I primi freddi dell’autunno suonano l’ora del grande sonno per
molti animali che abitano i campi e i boschi. Ma come si preparano ai
rigori dell’inverno la marmotta, il ghiro, il tasso, il pipistrello?
Come aspetta il ritorno della primavera la rana? Eccovi svelati gli
appassionanti segreti del letargo, l’emozione dell’arrivo dei giorni più
belli, il risveglio della natura e lo sbocciare della vita.
IL
RICCIO
All’arrivo dell’autunno il riccio è andato a raggomitolarsi sotto una
radice. Per tutto l’inverno nessuno lo disturberà. Al calduccio, tra la
paglia e il fogliame, il riccio dorme e sogna. Sogna il sole primaverile
che lo sveglierà e la fame che avrà, appena aperti gli occhi dopo quel
lungo sonno. Supererà molti ostacoli per conquistare noci, frutti di
bosco, lumache e persino qualche uovo di gallina. Sa attraversare a
nuoto i torrenti e addirittura scavalcare le recinzioni: si arrampica
fino in cima e poi si lascia cadere dall’altra parte, atterrando sui
suoi aculei. Quando c’è un pericolo che lo minaccia, il riccio si
arrotola su se stesso con la velocità di un lampo e diventa una palla
spinosa. Così l’ha trovato una volta il cane nel podere! Un’altra volta
gli è caduta addosso una mela e si è infilzata sugli aculei. Per fortuna
era soltanto una mela! Ma quando vede una civetta, il riccio deve stare
attento perchè quell’uccello ha gli artigli più lunghi dei suoi aculei.
In primavera lotterà con gli altri ricci per conquistare una femmina.
Presto nasceranno i piccoli, con tanti aghi bianchi e morbidi che in
seguito cadranno, per lasciare il posto alla corazza di aculei
definitivi. Forse anche l’anno prossimo i contadini gli faranno trovare
un po’ d’acqua e del cibo al suo risveglio. Ma adesso siamo ancora nel
mezzo dell’inverno e il riccio può continuare a dormire tranquillo.
LA
CHIOCCIOLA
E’
arrivato l’autunno. Le foglie sono ingiallite e il cielo si è fatto
grigio. L’anno della chiocciola sta per finire. In primavera la
chioccola aveva cominciato a strisciare sul terreno umido del bosco. A
furia di ritirarsi e allungarsi ne ha fatta di strada! Le pietre aguzze
non l’hanno ferita, perchè strisciando il suo corpo secerne un sottile
strato di bava, su cui si scivola che è un piacere. Con la sua lingua
ruvida, la chiocciola ha ridotto in poltiglia erbe e foglie morte e poi
se le è mangiate. Di tanto in tanto si è concessa anche una gita
nell’orto di una certa contadina: la sua insalata aveva un saporino...
In estate ha deposto, in un buco del terreno, tante uova rotonde come
palline, poi ha ricoperto il buco con una piccola zolla di terra. Quando
le uova si sono schiuse, dal buco sono uscite tante minuscole
chiocciole, con una casetta sulle spalle grande come un spillo. Nelle
giornate estive più calde e secche, la nostra chioccola è rimasta
tranquilla all’ombra. Si è ritirata nella sua conchiglia ed è stata ad
aspettare che arrivasse la pioggia a rinfrescare l’aria. E sa come
ripararsi anche dal ghiaccio e dalla neve! All’arrivo dell’inverno
s’infila sotto il terreno soffice e si ritira nella sua casetta. Chiude
l’apertura d’ingresso con una robusta parete calcarea e aspetta la
prossima primavera.
IL TASSO
Il
tasso fa capolino dal suo albero al margine del bosco. Fa già freddo?
Arriverà presto la neve? E’ già ora di andare in letargo? E’ tutto
pronto: nelle notti d’estate il tasso ha fatto una scorpacciata di
frutti di bosco, funghi e uova di uccelli. Poi ha raccolto tanti fili
d’erba tenendoli stretti fra il muso e le zampe anteriori e li ha usati
per imbottire il fondo della sua tana ben ramificata. Il piano di sopra
è abitato da una volpe, il piano di sotto invece è il rifugio invernale
del tasso. I piccoli sono ancora nel prato a giocare. Quest’inverno
andranno a dormire nella tana della loro mamma, ma per il momento mamma
tasso ha deciso che non fa ancora abbastanza freddo per andare in
letargo. Per quest’anno, questa sarà l’ultima escursione notturna del
tasso. Con la sua vista acuta e il suo odorato sensibilissimo ha già
individuato una talpa e un paio di grassi topolini. Non contento, va a
prelevare un po’ di miele da un favo. Tanto la sua pelliccia è così
folta che le api non possono fargli male.
IL
MOSCARDINO
La
luna tonda splende nel cielo. E’ proprio ora che i due topini si diano
da fare. Già al crepuscolo hanno cominciato a rifornirsi di more. Con
abili salti passano da un arbusto all’altro. Oggi more, ieri ghiande,
domani forse nocciole, il piatto preferito dei moscardini. Spesso sono
così golosi che non fanno nemmeno in tempo a farne scorta. Le
schiacciano mentre sono ancora sul ramo e se le mangiano subito
lasciando solo il guscio vuoto. A volte devono tirar fuori tutta la loro
abilità di acrobati: ma se si tratta di raggiungere una gustosa
nocciolina non esitano a lasciarsi penzolare a testa in giù da un ramo.
Su una betulla, nel bosco, i moscardini si sono costruiti un nido
rotondo fatto di erba e ramoscelli. E’ qui che sono nati i loro piccoli
che ormai, in autunno, sono grandi quasi quanto i genitori. Per molto
tempo i moscardini non si faranno più vedere in giro. Le giornate si
stanno facendo sempre più fredde: presto i nostri amici si ritireranno
nella loro tana sotto terra e su quel letto fatto di sterpi, fogliame e
paglia, cadranno in un sonno profondo.
IL
RANOCCHIO
E’
novembre. Il ranocchio è fermo a guardare lo stagno. Com’è diverso
dall’estate! I salici sono tutti spogli e l’acqua è fredda come il
ghiaccio. Proprio sulla riva di questo stagno il nostro ranocchio aveva
cominciato a gracidare, primo fra tutti, la scorsa primavera. E’ qui che
ha trovato la sua compagna. La ranocchia ha deposto un gran numero di
uova nell’acqua. Dopo qualche settimana migliaia di piccoli, i girini,
hanno popolato lo stagno. Alcuni sono stati mangiati dai pesci, ma
quelli che sono sopravvissuti, all’arrivo dell’estate sono cresciuti
fino a diventare piccole rane, mantenendo per qualche tempo la sottile
coda dei girini, che funziona da timone. Per il nostro ranocchio è stata
un’estate splendida. Ha catturato piccoli pesci sott’acqua e giovani
rospetti sulla terra ferma. In mancanza di altro, con la sua lunga
lingua appiccicosa è andato a caccia di deliziosi insetti. Si è
divertito a esplorare a grandi balzi i dintorni dello stagno. Una volta,
chissà come, è finito in un giardino, ma è sempre riuscito a ritrovare
la strada di casa e a tornare allo stagno. La bella stagione è ormai
finita e presto cadrà la prima neve. Il ranocchio cerca un luogo
riparato e tranquillo in cui trascorrere l’inverno. E’ meglio una tana
fra il fogliame o nascondersi nel fango, dove fa più caldo?
IL
PIPISTRELLO
In
una notte d’autunno, il pipistrello esce a fare una gita. Vola sopra i
campi, sopra il bosco buio e si riposa su una ripida parete rocciosa.
Plana sulla superficie di uno stagno, si abbevera in volo e caccia gli
insetti. Non che il pipistrello abbia una buona vista, però sa “vedere”
con le orecchie. Il suo trucco consiste nell’emettere di continuo grida
così acute che nè gli altri animali, nè gli uomini riesco a sentire.
Solo il pipistrello raccoglie l’eco della propria voce con le sue grandi
orecchie a imbuto. Questo sistema gli permette di volare senza andare a
sbattere contro gli ostacoli e anche di scovare la preda. Per oggi ha
lasciato ancora a casa il suo piccolo, appeso al tetto insieme agli
altri. Ma domani forse lo porterà con sè per la prima volta in uno dei
suoi voli notturni. Il piccolo pipistrello non è più cieco e
spelacchiato come appena nato. Ormai ha la sua piccola pelliccia ed è
diventato abbastanza forte da restare appeso da solo accanto alla su
mamma. Lei gli mostrerà tutto, persino l’alto campanile della chiesa.
Poi alle prime luci dell’alba si ritireranno insieme in un albero cavo a
dormire per tutto il giorno. In questi giorni fa ancora abbastanza caldo
per compiere qualche volo di ricognizione. Ma presto l’inverno sarà alle
porte e i pipistrelli dovranno cercare un riparo in cui trascorrere la
stagione.fredda. Una grotta andrebbe proprio bene. Ai pipistrelli piace
l’umidità. Si chiudono nelle ali, si attaccano al soffitto della grotta
e dormono così, a testa in giù. Per fortuna sono ingrassati durante
l’autunno, perchè l’inverno è lungo.
LA
MARMOTTA
La
piccola marmotta cerca con lo sguardo i suoi fratelli. Non le piace star
sola. Ma dove si sono cacciati? Si arrampica su un ceppo e lancia un
fischio acuto. Nessuna risposta. Attraversa a nuoto il torrente e
arrampicandosi sulle rocce si tira a riva sull’altra sponda. Poi
rosicchia due fili d’erba e un paio di radici, ma senza i suoi compagni
non c’è gusto neppure a fare uno spuntino. Ah, eccoli che sonnecchiano
al sole. La marmotta fa un abile salto e riprende allegra la sua corsa.
Tanto per salutare salta addosso a uno dei suoi fratelli e in men che
non si dica nasce una divertente baruffa. Si divertono tanto che si
lasciano rotolare giù per il pendio, una dietro l’altra. Ma attenzione!
Vi ha visti la civetta! Presto, scappate! Infilatevi nella tana sotto
terra! Ecco, qui le marmotte sono al sicuro. E’ qui che sono nate, a
primavera, e qui i quindici membri della famiglia trascorreranno
l’estate. Ma presto arriverà l’autunno e la famiglia dovrà traslocare.
Con le loro unghie robuste, le marmotte si scaveranno una tana invernale
più profonda. La camera da letto sarà imbottita con della paglia e
quando saranno tutti dentro, le entrate saranno chiuse con terra e
sassi. Per quel tempo le marmotte avranno mangiato a sazietà, quanto
basta per affrontare un lungo sonno senza cibo. Si stringeranno l’una
all’altra e si addormenteranno: ora l’inverno può cominciare.
LO
SCOIATTOLO
Lo
scoiattolo affamato lascia il suo nido invernale nel bosco per andare a
cercare qualcosa da mangiare. Trova una pigna nella neve, ma i pochi
pinoli che ci sono dentro non bastano a saziarlo. Dov’è finito il ceppo
cavo in cui durante l’autunno aveva nascosto noci e ghiande? Lo
scoiattolo si dà alla ricerca. Corre in lungo e in largo per il bosco in
cui d’estate aveva fatto scorpacciate di splendidi funghi. Ora tutto è
coperto da un manto di neve. Arriva all’abete su cui in primavera si era
costruito un nido a forma di palla, fatto di ramoscelli, erba e piume.
Qui sono nati i suoi tre piccoli. E pensare che appena nati non avevano
nemmeno un po’ di pellicina, soltanto qualche pelo sul muso. Ma in
estate erano già abbastanza grandi da seguire la madre. Lo scoiattolo
saltella sicuro sulla superficie ghiacciata del ruscello. Qui veniva a
fare il bagno d’estate. E là, su quella betulla, un giorno ha trovato un
nido pieno di gustose uova. Anche il giardino in cui durante l’autunno
aveva raccolto le castagne è coperto di neve. Sempre più affamato, lo
scoiattolo torna nel bosco. Eccolo là nella radura il ceppo cavo! Avanza
a fatica tra la neve per raggiungere la sua riserva di provviste.
Finalmente potrà far tacere lo stomaco! Quando è sazio lo scoiattolo fa
ritorno al suo nido e riprende a dormire.
IL GHIRO
Fuori fa un gran freddo. Nel cielo splende un sole pallido e senza
calore. In questa stagione il ghiro dorme nella sua tana nell’albero.
Può andare avanti a dormire anche fino a primavere inoltrata, ma al suo
risveglio avrà molto da fare. Prima di tutto si lava da capo a piedi,
anche se dopo un sonno così lungo ha una fame da leone. Al crepuscolo
corre nel bosco, si arrampica su e giù per i tronchi e salta
spericolatamente di ramo in ramo alla ricerca di piccole uova, ghiande o
insetti. Dopo aver placato la fame, il ghiro fa visita ai suoi amici nel
vecchio granaio. Potrebbe trasferirsi da loro... Oppure costruirsi una
tana su un albero, dove si possa trascorrere tranquilli la giornata.
Dopo averci pensato sù, sceglie la tana raccoglie ramoscelli, foglie e
erba. Fa persino un giro in una soffitta alla ricerca di qualcosa che
possa essergli utile. E in questa esplorazione fa tanto chiasso che gli
abitanti della casa lo scambiano per un ladro. Ma non appena sente dei
passi avvicinarsi il ghiro scappa via. Sulla strada di casa, scorge una
martora nascosta trai rami più alti di una betulla. Con un guizzo il
ghiro si nasconde in una buca del terreno. Passato un po’ di tempo, tira
fuori la testa e si guarda intorno. Della martora non c’è più traccia.
Ancora una volta gli è andata bene! Il ghiro può riprendere la sua vita
indaffarata.
L’ORSO
BRUNO
L’orsa si è svegliata di nuovo, nel bel mezzo dell’inverno. Ha lasciato
la sua grotta e il suo letto di rami secchi, erba e muschio per andare a
fare una passeggiata. Intorno a lei il paesaggio è silenzioso e
solitario. Non è sempre stato così. Due inverni fa, l’orsa aveva dato
alla luce due orsetti. Appena nati erano piccoli come conigli e solo
dopo quattro settimane hanno aperto gli occhi e hanno finalmente visto
la mamma. Ma l’estate seguente, l’orsa aveva già il suo da fare con
loro. Erano giovani e robusti e lei non poteva perderli d’occhio un
momento. Ai due cuccioli piaceva intraprendere ardite spedizioni,
azzuffarsi o arrampicarsi sugli alberi... specialmente quando in alto
tra i rami c’era un bel favo pieno di miele. Soltanto una volta l’orsa
ha lasciato soli i suoi piccoli: giusto il tempo di concedersi un paio
di uova di formica e una nuotata nel fiume. Era persino riuscita a
pescarsi un bel pesce. Ma all’improvviso un brutto presentimento l’aveva
richiamata alla tana. E infatti: arriva giusto in tempo per far salire i
suoi piccoli su un albero e affrontare il lupo digrinando i denti. La
scorsa estate l’orsa si è separata dai suoi due orsetti. Ormai erano
grandi come lei e capaci di cavarsela da soli. Di certo si saranno
trovati una tana in cui trascorrere l’inverno al riparo. L’orsa può
tornare tranquilla a dormire.
IL
CRICETO
La
neve è ancora molta, ma qua e là comincia sciogliersi. Il criceto ha
interrotto il suo lungo sonno invernale per dare un’occhiata al campo di
grano. Un paio di steli ricordano il ricco raccolto che il contadino ha
fatto l’anno scorso. Anche il criceto ha avuto cibo in abbondanza. Per
tutta l’estate si è riempito le borse mascellari di chicchi di grano e
ha depositato poi queste scorte nella sua dispensa sotterranea. Ha
raccolto così anche semi girasole, chicchi di miglio e di granturco. Di
tanto in tanto, nel corso del suo lavoro, il criceto si è fermato con
l’orecchio teso, pronto a cogliere il minimo segnale di pericolo. E
appena avvistati un rapace o una volpe, si è rifugiato svelto nella sua
tana. Molte leccornie, come le succose prugne le ha consumate sul posto,
pulendosi accuratamente il muso con le zampine anteriori appena finito
di mangiare. Infatti il criceto è un animale molto pulito. Nella sua
casa, accanto alla dispensa e alla stanza in cui dorme, c’è pesino un
gabinetto. Ora il criceto ne ha avuto abbastanza dell’aria fredda
dell’inverno. Torna al suo letto di paglia e vi si rotola soddisfatto.
Nella dispensa ci sono ancora abbastanza provviste, tanto più che la
primavera non si farà aspettare al lungo.
LA
CEDRONELLA
La
stagione fredda è passata. Sono stati mesi difficili per la cedronella.
Quando è arrivato il ghiaccio si è nascosta fra il fogliame sotto la
neve. Molte delle sue sorelle non sono sopravvissute al terribile freddo
per questo ora è ancora più bello volare sopra i campi profumati di
primavera e posarsi sulle campanule e sugli alberi da frutto. Con la sua
trombetta, la farfalla affamata succhia il dolce nettare dai calici dei
fiori. Presto la femmina deporrà le uova su una frangola o su uno spino
cervino e trascorso un po’ di tempo da ciascun uova uscirà un piccolo
bruco verde. I bruchi vivranno sulla pianta nutrendosi delle sue foglie
e un giorno si attaccheranno con un filo ad uno stelo e si
trasformeranno in “bozzoli”. Dopo qualche settimana la sommità del
sottile bozzolo si aprirà e nascerà una nuova cedronella. Non appena le
sue piccole ali saranno state asciugate dal vento e saranno diventate
più robuste, la giovane farfalla potrà spiccare il suo primo volo.