Articolo pubblicato su i
quotidiani:
“Cronache di Napoli” del 6 dicembre 2004
“Il golfo” del 7 dicembre 2004
"Mostra sul pittore
Pitloo"
di
Achille della Ragione
Sabato 11 dicembre al museo Pignatelli
(NAPOLI) si apre al pubblico una mostra sul pittore Anton Smink
Pitloo,
elemento di spicco della celebre Scuola di Posillipo |
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Sabato 11 dicembre al museo Pignatelli si apre al pubblico una mostra sul pittore Anton Smink
Pitloo, un olandese napoletanizzato, tra le personalità più in vista nel panorama artistico della prima metà
dell’Ottocento
La rassegna è dedicata a Raffaello Causa, luminosa figura di studioso, a lungo incontrastato padre padrone della nostra Sovraintendenza, che, sotto il suo “regno”, inaugurò la stagione delle grandi esposizioni, da Civiltà del Seicento e del Settecento all’attuale sul Caravaggio, facendo conoscere il nome della nostra città in tutto il mondo. Per l’occasione si ristampa un suo libro sul Pitloo, che funzionerà da bussola per il visitatore, attirato da oltre 150 dipinti provenienti dai più importanti musei e da prestigiose collezioni private. Curatori della rassegna Stefano Causa, il figlio prediletto, che ha raccolto il testimone di una così pesante eredità e Marina Causa Picone, la moglie del compianto Raffaello.
Il Pitloo (Arnhem 1791- Napoli 1837) è, assieme a Giacinto Gigante, il fondatore e l’elemento di spicco della celebre Scuola di Posillipo, una corrente pittorica nata dall’esigenza di materializzare sulla tela l’emozione ed il sentimento scaturiti da un nuovo modo di vedere e di rappresentare la natura. Non più la fredda descrizione operata dagli artisti legati alla stereotipata ripetizione del paesaggio ad uso dei forestieri del Grand Tour, accaniti acquirenti di vedute mozzafiato da riportare in patria come souvenir, bensì un nuovo linguaggio in grado di fissare la vibrazione dell’aria, il magico gioco di ombre e di luci e di ascoltare unicamente le ragioni del cuore, senza nulla concedere al folclore ed alla minuzia descrittiva.
L’artista olandese, dopo un soggiorno a Parigi ed una breve tappa a Roma, giunge a Napoli nel 1815, ancora giovane ed entrerà subito in sintonia con la città, cogliendone umori e sentimenti antichi. Apre un atelier, subito molto frequentato da allievi che egli porterà volentieri a contatto della natura, a cogliere i luoghi più suggestivi della campagna e della costa, prestando sempre grande attenzione alla percezione delle più piccole variazioni della luce e ad esprimersi con una parlata sprovincializzata, libera e matura, fuori da ogni schema convenzionale. Sarà attivo poco più di venti anni: il colera, nel 1837, lo spazzerà via assieme a Giacomo Leopardi ed a tanti altri sfortunati neoconcittadini.
Riuscirà in pochi anni a riscattare una pittura stancamente ripetitiva con la forza della lirica, facendosi fecondo mediatore delle più vitali correnti contemporanee. Saprà cogliere le più rivoluzionarie interpretazioni del paesaggio, dal Turner al Constable, fino a Corot e proporrà prepotentemente un nuovo schema di lettura della veduta, “ duttile, vibrante, abbreviato, polemico al confronto di ogni precedente convenzione rappresentativa” (Causa). Il suo stile fu un geniale impasto di tutte le novità artistiche in tema di paesaggio.
L’aspetto cromatico delle sue tele è sempre molto vivace e curato, una gran festa i colori, da una cospicua gamma di grigi, ai bianchi luminosi, a tutte le sfumature d’azzurro nel cielo e nel mare. Egli ci offre sempre la visione di un paesaggio puro: costa, cielo, alberi, rocce e ci dà l’illusione di poter afferrare le più tenui vibrazioni della luce nell’atmosfera.
Sulla sua scia, seguendo il fiume in piena della sua forza narrativa, lo seguiranno in tanti: dai Carelli ai Fergola, dal Duclere allo Smargiassi, dal Vianelli al Franceschini, oltre a molti altri meno noti, che assumeranno a dogma la necessità di dare spazio al libero gioco della fantasia, al trasalimento estatico ed al più dolce abbandono dei sensi.
L’antica e nobile tradizione paesaggistica napoletana, risalente alle esperienze seicentesche di Micco Spadaro e di Salvator Rosa, troverà nuova forza nell’interpretazione romantica della veduta, ma non durerà a lungo, perché, morto prematuramente il Pitloo, la Scuola di Posillipo scadrà rapidamente di livello, sbandando di nuovo nel vedutismo più becero, commerciale ed illustrativo, il tutto intriso di sentimentalismo e superficialità.
Tra le tele in mostra celebri opere provenienti dai musei di Capodimonte e di San Martino, del Banco di Napoli o del Correale di Sorrento. Scorrono sotto gli occhi del visitatore: “La lanterna del molo”,”La festa della Madonna”,”Il boschetto Francavilla al Chiatamone”,”Il tramonto sul porto di Napoli”. Quadri noti agli amanti del nostro Ottocento, ma anche tantissimi dipinti di irraggiungibili collezioni private, da vedere in mostra e mai più. Una occasione unica ed irripetibile per tutti gli appassionati, nel segno della grande tradizione delle esposizioni
napoletane.
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