ESERCITAZIONE III

(DA CONSEGNARE –PREFERIBILMENTE- A MEZZO E-MAIL)

 


Alcuni dati di conoscenza -A), B)- e qualche spunto di riflessione -C)-!

Organizzali, scomponili, se vuoi “distruggili”, ma, soprattutto, pensa e cerca di articolare un tuo percorso culturale, riflessivo, progettuale!

 


A)    Sui giornali si legge:

  “Studente chiede alla prof. di andare in bagno; la prof. nega il permesso; lo studente fa la pipì in classe”!

  “Studente diciottenne –cioè maggiorenne!- arriva a scuola in ritardo per il traffico cittadino e non solo non viene fatto entrare a scuola, ma viene invitato dal vice-preside a farsi accompagnare dai genitori”!

B)     

  In Infanzia nuova classe sociale di Gérard Mendel si legge pressappoco così:

  “Bisogna indagare il ruolo storico-sociale dell’Autorità, legato alla fede in un “trascendente” (laico o religioso) e produttore di dipendenza negli individui, esercitato attraverso la <<violenza>> non solo esterna, ma soprattutto interna (condizionamenti, sensi di colpa, etc.) e il suo tramonto attuale. Oggi, infatti, il fanciullo-adolescente (soggetto su cui si è sempre esercitata, in modo totale, l’Autorità) si è emancipato dal modello dell’adulto (padre), figura in sé confusa e smarrita, e dai riti collettivi di iniziazione (che permangono solo in forma assai indebolita: esami, diplomi, etc.) si è fatto autonomo, anzi si profila come una “nuova classe sociale”, capace di avviare una riconquista della libertà da parte dell’uomo. L’infanzia/adolescenza guarda, se sottratta al dominio dell’Autorità, a valori diversi da quelli adulti: valori di uguaglianza, di partecipazione, di creatività e di godimento, rispetto ai quali anche i conflitti vengono a risolversi positivamente. In nome di questi valori bisogna invertire il rapporto adulto-fanciullo/adolescente, ponendo l’infanzia/adolescenza come il modello della formazione umana, attraverso una “infantilizzazione dell’uomo” [naturalmente –aggiungiamo noi- non in forma di sindrome ma di strategia]. Così si deve compiere una “rivoluzione pedagogica” che si manifesta con l’abbandono da parte dell’individuo, a causa del proprio senso di colpa, del desiderio di “diventare grande” e con la fanatizzazione della gioventù. Sul terreno scolastico essa si manifesta come pratica anti-autoritaria ispirata alla costruzione autogestita del rapporto educativo tra fanciullo-adolescente-adulto”.

 

In Co-ire. Album sistematico dell’infanzia di Schérer e Hocqengham, si legge:

“Il luogo naturale , anzi di origine, dell’infanzia non è la casa, qualunque sia, debilitante, regressiva, dove tutto è fatto per ricordare al bambino la sua infermità, la sua dipendenza, ma l’esterno, l’evasione, dove non si pone minimamente il problema della sua subordinazione, ma soltanto quello della sua differenza”.


C)     

  Perché queste considerazioni?

Forse, perché è necessario avviarci verso una didattica per educare a comprendere, pena il fallimento totale di una scuola che potrebbe avviarsi –subdolamente?- a non riconoscere più, per esempio, il valore legale del titolo di studio e chissà quant’altro?

Allora, anzitutto, dobbiamo riconoscere di essere:

1)  in una dimensione di vissuto-esplicitato nella differenza;

2)  invitati a comprendere l’iter che ci ha condotto –solo da poco tempo- in tale cultura della differenza;

  per scegliere di:

1)  metterci al servizio della classe discente per il bene della comunità;

2)  costruire didattiche costruttive e fondate sulla ricerca piuttosto che obbligate da rigidi percorsi distruttivi della coscienza dell’uomo (nel senso che non è incoraggiata verso la trasformazione di se stessa, ma verso la ripetitività e, dunque, verso la stasi e l’immobilismo. Fare didattica, forse, non può che significare –per noi, almeno!-: proiettarsi verso la progettualità e la ricerca e, dunque, riconoscere il dinamismo e la flessibilità!).

Buon lavoro,

Ignazio Licciardi

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