Circolo Azione Giovani di Palombara Sabina

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Redazione: Bernasconi Danilo, Bernasconi   Mario, Bevilacqua Marco,  Fazio Salvatore, Palombi Alessandro, Petrocchi Francesco.

Impaginazione e grafica: Buonfiglio Giorgio.

Vignettista: Fazio Mario.

 

Versione on-line Anno 0 Numero 0

Sommario :

 



Entra in Azione "Il Barbagianni"

di Palombi Alessandro.

Lo scopo che ormai da alcuni anni ci muove nella nostra militanza è quello di dare un nuovo punto di riferimento ai giovani del duemila che purtroppo vivono la politica come un qualcosa di sporco e noioso e quindi da evitare. Ma abbiamo scoperto che nel vivere la politica ci si può anche divertire, fare nuove amicizie ed avvicinarsi in modo diverso ai fatti della vita quotidiana. Ci siamo resi conto che non è più possibile rimanere indifferenti e sopportare ciò che ci accade attorno e, consapevoli di vivere una fase storica decisiva per il nostro futuro ci siamo caricati del compito di esser protagonisti della vita politica e superare definitivamente la stagione del disimpegno e dell’indifferenza. Siamo qui per curare i nostri valori e per esser una realtà veramente antagonista a questa società. Ed è appunto animati da questi intenti che iniziamo l’esperienza de "Il Barbagianni", con la speranza di esser riusciti a fare almeno un altro passo verso il nostro scopo.

 


 

Elezione al Quirinale: Istruzioni per l’uso

 di M.B.

In questi giorni si parla spesso delle prossime votazioni parlamentari che eleggeranno il nuovo presidente della repubblica;siamo oppressi dal "Totopresidente".Personalmente anziché avventurarmi in quanto mai improbabili previsioni sull’identità del presidente del duemila (in queste occasioni i "giochi di palazzo" sono imprevedibili più del solito), ritengo più utile fare qualche riflessione su questa carica; del resto Einaudi diceva <<Conoscere per deliberare>> ovvero prima di scegliere il candidato sarebbe opportuno conoscere quale ne sarà il ruolo.Il settennato che si sta concludendo è stato molto particolare sotto il profilo istituzionale, direi quasi contraddittorio: se da una parte è fallito il progetto di riforma costituzionale dall’altra il presidente uscente ha dato vita ad una sorta di rivisitazione della nostra carta costituzionale. Infatti quando è fallita la bicamerale il rammarico maggiore ha riguardato la mancata introduzione del regime presidenzialista che ormai sembrava trasversalmente accettato.A mio modo di vedere quella era l’unica riforma non necessaria perché in Italia esiste già un presidenzialismo di fatto. A titolo esemplificativo basta ricordare che il presidente ancora in carica ha rifiutato di firmare il c.d. decreto Conso (sul finanziamento pubblico ai partiti ) senza che ci fosse una evidente violazione costituzionale, ha imposto ai vari presidenti del consiglio del suo settennato di salire al quirinale un giorno alla settimana per riferirgli quello che facevano; infine ha sostituito il messaggio alle camere (unico mezzo di comunicazione del capo dello stato secondo la costituzione) col messaggio radiotelevisivo quotidiano.E allora, a prescindere dal candidato, quando si voterà occorrerà considerare che formalmente si sta eleggendo l’arbitro della politica ma ufficiosamente si eleggerà sia l’arbitro che il giocatore.

 


 

SUBORDINATI ? NO "ALLEATI" !

di Palombi Alessandro.

Considerando gli avvenimenti che ogni giorno ci troviamo di fronte, mi rivolgo sempre più insistentemente la stessa domanda : "Perché mai sono così fiero di essere italiano ?". Ed in effetti penso che chiunque abbia un minimo d’amor proprio e di senso patriottico si ponga quotidianamente la stessa mia domanda, visto che l’operato dei nostri (purtroppo) governanti non fa altro che mortificare questi nostri sentimenti. Qualche esempio? Uno per tutti può essere quello della recente sentenza d’assoluzione per i piloti dell’aviazione americana colpevoli della strage del Cermis, nella quale hanno trovato la morte numerosi nostri connazionali. Innanzitutto mi chiedo come mai quando un italiano commette un reato in U.S.A. viene processato e punito dalle autorità statunitensi (vedi Silvia Baraldini), invece quando è uno statunitense a compiere un massacro sul nostro territorio nazionale, questo non sia raggiungibile dalla nostra giustizia, ma lasciato ai suoi connazionali per un processo farsa che mortifica non solo i familiari delle vittime, ma anche tutti noi. E la reazione del nostro governo ? Inesistente, se si escludono le frasi di circostanza con le quali D’Alema vuole esprimere il suo personale sdegno e che non fanno altro che far lievitare la nostra rabbia. Caro capo del governo, non le sembra il momento di agire e minacciare un’azione forte come l’uscita dalla NATO se non si ottiene giustizia ? Per non parlare poi del più recente comportamento in occasione dell’attacco americano contro la Serbia per la situazione del Kosovo. Perché i nostri soldati devono esser relegati a far gli "sguatteri" dei colleghi americani , invece di partecipare attivamente agli attacchi ? Perché l’Italia non può prendere una decisione autonoma sull’intervento , ma deve necessariamente sottostare alle decisioni di Clinton ? Personalmente ho trovato una radice storica nel disprezzo che gli statunitensi provano per noi che dovremmo esser dei loro alleati (quindi non sottomessi) ; Faccio risalire questo disprezzo alla seconda guerra mondiale e più precisamente ai disvalori dell’8 Settembre 1943 cioè il tradimento delle alleanze, la negazione della patria ed il rigetto delle istituzioni. Come può quindi ottenere rispetto un governo nato con tali presupposti ? Tant’è vero che gli americani hanno per l’occasione coniato un nuovo termine ,To-Badogliate , in onore del nostro eroico (è ironia per chi non l’avesse capito) maresciallo;Ah ! Dimenticavo di dirvi il significato del neologismo : tradire senza costrutto ! Sinceramente mi sono stancato di poter esser fiero di esser italiano solo grazie a Baggio e Max Biaggi, desidererei soltanto un po’ di rispetto per un popolo ed un patria dalla quale sono uscite le migliori menti di tutti i tempi ed che ha solo da insegnare a tutti gli altri popoli.

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(disegno di Fazio Mario)

 


 

Occupazione : L’incubo del nuovo millennio

di Bernasconi Danilo.

Quando si affrontano temi che riguardano l’occupazione il discorso sembra molto facile "c’è la crisi economica e di conseguenza la crisi occupazionale". Invece il discorso è molto più complesso e riguarda persone di tutta le età primi fra tutti i giovani. A volte si rimprovera chi , dopo aver sacrificato la sua gioventù per ottenere una laurea, "pretende" di svolgere un lavoro il più possibile vicino alla sua qualifica e non ci si chiede, invece, perché se non c’erano possibilità di lavoro in quel settore, non sono stati indirizzati verso altre specializzazioni. Oltretutto questo porta allo sfruttamento di fatto delle qualità di tali persone da parte di aziende che "in nome della crisi" fanno svolger loro lavori da dirigenti ma con paghe da impiegati semplici. Andando poi ad analizzare la posizione di chi il cosìdetto "pezzo di carta" non c’è l’ha, osserviamo, che la situazione diventa qui addirittura drammatica : questi ultimi infatti si trovano a combattere con chi, stando in uno stato di bisogno estremo (extracomunitari ) accettano dei compensi irrisori pur di lavorare. Cosa fa la pubblica amministrazione per risolvere questi problemi ? Chiede a questi lavoratori (ma solo a quelli tra i 18 e i 32 anni) di stipulare un contratto a termine di un anno, con un compenso di £ 600.000 mensili, sì , avete capito bene, seicentomila (di cui 300.000 pagate dall’azienda che assume e 300.000 dallo stato), con la promessa-ricatto che se lavoreranno bene potranno esser assunti definitivamente. Invece di continuare a sperperare il denaro pubblico lo stato potrebbe concedere delle agevolazioni fiscali concrete alle aziende, in modo da renderle competitive in Europa ed istituire un centro informazioni che permetta alle aziende stesse di usufruire dei finanziamenti CEE, cosa che a tutt’oggi non avviene, poiché è solo rendendole produttive e qualificate si può cercare di risolvere il problema dell’occupazione, vero e proprio incubo del millennio che sta per finire e sicuramente primo problema del nuovo millennio.

 


 

Recensione de "C’eravamo tanto odiati"

di Fazio Salvatore

R. Bentivegna, classe 1922, ex partigiano comunista, autore dell’attentato di Via Rasella, medaglia d’argento della Resistenza. Vive a Roma.C. Mazzantini, settantaquattrenne ex soldato della R.S.I. senza medaglie, vive a Tivoli. Queste due persone sembrano non avere nulla in comune eppure qualcosa c’è. Si tratta di "C’eravamo tanto odiati" a cura di D. Messina. Un bel libro, per quei pochi italiani nei cui gusti letterari c’è posto anche per qualcosa di diverso da "Ramses" e simili, nel quale l’ex partigiano e l’ex combattente della RSI si confrontano, discutono e raccontano di un periodo a tutt’oggi controverso della storia d’Italia: La guerra civile. Procediamo con ordine: intanto il libro affascina sin dalla copertina disegnata dal bravissimo Jacopo Bruno, poi buona sembra anche la scelta della strutturazione dello stesso. All’introduzione di Messina, discreta e precisa, che termina con la frase "..si sono incontrati dopo mezzo secolo, per scoprire i punti comuni di una memoria divisa", seguono nell’ordine il racconto di Mazzantini e quello di Bentivegna. E sono pagine dense, fatte di grandi illusioni e di grandi delusioni da una parte e dall’altra, che fanno comprendere come gli "uomini e no" di Vittorini di certo non esistono almeno in questo caso semprechè non si voglia ammettere che gli "untermensch" ci siano stati da entrambe le parti. Pagine che ci fanno capire, come ha scritto G. Pansa, nella sua introduzione al saggio "l’esercito di Salò", che lo scegliere "da che parte stare" poteva essere determinato da un amico più grande, una lettura, uno stato d’animo del momento. Pagine che ci fanno comprendere, De Felice docet, che il Fascismo comunque ci appartiene, comunque sia un fenomeno italiano; come la memoria divisa di cui si parlava sopra esista ancora oggi nei morti ricordati nelle piazze o in quelli dimenticati nelle foibe; e soprattutto come sia difficile a cinquant’anni di distanza uscire dall’impasse del giudizio politico ed affrontare serenamente in una visione globale ciò che è stato, senza l’ipocrisia del "volemose bbene" della pacificazione distratta e smemorata, ma con reciproca comprensione. Nella parte conclusiva del libro - nel sommario, "Epilogo"- vi è poi il testo scritto dell’intervista-dialogo realizzata nell’estate del ’97 tra i protagonisti del libro; ed è bello concludere questa recensione con una frase di R. Bentivegna, riprodotta anche sulla quarta di copertina: "Ti dico che avrei preferito averti con me, perché tu sei come me"; è forse qui il senso, la contraddizione irrisolta e la tragedia di quel periodo. Baldini e Castoldi, £. 28.000 ben spese.

Copertina.jpg (4992 bytes)    Baldini&Castoldi  M.Bentivegna - C. Mazzantini "C'eravamo tanto odiati " £  28.000

 

 


 

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