L'invenzione della pittura

 

Alla luce di un lume ad olio, l'artista della preistoria traccia i suoi segni magici o dipinge gli animali selvatici che sogna di catturare. Con un pezzo di carbone disegna sulle pareti di roccia sagome di bisonti e mammut. Per colorarle riduce in polvere delle terre speciali. Applica poi queste polveri colorate con batuffoli di foglie o pelo, oppure le soffia con un osso cavo. I primi dipinti occupano intere pareti delle caverne: grandi mandrie galoppano così da millenni in questi luoghi segreti.

Gli antichi Egizi raccolgono sulle rive del Nilo i fusti di canne sottili: i papiri. Gli steli servono a fabbricare una specie di carta. Il materiale ottenuto, tanto fragile in apparenza, è destinato al lavoro dello scriba. Questi, accovacciato al suolo, aguzza la punta del calamo, un bastoncino di giunco che gli serve da penna. Poi inizia a tracciare segni sul sacro rotolo. Le sue opere, lunghe anche decine di metri, vengono arrotolate per esser poste nel sarcofago: devono accompagnare il morto nel suo viaggio nell'aldilà. Il clima secco dell'Egitto conserverà questi tesori per millenni, fino ai nostri giorni.

Gli abitanti della Grecia classica desiderano che anche gli oggetti della vita quotidiana siano belli. Recipienti destinati a contenere acqua, olio vino o grano vengono decorati con figure di animali o con scene della vita di uomini, dei ed eroi. I recipienti prendono forma nelle mani del vasaio: vengono posti a seccare al solo e poi decorati dal pittore, con colori minerali o vegetali, infine cotti in un forno. Costituiscono oggi la principale testimonianza della pittura greca.

Nel Medioevo, gli artisti dipingono su pannelli di legno accuratamente preparati. Possono anche realizzare opere composte da più pannelli, per ornare gli altari delle chiese. Questi quadri compositi si chiamano polittici. A volte i pannelli si aprono come le ante di una finestra: durante la settimana i pannelli chiusi mostrano la loro veste esterna e più austera. Nei giorni di festa, le ante vengono aperte per rivelare i meravigliosi dipinti ricchi di colori e dorature. Nel corso dei secoli i pannelli sono stati a volte smontati e dispersi nelle collezioni sparse per il mondo.

Sempre nel Medioevo gli artisti europei impiegano settimane per portare a termine le loro opere su tavole di legno massiccio. Negli stessi anni l'attività di un pittore cinese è ben più lieve e veloce: gli bastano un pennello di bambù, un lembo di seta e una barretta d'inchiostro. Con pochi vividi tratti sorgono montagne, torrenti, cavalli, uccelli. Questi dipinti si allungano su rotoli di seta. Per ammirarli, il proprietario li svolge delicatamente: il suo sguardo scruta il disegno come se vi leggesse una storia. Po li riavvolge... per proseguire il fantastico viaggio con l'immaginazione.

Nel 1303 si apre un grande cantiere all'interno della Cappella degli Scrovegni a Padova: si vuole decorarla con affreschi, grandiose pitture murali. Alcuni apprendisti preparano l'intonaco destinato ad essere steso sui muri. Altri preparano i colori, macinando i pigmenti e impastandoli anche con lattice di fico. Il sommo Giotto, appollaiato sull'impalcatura dipinge con tratti rapidi e decisi sull'intonaco ancora fresco. Il lavoro non può essere corretto nè cancellato, perchè i colori, una volta asciutti, si fissano per sempre sul fondale di gesso. Giotto impiegherà tre anni per decorare muri e soffitti della Cappella e portare a termine il suo grande capolavoro.

Nel XV secolo il fiammingo Van Eyck scopre la tecnica della pittura ad olio, ma come vi sia giunto è ancora un mistero. Per fabbricare i suoi colori, ha certo miscelato i pigmenti con olio e qualche essenza vegetale. Può così sovrapporre più strati di questo impasto fluido per ottenere una pittura trasparente e brillante come una pietra preziosa. Inoltre il dipinto asciuga lentamente e Van Eyck può perfezionare ogni minimo particolare: cura le pieghe di un velluto, cesella l'oro di una corona, modella i lineamenti di un viso...

Dopo il XVI secolo, gli artisti abbandonano la pittura su legno, materiale piuttosto pesante e ingombrante. Preferiscono ora dipingere su una tela tenuta tesa su un telaio leggero. La tela non si fessura con gli sbalzi di temperatura, come succede al legno. Smontata e arrotolata, è facile da trasportare. Nel corso del tempo i pittori sperimentano tessuti differenti: Velasquez predilige tele finissime, Rubens usa tele robuste a trama grossa, mentre Gauguin non disdegna la iuta dei sacchi. Quanto a Nicolas de Staël è tanto povero che deve accontentarsi delle proprie lenzuola.

Fino al XVI secolo il disegno viene soprattutto utilizzato per abbozzi in vista della preparazione del quadro. Il pittore Dürer è tra i primi a percepire la bellezza del disegno in sè. Usa tutti gli strumenti disponibili ai suoi tempi: penna, matite, carboncino. Cento anni dopo, Rembrandt eccelle in questo campo. Con pochi tratti decisi riesce a "schizzare" un leone o a "fissare" l'espressione del proprio volto allo specchio.

Equipaggiato con una piccola scatola di acquerelli, con alcuni pennelli fatti di pelo di cammello e con un album di carta ruvida, l'artista può partire per esplorare il mondo: mari, foreste e terre lontane... All'inizio del XIX secolo i pittori inglesi illustrano i loro quaderni di viaggio con acquerelli dalle tinte delicate. I colori sulla carta si ispirano direttamente allo spettacolo della natura. Per ottenere paesaggi luminosi e sfumati si possono schiarire i colori con un pennello intriso d'acqua.

Con i colori disponibili in tubetti di stagno facili da trasportare, il pittore può infine evadere dallo studio. Portando con sè un cavalletto pieghevole, può andare a catturare luci e colori tra i campi, sull'acqua o sulla neve. Il pittore dipinge direttamente, con rapide pennellate, senza disegno preparatorio. Sono i colori i tubetto che hanno permesso di dipingere all'aria aperta. Senza i tubetti niente Cézanne, niente Monet, insomma niente impressionismo.

Pennelli, ma anche forbici, rulli, spazzole, coltelli... Per dipingere, gli artisti del XX secolo utilizzano strumenti non di rado sorprendenti. Tentano esperienze nuove, usando materiali di ogni tipo: colori acrilici, cartapesta, vernici metallizzate, sabbia, bitume, ecc. Incollano sulle loro tele ritagli di carta e oggetti vari. Si deve sperimentare tutto. "Un paio di calzini è un materiale non meno degno del legno, dei chiodi, della tela, dell'essenza di trementina o dei colori ad olio per realizzare un'opera d'arte", disse  con la massima serietà Paul Rauschenberg, pittore americano famoso per gli arditi collage.

Le operee d'arte, come gli uomini, invecchiano e possono essere vittime di acciacchi. Bisogna dunque saperle proteggere e curare: è il compito delicato dei restauratori. Certe lesioni richiedono cure leggere: pulizia, riverniciatura, ecc. Ma a volte le ferite sono gravi: supporto deformato o spaccato pittura screpolata. Si interviene allora con vere e proprie operazioni chirurgiche: le lacerazioni vengono riparate e si può anche trasferire il dipinto su una nuova tela. Si sono salvati così grandi capolavori. Tuttavia alcune opere vanno perse per sempre, ma altre attendono ancora di essere scoperte.

Dipingere sull'asfalto o su un guscio d'uovo. Dipingere sulla neve, sul marmo o sulla sabbia. Decorare un chicco di riso oppure un palazzo intero... Gli uomini hanno dipinto sui materiali più duri ma anche su superfici delicate e trasparenti. E sono dipinti che possono sfidare l'eternità o sparire al primo soffio di vento.

 

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