MOTIVAZIONI

Dopo la resa di Gaeta, il 13 febbraio 1861, Francesco II, "con picciol seguito d'indegni figli di questa classica terra", fugge a Roma. Da qui si fomentano "empie mene nelle provincie napoletane, sordamente cominciò a circolare il fuoco delle reazioni sospinto da una classe di perversi per mezzo di sbandati del distrutto esercito borbonico". I capi della fazione assolutista sono Corbo di Avigliano, Aquilecchia di Lavello, Aquilecchia di Melfi, Zampaglione di Calitri, l'Arcivescovo di Conza, Padre Fusco dei Liquorini di Caposele, "tutti nomi potenti". Il magistrato di Teora, il 12 marzo 1861,viene informato che, nei boschi di Monticchio e Serrone, Zampaglione arruola ribelli promettendo a ciascuno un compenso di tre carlini al giorno. Il Procuratore Generale comunica immediatamente la notizia al Governatore ed al Comandante la provincia per gli opportuni provvedimenti. Ma, nonostante la presenza del magistrato e l'azione giuridica messa in atto, "i tristi" non tentennano "dalle ree loro intenzioni".

Dagli esami degli atti la Giustizia deduce che "cotesto politico movimento in Satandrea" è alimentato e sostenuto dall'Arcivescovo, con l'intera sua famiglia e domestici, dall'ex capo-urbano Francesco Saverio de Laurentis, con il padre D. Francescandrea e il fratello Michele, dai fratelli Pasquale e Gennaro Abbruzzese, da Giuseppe d'Angola, cognato
dell'ex capo urbano, da Pietro Cianci, ex rettore, ed da altri di minor conto: "quelli stessi, che, non intervenuti al plebiscito, e mostrandosi
apertamente avversi a tutta la festa nazionale pè continui trionfo della causa delle libertà, avevano per lo passato dato prova continue di essere oppositori della caus medesima"(1).

L'Arcivescovo D. Gregorio de Luca, amministratore della Chiesa di Campagne minacciato dai suoi amministrati, si ritira in S. Andrea di Conza (AV) dove si trova quando, il 25 giugno 1860, comincia il cambiamento politico.

Il prelato è notoriamente borbonico ed assolutista. Intorno a lui si vedono "attaccati con rimarchevole dimestichezza tutti coloro che sfrontatamente parteggiavano per la causa del Borbone". Oltre i nomi sopra citati, si segnalano, anche, Padre Luigi di Andretta, Francesco Rapolla ed altri ritenuti pubblicamente "i principali agenti delle messe cospiratorie contro il governo costituito. Anche coloro che ha cercato di temperare la opinione pubblica di Monsignore in fatto di politica hanno affermato ch'egli è attaccato alla caduta dinastia per gratitudine.

È rimarchevole intanto quel che afferma l'ultimo dè contronotati testimoni specialmente, che cioè, mentre tutti i sopranotati individui attaccati alla caduta signoria, e nemici del Governo costituito, frequentavano Monsignore, all'opposto niun liberale è veduto e si vede frequentarlo. Da ciò i sospetti che nell'episcolpio sfasi cospira contro l'attuale regime, e vuolsi che in esso siansi tenute notturne conferenze".

Questi ritengono che "la banda Crocco era una soldatesca atta a compiere rivoluzione, non una canaglia di briganti". Infatti, quando si sparge la voce che Crocco, con tutto il suo seguito, avanza verso Sant'Andrea i cospiratori "ed appresso a loro il volgo ignorante", sostengono che essi fanno parte delle "truppe Francesco": sono "i soldati di Francesco". Mentre il Sindaco, il capitano, il parroco e tutti quelli del partito liberale fuggono, gli "antiliberali all'opposto ilari, senza tema" restano in paese .

Quando la banda di Crocco si avvicina al paese "diversi popolani borbonici c bandiere bianche sventolanti, ed i cappelli e le coppole di nocche rosse insignita.. lieti gridando gli evviva al loro Francesco,
corsero ad un miglio lungi dall'abitar ad incontrare e ricevere in trionfo quella degna soldatesca del Borbone. Quindi, precedendola con acclamazione di gioia, si procedè innanzi verso l'abitato".

In una piovosa giornata di aprile (2), nei dintorni del Monastero dei Riformati di Sant'Andrea, luogo ritenuto focolaio di progetti cospiratori, e dove, tra gli altri, dimorano tre terziari di Montella del partito borbonico, vengono arrestati Pasquale e Giovanni Sapio, di Montella, entrambi armati di pugnali, pistola, e scuri. I due, nell'interrogatorio reso agli inquirenti, rispondono evasivamente; ma è evidente che, secondo le autorità, essi sono "in Santandrea per fini perversi. Quindi si seppe che il movimento rivoltoso era scoppiato in alcuni dè paesi della Basilicata, ed oltre procedendo una banda di sollevati capitanata da un Crocco di Rionero, la quale brigantescamente uccideva e saccheggiava i liberali, era pervenuta in Monteverde, di là era passata in Carbonara, e da Carbonara nel 27 aprile in Calitri, paese che dista quattro miglia da Santandrea" .

Il tenente Colonnello del "Comando militare per la grazia di Dio Re nostro Francesco Secondo", V. d'Amatis, ordina agli abitanti del comune di Conza, di far giungere: "le implemo del ladro Vittorio Emanuele al momento bandiere ed altri", "se volete la pace del vostro paese"; "se però siete sordi al mio parlare il vostro dico tuo paese sarà bruciato fra giorni ".

Altri briganti dichiarano "di scorrere la campagna per non aver potuto sopportare le vessazioni che loro venivano fatte dalle autorità dè rispettivi paesi che essi avendo veduto che vari compagni loro presentatasi erano stati poi ristretti in carcere o fucilati, e per quindi essere essi determinati di non arrendersi. Che tutti attendevano il ritorno di Francesco Borhone al che essi si cooperavano, ed il Borbone pagava ad essi grana sessanta al giorno, pari a lire due, centesimi cinquantacinque [ corrispondenti a £ 14.774 del 1993J, ma che il comitato Borbonico dava loro appena lire una e centesimi ventotto, e che non potendo vivere per così poco stipendio erano obbligati a fare ricatti" .

La Giunta Municipale di Andretta, in un documento del 20 settembre 1863 certifica che Pasquale di Tore di Angelantonio si associa ai briganti nei primi mesi dell'anno 1862 "per esimersi dal servizio militare cui era chiamato dalla Legge, rendendosi refrattario". Nello stesso documento si dice, anche, che Pasquale e Carmine Di Guglielmo ed Eligio Morano "si associavano alle orde brigantesche nello scorso mese di agosto corrente anno (1863) ignorandone però il motivo, ed i medesimi non hanno fatto parte del disciolto esercito borbonico" .

"...Tutti i soldati sono pronti a disertare dal servizio del Re Vittorio Emanuele II alla prima guerra e che Francesco II dovea a giorni sedere sul trono d'Italia e non il Re Vittorio Emmanuele mangia polenta..." dichiara un soldato disertore .
I carabinieri della stazione di Dentecane arrestano "nel rispettivo domicilio certi Colantuono Francescantonio e de Nisco Bernardo, perchè imputati di cospirazione e di attentati contro l'attual Governo, non che di omicidi premeditati, giusta il preesistente mandato di cattura del potere giudiziario".

(1) Processo a carico di Mons. D. Gregorio De Luca, Arcivescovo della Diocesi di Conza! Campagna, ed altri per la cospirazione ed attentati contro la sicurezza dello Stato del 1861 - Cenno storico - Archivio di Stato di Avellino, Gran Corte Criminale, b. 85.
 
(2) 12 aprile 1861.

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