L'ULTIMO VIAGGIO 

XVII

 

L'AMORE

 

E con la luce rosea dell'aurora

non udì più ruggito di leoni,

che stanchi alfine di vegliar, col muso

dormian disteso su le lunghe zampe.

Dormiva anch'ella, allo smorir dell'alba,

pallida e scinta sopra il noto letto.

E il vecchio Eroe parlava al vecchio Aedo:

Prenda ciascuno una sua via: ch'è meglio.

Ma diamo un segno; con la cetra, Aedo,

tu, che ritrova pur da lungi il cuore.

Ma s'io ritrovi ciò che il cuor mi vuole,

ti getto allora un alalà di guerra,

quale gettavo nella mischia orrenda

eroe di bronzo sopra i morti ignudi,

io; che il cuore lo intenda anche da lungi.

Disse, e taceva dei leoni uditi

nell'alta notte, e della dea canora.

E prese ognuno la sua via diversa

per macchie e boschi, e monti e valli, e nulla

udì l'Eroe, se non ruggir le quercie

a qualche rara raffica, e cantare

lontan lontano eternamente il mare.

E non vide la casa, né i leoni

dormir col muso su le lunghe zampe,

né la sua dea. Ma declinava il sole,

e tutte già s'ombravano le strade.

E mise allora un alalà di guerra

per ritrovare il vecchio Aedo, almeno;

e porse attento ad ogni aura l'orecchio

se udisse almeno della cetra il canto;

e sì, l'udì; traendo a lei, l'udiva,

sempre più mesta, sempre più soave,

cantar l'amore che dormia nel cuore,

e che destato solo allor ti muore.

La udì più presso, e non la vide, e vide

nel folto mucchio delle foglie secche

morto l'Aedo; e forse ora, movendo

pel cammino invisibile, tra i pioppi

e i salici che gettano il lor frutto,

toccava ancora con le morte dita

l'eburnea cetra: così mesto il canto

n'era, e così lontano e così vano.

Ma era in alto, a un ramo della quercia,

la cetra arguta, ove l'avea sospesa

Femio, morendo, a che l'Eroe chiamasse

brillando al sole o tintinnando al vento:

al vento che scotea gli alberi, al vento

che portava il singulto ermo del mare.

E l'Eroe pianse, e s'avviò notturno

alla sua nave, abbandonando morto

il dolce Aedo, sopra cui moveva

le foglie secche e l'aurea cetra il vento.

 

 

L'ULTIMO VIAGGIO 18-L'ISOLA DELLE CAPRE