L'ULTIMO VIAGGIO

III

 

LE GRU NOCCHIERE

 

E un canto allora venne a lui dall'alto,

di su le nubi, di raminghe gru.

Sospendi al fumo ora il timone, e dormi.

Le Gallinelle fuggono lo strale

già d'Orïone, e son cadute in mare.

Rincalza su la spiaggia ora la nave

nera con pietre, che al ventar non tremi,

Eroe; ché sono per soffiare i venti.

L'alleggio della stiva apri, che l'acqua

scoli e non faccia poi funghir le doghe,

Eroe; ché sono per cader le pioggie.

Sospendi al fumo ora il timone, e in casa

tieni all'asciutto i canapi ritorti,

ogni arma, ogni ala della nave, e dormi.

Ché viene il verno, viene il freddo acuto

che fa nei boschi bubbolar le fiere

che fuggono irte con la coda al ventre:

quando a tre piedi, il filo della schiena

rotto a metà, la grigia testa bassa,

il vecchio va sotto la neve bianca;

e il randagio pitocco entra dal fabbro,

nella fucina aperta, e prende sonno

un poco al caldo tra l'odor di bronzo.

Navigatore di cent'arti, dormi

nell'alta casa, o, se ti piace, solca

ora la terra, dopo arata l'onda.

Questo era canto che rodeva il cuore

del timoniere, che volgea la barra

verso un approdo, e tedio avea dell'acqua;

ché passavano, agli uomini gridando

giunto il maltempo, venti nevi pioggie,

e lo sparire delle stelle buone;

e tra le nubi esse con fermo cuore,

gittando rauche grida alla burrasca,

andavano, e coi remi battean l'aria.

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