Donato Antonio Castellano (il cronista conzano), vicario generale dell'Archidiocesi di Conza nella visita del 1685, trova la Chiesa Madre in uno stato miserevole e nel più completo disfacimento. Dal processo del 1690 a carico di Leonardo Luongo, sacerdote di Andretta, accusato di essere <<fattocchiaro>> e <<magaro>>, risulta che, nel 1677,le sepolture della Chiesa Madre, in particolare quelle degli infanti, dette degli Angeli, vengono profanate e "molti huomini e donne in diversi luoghi pubblici di detta Terra ad ogno hora di mattina e di mezzo giorno, di sera et di notte andavano ballando e gridando a guisa di spiritati>>, scrive il Prof. Giuseppe Acocella. Infatti fin da tempi remoti si diffonde l'abitudine di seppellire i morti nelle chiese. Solo alla fine del XVIII e all'inizio del XIX secolo si vieta il seppellimento dei morti in esse e si creano i cimiteri in luoghi opportuni distanti dall'abitato. Nel 1830 ad Andretta non esiste ancora un luogo dove seppellire i cadaveri e si chiede di continuare ad utilizzare le sepolture della Chiesa Madre, pur essendo piene "zeppe". L'antica sepoltura della Chiesa ancora oggi è colma di terreno e di cadaveri. Gli uomini venivano tumulati "in virorum sepulcra", le donne in "mulierum sepulcra"e i bambini nei sepolcri dei bambini anch'essi divisi per sesso. I preti e le famiglie gentilizie utilizzavano sepolture separate; lo stesso padre Agostino Arace, per esempio, "in sacerdotum sepulcro Matri Ecclesiae sub die decimoquarta supradicti mensis tumulatus fuit" e ancora Anna Annicio, moglie di Fabio Mauro, nel testamento del 22 ottobre 1762 vuole che il suo corpo sia sepolto, dopo la morte, nella Chiesa Madre e nella "particolare sepoltura gentilizia della Casa Mauro di mio marito, e colle dovute solennità funebre". Nel 1736 la Chiesa Madre di Andretta versa ancora in stato infelice e deplorevole. L'Arcivescovo di Conza, Giuseppe Nicolai, "che troppo disse per riveder rifatta la nostra Chiesa", in seguito ad una relazione dell'arciprete Angelo Todisco, fa appello al popolo e agli amministratori per un intervento di restauro. L'invito viene accolto e inizia un lavoro di riedificazione e di consolidamento, grazie all'opera del Servo di Dio Padre Agostino Arace (1718-1764). Tutti i lavori, compresa la pittura, sembrano completati solamente nel 1826. PAVIMENTO DELLA CHIESA MADRE L'attuale pavimento, eseguito nel 1913 in seguito ad una richiesta del 10 marzo 1911 dell'arciprete Angelo Acocella, doveva essere costruito con lastre di marmo, così come progettato e deliberato il 24 marzo 1911 dal Consiglio Comunale. Ma esso viene rifatto in marmette alla veneziana. Il collaudatore dell'Ufficio tecnico di Finanza di Avellino, che non collauda i lavori "perché non rispondente agli elementi essenziali del progetto ed anche perché la somma spesa è da ritenersi sensibilmente inferiore a quella preventivata ..." riconosce "che detto pavimento è stato eseguito con tutta regola d'arte, riuscendo di bellissimo effetto e di piena soddisfazione della popolazione". Le misure della Chiesa Madre, come risultano dal progetto di pavimentazione di Nicola Tellone, sono: - navata mq. 339.08; - cappella del Sacramento mq. 12.02; - cappella di S. Michele mq. 13.82; - presbiterio mq. 49.72; - coro mq. 21.00; - sagrestia mq. 38.45; - corridoio che mena sagrestia mq. 23.00. IL CAMPANILE <<Quando la signoria feudale teneva il governo della nostra terra, si bruna massa di fabbrica, il campanile - scrive Angelo Acocella - non era il grande ornamento esterno della Chiesa, per la quale sorse in origine. Sembrava piuttosto una delle varie forme di difesa della rocca del feudatario, a cui era quasi attaccato, anziché un edificio religioso, un vero campanile. Ma dopo il Seicento, anche questo mal distinto e dubbio corpo di guardia, quale esso appariva in lontananza, ebbe la sua avversa sorte, lasciandosi vincere dalla forza fraudolenta del tempo>>, ed i suoi resti, si può aggiungere, furono di fatto presumibilmente integrati nella Chiesa Madre, continua Giuseppe Acocella. Nel 1737 esso risulta "diruto". Nel 1813, sindaco Nicola Pugliese, si eseguono lavori per la demolizione della cupola del campanile "e covertura d'esso ad embrici". Nella zona soprastante vi erano vecchie case poi demolite le cui pietre vengono utilizzate successivamente per costruire un muraglione nella parte ovest della Chiesa Madre e nuove sepolture; quest'ultime però non saranno mai realizzate per divieti legislativi. CAMPANE Sul campanile vi sono "tres campanae, et quia maior earum pendet suspensa in furcis, mandavit excitari turrim campanariam in loco opportuno". La domenica del 21 agosto 1785 "si scese la campana grande della Matrice Chiesa di Andretta da sopra li legni, che la sostenevano da più anni e si vuole da circa cantaia sette, si salì sul campanile nuovo, e si adattò nel finestrone verso borea alli 23 agosto, giorno di martedì, e di S. Filippo Benizio una insieme colle due campanelle nuove, formate dallo artefice campanaro Girolamo Olita di Vignola, a spese delle Venerabili Cappelle del SS.mo Corpo di Cristo, e di S. Maria della Neve, ed alli 24 Agosto, correndo la vigilia di S. Bartolomeo Apostolo, e la festività trasferita di S. Giovanna Francesca Tremist de Chantal, essendosi sonata a festivo solenne tuonò di steso, si cantò da questo Reverendo Clero messa parata con solenne Te Deum, gratis SS. intorno alla campana grande ci sono rattrovate le seguenti precise parole: Ave M.G:P.D. I. Hec facta fuit a Rev. D. Bernardino Paparello de Andrecta suis sumptibus, et expensis ad honore Beatae Virginis Marie A.D. 1535 avanti ci sta la Croce, e dietro la Sacra Famiglia, risultandino dal corpo del metallo. A di 17 settembre 1785 giorno di sabbato cadde una di dette campane, e propriamente la più grande sopra cantaio, e disgraziatamente si ruppe. A di 24 giugno 1786, giorno di sabbato, in sonare la messa solenne del glorioso S. Giovanni Battista si slogò la grappa di dentro di detta campana grande che teneva il pattocchio" |