ALGERIA






Rapporto Annuale 2001 di Amnesty International

Contesto

Le autorità hanno affermato in ottobre che dal 1992 le forze di sicurezza hanno "neutralizzato" 20.000 'terroristi', senza specificare quanti di loro siano stati uccisi e quanti arrestati. Per la prima volta le autorità hanno rilasciato una stima ufficiale riguardo al numero dei membri attivi di gruppi armati, stimati in 700-800 dei quali 300-400 vengono ritenuti effettivamente armati. A seguito degli attacchi avvenuti l'11 settembre negli Stati Uniti, il governo algerino ha proclamato il proprio deciso appoggio alle misure antiterrorismo delle Nazioni Unite e ha sollecitato l'espulsione verso l'Algeria dei cittadini algerini residenti all'estero e sospettati di avere collegamenti con gruppi armati.
È stato pubblicato a febbraio in Francia il primo dettagliato resoconto da parte di un ex ufficiale dell'esercito algerino sulla sua esperienza durante il conflitto tuttora in corso. Ad aprile l'ex ministro della Difesa, generale Khaled Nezzar, ha effettuato una breve visita a Parigi per promuovere le sue memorie dopo aver appreso che tre inchieste per tortura sul suo conto sono in corso in Francia. Questi due avvenimenti hanno rinnovato il dibattito sul coinvolgimento di vari partiti nella massiccia violazione dei diritti umani nel corso del conflitto algerino a partire dal 1992.
A dicembre si sono conclusi i negoziati tra Algeria e Unione Europea con la firma di un accordo che ha lo scopo di approfondire i rapporti bilaterali sia nel campo del commercio sia di quello della sicurezza e dell'immigrazione illegale.
L'ente ufficiale che si occupa di diritti umani, l'Osservatorio nazionale sui diritti umani è stato sciolto e sostituito a marzo dalla nuova Commissione nazionale consultiva per la promozione e la protezione dei diritti umani. I membri di tale nuova istituzione sono stati nominati a ottobre dal presidente Abdelaziz Bouteflika. Un ufficio nazionale per le famiglie degli 'scomparsi' ha iniziato a operare a settembre grazie a un'associazione nazionale che ha portato avanti una campagna di sensibilizzazione sui casi di 'sparizione'.

Uccisioni

Centinaia di civili sono stati uccisi da gruppi armati che si autodefiniscono 'islamici' sia nel corso di attacchi mirati sia con esplosioni indiscriminate. Spesso gruppi anche di 25 civili, incluse intere famiglie, sono stati uccisi nelle loro abitazioni in zone rurali del nord per mano dei gruppi armati. Per la prima volta dopo due anni, attentati dinamitardi sono avvenuti ad Algeri.
Centinaia di membri delle forze di sicurezza, delle milizie armate statali e dei gruppi armati sono rimasti uccisi in imboscate e conflitti a fuoco. A causa della censura ufficiale riguardante tali eventi, non è stato comunque possibile ottenere informazioni precise circa l'identità delle vittime o le esatte circostanze della loro morte. Decine di civili sono stati uccisi dalle forze di sicurezza nel corso delle manifestazioni antigovernative che hanno interessato il paese durante tutto l'anno. I manifestanti protestavano contro l'apparente disinteresse delle autorità verso il deterioramento delle condizioni socio-economiche per la maggioranza della popolazione e l'uso di misure repressive.
Membri della gendarmeria e di altre forze di sicurezza hanno ucciso più di 80 civili disarmati e ferito centinaia di altri nel corso di dimostrazioni avvenute nei mesi di aprile, maggio e giugno nella regione nordorientale di Kabylia, a maggioranza berbera.Gendarmi hanno sparato su dimostranti disarmati che si trovavano a oltre 100 metri da loro e ne hanno colpito altri alla schiena dopo averli dispersi con i gas lacrimogeni. In molti casi i dimostranti sono stati seguiti fino alle loro abitazioni per essere poi uccisi al loro interno.
A maggio il presidente Bouteflika ha ordinato la costituzione di una commissione ufficiale d'inchiesta sui fatti della Kabylia. La commissione ha presentato un rapporto preliminare a luglio nel quale sosteneva che la gendarmeria e altre forze di sicurezza avevano ripetutamente fatto ricorso a un uso eccessivo della forza. Il rapporto conclusivo pubblicato a dicembre ha espresso preoccupazioni per gli eccessivi poteri conferiti alle autorità militari e per il fatto che la Commissione non era stata in grado di svolgere ulteriori indagini in quanto molti testimoni erano troppo impauriti per parlare. Sembra che alcuni gendarmi siano stati arrestati a seguito dei fatti della Kabylia. In ogni caso nessun membro delle forze di sicurezza è stato ancora sottoposto a giudizio per omicidio o per altre violazioni dei diritti umani verificatesi nel corso delle dimostrazioni in Kabylia.

Incapacità di stabilire la verità e la giustizia

Non è stata finora intrapresa alcuna azione da parte delle autorità per chiarire la sorte delle circa 4000 persone tra uomini e donne che, a partire dal 1993, sono 'scomparsi' dopo l'arresto da parte di membri delle forze di sicurezza. Il governo non ha dato alcuna informazione circa le indagini che le autorità sostengono siano state effettuate circa le gravi violazioni dei diritti umani commesse dal 1992, fra cui migliaia di casi di esecuzioni sommarie, uccisioni deliberate e arbitrarie di civili, torture, maltrattamenti e 'sparizioni'. Alcuni membri delle forze di sicurezza sarebbero stati processati e condannati a pene detentive nel corso degli anni con l'accusa di omicidio e altri crimini, ma non sono state prese misure concrete per assicurare alla giustizia la stragrande maggioranza dei responsabili degli abusi dei diritti umani commessi dalle forze di sicurezza e da gruppi armati nel 2001 o negli anni precedenti.
In teoria, dopo che è scaduta nel gennaio del 2000 la cosiddetta Legge per l'armonia civile, i membri dei gruppi armati che si arrendono alle autorità non godono più dell'immunità. Comunque continuano a giungere notizie di appartenenti a gruppi armati che si sono arresi nel corso del 2001 e che non sono stati sottoposti a giudizio. Le vittime e i parenti delle vittime di uccisioni arbitrarie, torture e 'sparizioni' commessi dalle forze di sicurezza dal 1992 continuano a vedersi negare qualsiasi forma di risarcimento. Le associazioni femministe continuano a denunciare che le vittime di stupri da parte di gruppi armati non beneficiano né di terapie riabilitative, ivi incluse cure mediche, psichiatriche o di altro tipo di assistenza post-traumatica, né dei risarcimenti dei quali hanno beneficiato altre vittime dei gruppi armati.

Tortura e detenzione segreta

La tortura continua a essere ampiamente praticata e continuano a giungere notizie di casi di detenzione segreta e non confermata. Sia le autorità governative sia quelle giudiziarie negano sistematicamente di essere a conoscenza di tali casi finché i detenuti non vengono portati in giudizio o rilasciati. Decine di civili, inclusi bambini fino a 15 anni di età, sono stati torturati e maltrattati a seguito del loro arresto da parte di membri delle forze di sicurezza nell'ambito delle dimostrazioni svoltesi nei mesi di aprile, maggio e giugno in Kabylia. Pestaggi con pugni, bastoni e calci di fucile sembrano essere prassi diffusa al momento dell'arresto o durante la detenzione. Alcuni detenuti hanno affermato che mentre erano trattenuti dalla gendarmeria sono stati denudati, legati e minacciati di violenza sessuale; altri hanno denunciato di essere stati frustrati o battuti con oggetti affilati.

Modifiche legislative

Cambiamenti al codice penale promulgati in giugno minacciano il diritto di libertà d'espressione. Le pene per diffamazione sono state inasprite. Nuovi emendamenti alle leggi prescrivono l'arresto fino a un anno e una multa fino a 250.000 dinari (circa 3500 dollari) per coloro che sono riconosciuti colpevoli di diffamazione nei confronti del presidente della Repubblica o altre istituzioni statali quali l'esercito, il parlamento o i giudici, sia in forma scritta sia parlata o illustrata. Il giornalista e l'editore di un articolo o di un'illustrazione considerata diffamatoria, così come la pubblicazione stessa, sono perseguibili. Sono state introdotte anche pene detentive fino a tre anni per coloro che predicano senza autorizzazione in luoghi di preghiera.
A giugno sono state promulgate modifiche al codice di procedura penale che hanno esteso in maniera significativa il termine di detenzione in attesa di giudizio: coloro che sono accusati di "crimini ritenuti atti di terrorismo o sovversivi" possono ora essere trattenuti in attesa di giudizio per un massimo di 32 mesi, un periodo cioè doppio rispetto al passato, e coloro accusati di "crimini transnazionali" fino a 56 mesi.

Pena di morte

A ottobre 115 detenuti hanno avuto le loro sentenze capitali commutate in periodi di detenzione a seguito di un decreto presidenziale. La moratoria sulle esecuzioni dichiarata nel dicembre 1993 è ancora in vigore.

Organizzazioni internazionali

Il gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulle sparizioni forzate o involontarie, che nel 2000 aveva richiesto di visitare l'Algeria, non era ancora stato autorizzato nel 2001. Da molto tempo il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni sommarie, arbitrarie o extragiudiziali e il Relatore speciale sulla tortura avevano richiesto di visitare l'Algeria, ma alla fine dell'anno non erano ancora stati invitati.
Alla sua 29° sessione ordinaria tenutasi in Libia, la Commissione africana per i diritti umani e dei popoli ha espresso la sua "profonda preoccupazione" per le uccisioni avvenute in Kabylia e ha raccomandato che "la lotta contro l'impunità divenga una realtà". A maggio il parlamento europeo ha adottato una risoluzione di condanna sulle uccisioni di pacifici dimostranti in Kabylia e ha espresso la sua preoccupazione circa le modifiche legislative relative alla libertà di stampa.
Il Comitato internazionale della Croce Rossa ha ripreso le sue visite alle prigioni, cominciate nel 1999.
Dopo essere entrata nel paese nel 2000, Amnesty International e altre organizzazioni internazionali di tutela dei diritti umani hanno chiesto di poter tornare ma alla fine del 2001 non avevano ancora ricevuto alcuna autorizzazione.

[AP - Rapporto Annuale AI 2002 - 2002]




ACTION FILE
Un Action File è un caso individuale di violazione dei diritti umani, particolarmente grave, che un gruppo Amnesty segue per molti anni.

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