L'ULTIMO VIAGGIO |
XIV IL
PITOCCO Cantavano;
e il lor canto era fanciullo, dei
tempi andati; non sapean che quello. E
nella stiva in cui giaceva immerso nel
dolce sonno, si stirò le braccia e
si sfregò le palpebre coi pugni Iro,
il pitocco. E niuno lo sapeva laggiù,
qual grosso baco che si chiude in
un irsuto bozzolo lanoso, forse
a dormire. Ché solea nel verno lì
nella nave d'Odisseo dormire, se
lo cacciava dalla calda stalla l'uomo
bifolco, o s'ei temeva i cani del
pecoraio. Nella buona estate dormia
sotto le stelle alla rugiada. Ora
quivi obliava la vecchiaia trista e
la fame; quando il suono e il canto lo
destò. Dentro gli ondeggiava il cuore: Non
odo il suono della cetra arguta? Dunque
non era sogno il mio, che or ora portavo
ai proci, ai proci morti, un messo: ed
ecco nell'opaco atrio la cetra udivo,
e le lor voci esili e rauche. Invero
udiva il tintinnio tuttora e
il canto fioco tra il fragor dell'onde, qual
di querule querule ranelle per
un'acquata, quando ancor c'è il sole. E
tra sé favellava Ito il pitocco: O
son presso ad un vero atrio di vivi? e
forse alcuno mi tirò pel piede sino
al cortile, poi che la mascella sotto
l'orecchio mi fiaccò col pugno? Come
altra volta, che Odisseo divino lottò
con Iro, malvestiti entrambi. Così
pensando si rizzò sui piedi e
su le mani, e gli fiottava il capo, e
movendo traballava come ebbro di
molto vino; e ad Odisseo comparve, nuotando
a vuoto, ed ai remigatori, terribile.
Ecco e s'interruppe il canto, e
i remi alzati non ripreser l'acqua, e
la nave da prua si drizzò, come cavallo
indomito, e lanciò supino, a
piè di Femio e d'Odisseo seduti, Iro
il pitocco. E lo conobbe ognuno quando,
abbrancati i lor ginocchi, sorse inginocchioni,
e gli grondava il sangue giù
per il mento dalle labbra e il naso. E
un dolce riso si levò di tutti, alto,
infinito. Ed egli allor comprese, e
vide dileguare Itaca, e vide sparir
le case, onde balzava il fumo: e
le due coscie si percosse e pianse. E
sorridendo il vecchio Eroe gli disse: Soffri.
Hai qui tetto e letto, e orzo e vino. Sii
nella nave il dispensier del cibo, e
bevi e mangia e dormi, Iro non-Iro.
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