[ BACK
]
Mostra
di Velazquez
di
Achille della Ragione
cenni
biografici
19 marzo - 19 giugno 2005
museo di Capodimonte
NAPOLI |
|
|
Dal
19 marzo al 19 giugno il museo di Capodimonte,
pochi giorni dopo la chiusura della rassegna su Caravaggio, visitata da
straripanti folle oceaniche, ritorna capitale dell’arte europea, ospitando
una mostra, ricca di ben venti opere, di uno dei più grandi artisti di tutti
i tempi: lo spagnolo Diego Velazquez. Una entusiasmante carrellata, dalle tele
giovanili, permeate da un crudo realismo, quali l’Adorazione dei Magi e la
Vecchia friggitrice di uova, fino ai celebri ritratti della famiglia reale,
capolavori della maturità. Ammirando le tele esposte è possibile
approfondire anche i debiti ed i crediti culturali accumulati dal Velazquez
nei confronti della nostra pittura durante
i suoi due soggiorni italiani: il primo nel 1630 ed il secondo, di maggiore
durata, intorno al 1650. Durante i suoi viaggi l’artista sostò anche a
Napoli, dove fu ospite del Ribera, suo connazionale e conobbe certamente il
Maestro dell’Annuncio ai pastori, dei quali apprezzò la forte carica di
ruvido naturalismo, che impregnava le loro composizioni. I quadri esposti
provengono dai più importanti musei del mondo, dal Prado alla National
Gallery e ci vengono prestati con piacere, perché Capodimonte è in grado di
ricambiare con gli interessi, facendo girare per il mondo i nostri capolavori.
Il logo della rassegna napoletana è costituito dall’unico nudo dipinto dal
maestro spagnolo.
La presenza in mostra della sensuale “Venere allo specchio”, realizzata
intorno al 1650 e per un periodo a Napoli nella collezione del marchese del
Carpio, oggi conservata alla National Gallery di Londra, ci permette
idealmente di collegarci, con un sottile filo erotico, agli illustri
precedenti delle Veneri di Giorgione e di Tiziano, dipinte nel Cinquecento,
fino alla Maya Desnuda di Goya ed alla Olympia di Manet, che hanno visto la
luce in pieno Ottocento. Nella
tela dello spagnolo la fanciulla appare di spalle, mentre ne intravediamo
confusamente il volto e solo di riflesso nello specchio. Le sue forme sinuose
e sfuggenti sono di una modernità sconvolgente e rappresentano il porto
sicuro verso cui tutti gli uomini (nel senso di maschi naturalmente) anelano
di fermarsi e riposare per sempre.
Le Veneri nate dal pennello di Giorgione e di Tiziano evidenziano una donna rinascimentale, ipercolesterolemica,
dalle linee tornite e dalle forme opulente, l’una dormiente, l’altra ben
sveglia, che sanno mettersi in posa con malcelata malizia e mostrare senza
reticenze il proprio corpo, ad eccezione del pube, glabro, pudicamente e
parzialmente ricoperto da una mano svogliata, calata ad aumentare il mistero
ed il desiderio. Alla Maya del Goya presta il suo corpo stupendo la duchessa
D’Alba, proprietaria all’epoca della Venere del Velazquez, che trasferisce
in tal modo la sua straripante bellezza dalla
caducità della giovinezza nell’immortalità della tela, mentre l’Olimpia
del Manet ritrae a mo’ di prostituta la modella Victorine, una provocazione
che al Salon del 1865, diede luogo a clamori e scandalo, a tal punto da
indurre gli organizzatori a collocare il quadro ad un’altezza dalla quale
scoraggiava a un tempo i furori degli ombrelli e gli sguardi dei benpensanti.
Tutte queste sfolgoranti immagini di donne nude, che si offrono audacemente
allo sguardo, trasferite dalle riservate stanze dei collezionisti committenti
alle pubbliche sale dei musei, hanno
negli anni accumulato un enorme potenziale erotico inconscio e sono state
vittima dell’ira bacchettona dei singoli e delle istituzioni: la Venere allo
specchio fu infatti aggredita a colpi d’ascia nel 1914 da una suffragetta,
femminista ante litteram, che le cronache ci descrivono tanto racchia quanto
infuriata ed i cui fendenti scriteriati provocarono un delicato restauro fatto
durare dalla amministrazione del museo oltre cinquant’anni, mentre la Maya
desnuda, trasformata dalle poste spagnole in francobollo, assieme alla collega
vestita, fu per anni respinta al mittente se spedita negli Stati Uniti, le cui
autorità erano certe di preservare in tal modo la morale dei cittadini di
quella grande nazione, ritenuta da sempre faro di libera circolazione di idee
e democrazia.
Una mostra che si annuncia di grande spessore e che attirerà certamente
il pubblico delle grandi occasioni. Collocata al secondo piano, al centro del
percorso seicentesco della pittura napoletana, dovrà essere lo stimolo per
ammirare anche le opere dei nostri grandi artisti, da Battistello a Luca
Giordano, dal Ribera a Mattia Preti e bisognerà proporsi di ritornare nel
nostro straordinario museo di Capodimonte, che tutto il mondo ci invidia e che
noi napoletani, affolliamo durante le, per fortuna frequenti, mostre e
lasciamo desolatamente deserto durante il resto dell’anno.
[ BACK
] [ TOP ]