Favola

La spada nella roccia

 

Al tempo di questa storia, l’Inghilterra è ancora coperta di foreste, Londra è un piccolo borgo e il regno è senza sovrano da quando il buon re Othar è morto senza lasciare eredi.

I nobili convenuti a Londra per eleggere il nuovo re si erano trovati di fronte ad un prodigio: vicino ad una chiesa era comparso un masso sormontato da un’incudine e infissa nella roccia attraverso l’incudine stava una spada con delle parole scritte in oro sotto l’elsa: "Chi estrarrà questa spada dalla roccia e dall’incudine è il predestinato re d’Inghilterra."

Nessuno era riuscito nell’impresa e pian piano i rovi avevano coperto la spada e il regno era piombato nel disordine.

Ma ora un mago sta per cambiare il destino del regno: è il leggendario Merlino, che nella sua capanna nella foresta sta preparando il tè da offrire ad un ospite che sta per arrivare.

Intanto, due ragazzi vanno a caccia nei dintorni. Sono i figli di ser Ettore, un potente castellano. Il maggiore, Caio, alquanto pigro e testone, è il vero figlio di ser Ettore e quindi il suo erede. Il più giovane, Semola, pronto e vivace, è il figlio adottivo, senza speranza d'eredità, ma sinceramente affezionato al fratello maggiore.

Un cervo si profila al limitare della foresta.

"Stasera", dice Caio, "mangeremo cervo arrosto!" e tende l’arco, ma mentre sta per scoccare la freccia ….il ramo su cui si trova Semola si spezza e il ragazzino cade a terra. Caio perde la mira e la freccia va a perdersi nel folto degli alberi.

Semola, per fortuna, non s’è fatto nulla, e subito si offre di recuperare la freccia. Così Caio torna al castello e Semola s'inoltra nella foresta. Ecco la freccia, conficcata in un grosso ramo sporgente: ora basta arrampicarsi, tendere la mano …. Ma il ramo si spezza e Semola, per la seconda volta, precipita nel vuoto.

Chiude gli occhi, sfonda qualcosa di morbido e si trova seduto in una buffa posizione, su una sedia dall’alto schienale.

"Finalmente sei arrivato. Ti stavo aspettando. Mi chiamo Merlino e questo è Anacleto", gli dice molto cortesemente il mago, mentre il gufo appollaiato sul suo lungo cappuccio commenta nervosamente: "E’ questo il modo di entrare in casa?". Semola ha fatto conoscenza con il gufo più suscettibile della foresta.

Merlino, versando il tè nella tassa di Semola, dice gravemente: "Osserva il vapore che esce dalla teiera... Fra circa dodici secoli il vapore farà muovere enormi macchine... Ma questa è un’altra storia. Come ti chiami, ragazzo?"

"Il mio vero nome è Artù, ma tutti mi chiamano Semola."

"Che cosa ti piacerebbe fare?"

"Ritornare al castello!"

"No, voglio dire da grande!"

"Da grande? Lo scudiero!"

"E all’istruzione non ci pensi?"

"Non so neanche leggere..."

"Ascoltami bene, figliolo. Si dà il caso che io sia un gran sapiente, oltre che un grandissimo mago. Quindi, siccome è necessario che tu riceva una buona educazione ed impari non solo a leggere ma anche a riflettere, verrò con te al castello e ti farò da maestro. Dammi pure del tu."

A Semola, in verità, il vecchio, per quanto così ospitale, sembra piuttosto strambo. E Merlino, che ha ben capito il pensiero del ragazzo, decide di passare subito ai preparativi per la partenza: agita la sua bacchetta magica e in men che non si dica tutti gli oggetti che si trovano nella capanna, dai libroni di magia alle tazzine da tè, si alzano in volo e, dopo aver turbinato, diventando sempre più piccoli, vanno ad infilarsi in una borsa da viaggio che alla fine si chiude da sola.

"E ora mi credi?", chiede Merlino.

Oltre alla bocca, Semola ha tenuto ben spalancati anche gli occhi.

"Quella cosa rotonda... che cos’è?"

"Ah, così sei curioso! Molto bene! E’ un mappamondo, mio caro ragazzo, una rappresentazione in piccolo della Terra."

"Ma la Terra non è rotonda!"

"E invece sì, e nel ventesimo secolo si potrà farne il giro velocemente! Non temere, figliolo, non sono pazzo, ma solo un po’ in anticipo sui tempi..."

"E’ merito della magia?", chiede Semola.

"La magia non risolve tutti i problemi!", dice Merlino, al quale nell’uscire dalla capanna, è rimasta presa nella porta la lunghissima barba bianca.

"E’ ora d’incamminarsi, ragazzo. Per favore, indicami la strada."

"Non la sai?", dice Semola piuttosto meravigliato.

"Nemmeno io so tutto", replica dignitosamente Merlino, "ma non perdiamoci in chiacchiere e attraversiamo lo stagno."

E Semola, sempre più stupefatto, vede il mago camminare tranquillamente sullo stagno. Giungi sull’altra riva, dietro di loro avanza di soppiatto un grosso lupo.

Per sfuggire al lupo, tanto affamato quanto malridotto, Merlino si lancia con insospettabili doti d’atleta in una corsa fino al burrone e poi, hop!, spicca un bel salto a piè pari da far invidia alla più agile delle cavallette. Semola, come può, gli tiene dietro, ed il lupo, che ha paura del vuoto, rimane a bocca asciutta e deve ritornare sui suoi passi.

Il povero animale, dopo aver fatto un lungo giro, sta quasi per raggiungere il sospirato pranzo, ma ricordando ciò che gli ripete sempre la nonna, "Non avvicinarti mai troppo ai castelli, è pericoloso!", si sente passare di colpo l’appetito.

Nella grande sala del castello, ser Ettore e un suo amico stanno brindando alla salute di Caio. Ser Ettore in verità è piuttosto preoccupato per il ritardo di Semola, e così, quando lo vede entrare, per punizione lo spedisce subito in cucina a lavare i piatti, senza neppure chiedere qualche spiegazione circa quel buffo vecchio che è con lui.

A questo punto il mago decide di presentarsi da solo: "Il mio nome è Merlino. Ho trattenuto Semola a prendere il tè a casa mia e l’ho riaccompagnato per stare qui e prendermi cura della sua educazione. Il ragazzo, signore, è destinato a grandi cose."

"Destinato a lavare i piatti, se non metterà la testa a posto! E poi voi chi siete?"

A ser Ettore, decisamente arrabbiato, Merlino risponde con molta calma: "Si dà il caso che io sia forse il più potente mago del mondo, oltre che un ottimo maestro."

Il castellano, convinto di trovarsi di fronte ad un vecchio bizzarro, sbotta in una sonora risata.

"Il più potente mago del mondo! Questa sì che è buffa!"

Merlino comincia a perdere la calma ed impugna la bacchetta magica, che prima teneva sotto il braccio a mo’ di bastone da passeggio. E anche Anacleto comincia ad agitarsi...

Vedendo che ser Ettore non smette di ridere, Merlino solleva la bacchetta magica e con decisione pronuncia una sola, breve parola: "Neve!"

Dall’alto soffitto del salone inizia a scendere una bella nevicata, ma ser Ettore non s’impressiona.

"Conosco il trucco, si fa con gli specchi!"

"Bufera di neve!", ordina allora Merlino e raffiche gelate fanno turbinare i fiocchi di neve con violenza come in un angolo di Siberia. Con il naso paonazzo per il freddo, ser Ettore cede.

"D’accordo! Potete rimanere ed occuparvi del ragazzo. Alloggerete nella torre di nord-ovest."

"Grazie", risponde Merlino abbassando la bacchetta.

Immediatamente, neve e freddo spariscono.

La torre di nord-ovest non ha l’aspetto di un alloggio per ospiti molto graditi. E’ piena di crepe sembra lì lì per crollare. Ma Merlino appare ugualmente soddisfatto. Anacleto, invece, è indignato.

"Piove sulla tavola! E voi che detestate lo zucchero bagnato nel tè! E’ un vero scandalo!"

"Basta così Anacleto! Questa ormai è la nostra casa e noi ci resteremo. Aiutami a sistemare i libri dove non piove!"

Semola va ogni giorno alla torre di nord-ovest per studiare con il suo maestro. Oggi è in ritardo e Merlino, aspettando che arrivi, se ne sta affacciato alla finestra. Un cavaliere entra al galoppo nel castello facendo risuonare l’assito del ponte levatoio: in mano stringe qualcosa.

"Davvero strano", dice Merlino.

"Di certo non è il postino che porta il giornale. La prima edizione del Times uscirà fra 1200 anni. Anacleto, vai a sentire con molta discrezione che cosa riferisce il messaggero di ser Ettore!"

Il gufo, come il solito, brontola un po’ prima di ubbidire. Le notizie che riporta sono interessanti.

"A Capodanno si terrà a Londra un grande torneo ed il vincitore sarà proclamato re d’Inghilterra. Caio parteciperà al torneo e Semola sarà il suo scudiero."

Ser Ettore prepara un severo piano d'allenamento per il figlio, che non sa proprio nulla di tornei, e comincia a metterlo subito in pratica. Merlino non crede molto alle possibilità di vittoria di Caio. Semola, invece, con la consueta buona volontà, cerca di aiutare il pigrissimo fratello nell’addestramento alle armi da torneo. Si è preso il compito di far girare il fantoccio da esercitazione. Ora Caio si prepara a partire al galoppo tenendo la lancia diritta davanti a sé: deve colpire il fantoccio ed evitare di essere colpito a sua volta dalla roteante lancia di questo. Merlino osserva la scena con un sorriso ben nascosto nella folta barba.

Una mattina, Semola riceve un altro compito oltre a quello di aiutare Caio nell'addestramento: deve lavare una vera montagna di piatti, posate, bicchieri e pentoloni sporchi, nonché riordinare tutta la cucina. "E così oggi niente lezione con Merlino", pensa il ragazzo.

Ma il mago, che è venuto a cercarlo, proclama: "L'istruzione prima di tutto! Sistemiamo alla svelta questa fastidiosa incombenza!".

"Mio caro ragazzo, ora ti mostro l'antenata della lavastoviglie."

Ritto al centro della cucina, Merlino descrive un ampio cerchio con la bacchetta magica: "Pulizia!"

Le stoviglie si alzano in volo e passando ordinatamente in fila sulla grande tinozza piena d'acqua saponata vengono energicamente strofinate da due spazzole sospese nel vuoto.

Intanto, scope e strofinacci si muovono per la stanza eliminando ogni più piccola traccia di polvere. "Bene, figliolo. Come vedi, qui non abbiamo più nulla da fare. Andiamo a studiare la natura."

Mentre la cucina si riassetta per incanto, Merlino, Anacleto e Semola se ne vanno a spasso lungo il fossato colmo d'acqua tranquilla che protegge il castello dai possibili attacchi nemici.

"Conosci il mondo dei pesci, ragazzo?"

"No, ma mi piacerebbe nuotare come un pesce!"

"Davvero? Caro Anacleto, ti prego, qual è la formula per tramutare un uomo in un pesce? Oggi ho un vuoto di memoria." "Aquarium, aquaticus, aquatilis" bofonchia il gufo che stava godendosi un pisolino.

Merlino alza la bacchetta magica, ripete le parole latine e subito Semola si trova trasformato in un pesciolino che saltella tra l'erba alla ricerca di un po' d'acqua.

Merlino lo raccoglie al volo e, hop!, si tuffa con lui nel fossato dicendo: "Andiamo a scoprire insieme il mondo acquatico!".

Anche Merlino si è trasformato in un pesce, un vecchio pesce con gli occhiali.

"Che cos'è quel mostro verde?", urla Semola facendo un sacco di bollicine.

"E' solo una ranocchia!".

Pian piano, seguendo Merlino nel giro del fossato, Semola si abitua alla sua nuova condizione: ora sa usare disinvoltamente la coda come timone per muoversi in tutte le direzioni.

Il suo entusiasmo è grande: "E' meraviglioso essere un pesce!"

Ma il fossato ospita anche creature pericolose.

"Attento al luccio!", urla Merlino andando a rifugiarsi in un vecchio elmo. L'enorme pesce si lancia sulla piccola preda a bocca spalancata. Che terribili denti!

"Non ricordo più la formula per farti ridiventare un ragazzo! Devi cavartela da solo! Agita la coda più forte che puoi e scappa! Salvati, salvati!!", grida Merlino dal suo rifugio.

Semola ce la mette proprio tutta per salvarsi, ma è un pesce solo da poco, e per di più un piccolo pesce, mentre il luccio è grande ed è un pesce fin dalla nascita. Semola scorge tra le alghe una freccia e con un agile colpo di coda riesce ad incastrarla tra le fauci del mostro. Merlino si rallegra per la presenza di spirito dell'allievo. Il luccio, folle di rabbia, si agita per liberarsi di quel puntello che gli immobilizza le mascelle. Riesce infine a spezzare la freccia e si slancia di nuovo su quell'ostinato pesciolino. Semola tenta l'ultima mossa per salvarsi: balza fuori dall'acqua, ma anche il luccio fa lo stesso. Finalmente interviene Anacleto, che ha seguito tutto il dramma volando basso sull'acqua. I suoi artigli afferrano Semola ad un pelo da quelle fauci smisurate.

Il ritorno sulla terraferma è piuttosto brusco e movimentato. Merlino ha qualche difficoltà a liberare la testa dall'elmo.

Anacleto, poi, è addirittura furioso con il suo padrone: "Ritrasformate subito quel pesciolino! Quanto a me, vado ad asciugarmi le penne al castello!"

Tornato al suo aspetto naturale, Semola si preoccupa: "Chissà che cosa sta succedendo in cucina! Siamo via da tanto tempo!"

Nella cucina del castello, la catena di lavaggio messa in moto da Merlino è all'ultimo risciacquo. Ser Ettore e Caio, scesi per cercare Semola, sono convinti di trovarsi di fronte ad un prodigio infernale.

"Battiamoci da uomini contro queste stoviglie di Satana!", urla ser Ettore con la spada in pugno.

Ma non si può combattere lealmente con pentole e padelle! La spada di ser Ettore si spezza la primo colpo e il fiero castellano finisce nella tinozza per un bagno fuori programma.

Quando Merlino e Semola si affacciano sulla soglia, la cucina è un vero campo di battaglia: Caio ha fatto strage di piatti.

Merlino salva il salvabile e ristabilisce un po' d'ordine, ma ser Ettore è fuori di sé: "E' tutta colpa tua, Semola! Per punizione non sarai più scudiero di Caio!" "

Perfetto", commenta Merlino, "ciò significa che possiamo riprendere la nostra passeggiata. Vieni, Semola, andiamo nel bosco."

Per capire meglio la vita degli scoiattoli, Merlino propone al suo allievo di mettersi nei loro panni. Detto fatto, due nuovi scoiattoli si muovo agilmente sui rami di una grande quercia. Proprio tanto agilmente magari no, visto che lo scoiattolo Semola quasi precipita!

Lo scoiattolo Merlino ne approfitta per impartirgli una nuova lezione: "Per tutte le ghiande! Non bisogna sottovalutare la legge di gravitazione universale solo perché Newton la scoprirà soltanto fra dieci secoli! Ma già, tu sei troppo giovane per..."

Merlino s'interrompe; ha visto una graziosa scoiattolina che li sta spiando, piuttosto interessata, sembra, al giovane scoiattolo.

"Oh-oh, ecco un'affascinante complicazione", mormora il mago, che non aveva messo questa tra le sue previsioni.

Semola si è immobilizzato: "Merlino, che cosa devo fare? Sento che sta per capitarmi ancora qualcosa di strano."

"Oh sì, l'amore!"

"L'amore?"

La scoiattolina, intanto, occhi birichini e nasino fremente, si avvicina sempre di più.

"Che cosa vuole da me?" domanda Semola al maestro.

"Ma è evidente! Vuole un bacio!", dice Merlino allontanandosi.

Semola cerca di tenere a distanza la scoiattolina e si sforza di trovare il modo per farle capire che lui non è ciò che lei crede. Merlino si è nascosto tra le fronde e osserva senza intervenire.

"Dopotutto", pensa, "il problema è suo, non mio!"

Ma ecco che Semola deve affrontare un altro problema, ben più grave di un bacio. Sotto la quercia è comparsa una vecchia conoscenza, il lupo famelico e macilento. La scoiattolina salta giù dall'albero e coraggiosamente si butta in una corsa pazza sull'erba, il lupo incollato alla coda, per salvare il suo compagno.

"Aiuto, Merlino!", urla Semola, "il lupo la divorerà!"

E Merlino finalmente, interviene: fa fuggire il lupo balzandogli davanti e riacquistando all'improvviso il suo aspetto di mago. Anche Semola riprende forma umana. La scoiattolina è profondamente delusa.

"Non essere triste, piccolina. Ti auguro di trovare al più presto uno scoiattolo vero."

Tornati al castello, Merlino decide di lasciare per il momento da parte le scienze naturali e di passare alla geografia.

"Vedi questa carta, Semola? Tutti credono che la Terra sia piatta come una fetta di pane e che se le navi giungessero ai confini del mare cadrebbero nel vuoto. Frottole! La verità è che la Terra è rotonda e gira intorno al Sole!"

"Ma è impossibile!", replica Semola.

"Si vede benissimo che è il Sole a muoversi intorno alla Terra!"

"Silenzio! Si deve ascoltare il professore! La geografia si impara sul mappamondo e non sulla carta!", strilla Anacleto.

"Mi insegneresti a volare?", gli chiede il ragazzo.

"E perché?"

"Per vedere se la Terra è rotonda".

Anacleto, una volta tanto, non brontola, anzi.

"Trasformatelo in un uccellino! Gli farò da padre!", dice Merlino.

Il mago sorride, pronuncia una formula magica e Semola si sente spuntare le ali!

"Pronti per il decollo?"

"Pronti!"

Merlino si sporge dalla finestra e lancia l'uccellino Semola nel vuoto.

"Che alto, da qui!" dice il nuovo aviatore, stordito dalle vertigini.

"Batti le ali! E' il sistema più sicuro per volare!"

Il gufo prende molto sul serio il suo ruolo di padre.

Bene o male, il battesimo del volo è stato fatto.

"Bravo, piccolo! E attenzione alle zampe, quando atterri!"

"E' magnifico! E' ancora più bello che nuotare!"

"Naturale. Il volo è poesia in movimento. E adesso seguimi dietro quelle nuvole!", taglia corto il gufo, che è quasi commosso ma non lo vuol far capire.

"Ti seguirò dappertutto, Anacleto!"

E la lezione di volo prosegue.

Semola impara presto che il cielo non è deserto.

Ecco un'aquila dall'aspetto poco rassicurante.

"Attento a quell'aquila, figliolo! Presto, vira verso il castello! Presto!", grida Anacleto.

Lì per lì, Semola non capisce perché un uccello attacchi altri uccelli, poi, mentre piomba verso il basso, un pensiero gli attraversa la mente: "Ma allora è come nel mondo degli uomini!"

Dopodichè finisce a capofitto in un comignolo. Finalmente a casa?

No, non è un camino del castello di ser Ettore. Semola è caduto nell'antro sporco e oscuro di Maga Magò, una strega spaventosa.

"Chi sei e che cosa ci fai qui, piccolo impiastro nero?"

A questo cortese saluto, Semola riesce solo a rispondere con un balbettio: "V-volevo s-solo v-volare, e allora un mago potentissimo, Merlino..."

La strega lo interrompe: "Potentissimo quel vecchio rottame? Ma tu non lo sai che io sono la migliore strega di magia nera che esista in questo paese? Io posso diventare grandissima" e cresce fino a riempire tutta la stanza "e poi subito piccolissima" e dopo aver fatto un bell'inchino a Semola scompare riapparendo dopo un attimo dietro una tazza da tè.

"Vediamo un po' se il tuo Merlino ha il coraggio di venirti a riprendere!"

Ma Merlino, avvisato da Anacleto, è già arrivato.

"A noi due, Maga Magò!"

"A noi due, Merlino!"

Tra maghi, un duello non può essere che a base di magia, e infatti i due stanno per misurarsi sul terreno delle trasformazioni.

Dice Magò: "Ti ricordo le regole. Regola numero uno: è vietato scomparire. Regola numero due: è vietato trasformarsi in animali che non esistono."

"Lo so bene", replica Merlino," e so anche che sei un'inguaribile imbrogliona!"

Schiena contro schiena, i due devono camminare ciascuno per dieci passi prima di voltarsi e cominciare a trasformarsi.

"Magò, ancora una volta non stai ai patti!", constata Merlino trovandosi alle spalle, mentre sta ancora contando i passi, un enorme coccodrillo a fauci spalancate.

"E' un duello sleale ma non mi avrai!" fa in tempo a dire il mago prima di diventare una tartaruga.

Il coccodrillo, temendo di rompersi i denti su quella robusta corazza, con una zampata manda a pancia all'aria la tartaruga. La tartaruga Merlino scopre che stare sdraiati sulla schiena è scomodo ed anche un po' pericoloso, ma, incapace di rimettersi in piedi, si trasforma in un veloce coniglio e se la svigna.

Magò diventa una volpe e l'inseguimento riprende.

Per sfuggire alla volpe, il coniglio si muta in un bruco: Magò non ha incertezze ed eccola diventata una gallina.

Semola, che con Anacleto sta seguendo con una certa apprensione il duello, avverte il maestro: "Merlino, attenzione! Attento al becco della gallina!"

Ma Merlino ha già intuito il pericolo e si è trasformato in un tricheco. Magò si fa elefante per strangolare il tricheco, che però subito diventa un topolino.

Come tutti sanno, anche il più coraggioso degli elefanti si terrorizza alla semplice vista di un topolino! Il duello diventa sempre più convulso e confuso: tigre contro topolino, granchio contro serpente di mare, rinoceronte contro granchio e ariete contro rinoceronte: un colpo d'ariete ben assestato e Magò si trovò incastrata in un grosso tronco.

A questo punto la strega, pur di non perdere, va contro la regola numero due e si trasforma in un drago sputafuoco che brucia l'albero.

Ma Merlino attacca il drago sotto forma in un microbo, per l'esattezza il microbo che provoca la scarlattina e Magò è costretta ad abbandonare il duello per mettersi a letto con quaranta di febbre.

L'anno sta per finire e dal memorabile duello sono ormai trascorsi alcuni mesi. Semola ha continuato a prendere lezioni da Merlino e Caio a esercitarsi per diventare un cavaliere almeno passabile.

Ora mancano due giorni al grande torneo di Londra e Caio sta per partire con il padre. Ma il suo scudiero si ammala improvvisamente e così Semola ottiene il permesso di prenderne il posto. Caio non è molto soddisfatto, ma sa di non avere altra scelta: un cavaliere non può presentarsi ad un torneo senza scudiero!

Semola è fuori di sé dalla gioia; Merlino, invece, è arrabbiatissimo: "Scudiero! Che avvenire meschino, dopo tutto quello che ti ho insegnato! Me ne vado!" e scompare.

Anacleto non ne può più delle bizzarrie di Merlino: "Non sopporto che decida di prendersi una vacanza senza dirmi dove va e quando ritornerà!"

Il gufo si aggrega alla spedizione diretta a Londra, ben felice di vigilare sul piccolo Semola. Poco prima che il torneo abbia inizio, il ragazzino s'accorge di aver dimenticato la spada di Caio alla locanda, e corre a riprenderla. Ma tutte le locande di Londra si assomigliano e ormai Semola dispera di ritrovare la spada in tempo.

Anacleto, ancora una volta, lo soccorre: "Ho trovato una spada qui vicino, vieni!"

Svolazzando, Anacleto guida Semola fino a un masso sul quale è posata un'incudine trapassata da una spada.

"E' una spada antica, non assomiglia per niente a quella di Caio."

Semola è molto deluso.

Ma Anacleto insiste: "Non ha importanza. Caio è troppo testone per accorgersi della differenza, e poi non c'è altro da fare! Tira fuori quella spada!"

E Semola, lentamente, timidamente, allunga la mano, la stringe intorno all'elsa e delicatamente estrae la pesantissima spada, mentre un'improvvisa pioggia di luce fa brillare l'arma.

Semola è spaventato. "Sembra una spada incantata." mormora guardandosi intorno alla ricerca del possibile autore della magia.

Ma Anacleto lo scuote: "Merlino non c'entra! E' partito per un viaggio nel futuro. Porta subito la spada a Caio."

Semola ubbidisce.

"Buon per te! Se tu avessi perso la mia spada", gli dice il fratello, "ti avrei tagliato le orecchie!"

Ma ser Ettore si accorge subito che quella non è la spada di Caio: "Questa è un'arma antica! Dove l'hai presa, piccolo birbante?"

Semola, molto umiliato, racconta tutta la storia.

"Piantata in un'incudine posata su un masso? Ma allora è... la spada nella roccia! Andiamo!"

Il concitato scambio di battute ha attirato l'attenzione degli altri cavalieri venuti per il torneo. In breve, una vera folla si accoda a Semola.

Giunti dove si trova l'incudine, ser Ettore dice a Semola: "Fammi vedere come hai tirato fuori la spada e se hai mentito te ne pentirai!"

Semola rimette l'arma nello strano fodero e subito Caio si precipita a tirarla fuori: impossibile! Suo padre lo aiuta, ma non c'è nulla da fare. Anche tutti gli altri cavalieri provano, ma invano. Di tutti i presenti, solo Semola deve ancora pubblicamente cimentarsi nella prova.

La piccola mano si avvicina alla grande arma, e mentre la spada esce senza sforzo dalla roccia e dall'incudine, un'abbagliante pioggia di luce fa brillare l'elsa d'oro che porta le fatidiche parole: "Chi estrarrà questa spada dalla roccia e dall'incudine è il predestinato re d'Inghilterra."

"Viva il re!", gridano in coro i cavalieri.

"Il suo vero nome è Artù!" strilla Anacleto.

Il ragazzino destinato a diventare il grande re Artù viene portato in trionfo fino al palazzo reale. Da grande compirà magnifiche imprese con i Cavalieri della Tavola Rotonda, ma per il momento è impacciato dal manto regale e non sa proprio come cavarsela.

Se ci fosse Merlino! Ha ancora bisogno di un maestro per diventare un buon re. E Merlino, rispondendo al muto appello del suo allievo, fa ritorno, stranamente vestito, dal ventesimo secolo. Mentre Merlino riacquista l'aspetto di Merlino, Anacleto consiglia a Semola di svignarsela quatto quatto.

Il ragazzo è molto tentato. Troppo tardi! Merlino ricompare con la corona regale tra le mani.

"Tieni la testa ben eretta! Ti incorono re d'Inghilterra, o Artù! e ricordati che diventerai leggendario quanto me!"

  

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