, per questo, fu preso spesso di mira dalle generazioni “più mature”. 

Marco e Francesco erano invece i chierichetti del paese. Tutte le domeniche pomeriggio li accompagnavamo al Vespro perché Don Franco ci pagava il ghiacciolo (..lo “stick”).... stranamente i soldi finivano sempre quando arrivava il turno di Luciano.  
Francesco in quel periodo indossava una “caplinna russa”, dalla quale non si separava mai. Nelle partite giocava in porta e durante i rinvii teneva con una mano il pallone e con l’altra ovviamente la “caplinna”. 
Marco, invece, era appassionato di storia (nazista) e possedeva una vasta collezione di fumetti e libri illustrati sull’argomento. Amante dell’avventura, a metà degli anni ‘70 emigrò in Inghilterra, dove rimase due o tre anni; da lì tornò con un accento stranissimo, da fare invidia al cantante Mal dei Primitives.

Ai due chierichetti capitò un giorno di incontrare il mitico “Delfin” (simpatico ed innocuo ubriacone locale), che fece loro visitare la sua cantina prima di raggiungere la chiesa. Arrivarono così in ritardo al Vespro, “alticci” e profumati al barbera. Per questo “profumo”, Don Franco durante la funzione religiosa, li allontanava con ampi gesti della mano. 

Dai banchi della chiesa nacque anche la potente
"Ivan 1". Si da il caso che Don Franco in quegli anni decise di cambiare i banchi della chiesa parrocchiale. Li accatastò sul retro della chiesa, forse per fare legna da ardere durante l'inverno. In quel luogo, tempo indietro, avevamo montato una tenda indiana... fatta di canne e stracci... per cui ci ingegnammo a costruire qualcos'altro.

Mentre Don Franco era al lavoro nei campi con tutta la famiglia e il suo mitico trattore "Oto" (caratterizzato da due ruotine anteriori ravvicinate tra loro.. una vera rarità), portammo sul "Castello" attrezzi da lavoro raccattati in casa, chiodi e qualche ruotina smontata dai vecchi tricicli.
In qualche giorno (di notte il lavoro veniva "mimetizzato" sul posto) segammo i banchi, inchiodammo le assi tra loro ed inserimmo ai lati le ruotine... nacque così un portento di automobile che
targammo "Ivan 1". Caratteristiche tecniche: Larghezza e lunghezza pari alla base del banco della chiesa (sedile e inginocchiatoio compresi...), 6-7 ruotine da triciclo, assenza di sterzo e di freni, peso "esagerato"... e trazione, ovviamente, umana!!!
La voglia di vederla in azione era tanta, ma dovemmo aspettare che la vigna "chiamasse" il nostro parroco....
e la vigna "chiamò"!!!!
Scendemmo giù per via Marconi e quindi per via Roma, impiegandoci un eternità e con il timore di bloccare... o meglio venire bloccati da qualche auto o trattore. I problemi vennero a galla subito: la macchina era pesantissima e teneva tutta la strada. Le strade non erano ancora asfaltatele per cui ruote oltre a non reggere il peso si piantavano nella polvere.... inoltre, come già detto, non c'erano nè sterzo, nè freni. In curva il fortunato di turno doveva scendere e aiutare gli altri a "ruotare " il potente mezzo.
Riuscimmo a girare (a mano) a 90° in Via Circonvallazione, perdendo un paio di ruote. La via, essendo inizialmente pianeggiante, mise a dura prova il prototipo e i suoi costruttori. Le altre ruote cedettero ad una ad una e il "progetto Ivan 1" naufragò impietosamente dopo pochi metri, nel garage della casa di mia nonna.
[
Per la cronaca, l'auto rimase dimenticata per anni finché alla prima ristrutturazione dell'edificio soprastante e dello stesso garage fu fatta a pezzi da mano ignota che si riscaldò durante l'inverno, alla faccia nostra e del nostro parroco].


Anni 60 - Arturo sul "Castello"

 

Carlino ed Arturo erano detentori dei giocattoli migliori e delle ultime novità (es. i loro fucili avevano più colpi degli altri). Un'estate Arturo giunse a Treville addirittura con un bigliardo.  
Carlino, inoltre, aveva una collezione di automobiline da fare invidia a tutti. Mentre noi, a fatica, riuscivamo ad ottenete uno o due modelli, suo padre gli comprava tutta la collezione.
.... un anno nel negozio alimentari di Rosina arrivò una scatola enorme di “ciungai” (gomme da masticare), confezionate singolarmente, con premi allegati. In quell’occasione i premi erano rappresentati dalle varie parti di un villaggio indiano (tende, canoe, cavalli,... ). I biglietti vincenti erano contenuti nelle singole confezioni. 

 


Iniziammo un specie di sfida per aggiudicarci i pezzi  migliori e masticammo un’enormità di gomme.  
Un giorno, finalmente, Enrico ed io trovammo un bigliettino sbiadito con scritto “Totem indiano”... uno dei due pezzi più ambiti!!! (l'altro era la "Tenda indiana", ormai da tempo trofeo di Carlino..).
Andammo “gasati” in negozio, ma Rosina ci disse:
“Carlino ha comprato tutta la scatola e gli ho dato anche il totem.....e poi il bigliettino è sbiadito e non vale!!!!”. Non comprammo più niente.


**** 


Dagli aneddoti raccontati, data anche la nostra età, quella di inizio ’60 era una compagnia in prevalenza maschile, alla quale si univano ragazzine particolarmente dotate nel gioco del calcio.   
 

 

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