C'era una volta un nonno chiamato Quattro Venti. Era cieco e
aveva un nipotino il cui nome era Luna Nascente. Spesso i due si
sedevano insieme sulla cima di una rupe, dalla quale si godeva
il panorama della valle sottostante e il ragazzo descriveva al
nonno ciò che vedeva.
Talvolta Luna Nascente esclamava: "Nonno, vedo i cervi che
pascolano sull'erba!".
Oppure diceva: "Vedo nubi nere con la
pancia piena d'acqua"
In altre occasioni il ragazzo saltellava
su e giù e strillava: "Nonno, vedo la grande aquila librarsi nel
vento che soffia da est!"
Un giorno, mentre camminava nella valle, Luna Nascente non vide
nè cervi, nè aquile, nè nubi. Non sentì neppure l'alito del
vento. Non pioveva da parecchio tempo e il suolo era asciutto.
Così Luna Nascente descrisse al nonno quello che vedeva: "Nonno
Quattro Venti, il terreno è inaridito e assetato, la terra è
piena di crepe, il fiume è fangoso, l'erba è di colore marrone,
le aquile non volano più e i cervi sono andati via."
Nonno Quattro Venti, con il volto cieco rivolto al sole rovente,
disse al nipote: "Nipote, ciò che vedi ti spaventa. Di cosa hai
paura?"
"Temo che la nostra gente rimanga senza cibo e acqua. Ho paura
che il cervo e tutti gli animali muoiano. Ho paura di perdere la
mia casa."
Il vecchio toccò il viso del ragazzo e disse con voce gentile:
"Luna Nascente, poichè sei abbastanza grande da preoccuparti, lo
sei anche per pregare. E' tempo di fare visita al nostro luogo
sacro."
Quatto Venti e Luna Nascente avevano un posto speciale dove di
tanto in tanto si recavano e si sedevano sotto un grande albero.
La pianta era molto vecchia e si era annerita a causa di un
incendio. I suoi rami si protendevano fino al suolo, accoglienti
come una capanna. Dal tempo dell'incendio Nonno Quattro Venti
aveva soprannominato la pianta l'Albero della Nostra Gente.
Seduto sotto i suoi rami egli raccontò a Luna Nascente una
storia di tanto tempo prima.
La storia ha inizio in inverno, durante il tempo delle grandi
nevi, quando le notti sono lunghe e oscure.
"Una volta, quand'ero ragazzo, un enorme pino
pieno di aghi e di pigne si ergeva vicino a un albero di mele
molto più piccolo e giovane. Una notte, il Pino disse alla
Pianta delle Mele: "Sciocco albero, hai perso tutte le tue
foglie. Ora fa molto freddo, il vento soffia e cade la neve.
Senza le tue foglie, che cosa ti proteggerà dal freddo intenso e
dal congelamento? Dovresti fare come me. Io non lascio mai
cadere i miei aghi, essi mi avvolgono di calore nella stagione
dei ghiacci."
La Pianta delle Mele rispose: "E' nella mia natura restare
spoglia nei mesi invernali. Eretta con i rami privi di foglie,
apprendo il dono del coraggio e della forza. Quanto i venti
gelidi sibilano e i miei rami si piegano, ululo con la voce di
cento orsi".
Il Pino pensò che la Pianta delle Mele fosse un po' matta, ma
essa non se ne curò minimamente. Rimaneva eretta a fianco del
Pino poichè l'inverno era il tempo che le infondeva il coraggio.
Nonno Quattro Venti smise per un attimo di raccontare la storia.
Sentì che il vento ricominciava a soffiare, anche se debolmente.
Era come un sussurro che il ragazzo al suo fianco non poteva
udire.
"La storia continua con l'avvento della primavera, mio caro
nipote", proseguì il vecchio.
Era il tempo dell'anno in cui la Pianta delle Mele fioriva,
riempiendosi di foglie e fiori. Le sue foglie erano verdi e
tenere e i suoi fiori, delicatamente profumati, avevano petali
bianchi dalle punte rosate.
Fremente di gelosia, il Pino chiese alla Pianta delle Mele:
"Pianta delle Mele, cosa sono quei piccoli e buffi ciuffi
bianchi che pendono dai tuoi rami smilzi?"
"Sono i miei fiori, Pino. Sono la delizia delle api e la
fragranza che emanano riempie l'aria con un dolce profumo",
rispose la giovane pianta.
"Bah!", sbuffò il vecchio sempreverde. "Ma a cosa servono?"
"A cosa servono?", ridacchiò la Pianta delle Mele.
"Poichè è il tempo della primavera, i miei meravigliosi fiori
attraggono molti insetti e uccelli. I miei rami si risvegliano
al canto degli uccellini e al ronzio delle api, celebrando
l'arrivo della bella stagione. Sono grata al sole per il suo
dolce tepore e all'acqua per le piogge di primavera. Sono
riconoscente al Grande Spirito per il suo dono di fiori e
foglie", affermò la Pianta delle Mele.
A queste parole, il Pino arrestò il movimento dei suoi rami e
smise di parlare. La Pianta delle Mele canticchiò tra sè una
melodiosa canzone, dolce come il profumo dei suoi boccioli,
poichè la lezione della primavera era la gratitudine.
Nonno Quattro Venti udì il ritmo del respiro di Luna Nascente.
Era lento e regolare, come quello di un tamburo. Non era più
preoccupato per la siccità, quindi il vecchio proseguì la sua
storia.
Nella stagione estiva i delicati fiori della Pianta delle Mele
caddero dai rami, dipingendo di bianco il manto erboso. Subito
dopo apparvero i suoi frutti: minuscole gemme di un verde
brillante. A poco a poco, con l'allungarsi delle giornate, le
gemme si trasformarono in piccole mele verdi. Poi, mentre la
luna percorreva la stagione del sole, il verde delle mele si
trasformò in un bel rosso vivo.
Quell'estate la Pianta delle Mele era orgogliosa dei suoi
frutti. Si sentiva come una madre e le mele erano i suoi
bambini. Vegliava su di loro con cura e li alimentava attraverso
le sue radici, assimilando nutrimento in abbondanza dal terreno
fertile.
Un mattino, la Pianta delle Mele si svegliò tutta eccitata,
poichè era tempo che i suoi frutti venissero raccolti. I bambini
della tribù furono i primi a cogliere le mele. Poi, una ad una,
la Pianta delle Mele distribuì generosamente i suoi frutti a
tutti gli altri componenti della tribù e, ad ogni mela che
veniva colta, la Pianta delle Mele prorompeva in una gioiosa
risata, perchè sembrava che le facessero il solletico.
"Bah", sbuffò il Pino, "come puoi ridere quando tutta questa
gente ti sta rubando i frutti dai rami?"
"Non rubano i miei frutti", ribattè la Pianta delle Mele.
"L'estate è il tempo dei regali, sono felice di offrire i mie
frutti alla gente. Le mele sono il mio omaggio alla vita e,
quando le mangiano,le persone mi fanno il dono della gioia. Ecco perchè rido così tanto durante l'estate", spiegò la Pianta delle
Mele.
Il Pino sbuffò di nuovo. Tenendosi ben strette le pigne, scosse
i suoi rami così forte che tutti gli scoiattoli ruzzolarono al
suolo.
Nonno Quattro Venti fece una pausa e avvertì sulla sua pelle che
il tempo stava cambiando. Poteva sentire le nuvole che
cominciavano a spostarsi verso l'interno della valle. Luna
Nascente si avvicinò al vecchio per tenersi al caldo, poi Nonno
Quattro Venti continuò la sua storia con l'ultima stagione,
l'autunno.
In autunno la lezione che la Pianta delle Mele deve apprendere è
quella della fiducia. E' la stagione in cui essa lascia cadere
le sue foglie, restituendole alla Madre Terra.
"Pianta delle Mele! Pianta delle Mele! Non hai paura che le tue
foglie non crescano più?", domandò il Pino.
"No, no, amico mio", replicò la Pianta delle Mele.
"Ho fiducia che le foglie cresceranno ancora alla luce del sole
primaverile. La fiducia mi permette di abbandonare il mio
prezioso abito verde."
"Bah", sbuffò di nuovo il Pino, tenendosi ben stretti i suoi
aghi, "non credo nel valore della fiducia. Penso che tu sia
matta, piccola pianta."
Ma la Pianta delle Mele non permise che il Pino la privasse del
suo umore gioviale. Era contenta di sapere cosa fosse la fiducia
e danzò nella brezza autunnale, mentre il vento sparpagliava le
sue foglie in tutta la vallata.
Nonno Quattro Venti udì lo scoppio di un tuono in lontananza.
Una ghiandaia azzurra stridette, anch'essa l'aveva sentito. Ma
Luna Nascente era talmente coinvolto nella storia che non si
mosse.
"Non mi piace il Pino. E' meschino", disse il ragazzo.
Il vecchio alzò le braccia sopra la testa e le fece ondeggiare
avanti e indietro. Parevano alberi che oscillano nella brezza.
"Luna Nascente", disse Quatto Venti, "la saggezza del Pino è la
forza che domina. Ci mostra come restare in piedi nelle più
profonde vallate e sulle montagne più elevate. Ci insegna a
sopportare i venti più furiosi. Nipote mio, a modo suo il Pino
ha aiutato la Pianta delle Mele a trasformarsi nel miglior
albero che potesse mai diventare."
"Nonno Quattro Venti", disse Luna Nascente, "tu sei cieco, come
ha potuto vedere i cambiamenti della Pianta delle Mele?"
Il vecchio rispose: "Le mie orecchie sono come quelle di un
cervo. Odo molti suoni che tu non puoi sentire. So ascoltare
quando mi parlano i miei fratelli e le mie sorelle, gli animali,
le piante e gli elementi della natura. Ho udito la risata della
Pianta delle Mele, il suo lamento e il suo canto. Ho percepito
la sua gioia nelle foglie danzanti, ho appreso molto da mia
sorella, la Pianta delle Mele."
"Che ne è stato di lei?", chiese Luna Nascente.
Stringendo a sè il nipote che cominciava ad avvertire la fresca
brezza, Nonno Quattro Venti rispose: "Luna Nascente, una volta
scoppiò un grande incendio nella valle. Avvenne prima che tu
nascessi. Buona parte della foresta venne avvolte dalle fiamme e
Pino morì. Ma la piccola Pianta delle Mele sopravvisse. Le
fiamme le bruciacchiarono la corteccia ed essa non riuscì mai
più a far nascere i suoi frutti.
Tuttavia, dopo quell'incendio, la pianta mi parlò. Era come una
donna-medicina, saggia e regale.
Si rivolse a me dicendo: "Uomo
cieco che sai come ascoltare, vieni a sederti sotto
i miei rami. I miei frutti non sono più le mele, ora i miei
frutti sono le mie parole, perciò ascolta attentamente."
"Luna Nascente, adesso siamo seduti proprio sotto di lei. Questo
albero sacro, l'Albero della Nostra Gente, è la vecchia Pianta
delle Mele", spiegò Nonno Quattro Venti.
"Persino in questo momento essa sta sussurrando alle mie
orecchie e alle tue."
Essa dice: "Luna Nascente, vivi come la Pianta delle Mele: nel
tuo cuore fa' esperienza di coraggio, gratitudine, generosità e
fiducia. Metti in pratica questi insegnamenti nel corso della
tua vita."
Luna Nascente levò lo sguardo verso la Pianta delle Mele e la
ringraziò per la sua saggezza.
Nonno Quattro Venti prosegui: "Nipote, ora la Pianta delle Mele
ti chiede di alzarti e di volgere i tuoi occhi al cielo."
Luna Nascente si alzò, rivolse lo sguardo al cielo e sentì le
prime gocce di pioggia.