IL SAFARI NELLA SELOUS
RESERVE
L’ARRIVO AL RUFIJI
RIVER CAMP
Venerdì 12 ottobre, ore 8:15 partenza
dall’aereoporto di Zanzibar per il safari con un aereo 11 posti della Zan Air
(prima di salirci ero personalmente un po’ titubante sulla qualità del volo, invece
il viaggio è stato tutto sommato piacevole) e siamo atterrati 50 minuti dopo al
Mtemere Gate, una lingua di terra battuta in mezzo alla savana che termina
direttamente sul fiume Rufiji.
L’aereo
prima di atterrare ha dovuto passare tre volte sopra alla pista per
allontanare giraffe e impala che ci stavano pacificamente soggiornando.
L’avventura del safari è iniziata praticamente ancora in volo! Appena scesi
abbiamo trovato pronta la jeep che ci ha accompagnato in dieci minuti al
Rufiji River Camp. Eravamo in sei persone partite dal Karibu (noi e altre due
coppie con qualche anno in più, ma tutte persone piacevoli). Abbiamo fatto
squadra fissa per tutte le uscite dei tre giorni. |
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Arrivati al campo, abbiamo lasciato le
valigie in reception e siamo immediatamente scesi all’imbarcadero per l’uscita
sul fiume. La nostra guida, Bernard, parla inglese e conosce anche parecchi
nomi di animali in italiano; è stato gentile e molto paziente a tutti i nostri
“One moment please”, visto che non siamo di certo fotografi professionisti o
cineamatori rodati.
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Abbiamo
visto un sacco di animali. Tutti quelli da ambienti acquatici (decine di
ippopotami e coccodrilli, uccelli di vario tipo, ecc…) e un sacco di animali
terrestri che stavano bevendo lungo le sponde (giraffe, elefanti, facoceri,
antilopi, babbuini, ecc...). Ci
è anche capitato di trovare un branco di coccodrilli che si stavano mangiando
un piccolo di ippopotamo… |
Abbiamo spento i motori per non
disturbarli e piano piano la corrente ci ha portato proprio in mezzo a loro; ci
passavano da tutte le parti, anche sotto
I coccodrilli sono decisamente
inquietanti quando ti fissano con i loro occhi gialli a pelo d’acqua.
Lungo il fiume panorami bellissimi con
la vegetazione che cambia di continuo da un Km all’altro: centinaia di palme
Borassus, acacie, cespugli di ogni dimensione e qualche baobab.
Arrivati nel punto più lontano, prima di
iniziare il rientro, ci siamo “spiaggiati” su un isolotto nelle anse del
Rufiji; siamo scesi a terra e Bernard ha tirato fuori un frigo portatile pieno
di bibite fresche. E’ stata una piacevole sorpresa nei 30 gradi della savana
(clima molto secco, contrariamente da Zanzibar, quindi ben sopportabile). Siamo
ripartiti e poco dopo mezzogiorno siamo rientrati al campo per il pranzo.
Dobbiamo
anche sottolineare che al Rufiji River Camp si mangia alla grande!!! Cucina
di stampo molto italiano anche se il campo è internazionale (non è della Ventaglio,
è un’organizzazione tanzaniana, ma il direttore è un gentile signore di
Bologna che vive lì da 15 anni). Noi 6 eravamo gli unici italiani; gli altri
tavoli erano occupati da danesi, svizzeri, tedeschi e altri. Hanno
un efficientissimo depuratore (dettagliatamente |
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descritto nella scheda che abbiamo
trovato in tenda) che rende perfettamente potabile l’acqua del fiume
sottostante tirata su da una pompa. Sembra di bere la normale acqua di
acquedotto con lo stesso gusto di cloro che abbiamo a casa. L’abbiamo bevuta
tutti e non ci ha dato nessun tipo di disturbo, tra l’altro tutte le altre
bevande erano a pagamento. La stessa acqua arriva direttamente anche in tutte
le tende. Non ci è mancato proprio niente!
La corrente elettrica è fornita da
pannelli solari e da un gruppo elettrogeno a motore. Presso il bar, e solamente
in quella locazione, sono presenti una serie di prese elettriche (sia di tipo
inglese, sia di tipo italiano) per ricaricare macchine fotografiche e
videocamere, mentre la luce elettrica è presente in tutte le tende. Il gruppo
elettrogeno viene spento dopo le 22:30, e da quel momento in poi rimane solo la
corrente fornita dalle batterie per i frigoriferi dell’area ristorante.
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Le
tende sono specifiche da safari, di un tessuto di color verde militare grosso
e resistente e con la chiusura a tre cerniere (una verticale e due
orizzontali). Hanno il pavimento in linoleum su base di cemento, il tetto
tipico in makuti (foglie di palma essiccate) e ognuna ha il proprio bagno
interamente in muratura completo di doccia. Sono pulitissime, con sanitari
nuovi e lucidi, acqua corrente calda e fredda, letto comodo con zanzariera
integrale, attaccapanni e piccola scrivania. |
Rispetto alle nostre aspettative prima
della partenza, siamo rimasti piacevolmente sorpresi!
Al pomeriggio siamo usciti per il giro
in jeep. I mezzi sono tutto sommato comodi, hanno un posto a fianco
dell’autista, due dietro e tre su un divanetto rialzato sopra al portabagagli
(noi siamo stati sempre in quest’ultima sistemazione “privilegiata”).
Purtroppo
si viaggia in piste nel bel mezzo della savana e quindi sembra di stare tutto
il tempo sul Tagadà, ma non ci facevamo nemmeno caso da quanto eravamo
concentrati a guardare tutto quello che ci circondava. Ad
un certo punto è arrivata la chiamata via radio da un’altra jeep che aveva
avvistato un branco di leoni dormienti sotto alcune acacie e siamo partiti a
razzo per raggiungerli. Durante
il tragitto decine di animali di tutti i tipi (giraffe da qualsiasi parte ci
voltassimo, zebre, gnu, antilopi delle varie specie, ecc…). |
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Trovare i leoni è stata un’esperienza
emozionante oltre ogni immaginazione. Si trattava di un piccolo branco formato
da 1 maschio e 3 femmine. E’ incredibile come non si interessino minimamente
alla jeep, la considerano parte del paesaggio e non si curano della sua
presenza, tanto che le guide si inoltrano il più possibile (passando sopra a cespugli
e quant’altro) per portarti proprio accanto a loro che sonnecchiano, e poi
spengono il motore. Vi garantiamo che in quei momenti tutti trattengono il
fiato e al massimo bisbigliano sottovoce. La tensione è davvero tanta, e se per
caso ti capita di incrociare i tuoi occhi nei loro (come è successo a me con il
maschio)… senti un brivido freddo lungo la schiena!
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Abbiamo
notato che la leonessa sdraiata vicino al maschio aveva il pelo del viso
sporco di sangue (non suo) ed infatti poco lontano, ad un centinaio di metri,
c’era la carcassa di un bufalo decisamente fresca, probabilmente ucciso
durante la notte e appena divorato. In quel momento era circondato di
avvoltoi che stavano finendo gli ultimi resti. Poco dopo i leoni si sono
mossi uno dopo l’altro per andare al fiume a bere e noi li abbiamo piano
piano seguiti per gustare tutta la scena. |
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Finito
il “simposio” le femmine si sono sdraiate in fila indiana e tutte rivolte
verso la medesima direzione: stavano guardando un piccolo branco di zebre in
lontananza, e le zebre ricambiavano gli sguardi!!! Bernard ci ha detto che in
quel momento le leonesse stavano osservando le prede per scegliere quella più
debole (che zoppichi o che resti indietro rispetto alle altre), per la
prossima caccia notturna. |
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Abbiamo ripreso il nostro percorso e,
sulla strada del rientro verso il campo, quasi al tramonto, un’altra
grandissima emozione: un branco di più di 40 elefanti (adulti e piccoli) che ha
iniziato ad attraversare la strada davanti a noi. Abbiamo spento il motore ed
abbiamo aspettato un buon quarto d’ora che transitassero con la loro grande
calma. I colori del tramonto e la scena che avevamo davanti hanno creato un
evento che rimarrà stampato nella nostra memoria a vita.
Un’altra cosa che ci ha lasciato
sbalorditi è che gli elefanti ci camminavano a
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A
branco quasi finito ci è scivolato l’occhio sulla destra e di fianco alla
jeep, dietro dei cespugli, c’era un enorme maschio decisamente infastidito
per la nostra presenza; probabilmente ci ha ritenuto una minaccia per i
piccoli che stavano passando vicini. Bernard, quando ha visto che si
atteggiava minaccioso, ha cercato di accendere la jeep che però NON SI E’
AVVIATA AL PRIMO COLPO!!! |
In quel momento capisci che cosa sia la
“paura primordiale”, quella che devono aver provato i nostri progenitori nelle
ere passate davanti alla minaccia di un animale molto più forte. Per fortuna
eravamo in leggera salita, quindi, togliendo il piede dal freno, la macchina ha
indietreggiato piano piano senza la necessità di provare di nuovo ad accendere
il motore (che avrebbe magari infastidito ancora di più il bestione).
Vedendo la nostra “ritirata” l’elefante
si è un po’ tranquillizzato ed ha attraversato la strada, comunque guardandoci
di continuo e tenendo il corpo in posizione laterale in maniera decisamente
minacciosa. Fa molto più paura un elefante che fissa la jeep rispetto ad un
leone, credeteci!!!
Comunque, a parte questo esemplare, il
resto del branco è transitato con pachidermica calma e tutto è andato liscio e
siamo tornati al campo senza problemi.
Ogni sera, durante la cena, arrivavano
al campo da un villaggio poco lontano alcuni maasai (VERI maasai, non come
quelli che vendono statuine in spiaggia a Zanzibar; inoltre pochi sanno che si
scrive correttamente così, e non semplicemente “masai” con una sola “a”), i
quali si mettevano in fila vicino al bancone del bar. All’inizio non avevamo
capito perché, poi te lo spiegano: il campo non ha nessun recinto e di notte
viene regolarmente attraversato da animali. Quindi dopo cena si è liberi di
chiacchierare davanti al fuoco oppure ci si può soffermare a guardare le stelle
dall’area relax (mai viste così dalle nostre parti nemmeno in montagna sopra i
Arrivati alla tenda trovavamo ogni sera
una lampada ad olio messa davanti l’entrata, per tener lontani gli animali e,
una volta dentro, i maasai rimanevano fuori a vegliare fino all’alba. Le tende
sono tutte dislocate a gruppi di tre in un’area abbastanza grande e quindi per
la notte rimangono gruppetti di tre maasai a fare la guardia (e li si sente a
volte chiacchierare in swahili o intonare i loro canti a voce bassa nel buio…).
Se di notte si avvicinasse alla tenda un animale potenzialmente pericoloso
(ippopotami o iene al massimo) loro fanno vibrare i sonagli che hanno a polsi e
caviglie e gli animali si allontanano, oppure, se sono proprio vicini, li
illuminano con le torce e li mettono in fuga.
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Per
tutte e tre le notti passate lì una giraffa è venuta a mangiare dall’albero
che avevamo dietro alla tenda; in alcuni momenti di particolare silenzio la
si sentiva anche staccare le foglioline con i denti; la seconda notte abbiamo
avuto anche la compagnia delle iene, che hanno invaso il campo forse a caccia
delle scimmiette di Vervet che ci vivono stabilmente. Sentivamo in tutte le
direzioni i loro tipici richiami che usano mentre cacciano di notte… e non si
dorme!!! Un filo di adrenalina costante ti fa stare sveglio e in totale
silenzio. Ci scappava la pipì, ma ce la siamo tenuta fino al mattino pur di
non alzarci e rischiare di fare un qualsiasi rumore, anche se ci hanno detto
che dentro le tende non si corre alcun rischio. |
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