Difese avvocati

   La legge Pica (dal nome del proponente) del 15 agosto 1863 n. 1409 per la repressione del brigantaggio conferisce alle autorità poteri eccezionali. Sveltisce le procedure ed autorizza azioni pratiche ed energiche. Sottrae alla giurisdizione ordinaria la competenza a giudicare sui briganti e l'attribuisce ai tribunali militari. La procedura militare non solo non prevede un grado di appello ma assegna scarso rilievo alla difesa. Per que sto le difese degli avvocati si trovano raramente e quando esse esistono sono appena accennate: "Parla poscia l'avv. Mercurio per la D'Ascoli il quale sostiene non essere la D'Ascoli incorsa nel reato di brigantaggio e ne chiede perciò l'assolutoria.

    Parla infine l'avv. Donatelli per li Accocella Giapietro e Di Salvo Grazia e sostenendo non essere provata che essi abbiano dato coscentemente ricovero alla D'Ascoli Rosa essendosi questa introdotta nella loro casa a loro insaputa chiede pure l'assolutoria dei suoi clienti" .

    Nel processo all'Arcivescovo di Conza è scritto: "Mentre il Giudice istruiva il pro cesso in S. Andrea gli perveniva per organo della posta il titolo 160 del giornale il Popolo d'Italia. Letto quel giornale, a cui il Giudice non era associato, vi trovò inseri ta una difesa in nome di molti cittadini di Calitri e pro dello enunciato Angelo Maria Rapolla, e di suo padre Salvatore, fratello... In cotesto atto stampato menasi campo di aver i Rapolla nella sera del 22 aprile scacciata da Calitri la banda Crocco, dandosi a credere che l'Angelo Maria si fosse per finzione arrolato a Crocco, e che egli a suo padre Salvatore avevano ben meritato della patria per avere concorso a discacciare l'orda da Calitri al ritorno da S. Andrea, come si è detto.

   Era evidente perciò che s'inviava l'enunciato giornale all'istruttore del processo nella supposizione che la lettura di quella stampa avesse potuto influire a snervare le prove a carico dè Rapolla per gli attentati consumati, e pè quali la giustizia energicamente spiegava la sua azione.

   L'atto medesimo però, anzichè difendere i Rapolla, avvalora le prove contro di essi raccolte. Ed invero con quell'atto dicesi che ritenuta la banda Crocco una soldatesca dell'ex re Francesco, senza opposizione si era ricevuta in Calitri, ma poi avvedutisi i calitrani che gl'individui della banda medesima eran ladri al ritorno ch'essi facevano da S. Andrea la sera del 22 aprile li resisterono, alcuni ne fecero prigionieri, altri ne fugarono, o via così, come falsando in parte, ed in parte magnificando i fatti veri, vi è nella stampa narrato. Con ciò però su consesso esplicitamente che volentierosamente in Calitri aderivasi alla rivolta in favore del Borbone, ma visto poi che trattavisi di ladroni, il popolo Brasi determinato e non più riceverli al ritorno da S. Andrea. Si scacciavan dunque i ladri, ma quando già Brasi compiuta in Calitri una rivolta, e si era dato mano a compierla in S. Andrea. E quella rivolta fu precismente portata nè paesi di questa provincia in singolar modo per opra de suddetti Rapolla. Salvatore da molto tempo innanzi capitanava a Monticchio e Castiglione gli sbandati. Suo figlio cercava far proseliti in S. Andrea".

   Per la difesa di Angelo Maria Rapolla "valgono le osservazioni delle prove a carico di suo zio D. Francesco Rapolla".

È il caso di ricordare che i magistrati vengono scelti dai superiori gerarchici e sono in sintonia con i piani predisposti. Ovviamente, in una tale situazione, non vi è alcuna preoccupazione garantisti nei confronti degli imputati.

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