Ero
seduto di fronte al mio amico. Stavo per parlare, quando entrò in
casa un
bambino. Abbracciò il mio amico, girò di qua e di là per la
stanza, toccò qualche oggetto, aprì i due cassetti della scrivania
dove c'erano matite, gomme e mille piccole cose che finiscono lì
perchè non si sa dove metterle.
Ispezionava
in silenzio quella che era per lui, una caverna del tesoro. Il mio
amico lo osservava, divertito e felice. Era evidente che il bambino si
sentiva a casa sua e ci stava bene.
Avevo
in tasca delle caramelle e gliene offrii una. Mi guardò sorpreso, la
afferrò in fretta, mi ringraziò ed uscì sgranocchiando il suo
bottino.
Adesso
il mio amico mi guardava pensieroso e un po' triste.
"Il
bambino aveva bisogno della tua attenzione e del tuo affetto, non
tanto della tua caramella," mi disse.
"Ma
gli faceva piacere. L'ho notato quando gliel'ho offerta",
risposi.
"Gli
faceva piacere, ma per lui era necessaria? Appena soddisfatta, la sua
voglia rispunterà l'istante dopo e il bambino tornerà per ottenere
da te le caramelle che si aspetta. Così molte persone adulte danno ai
bambini l'accessorio, ma li privano dell'essenziale. Perchè gli
vogliono bene e vogliono far loro piacere. Spesso, ahimè, perchè
cercano di farsi amare... forse anche di farsi perdonare. Non sono le
caramelle, ma l'amore che fa crescere i bambini. Molti, in un modo o
nell'altro, non sono abbastanza amati..."
Come
il bambino sepolto, soffocato dai giocattoli, che non ha più nessun
desiderio perchè tutti i suoi desideri sono soddisfatti ancor prima
di apparire e di crescere.
Il figlio unico a cui i genitori rifiutano
il fratello o la sorella che desidera, perchè preferiscono una casa,
gli sport invernali o la macchina nuova.
Il bambino
condannato al ristorante, che sulla sua sedia si irrita davanti al piatto troppo
pieno, mentre i genitori non la smettono più di mangiare, di bere o di parlare.
Il bambino
prigioniero, nauseato di chilometri, che si innervosisce in macchina, casa
mobile per la prole degli uomini che non sa più camminare.
Il bambino
abbandonato la mattina perchè i genitori "vanno a lavorare per lui" e
abbandonato la sera perchè essi si occupano del mondo intero, fuor che di lui.
Il bambino
animale sapiente che deve correre dalla scuola di ogni giorno alla scuola di
musica e alla scuola di sport, che non ha più tempo di giocare, di andare in
giro, di sognare.
Il bambino che
qualcuno vuole già arruolare per grandi cause: persino il suo gioco è un gioco
orientato, e il bambino che gioca sempre solo, e si inventa compagni per partite
di sogno.
Il bambino che
ha genitori materasso che si possono colpire con le parole e con i pugni, o
genitori di cemento armato contro i quali urta e si ferisce senza ottenere
risposta.
Il bambino che
non sa perchè esiste, perchè vive... perchè i suoi genitori neppure essi lo
sanno,
o perchè l'hanno avuto "per un incidente", e dopo aver esitato
hanno deciso di lasciarlo vivere,
o perchè un giorno "hanno avuto voglia
di un bambino"
perchè ci si sposa per avere un bambino,
perchè lo fanno
tutti,
perchè è così carino un bebè,
perchè distrae e rompe la solitudine,
perchè può consolidare una coppia in crisi,
perchè è una garanzia per non
invecchiare e morire soli...
A mano a mano
che parlava, il mio amico si era lasciato trascinare. Lanciava le parole con
forza, come se volesse raggiungere lontani avversari. Una fiamma si era accesa
nel suo sguardo: era il fuoco della collera.
"Sei molto
severo", dissi.
"Perdonami.
E' vero, lo sono, ma non posso sopportare di vedere dei bambini rovinarsi. E'
talmente grande, talmente bello un bambino!"
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