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Achille Lauro SUPERSTAR

Le nuove elezioni amministrative

 

Prima di affrontare il capitolo delle nuove elezioni, l'occasione di rivincita che Lauro aspetta ansioso da quasi tre anni, bisogna spendere qualche parola sulla grave crisi politica che attraversa l'Italia durante i due governi Tambroni.
Tutto comincia nel mese di marzo del 1960, quando il presidente Gronchi affida il primo incarico a Tambroni, dopo la caduta del governo Segni, al quale i liberali hanno tolto il loro sostegno.
Il presidente incaricato cerca prima di formare un gabinetto orientato verso i socialisti di Nenni, ma fallita la trattativa, annuncia che formerà un semplice monocolore con appoggio esterno.
Questo appoggio lo può avere solo a destra dai monarchici, che contano venticinque voti o dai missini che ne contano ventiquattro.
Nel frattempo Partito nazionale monarchico e Partito monarchico popolare sono confluiti in una nuova formazione il Pdi (Partito democratico italiano), nel quale si esprimono pareri diversi.

Lauro, Gronchi e de Nicola


Alcuni parlamentari ritengono che la situazione politica è oramai giunta all'ultima spiaggia e rifiutare l'appoggio (che daranno in quattro) significa arrendersi all'avanzata delle sinistre, ma Lauro pregusta già il momento in cui potrà vendicarsi di Tambroni, urlandogli in faccia il no del suo partito. Vuole vederlo nella polvere e non ascolta nessuno, tanto meno il consiglio più possibilista di Covelli.
Tambroni si fa allora appoggiare dai missini, ma senza successo, come fallisce dopo pochi giorni anche il tentativo di Fanfani, che cerca viceversa di varare un governo sostenuto dai nenniani.
E' uno stillicidio, di nuovo a Tambroni viene conferito l'incarico e questa volta, anche se di stretta misura, ottiene la fiducia con l'appoggio del Movimento sociale.
Purtroppo la tensione nel Paese sale per la fortissima opposizione della classe operaia ed infine, a Genova, ove è previsto il congresso del Msi, viene messo in atto lo sciopero generale, scoppiano tafferugli con furiosi scontri con la polizia che, costretta o comandata, spara provocando alcuni morti.
I missini tolgono l'appoggio ed il governo Tambroni cade, nella polvere, come anelava Lauro, che freme di gioia.
Di nuovo l'incarico viene affidato a Fanfani e questa volta il "cavallo di razza" ottiene, il 6 agosto, la fiducia, inaugurando gli anni della formula di centro-sinistra.
In questo clima politico avvelenato, si svolgono a fine anno le tanto attese elezioni comunali.
Lauro spera in un grande successo, che sarà solo parziale, anche se rispetto alle politiche del '58 vi sarà un aumento di quarantamila voti.
Il plebiscito di quattro anni prima non si ripete, ma i monarchici, ora con la sigla del Pdi, conquistano la maggioranza relativa con 206.000 suffragi, di cui 152.000 di preferenza al capolista e 30 seggi, mentre la Dc ne conquista 21 ed i comunisti 19.
Lauro di nuovo invita i democristiani a partecipare alla formazione della giunta, ma nuovamente questi si trincerano dietro la formula di volere esercitare, per rispetto al responso delle urne, unicamente un ruolo di minoranza.
Alla sala dei Baroni vanno a vuoto le prime tre elezioni che richiedono il 50% dei voti e Lauro sarà eletto sindaco solo nella seduta del 20 dicembre, quando è sufficiente la maggioranza relativa.
La mancata intesa con le forze cattoliche farà sì che, quando dopo pochi giorni si eleggerà il presidente democristiano alla provincia, i monarchici si rifiuteranno di votarlo, compendiando nella frase del consigliere Gioacchino la loro decisione: "Non avete voluto votare papà al Comune e adesso noi non votiamo il vostro presidente, così stiamo parapatta e pace".
Lauro è ben più debole del passato e la sua giunta fatica a lavorare senza adeguate risorse finanziarie, anche se una boccata di speranza giunge da una mozione approvata all'unanimità dal consiglio comunale, che invoca come sempre una legge speciale, munifica ed articolata nel tempo.
Purtroppo anche il Napoli retrocede in serie B, mettendo in ambascia le schiere dei suoi tifosi, molti dei quali sono anche tifosi del Comandante.
Nel frattempo pure in Sardegna non si è riusciti a conseguire gli splendidi risultati ottenuti con lo "sbarco " del 1957.
Il colpo di grazia il 5 giugno, quando il consiglio comunale boccia il bilancio costringendo sindaco e giunta alle dimissioni.
Mentre s'intensificano i fenomeni di trasformismo e comincia una "campagna acquisti"da parte della Dc, il 14 luglio Lauro viene di nuovo eletto sindaco, sempre coi soli voti del suo gruppo, ma oramai le giunte sono sempre più deboli ed impotenti ad assumere iniziative di ampio respiro. Stanno per incominciare le "trasmigrazioni" che caratterizzeranno forse il periodo più nero della recente storia della città: i voltagabbana preparano armi e bagagli per passare sotto nuovi padroni.
Le prime fughe avvengono nel consiglio provinciale, dove i monarchici sono in minoranza e perdono quattro dei loro consiglieri, tra i quali Ludovico Greco, deputato ed eminenza grigia del Comandante. Essi vanno a rafforzare le forze che lavorano per l'elezione di un nuovo presidente: Antonio Gava, che principierà, sotto l'ala protettiva del padre Silvio, dallo scranno più alto della Provincia, la sua portentosa carriera politica fino alle più alte cariche dello Stato; per poi diventare (anche se per un breve periodo) un illustre ospite, con vitto e alloggio a carico dello Stato...
Da poco anche Bruno Romano aveva lasciato Lauro e si era attivato per riorganizzare il Partito socialdemocratico.
Napoli, come sempre, è in controtendenza rispetto al governo centrale (una situazione tra l'altro simile a quella odierna) ed a Roma si cerca di agire lavorando, con lusinghe e minacce, sull'entourage di Lauro, costituito da personaggi che debbono ricorrere quotidianamente per la loro attività alle banche o alla Cassa per il Mezzogiorno, tutte istituzioni saldamente in mani democristiane, i cui rubinetti si aprono e si chiudono secondo il volere dei notabili locali ed alle cui procaci mammelle tutti anelano di avvinghiarsi.

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