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A Lady;
cagna dolcissima, vivrai sempre nel mio cuore

  Articoli e relazioni congressuali:

di Achille della Ragione

cenni biografici
 

 

le "ragioni" di della Ragione

proposte per Napoli e l'Italia 

Questi testi sono tratti da: "Le ragioni di della Ragione", un libro che raccoglie una scelta di lettere al direttore inviate da Achille della Ragione, negli ultimi tre anni, ai principali quotidiani italiani e campani ed inoltre una breve miscellanea di articoli, recensioni, relazioni congressuali, lezioni e discorsi scelti dall'opera omnia che l'autore licenzierà tra poco alla stampa in tre volumi.Tutti i libri di Achille della Ragione sono reperibili a Napoli presso la libreria Neapolis (di fronte alla chiesa di San Gregorio Armeno) e  presso Graphicus, via San Bartolomeo 46

  1) L'embrione tra etica e biologia
  2)
Una battaglia di civiltà
  3)
Mutilazioni sessuali oggi e (speriamo) non domani
  4)
I monologhi della vagina
  5)
Spose vergini in ascesa
  6)
La fecondazione in vitro: vantaggi attuali e rischi futuri
  7)
Emergenza climatica e tracollo economico planetario
  8)
Un eroe dimenticato da non dimenticare


 

L'embrione tra etica e biologia

Pubblicato su Quaderni radicali n.70-71-72(marzo-agosto 2000)

Fino al 1978 in Italia vigeva una legislazione sull'aborto regolata dalle norme del codice Rocco, una triste eredità del fascismo, che prevedeva, a salvaguardia dell'integrità della stirpe, pesanti sanzioni penali per il medico e per la stessa donna che si sottoponesse alla I.V.G.
Nessuna eccezione era prevista e questa normativa restrittiva accomunava l'Italia ai paesi più arretrati culturalmente del terzo mondo.
Dopo un parere parzialmente permissivo della Corte costituzionale emanato nel 1975, grazie alle vigorose provocatorie campagne portate avanti dai radicali, che organizzarono anche una struttura, il Cisa (Centro italiano sterilizzazione aborto), in cui le donne stesse intervenivano attivamente applicando il semplice metodo Karman, il parlamento partorì faticosamente una legge, la 194, che regolava in maniera più moderna la spinosa e dibattuta materia. 
La legge 194 del 22-5-78 ha radicalmente cambiato la normativa che regola in Italia l'interruzione della gravidanza (I.V.G), permettendo l'esecuzione della stessa nei primi novanta giorni di gestazione in una casistica molto ampia di casi, che vanno dalle indicazioni mediche a quelle sociali e psicologiche.
"È una tra le leggi più liberali al mondo, che si basa esclusivamente sulla volontà della donna, con ben poche restrizioni, anche se è inficiata dalla nascita da un grave peccato originale: l'ipocrito compromesso tra forze di sinistra e cattolici, frutto dell'ambiguo clima politico dell'epoca, che ha prodotto l'aborto giuridico di considerare lecita una prestazione eseguita in ambiente ospedaliero e nelle pochissime cliniche private convenzionate e reato grave la stessa prestazione, se effettuata in uno studio privato, anche se attrezzato meglio di una struttura pubblica" (della Ragione A., Pianeta donna, p. 9, Napoli 1999).
Nel 1981 due referendum abrogativi, uno sollecitato dall'area cattolica, la quale mirava a sradicare la legge abolendo completamente i risultati conquistati ed uno portato avanti dall'area radicale, che desiderava realizzare una piena depenalizzazione dell'aborto, furono portati all'attenzione del corpo elettorale che, con diverse percentuali li respinse entrambi.
La legge ha avuto sempre una parziale e difficoltosa applicazione soprattutto nel sud del paese, per gli ostruzionismi che larghe fette del potere hanno costantemente esercitato, dagli obiettori di coscienza, finti o veri che fossero, agli amministratori delle U.S.L. democristiani, agli assessori alla Sanità pilateschi che cercavano ogni cavillo per affossare la legge e solo la vigile attenzione esercitata dalle donne di ogni ceto sociale e di ogni area politica ha fatto sì che una applicazione della normativa, anche se stentata, non abbia mai subito interruzioni.
Il ricorso all'aborto, fuori dagli ospedali è fortemente diminuito, anche se non ho mai capito perché si continui pervicacemente a chiamare clandestina e non privata una I.V.G. realizzata fuori dalle strutture pubbliche, come se una donna che dovendosi sottoporre ad una appendicectomia non sia libera di scegliere tra il ricovero in ospedale o il ricorrere al suo medico di fiducia; ciò che è logico e lecito per ogni prestazione medica è considerato reato esecrabile unicamente per l'interruzione volontaria della gravidanza se realizzata fuori delle strutture pubbliche!
Le preoccupanti motivazioni demografiche che erano state uno dei motivi che avevano indotto il Parlamento ad approvare la legge 194 sono oggi venute meno.
L'Italia negli ultimi venti anni è divenuta infatti il paese che presenta il più basso indice di nascita per donna del pianeta, l'1,1 quando sarebbe necessario un valore superiore a 2 nascite per donna per rimpiazzare semplicemente la popolazione.
Questa situazione è simile in tutto l'Occidente, mentre è diametralmente opposta nelle nazioni del terzo mondo.
Questa variazione della situazione demografica, unita al mutato quadro politico, ha dato più volte fiato ai gruppi che si agitano per l'abolizione della legge 194 o per svuotarla di contenuto e operatività.
Il crollo della fertilità della nostra popolazione è fenomeno complesso e di esso molti parametri sfuggono ancora completamente all'indagine scientifica, ma deve anche far riflettere per le gravi implicazioni di ordine sociale che nel giro di uno o due generazioni saremo costretti ad affrontare.
Nel 1978, nel chiudere l'ultima pagina di un mio libro sull'argomento, riflettevo su alcune motivazioni di ordine demografico, le quali obbligavano ad accettare l'ampio ricorso all'aborto, che oggi francamente non mi sentirei più di condividere in pieno.
"Lo sviluppo demografico indiscriminato della popolazione mondiale rappresenta senz'altro il più grosso pericolo che incombe oggi, come una spada di Damocle, sull'umanità e ne pregiudica, se non risolto adeguatamente, ogni possibilità di sviluppo futuro. La soluzione di questo problema, oltre che nella buona volontà degli uomini è incentrato sulla diffusione capillare e nello sviluppo di tutte le metodiche contraccettive attualmente conosciute e nello studio di nuove, sempre più semplici ed efficaci.
In attesa che tale auspicio venga realizzato esiste però il dramma quotidiano dei singoli individui e delle nazioni, soprattutto del terzo mondo, afflitte dalle diseguaglianze sociali, dalla povertà, dall'ignoranza e dai tabù.
L'aborto rappresenta a volte la soluzione temporanea di molti di questi problemi, ma rappresenta sempre il frutto di una decisione sofferta ed a volte traumatizzante.
La scienza e la politica debbono lavorare insieme per dare a tutte le coppie la possibilità di programmare con serenità la propria vita riproduttiva, cosicché in un futuro speriamo prossimo, ogni bambino che nascerà sarà stato desiderato ed atteso con amore e possa vivere la sua vita con il rispetto e la dignità dovuti ad ogni essere umano". (della Ragione A., Moderne metodiche per provocare l'aborto, p. 161-162, Napoli 1978).
In Italia per motivi di opportunismo ed equilibrio politico ancora non sono state utilizzate metodiche farmacologiche per indurre l'I.V.G. a differenza di altre nazioni, Francia in testa, dove sono in uso da oltre 10 anni.
Abbiamo un'esperienza specifica con l'uso di una associazione farmacologica di nostra ideazione, sperimentata per oltre un anno in ambiente ospedaliero (Contraccezione, fertilità sessualità, vol. 18, n. 4, luglio 1991 e Idem., vol. 19, n. 3, maggio 1992) ed abbiamo constatato che l'utilizzo di una metodica non chirurgica è molto gradita dalle pazienti.
Il gravoso problema della obiezione di coscienza tra il personale medico e paramedico ospedaliero potrebbe essere alleviato dall'applicazione di metodiche farmacologiche, perché è auspicabile che le donne possano introdurre da sole in vagina le candelette di prostaglandine o assumere una compressa ed in tal modo, finalmente, dell'aborto non dovrebbero più interessarsi legislatori e preti, medici ed assistenti sociali, e questa scelta, difficile e quasi sempre dolorosa, spetterebbe unicamente alla donna e alla sua coscienza.
Sull'annosa querelle dell'aborto si innestano le più moderne riflessioni sulla definizione di uno statuto ontologico per l'embrione, sempre in bilico tra considerazioni etiche e conoscenze biologiche.
Si parla poco e mal volentieri di questo argomento sui grandi organi di informazione, un po' per un inconscio desiderio di rimuovere il problema, ma anche perché fino ad oggi voci autorevoli di scienziati, filosofi ed opinionisti se ne sono sentite ben poche esprimersi sull'argomento. Viceversa è una problematica la cui discussione non può essere più differita, perché tocca non solo l'aborto, ma anche la fecondazione in vitro, la sperimentazione sugli embrioni e tante altre questioni sollevate dal vertiginoso progredire delle conoscenze scientifiche.
Bisogna cominciare a riflettere sulla prevedibile circostanza che quella dei nostri figli sarà l'ultima generazione che si riprodurrà in maniera tradizionale; la successiva, gradualmente, usufruirà certamente delle tecniche di fecondazione assistita e tutto lo sviluppo dell'embrione avverrà fuori dal corpo delle donne.
Per evitare che future commissioni bioetiche decidano per noi come debbano avvenire le cose, è opportuno che si cominci a discuterne sui mass-media e si faccia tesoro delle considerazioni che all'estero sono state avanzate già da alcuni anni.
Non vorrei sembrare eccessivamente vanaglorioso se di nuovo faccio partire la riflessione da alcune considerazioni che, circa venti anni fa, fornivo in risposta ad una lettrice, in un mio libro di divulgazione ginecologica, sull'inizio della vita:
"È così giungiamo al secondo quesito da lei postomi indubbiamente il più difficile e delicato di tutto il libro, e che per questo ho voluto trattare per ultimo.
Quando comincia la vita? Sembra più un problema filosofico e religioso che scientifico. Possiamo provare a dare tre risposte possibili, che seguono tre diversi ragionamenti.
Cominciamo con una dottrina che coincide con quella della chiesa cattolica, la quale pone l'inizio della vita al momento della fecondazione, cioè quando avviene l'unione dello spermatozoo con l'ovulo.
Si tratta indubbiamente di una fase molto importante, anche sotto il punto di vista scientifico, perché in quel preciso momento avviene infatti lo scambio delle informazioni genetiche tra i due gameti (l'ovulo e lo spermatozoo) e si viene a creare una individualità nuova e diversa rispetto a ciò che esisteva prima, anche se la materia che ha prodotto questa nuova entità era già qualcosa di vivente.
La fecondazione avviene nella tuba e precede di circa sette giorno l'annidamento nella mucosa uterina, evento che è impedito dall'azione di alcuni contraccettivi anti-annidatori come la spirale, che seguendo questa teoria dovrebbe essere considerata a tutti gli effetti un abortivo. Ipocriti perciò tutti quei medici che non eseguono l'aborto a richiesta della donna, ma applicano la spirale, che in un anno può provocare 12-13 micro-aborti.
Tra coloro che si interessano al problema della vita questa teoria viene seguita da un trenta per cento circa degli scienziati.
Esiste poi un'altra teoria, che assegna dignità alla persona umana soltanto quando questa è munita di un cervello e di un sistema nervoso centrale, tale da distinguerla dalle bestie. Poiché l'inizio di una attività elettrica cerebrale, anche rudimentale, può collocarsi intorno al principio del secondo trimestre, tali persone ritengono che soltanto da allora si può cominciare a parlare di entità umana da tutelare.
Questa teoria è molto pericolosa poiché, seguendo tale ragionamento, anche un decerebrato o un individuo in coma irreversibile vengono ad essere considerati esseri non umani e non degni di tutela e di rispetto. A tal proposito è prassi routinaria, nei trapianti di organi, prelevarli da individui che versano in queste condizioni.
Esiste poi un'altra teoria che ha avuto larga diffusione ad opera di Monod, uno scienziato francese, premio Nobel per la medicina, che è forse la più seguita attualmente tra gli scienziati, secondo la quale la vita è un'entità sorta per la combinazione di più fattori alcuni milioni di anni fa, e da allora non si è più fermata; essa agisce perciò con continuità e non tollera la discontinuità, quale potrebbe essere la nascita di nuovi esseri.
Lo spermatozoo e l'ovulo che producono l'embrione sono già vita, per cui questa ha avuto una sola volta origine, un'origine tra l'altro comune a tutti gli esseri viventi: piante, animali e uomini.
Le confesserò che io propendo per quest'ultima teoria, anche se non ho sempre la certezza di essere nella verità (della Ragione A., Parliamone con il ginecologo, p. 181-183, Napoli 1982).
La problematica di definire se l'embrione è persona a pieno titolo, quindi degna di rispetto e protezione, oppure è un mero agglomerato di cellule, per cui può essere eliminato o manipolato a piacimento, rappresenta una selva oscura e chi vi si aggira può facilmente smarrire la diritta via...
La necessità di stabilire uno statuto ontologico dell'embrione è nata dai progressi delle tecniche di fecondazione assistita, che ha prodotto un numero crescente di embrioni ai primi stadi di sviluppo, non utilizzati nel processo riproduttivo e con l'ipotetica possibilità di essere adoperati per importanti sperimentazioni scientifiche.
Sotto il profilo filosofico in genere la persona viene contrassegnata da due caratteristiche fondamentali: l'individualità e la razionalità.
La razionalità, se non allo stato potenziale, compare chiaramente ben dopo la nascita, viceversa per l'individualità esiste un momento cruciale nello sviluppo dell'embrione, intorno al 14° giorno dalla fecondazione, dopo il quale si può essere certi che fenomeni come la gemellarità ritardata (scissione), il chimerismo (fusione) o la degenerazione cellulare (mola vescicolare) non si possono più verificare, dando la certezza all'embrione della sua individualità.
Questo termine è stato ritenuto eticamente significativo da parte di una corrente di pensiero laica, sviluppatasi soprattutto nei paesi anglosassoni, mentre per i cattolici lo sviluppo dell'embrione è un continuum senza salti significativi ed il momento della fecondazione rappresenta l'unico spartiacque ontologico da tenere in considerazione nella valutazione morale.
Non dobbiamo dimenticare inoltre che le moderne scoperte della biologia molecolare hanno demolito definitivamente tutte le teorie vitalistiche, avendo dimostrato che non esiste una vera e propria materia vivente, con proprietà caratteristiche in esclusiva rispetto all'universo inanimato, essendo identiche le molecole che costituiscono sia il mondo organico che quello inorganico.
Gli assertori della teoria del cosidetto pre-embrione, a dimostrazione della loro tesi che prima del quattordicesimo giorno non sono presenti nel prodotto del concepimento né individualità, né razionalità, espongono una serie di argomentazioni, di cui la principale è, a nostro giudizio, quella della potenziale gemellarità. Infatti nei primi giorni dopo la fecondazione e prima che si costituisca la stria primitiva, con una precisa disposizione spaziale delle cellule lungo l'asse cranio-caudale, è possibile che si distacchino due raggruppamenti cellulari, i quali diano luogo a due gemelli monozigoti, di conseguenza due ben distinti e diversi individui.
Questa cognizione è di recente acquisizione ed indubbiamente deve costituire fattore di profonda riflessione da parte di tutti.
Naturalmente il caso considerato potrebbe rappresentare la classica eccezione che conferma la regola, essendo chiaro che lo sviluppo dell'embrione normalmente si indirizza verso la formazione prima di un feto e poi di un neonato.
A riguardo della razionalità è indubbio che fino a quando non si sia sviluppato anche un solo abbozzo di sistema nervoso mancano del tutto le basi materiali per il manifestarsi di qualsivoglia razionalità. È pacifico che se si vuole ritenere la razionalità un carattere non potenziale, anche il neonato, che ne è privo non sarebbe coperto da tutela e l'eventuale infanticidio non equivarrebbe all'uccisione di una persona!
La conclusione da trarre dopo queste riflessioni è lasciata al discernimento del lettore: se l'embrione è persona a pieno titolo, uno di noi per intenderci meglio o è un mero agglomerato di cellule privo di valore morale, oppure per cercare una via di mezzo riconoscere all'embrione il carattere di un processo dinamico con valore e diritti morali progressivamente crescenti e proporzionali allo sviluppo biologico.
La meditazione su queste argomentazioni non è mero esercizio intellettivo, vista l'importanza che tali questioni rivestono nella pratica, come ad esempio il tentativo perpetrato nei mesi scorsi da parte di un ben preciso raggruppamento politico di farsi paladino di una nuova regolamentazione legislativa della questione, con la proposta di modifica dell'articolo 1 del codice civile, la cui eventuale approvazione, oltre a sconvolgenti complicazioni sul piano giuridico, annullerebbe di fatto la legge 194.

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Una battaglia di civiltà

Relazione di Achille della Ragione, organizzatore del convegno"La situazione delle carceri in Italia" Napoli 10 ottobre2003, Goethe Institut,
 consultabile integralmente in audio video sul sito di Radio radicale

Attorno al "Pianeta carcere " da sempre vige un silenzio assordante dei mass media e delle istituzioni. Inoltre, ed è l'aspetto più triste della vicenda, da parte dell'opinione pubblica vi è non solo disinteresse, ma la volontà pervicace di non interessarsi, di non sporcarsi le mani ed il cervello al contatto di problematiche che riguardano chi ha sbagliato ed ha contratto un debito verso la società. In tal modo si commette il grave errore di dimenticare una drammatica verità, costituita dal fatto che i 2/3 dei detenuti sono in attesa di giudizio - per cui, secondo la nostra Costituzione, innocenti - e, di questi, oltre il 60% sarà assolto alla fine del giudizio, naturalmente dopo essere stati annientati e con loro, i loro familiari.
Ho toccato con mano questa invincibile riluttanza, ricevendo da parte di numerosi amici e conoscenti un rifiuto perentorio all'invito a partecipare, anche se solo come ascoltatori, a questo convegno.
La vita dei carcerati è una realtà scottante, ma alla pari dell'eutanasia, dell'omosessualità, della follia, della droga, dell'aborto non interessa, in maniera trasversale, l'intera classe politica, perché non solo non procura voti, bensì fa perdere consensi non appena si accenna all'argomento.
Il livello di civiltà e di democrazia di un Paese si valuta a seconda del modo in cui vengono trattati i più deboli e non esiste categoria più abbandonata e negletta della popolazione carceraria, privata non solo del bene più prezioso per un individuo: la libertà, ma costretta, per il disumano sovraffollamento delle nostre infernali "caienne", a subire una infinità di pene accessorie più varie, dalle violenze sessuali alla sporcizia obbligatoria, stipati come bestie in gabbia, fino a limiti allucinanti di 16 persone in una cella di 4 metri per 4, più una squallida ed angusta latrina per i bisogni corporali, per lavarsi e per lavare le stoviglie dopo i pasti.
Napoli, come sempre, quando si tratta di record negativi è in testa alla classifica con il sovraffollamento da quarto mondo dei suoi penitenziari, al cui confronto i gironi infernali danteschi impallidiscono miseramente.
Il carcere di Poggioreale, come riferito ufficialmente all'inaugurazione dell'anno giudiziario 2002 , può contenere al massimo 1276 detenuti, ma ne ha avuti in media 2199. Nel 2003, pur rimanendo invariata la capienza, abbiamo appreso che si è raggiunto il record di 2386 detenuti. Eureka!!
In queste disperate condizioni,prive di qualsiasi dignità, naturalmente qualsiasi tentativo di recupero è mera utopia:diritto allo studio, al lavoro, ad un minimo spazio vitale rappresentano chimere irraggiungibili.
E così ogni giorno si calpesta e si ignora sfacciatamente il terzo comma dell'articolo 27 della nostra Costituzione, il quale recita solennemente:
"... le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato".
Inoltre, alle disperate condizioni di vita nei penitenziari si associano ulteriori disfunzioni, quali la esasperante lentezza con cui i giudici di sorveglianza esaminano le posizioni dei detenuti, che avrebbero diritto ad uscire dal carcere ed usufruire del regime di semilibertà.
Anche tutti gli altri istituti di pena campani soffrono di condizioni di sovraffollamento più o meno gravi e di condizioni di vivibilità ai limiti dell'incubo.
Un discorso a parte merita il famigerato "41bis", un regime di ulteriore grave restrizione delle libertà personali in aggiunta a tutte le limitazioni della carcerazione. Una normativa ignota negli altri Stati europei, che, applicata con severità, può sconfinare in un trattamento che nel diritto internazionale ha un nome ben preciso : tortura, anche se solo psicologica.
Alla fine di questo angoscioso tunnel non si riesce ad intravedere che una luce fioca, la cui esiguità sembrerebbe togliere ogni speranza ai detenuti ed ogni desiderio di proseguire la lotta ai pochi uomini di buona volontà, che da tempo combattono, ad armi impari, contro inique ingiustizie.
Una sola proposta che possa suonare da minaccia: cosa aspettiamo a portare lo Stato italiano davanti alle Corti di giustizia internazionali!?

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Mutilazioni sessuali oggi e 
(speriamo) non domani


Relazione di Achille della Ragione, organizzatore del convegno sull'infibulazione tenutosi presso il Goethe Institut il 30 maggio 2003, pubblicata su Il Golfo il 4 dicembre 2003 e consultabile in audio video sul sito di Radio radicale 

Molti popoli primitivi provocano delle parziali mutilazioni agli organi genitali dei giovinetti e delle fanciulle durante la pubertà. Tali pratiche, che rappresentano una tappa importante nella vita degli individui, vengono denominate con il termine generico di "circoncisione".
Purtroppo anche oggi queste pratiche interessano centinaia di milioni di persone in tutto il mondo, con epicentro del fenomeno in Africa.
Molte religioni incoraggiano tali mutilazioni, tra esse l'islamismo e l'ebraismo, che, con il loro comportamento, scendono allo stesso livello delle credenze animistiche delle tribù più lontane dal mondo civile.
Nel maschio la circoncisione prevede l'incisione del frenulo per permettere che il prepuzio possa essere tirato indietro con maggiore facilità scoprendo il glande, oppure, con un intervento più ampio, si procede all'asportazione completa del prepuzio ed in tal caso il glande rimane costantemente scoperto, perdendo nel tempo gran parte della sensibilità.
Questa usanza è antichissima ed era diffusa già nell'antico Egitto;oggi tutti gli Ebrei hanno conservato l'abitudine di circoncidere i propri figli nei primi giorni dopo la nascita. Tale piccolo intervento viene eseguito di frequente nelle strutture sanitarie di molte nazioni, essendo gli Ebrei, dopo la diaspora, presenti in numerosi Stati.
La menomazione fisica che deriva dalla circoncisione è modesta, a fronte, secondo il parere di alcuni, della possibilità di una maggiore igiene.
I Nandi, un popolo dell'Africa orientale,adoperano per la circoncisione il fuoco e, nonostante il terribile dolore, i giovani attendono con ansia il giorno dell'iniziazione, nel corso del quale alle fanciulle viene viceversa causticata la clitoride.
La gioia nell'affrontare codesti riti,che a noi paiono barbarici, ci fornirà più avanti una delle chiavi di lettura per interpretare il fenomeno.
Alcuni aborigeni australiani, oltre a circoncidere tutti i maschi, incidono ad un discreto numero di individui, dopo la nascita di parecchi figli, anche la parte inferiore dell'uretra.
Tale rito, chiamato "mica", lascia sul campo numerose vittime e, tra i superstiti, residuano gravissime menomazioni, in particolare una estrema difficoltà nei rapporti sessuali.
Una metodica contraccettiva quanto mai complessa ed imbarazzante!
Tra gli Ottentotti era consuetudine presso alcune tribù la monorchidia:la asportazione di un testicolo, un rito sacrificale che quietava i bollori e riduceva drasticamente la fertilità degli uomini.
Vogliamo infine citare un'usanza diffusa in più di una tribù, sia in Africa che in Australia. Ad essa non veniva sottoposta tutta la popolazione, ma soltanto i maschi più coraggiosi, sui quali era eseguita una incisione circolare interessante tutto il glande e nella ferita, ancora aperta,venivano applicati dei sassolini, che la cicatrizzazione inglobava, trasformando i giovani in irresistibili supermen durante i rapporti sessuali, ambiti e richiestissimi dalle donne.
A tale potenziamento della"forza d'urto sessuale"ricorrono ancora oggi quegli stregoni, ai quali, in alcune tribù, è delegato il compito di deflorare le vergini,"fatica"disdegnata da molti maschi per un sacro terrore del contatto con il sangue.(Per un approfondimento sul tema della verginità attraverso i secoli mi permetto di consigliare la lettura di un mio libro sull'argomento: "La frigidità e la verginità della donna").
Sul versante femminile un posto di rilievo è occupato dall'asportazione della clitoride e dall'infibulazione ,che prevede, dopo scarificazione della cute, la completa chiusura dell'ostio vaginale,ad eccezione di un forellino per permettere il passaggio dell'urina.
La diffusione dell'infibulazione copre, a macchia di leopardo, tutta l'Africa ed alcune regioni dell'Asia. L'età delle ragazze mutilate varia a secondo delle nazioni. In Etiopia, ad esempio, sono interessate bambine di appena sette anni,mentre nei paesi dell'Africa occidentale viene eseguita intorno all'età della pubertà.
Di solito se ne interessa una donna anziana del villaggio, una praticona la quale lavora in condizioni igieniche spaventose , dando luogo a postumi invalidanti di vario genere, dalla difficoltà ad urinare a seri problemi nell'espletamento del parto e favorendo la trasmissione di infezioni temibili come l'Aids.
Il più delle volte queste" mammane" africane si servono di un affilato pezzo di latta, usato anche per rasare i capelli;poi sulla ferita si versa del latte che scorre nel terreno insieme al sangue versato. Si procede poi, sempre in maniera rudimentale a chiudere la vagina,lasciando solo un minuscolo forellino per urinare.
Durante la prima notte di nozze le ragazze vengono sottoposte ad un'altra operazione, più crudele della stessa infibulazione.Infatti lo sposo, che si vanta in giro di essere lui stesso con la sua potenza virile a deflorare la moglie infibulata, non essendo un toro è costretto a condurla dallo stregone, il quale provvede con falli di legno di varia misura, a riportare la ragazza alla situazione originaria.
Lo sposo conduce a casa la moglie ed invece di curarla, cercando di fermare il sangue che gronda copioso, pretende l'immediato accoppiamento, procurandole un dolore ancora più intenso.
Molte volte lo sposo, per risparmiare o non avendo chi possa aiutarlo,"apre" la moglie servendosi di un coltellaccio da cucina e subito dopo passa a consumare... il matrimonio.
Tentativi di spiegazione
Davanti a queste mutilazioni genitali così devastanti sorge spontanea la domanda:"Perché?". 
Cercheremo di avanzare qualche ipotesi, premettendo, da radicali di lungo corso, ma non calabrache, di condividere una visione laica e liberale della questione.
Alcuni studiosi a proposito della circoncisione hanno ritenuto che possa essere nata per motivi igienici, pensando che favorisca la pulizia dei genitali. Gli etnologi hanno sempre sorriso ascoltando tali teorie, le quali non tengono conto che il concetto di igiene è assolutamente moderno,del tutto sconosciuto ai popoli primitivi, mentre la circoncisione ha origini antichissime che si perdono nella notte dei tempi. Inoltre essa è stata per millenni eseguita nel completo disprezzo di ogni norma igienica. 
Nel caso della donna poi, a riguardo dell'asportazione del clitoride, l'ipotesi legata all'igiene è insostenibile.
Più facile è giustificare un'origine magico religiosa, legata all'idea dell'offerta e del sacrificio.
I popoli primitivi infatti hanno sempre dato grande importanza ai riti propiziatori, professati per rendere innocui gli spiriti cattivi. E cosa può essere più prezioso da sacrificare di quelle parti del corpo da cui gli esseri umani traggono i maggiori piaceri?
L'usanza, nata con una finalità sacra,si è quindi sedimentata e cristallizzata nei secoli ed è stata accolta poi come norma dalle religioni, che ne hanno perpetuato nei secoli la pratica, attraverso i meccanismi coercitivi del dogma e dell'obbligo morale.
Un discorso a parte merita l'infibulazione, dove lampante e facilmente condivisibile è la spiegazione della considerazione della donna come oggetto,proprietà privata dell'uomo che può , a suo piacimento,utilizzarla per il soddisfacimento sessuale, venderla, ripudiarla.
E noi Cristiani non abbiamo alcun titolo a parlare, dopo aver inventato la cintura di castità, il dogma della verginità della Madonna ed il delitto d'onore.
Naturalmente, fino a quando non riusciremo a liberarci dalle religioni, tutte le religioni, o almeno di quella antiquata zavorra di leggi morali e di comandamenti anacronistici che le rende antiquate e contro gli stessi interessi dell'uomo moderno, la circoncisione, l'infibulazione, il mito della verginità e tante altre credenze, che ci giungono da un lontano passato, con il quale non abbiamo niente da condividere, continueranno ad opprimerci.
Incontro e scontro tra civiltà:
In passato quando ogni popolazione viveva nei suoi territori, il problema delle mutilazioni sessuali femminili era argomento di studio per gli etnologi, ma oggi, in un mondo in preda a sfrenati fenomeni di globalizzazione, mentre migrazioni di dimensioni bibliche interessano oramai decine di milioni di persone, non è più permesso disinteressarsi di queste tematiche.
I seguaci di religioni che contemplano l'obbligo di infibulare indiscriminatamente tutte le ragazze sono tra di noi a milioni, aumentano continuamente ed essendo molto prolifici tenderanno a crescere sempre più in percentuale.
Prima o poi chiederanno esplicitamente di poter continuare impunemente tali pratiche, approfittando di un vuoto legislativo sull'argomento e semmai vorranno usufruire gratuitamente del ginecologo della mutua. Probabilmente faranno opera di proselitismo presso di noi delle loro usanze, e forse non è lontano il,giorno in cui le nostre donne saranno costrette a sottoporsi alle mutilazioni sessuali da fanciulle e ad indossare da grandi lo chador o addirittura il burka.
Il nostro clima politico, impregnato di lassismo da basso impero e di buonismo tardo marxista, è favorevole a queste colonizzazioni culturali.
I mass media predicano quotidianamente il rispetto delle altrui usanze a discapito delle nostre tradizioni civili e religiose. Possiamo stare certi che se uno degli ultimi cannibali che abitano la nostra vecchia terra volesse trasferirsi presso di noi, come tanti extra comunitari e continuare le sue iperproteiche abitudini alimentari, il Papa per primo, nella sua omelia domenicale, incoraggerebbe ad accoglierlo fraternamente ed a lasciargli libero un semaforo, non già per esercitare la rispettabile e ben pagata professione di lavavetri, bensì per soddisfare le sue improcrastinabili esigenze alimentari. 

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I monologhi della vagina

Recensione teatrale apparsa su "Il Denaro" del 30 novembre 2002

Il celebre enciclopedista Diderot esordì con un libricino modesto anche se originale "I gioielli indiscreti", nel quale faceva parlare le donne "dalla parte più franca che sia in esse". L'opera è del 1748 e precorre di due secoli le scoperte freudiane sulla sessualità repressa nella donna o le arrabbiate rivendicazioni delle femministe.
Egli tratta con maestria un argomento quanto mai scabroso che travalica ampiamente il galateo cortigiano dell'epoca, ma sa fornirci una geniale invenzione libertina che è nello stesso tempo satira e critica di costume.
Questo colto antecedente letterario era probabilmente ignoto all'americana Eve Ensler autrice nel 1998 de "I monologhi della vagina", una pièce teatrale caustica e irriverente, che da alcuni giorni sta sbancando il botteghino del teatro Diana.
Il testo nasce da una serie di alcune centinaia d'interviste a donne di tutte le età e di ogni condizione sociale. 
Negli Stati Uniti lo spettacolo è stato interpretato per anni da gruppi di attrici famosissime, stelle del cinema e del rock, donne in carriera o politicamente impegnate, che hanno costituito una sorta di staffetta ideale. Tra queste ricordiamo Jane Fonda, Glenn Close, Melanie Griffith e Kate Winslet.
Lo spettacolo giunto l'anno scorso in Italia ebbe tra le interpreti anche l'allora ministra pugilessa Katia Belillo.
La tournée di questo anno ha quattro nuove interpreti: Sabrina Knaflis, Orsetta De Rossi, Paola Pavese e la napoletana Marina Confalone, la quale in uno dei suoi monologhi, rappresentante i gemiti dell'orgasmo, ci offre un pezzo unico da antologia; inoltre grazie a lei per la prima volta nell'elenco interminabile recitato ogni sera di sinonimi indicanti l'organo femminile fa la comparsa quello stridente suono onomatopeico che tutti i napoletani veraci ben conoscono di pucchiacca.
Lo spettacolo intriso di vetero femminismo oramai datato, evidenzia in maniera palpabile che è stato scritto da donne per le donne, a differenza di quel capolavoro "Seni" di Ramon Gomez de la Serna, vero e proprio inno all'anatomia femminile. Nonostante questa ottica riduttiva la performance conserva un prorompente dinamismo verbale e rappresenta un proclama contro tutte le sopraffazioni e i soprusi che le donne ancora oggi subiscono in ogni parte del mondo, dalla Bosnia all'Afganisthan. 
Lo spettatore maschile, pur nella percezione della violenta metafora, avverte un messaggio in cui la vagina appare poco invitante. Una singolare osservazione da specialista: aver constatato la strana assenza del punto G dai monologhi.
La vera sorpresa è la straordinaria interpretazione della nostra Marina Confalone, volto noto al pubblico in spettacoli prettamente partenopei da Eduardo a Salemme, la quale, come ci ha confessato, ha accettato la sfida di una interpretazione fuori dagli usuali canoni, dalla quale esce bucando letteralmente il palcoscenico.

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Spose vergini in ascesa. 
Un fenomeno in costante incremento negli ultimi anni

Articolo pubblicato sul mensile Albatros di aprile 2002 

Per verginità s'intende comunemente l'integrità dell'imene ed essa ha sempre rappresentato qualcosa d'importante e significativo per l'uomo sin dagli albori della civiltà.
Il desiderio di possesso esclusivo, la considerazione della donna come "merce" e come proprietà, la paura delle malattie veneree in alcuni periodi storici, la volontà o l'obbligo di consacrarsi ad un solo uomo, sono solo alcuni dei motivi per cui nei secoli il "tabù" della verginità femminile ha arrovellato le menti degli uomini ed ha caratterizzato intere culture e religioni, come la giudaico cristiana che le ha dato una grande importanza.
I popoli antichi hanno sempre accompagnato con dei rituali più o meno suggestivi la deflorazione matrimoniale. Tra questi ne ricordiamo alcuni:
nell'antico Egitto vi era l'usanza che la giovane sposa, la sera delle nozze, fosse condotta dalle matrone nella camera nuziale; là l'imene era rotto da un bastone ricoperto da un panno bianco. Questo era poi gettato nel cortile interno, dove il marito riceveva i complimenti degli amici, se nel panno si constatava del sangue, prova della verginità della sposa.
In epoca più vicina a noi tale costume era praticato da certe popolazioni arabe e beduine, anche se in forma un po' diversa: è la suocera della giovane sposa che rompe l'imene con il suo dito avvolto in una pezzuola.
Molti sono gli aneddoti e le definizioni che nel corso dei secoli sono stati dati alla verginità, ne ricordiamo alcuni tra i più spiritosi:
"Verginità: stato di disgrazia" da un manoscritto di Lorenzo il Magnifico, Signore di Firenze.
"Se la castità non è una virtù è però certo una forza" frase di Jules Renard.
"Verginità: o che sciagura!" esclamazione di Catherine Deneuve la nota attrice francese.
Sentiamo ora il parere che sulla verginità ci dà Sade, il divino marchese:"Castità e verginità per me le hanno inventate gli uomini per aumentare il loro piacere; se la castità è una virtù allora è virtuoso anche astenersi dal mangiare".
Tra i popoli primitivi si osservano posizioni contraddittorie: popolazioni che tengono in gran conto la verginità femminile, di contro altre che non le attribuiscono alcuna importanza.
Chi volesse approfondire l'argomento può consultare on line il mio saggio:"Il concetto di verginità nei popoli primitivi".
Tali usanze furono approfondite da Freud che nel suo libro: "La vita sessuale" diviso in tre saggi, dedica uno di questi a trattare il problema del tabù della verginità femminile.
Egli attraverso la sua esperienza, nel corso di numerose sedute psicoanalitiche, aveva scoperto una cosa fondamentale nella vita amorosa della donna e cioè che l'uomo che per primo soddisfi il desiderio d'amore di una vergine, per lungo tempo e a fatica soffocato, ed abbia nel far ciò superato la resistenza in lei costituitasi attraverso gli influssi dell'ambiente e dell'educazione diventerà l'uomo con cui ella stabilirà un rapporto duraturo, mentre la possibilità di tale rapporto resterà sbarrata ad ogni altro. Ed inoltre Freud s'interessa al comportamento degli uomini primitivi nei riguardi della verginità ed afferma che non è vero che essi non ripongono nessun valore nella illibatezza della loro sposa, anche se spesso capita che la deflorazione della ragazza avvenga fuori dal matrimonio. Al contrario egli ritiene che per le popolazioni primitive sia un atto importantissimo, diventato, per questo motivo, oggetto di un tabù e di una proibizione di tipo religioso, per la paura del sangue al quale tutti i primitivi riservano un sacro timore reverenziale.
Per secoli la donna è stata considerata una proprietà privata dell'uomo, una merce, ma oramai la concezione della verginità legata a questi principi è divenuta anacronistica e tramontata quasi completamente nel mondo occidentale.
Ma il tabù della verginità non è legato soltanto a meschine considerazioni di ordine economico; gli studi psicoanalitici ci hanno fornito infatti più di una chiave di lettura di questo tabù e ci hanno dimostrato che esistono delle basi psicologiche molto forti radicate anche nella psiche delle donne moderne ed emancipate.
Concludiamo la nostra breve indagine sul pianeta verginità, avanzando una ipotesi personale.
L'imene come tutti gli organi e i tessuti del corpo umano deve avere una finalità o averla avuta in passato, come è il caso dell'appendice cecale, che con tutta probabilità rappresenta un residuo di un intestino primitivo in tempi in cui la nutrizione dell'uomo era diversa da quella attuale.
L'imene è posseduta da tutti i mammiferi, anche se in alcuni si presenta in maniera rudimentale; non rappresenta quindi un organo specifico della specie umana, per cui non potremmo trovare alcun significato teleonomico legato alle abitudini sessuali proprie della donna.
La presenza dell'imene integro se da un lato permette il defluire per gravità verso l'esterno del sangue mestruale, rende difficile ai germi, presenti in numero notevole nella zona perianale di penetrare in vagina.
Nella vagina della bambina, prima della pubertà non è presente alcun sistema di difesa e di autopurificazione naturale.
Il ph tende verso l'alcalinità il che crea un habitat favorevole all'instaurarsi delle infezioni, viceversa con la pubertà il mutato quadro ormonale, con l'innalzarsi del tasso degli estrogeni, induce la formazione e lo sviluppo del bacillo del Doderlain, il quale, trasformando il glicogeno presente in vagina in acido lattico, provoca un abbassamento del ph verso l'acidità: una condizione negativa per lo sviluppo dei batteri e per il prodursi di infezioni vaginali.
Una volta creatosi questo sistema di difesa la funzione dell'imene viene a cessare per cui la sua integrità non è più necessaria e ciò viene a coincidere con i primi rapporti sessuali, che nella donna da poco fertile e mestruata sono auspicabili per la riproduzione della specie.

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La fecondazione in vitro: 
vantaggi attuali e rischi futuri


Relazione presentata al convegno sulla fecondazione assistita svoltosi il 13 dicembre 2003 al Goethe Institute, consultabile in audio video sul sito di Radio radicale

Quella dei nostri figli, al massimo quella dei nostri nipoti, sarà l'ultima generazione, nel mondo occidentale, che partorirà secondo i dettami della Bibbia. Le successive non dovranno più sobbarcarsi ai disagi della gestazione ed ai pericoli del parto, perché nei prossimi anni le tecniche di fecondazione assistita, nate per risolvere l'infertilità, avranno trovato una soluzione a tutti i problemi legati allo sviluppo completo dell'embrione in un utero artificiale.
Nelle more l'ingegneria genetica saprà debellare la maggior parte delle malattie ereditarie e sarà inoltre possibile scegliere, oltre al sesso, anche i principali caratteri individuali: colore degli occhi e dei capelli, costituzione fisica e, probabilmente, anche significativi tratti della personalità ed il quoziente intellettivo.I genitori potranno avere il figlio che più desiderano, sarà semplice come andare in un negozio e comprare il tipo di bambola che il bambino desidera. Sarà certo questione di disponibilità finanziaria, ma i risultati non saranno meno sconvolgenti. 
La pratica del sesso diverrà facoltativa ed interesserà i pochi pervicaci appassionati, che non vorranno usufruire delle scoperte della neuro sessuologia, la quale, una volta identificate le aree cerebrali deputate all'orgasmo, saprà sollecitarle a piacimento, attraverso stimoli virtuali o farmacologici.
"Se nulla è certo, molto è possibile, qualcosa è probabile, poco è improbabile". Una massima di grande saggezza, ma che trova una ridotta applicazione nel rapido delinearsi dello scenario prossimo venturo, nell'ipotizzare il quale ben poche sono le variabili che possono trasformare il risultato finale.
Una legislazione restrittiva, anche se adottata da molti Stati, non potrà fermare il progresso, al massimo potrà accentuare le disparità economiche, permettendo solo ai più ricchi di accedere alle nuove scoperte. I divieti infatti non hanno alcuna efficacia su quelle pratiche scientifiche che non necessitano di una tecnologia particolarmente sofisticata.
Un laboratorio per la fecondazione assistita non richiede grandi attrezzature, né materiali difficili da procurarsi e, tanto meno, un know how particolarmente ostico da apprendere e da trasmettere.
Il quadro futuribile che abbiamo delineato non prevede salti di conoscenza significativi, ma semplicemente il normale sviluppo della scienza, che si può ipotizzare allo stato attuale degli studi.
Alcuni traguardi come ad esempio la determinazione del sesso della propria prole è già realizzabile, anche se con tecniche da perfezionare e già sta creando pericolosi squilibri nella composizione di quelle popolazioni, come quella cinese, che da alcuni anni ne fanno ricorso.
In Cina infatti è permesso avere un solo figlio, per cui, per ataviche motivazioni, sia economiche che culturali, quando una donna è all'inizio della gravidanza, spesso chiede di potersi sottoporre ad indagini per la determinazione del sesso del nascituro, oggi possibili già dalla settima, ottava settimana di gestazione ed in caso di un embrione di sesso femminile decidersi a ricorrere all'aborto volontario, che nella Repubblica Popolare cinese è non solo permesso, ma anche incoraggiato.
Quando si adoperano le tecniche di fecondazione assistita è sempre possibile scegliere il sesso del nascituro e, quando questa pratica diverrà molto diffusa, gli effetti collaterali... devastanti si vedranno dopo una sola generazione.
Il genere umano presenta infatti, per il perpetuarsi di un meccanismo di tipo omeostatico molto sofisticato e solo in parte conosciuto, una percentuale costante del 50% di maschi e di femmine. Questo postulato biologico è alla base della monogamia della nostra specie. A lungo nei secoli scorsi si è data la colpa alla donna quando non generava un figlio maschio, poi si è creduto che era l'uomo attraverso i suoi spermatozoi a stabilire il sesso della prole; ma erano scoperte fallaci: a determinare una eguale e costante percentuale tra i due sessi presiede un mirabile meccanismo ancora del tutto sconosciuto.
La presenza in una popolazione, come ad esempio quella italiana, di un maggior numero di donne è legato unicamente alla maggior durata della vita femminile, caratteristica costante in tutto il mondo. Ma ha ben poca importanza se esaminando le classi di età più avanzate (oltre i 60-70 anni) troviamo più donne che uomini, l'importanza è che nell'età feconda vi sia un perfetto equilibrio tra i due sessi.
Questa "armonia percentuale", necessaria per il quieto vivere delle famiglie, della società e degli Stati è tenuta sotto controllo in maniera a dir poco prodigiosa: infatti in periodi post bellici, quando i maschi diminuiscono, per una generazione nascono meno femmine.
Una scoperta recente è stata l'osservazione che gli embrioni abortiti spontaneamente, nelle prime fasi della gravidanza, sono più frequentemente di sesso maschile, di conseguenza il rispetto della percentuale paritaria non avviene al momento della fecondazione, quando contiamo 170 maschi per 100 femmine, bensì nel momento più significativo, il periodo di maggiore fertilità, tra i 20 ed i 35 anni.
La prospettiva di poter a breve scegliere il sesso dei propri figli deve farci riflettere sulla circostanza che la scienza, con le sue incessanti scoperte, rende le nostre scelte sempre più difficili e che le chiavi del nostro destino sono in gran parte nelle nostre mani, se sapremo valutare correttamente i quotidiani cambiamenti provocati dal continuo progredire delle conoscenze.
Il poter leggere, grazie alle continue scoperte scientifiche, nel gran "libro" della natura le tracce inequivocabili di un ordine deve invitarci ad una profonda riflessione e la stupefacente maniera con la quale la natura programma il rapporto percentuale tra i sessi ne rappresenta uno degli infiniti esempi.
Il Newton nel porre termine al suo "Philosophiae Naturalis Principia Matematica", una tra le più importanti opere dello scibile umano, non ritenne fuori luogo dissertare sugli attributi di Dio. Sia perciò permesso, ad un laico inveterato, per alcuni in via di conversione, invitare tutti a meditare sulla certezza che tali delicati meccanismi è assolutamente improbabile che siano sorti per combinazione!

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Emergenza climatica e tracollo economico planetario

Stralcio di un appello lanciato attraverso diversi quotidiani 
e consultabile nel testo integrale su Internet

Qualsiasi impresa che si rispetti, sia che produca automobili o frigoriferi, e sarebbe lo stesso se fabbricasse cannoni o preservativi, per contentare i suoi proprietari, i dipendenti ed i consumatori deve ogni anno incrementare la sua produzione; solo in questo modo potrà distribuire dividenti agli azionisti, stipendi ad impiegati ed operai e rifornire il mercato di prodotti il più delle volte inutili, se non addirittura dannosi.
Questa regola ferrea, che non ammette eccezioni di sorta, è in vigore oggi oramai su tutto l'orbe terracqueo, da quando, con il dissolvimento dell'impero sovietico, il villaggio globale ha cominciato a parlare un solo linguaggio economico.
Per aumentare la produzione incessantemente vi è bisogno di sempre nuovi mercati: l'Europa dell'est, i paesi emergenti o la stessa Cina, che, per quanto ufficialmente ancora comunista, ha imboccato da tempo la via di uno sfrenato capitalismo.
Ma non bastano soltanto nuovi consumatori, è necessario che l'ecosistema sia in grado di assorbire l'incremento dell'inquinamento ambientale, che tutte le lavorazioni producono e, soprattutto, che le risorse primarie, dalle materie prime: acqua, metalli, legname, alle fonti energetiche siano senza limiti.
Purtroppo queste ultime condizioni oggi non esistono più, mentre il degrado dell' ambiente ha raggiunto livelli di pericolo altissimi, forse non più regredibili.
Ma di questi rischi, colpevoli i mass media, sembra a nessuno interessi più di tanto, sicuri che la scienza trovi in tempi brevi un rimedio, per cui ogni giorno ci affanniamo su argomenti fatui, dalle liste per le prossime elezioni alla corsa per lo scudetto, dalle trasmissioni televisive agli acquisti di cose inutili. Nel frattempo il Pentagono, alla chetichella e, pare, contro il parere dello stesso Bush, ha reso noto un rapporto, nel quale candidamente si riconosce che il più grosso pericolo per l'umanità non è costituito dal terrorismo, per il quale tanto ci agitiamo, bensì dall'emergenza climatica, che scatenerà quanto prima guerre planetarie per il possesso di un bene primario come l'acqua.
L'estate scorsa la temperatura, senza che nessuno l'avesse minimamente previsto, è salita di circa sei gradi.
Meteorologi e futurologi ci hanno allora ammonito che un eventuale aumento di altri sei gradi significherebbe la scomparsa sulla Terra di ogni specie vivente, ma nonostante lo scenario inquietante non vi è stato alcun impegno da parte di nessuna nazione per fermare o almeno rallentare lo stravolgimento ambientale, causa scatenante dei rialzi termici.
Ci pare, in alcuni momenti di riflessione, di ascoltare già sbigottiti il suono straziante delle trombe di Gerico, ma se non vogliamo la nostra estinzione, dobbiamo muoverci subito tutti.
Cosa fare? Diminuire drasticamente tutti i consumi inutili, risparmiando così materie prime e risorse idriche e attuare al più presto una rivoluzione energetica, sfruttando fonti alternative rinnovabili, ma soprattutto l'idrogeno, ubiquitario ed adoperabile immediatamente, da domani, anzi da oggi. Altri provvedimenti dovranno essere il frutto di una nuova corrente di pensiero, ancorata alla strenua ed intelligente difesa dell'ambiente.
La fantasia al potere uno slogan che ritornerà prepotentemente d'attualità.
Certo le potenti lobbies non gradiranno questi lodevoli proponimenti; esse sono in grado di scatenare guerre inutili e di togliere la voce a chiunque, avendo un controllo quasi totale dell'informazione, ma bisogna provare. 
È questione di vita o di morte e forse è già troppo tardi!
Il mondo è oggi governato unicamente dall'economia e la politica, timida ed ossequiosa ancella, è subordinata alle rigide e spietate leggi produttive.
Non chiediamo, dopo i disastri economici provocati dall'utopia marxista, di ripristinare logiche pianificatrici, bensì di farsi partecipi e promotori al tempo stesso di una straordinaria rivoluzione culturale, che cambi drasticamente le nostre abitudini consumistiche ed il nostro stesso modo di pensare.
Il consumismo è un mostro vorace che induce e si nutre di insoddisfazione: i beni inutili, martellati da una pubblicità asfissiante, sono ritenuti falsamente necessari, creando così un diabolico circolo vizioso che provoca il desiderio di altre cose superflue. Una logica aberrante entrata clamorosamente in crisi per lo shock ambientale, che rende improcrastinabile un cambiamento copernicano.
Diminuire drasticamente i consumi provocherà un contraccolpo mortale al sistema economico mondiale: diventeremo improvvisamente tutti più poveri, ma questo inevitabile sacrificio non sarà sufficiente. Per salvarci dovremo operare una riconversione industriale a livello planetario, dovremo rinunciare all'automobile ed al riscaldamento, almeno fino a quando il sistema energetico non utilizzerà fonti rinnovabili ed ecologicamente ineccepibili.
Consumare meno prodotti inutili significherà però un enorme risparmio di materie prime e risorse energetiche, che in parte potranno essere destinate alla produzione di beni di prima necessità e ad un colossale piano di disinquinamento.
Sarà necessario un ricorso massiccio ad ammortizzatori sociali per sostenere le famiglie dei numerosi addetti alle produzioni inutili, prima che possano, e lo saranno solo in parte, essere riconvertiti in altre attività.
Il tempo libero aumenterà a dismisura e molti delle nuove generazioni trascorreranno tutta la vita senza avere né occasione, né necessità di lavorare. Ai giorni nostri un agricoltore americano produce in un anno quanto cento suoi colleghi africani , è naturale che quando ciò avverrà in Africa novantanove contadini si saranno liberati dalla maledizione biblica.
Una nuova imprenditoria dovrà sorgere dalle ceneri della vecchia. Non è detto che ciò avverrà, anzi è altamente improbabile che ciò avvenga, ma è la nostra ultima spiaggia, dopodiché in breve tempo cesserà ogni possibilità di vita sulla terra. L'Apocalisse la vedremo noi stessi, non sarà uno spettacolo riservato unicamente ai nostri discendenti e senza dubbio sarà un avvenimento imbarazzante.

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Un eroe dimenticato da non dimenticare 


Relazione presentata al convegno su Riccardo Monaco tenutosi al Circolo Canottieri Napoli il 24 gennaio 2002, pubblicata a puntate sui quotidiani Roma, Il Golfo, Cronache di Napoli ed il mensile Scena Illustrata

Per decenni il nome di Riccardo Monaco (Napoli 1912-1994) ha evocato in migliaia di signore e signorine....lo spettro turbinoso di angosciose esperienze da dimenticare seppellendole nei più remoti recessi dell'inconscio; nello stesso tempo ha rappresentato l' unica ancora di salvezza per tante che avevano sbagliato...,a tal punto da dar luogo alla famosa canzoncina il cui ritornello somiglia ad una parola d'ordine: "Hai fatt' u' mpiccio? Và addò Monaco che to ffa passà".
Non trascureremo certo questo aspetto da Mister Hyde nel tratteggiare la biografia del dott. Monaco, anzi aggiungeremo nuovi particolari ed inedite testimonianze anche personali, ma scopo precipuo della nostra ricerca è quello di far luce su di una serie di strabilianti atti di eroismo di cui il Nostro fu artefice, dimostrando al massimo grado sprezzo del pericolo ed un valore oggi desueto: l'amore verso la propria Patria.
Su queste imprese avvenute nei tristi cieli della Napoli del'43, afflitti dalle devastanti incursioni dei bombardieri americani, le famigerate fortezze volanti, si è a lungo favoleggiato, ma oggi su questi incredibili atti di disinteressato eroismo e di sconfinata audacia è sceso un velo di silenzio e quasi nessuno tra le nuove generazioni, abituate alle imprese... scalcinate di Coccolone nei cieli iracheni, sa cosa seppe compiere un ufficiale della nostra gloriosa aviazione, che rispondeva al nome di Riccardo Monaco.
A questa colpevole dimenticanza... non poco ha contribuito la collocazione politica del Nostro che, per quanto insignito di due medaglie d'argento e due di bronzo al valore militare ( l'oro per la nostra neonata repubblica, non era certo metallo adatto ad un fascista ostinato e non redimibile) ha subito la congiura del silenzio da parte degli organi di informazione governativi coagulatisi nel dopoguerra sotto la consegna dell'ammucchiata antifascista nata dalla resistenza, per cui qualunque episodio benemerito riferito agli anni del ventennio doveva essere rimosso e dimenticato per sempre. 
Scavare nel passato di Riccardo Monaco non è stato facile perché le stesse memorie storiche del partito, Cantalamessa, Mazzone, Rastrelli, che pure sono state prodighe nel riferirmi episodi ed aneddoti, o vecchi amici come la vedova Tesse o il suo fedele autista, oggi rigattiere domenicale nella villa comunale, non ricordavano la data degli episodi eroici, né tanto meno l'esatto svolgersi degli avvenimenti.
Siamo così venuti a conoscenza di manie e passioni segrete, di gusti e inclinazioni di cui tratteremo nel prossimo articolo, in cui percorreremo carriera professionale ed impegno parlamentare, dal dopoguerra alla morte avvenuta il 12 gennaio 1994.
Solo dopo pazienti ricerche è stato possibile rintracciare le figlie, Paola e Gabriella, trasferitesi da decenni nel nord Italia e la nipote Vanda, figlia dell'unico fratello, da tempo residente in Svezia ed a lungo consigliere regionale negli anni Settanta del partito comunista; da cui memorabili battaglie verbali col famoso zio, alfiere dei missini.
Ed infine fortunose circostanze ci hanno messo sulle tracce di un nipote prediletto ed affezionato alla memoria del nonno, di cui porta anche il nome, il professor Riccardo Fenizia docente di filosofia nei licei della nostra città e custode di cimeli, ricordi, foto, diari etc, che gentilmente ci ha permesso di consultare e di rendere noti ed il cui prezioso aiuto ha reso esaustiva la nostra ricerca.
Più complicato è stato recuperare la documentazione militare, anche per il trasferimento dell' archivio dell'aeronautica a Roma, ma alla fine, grazie anche alla lettura in emeroteca di tutti i giornali dell'epoca, non solo italiani, tutta la carriera militare è stata ricostruita giorno dopo giorno con grande precisione e ne è scaturito il profilo di un personaggio che nulla ha da invidiare a gloriose leggende della nostra aviazione da Gabriele D'Annunzio a Francesco Baracca, famosissimo pilota da caccia nella prima guerra mondiale, il quale abbatté 34 aeroplani nemici in 63 combattimenti aerei; ed allora il nostro Riccardo che di aeroplani ne ha abbattuti tanti di più!!! come mai è stato completamente dimenticato? 
Infatti dallo spulcio dei suoi libretti personali di volo fino al 15 marzo 1943 risultavano distrutti dal tenente Monaco, tra apparecchi abbattuti in combattimento o annientati al suolo ben 61 velivoli, oltre a 29 sui quali non vi era certezza.
Il velivolo al quale il nostro eroe era più legato era il BA-65, un apparecchio sperimentale all'epoca in cui egli, come ufficiale pilota volontario, partecipò nel 1937-'38 alla guerra di Spagna, ma egli era abilitato ed esperto di ben altri 22 tipi di aerei in dotazione alle nostre forze armate dal 1934, data in cui conseguì giovanissimo il brevetto presso la squadriglia di turismo aereo dislocata nell'aereocentro "Miraglia alla Runa", fino al 17 luglio del 1943 quando, a bordo di un D.520 traditore, un incidente in fase di decollo non gli procurò ferite tali da dover abbandonare i combattimenti, residuandone un' invalidità di 7°categoria.
E ferito lo rintracciarono gli americani, nostri improvvisati alleati...,che lo internarono durante la loro occupazione! per oltre due anni fino al 1946, facendogli conoscere prima il carcere di Poggioreale e poi i campi di concentramento di Padula, Terni e Riccione.
La passione per il volo del giovane Riccardo era tanto forte da superare indenne la paura di un salvataggio con paracadute, quando in località Vomero, il 6 settembre 1934 (dodicesimo dell'era fascista) un'avaria dei motori lo costrinse a sperimentare il famoso "Salvator D-30", il paracadute efficacemente in dotazione per anni alla nostra aeronautica.
La sua carriera di ardito combattente ha inizio l'11 giugno del 1934, allorché viene nominato pilota premilitare ed ammesso alla scuola di Capodichino
Volerà per centinaia di ore tra ricognizioni e combattimenti, prima in Spagna e poi nel 1940 in Albania, in Russia e sui cieli della Patria per un totale, al secondo semestre del 1943 di 583 ore e 25 minuti!!Sarà presente anche in Africa ma mancherà la benzina per i nostri aerei che rimarranno inattivi. Degli aerei abbattuti abbiamo già accennato, ma prima di descrivere il suo episodio eroico più importante vogliamo ricordare una confessione che Riccardo fece al senatore Rastrelli, e da questi riferitaci, che ci illumina sul suo carattere indomito e sulla sua proverbiale furbizia che conservò anche nei lunghi anni del dopoguerra: "Molti, quasi tutti, amano il sole, fonte di vita e di prosperità, ma io prediligo le nuvole, perché spesso è grazie a loro che ho ottenuto la salvezza". Infatti la tecnica di combattimento del tenente Monaco, il quale era costretto con un piccolo per quanto agile aeroplano, spesso da solo, a misurarsi con le superfortezze americane, i giganteschi Liberator, che avevano a bordo da 7 a 11 persone, consisteva nel colpire velocemente, rifugiandosi poi momentaneamente tra nuvole provvidenziali per ricolpire all'improvviso con rinnovata energia.
E giungiamo così al fatidico 11 gennaio 1943, il giorno della grande impresa eroica, degna di essere tramandata ai posteri e viceversa sepolta colpevolmente nella dimenticanza e nell'oblio più assoluti.
Dal bollettino n. 962 emesso nel pomeriggio del 12 gennaio 1943 dal Quartier generale delle Forze Armate veniamo a sapere che: "Un'incursione è stata compiuta nel pomeriggio di ieri su Napoli e dintorni; danni non rilevanti: nel crollo di alcuni edifici civili la popolazione ha subito perdite finora accertate in 23 morti e 65 feriti.
Tali apparecchi risultano caduti: due nella provincia di Salerno (presso le località di Acerno e Calvanico san Cipriano) uno a Lioni (Avellino) e il quarto in mare tra Ischia e Procida. Alcuni dei componenti degli equipaggi sono deceduti, altri sono stati catturati".
La notizia dell' episodio rimbalzò non solo sulle prime pagine di tutti i giornali italiani ma anche all'estero come, da noi rintracciato, sull'ungherese Pester Lloyd che esaltò su nove colonne "I cacciatori del Vesuvio a difesa dei cieli di Napoli".
E seguiamo la descrizione del combattimento avvenuto nei nostri cieli attraverso la penna dell'anonimo redattore del "Roma" del 13 gennaio 1943: "Un cacciatore isolato attaccava audacemente i quadrimotori tra Napoli e Caserta riuscendo a mitragliare violentemente il veicolo capopattuglia, poscia impegnava l'ultimo apparecchio di destra della formazione, che dopo alcune raffiche di mitragliatrice si incendiava e può considerarsi probabilmente abbattuto". 
Di rimando il "Mattino" dello stesso giorno traccia un profilo, pubblicandone una foto, del valoroso "Tenente Monaco, napoletano, da solo ha affrontato una formazione di ben quattro plurimotori nemici, abbattendone due. Egli è un professionista, un medico, che vinto giovanissimo dalla passione del volo prese il brevetto di pilota presso la squadriglia dell'aereocentro "Miraglia alla Runa". Ha combattuto volontariamente in terra di Spagna, Africa, Russia. È decorato di due medaglie al valore, è padre di due care creature Gabriella e Paola". Sull'episodio la stampa americana fu viceversa ben più cauta, tanto da nascondere, nei primi tempi, completamente la notizia, salvo doverla riferire quando si seppe che alcuni componenti dei Liberator abbattuti si erano salvati ed erano stati fatti prigionieri. Un esemplare caso di disinformazione a fini propagandistici precorrente le censure di oggi a riguardo dei raid sull' Afghanistan o di ieri sui deserti iracheni; manovra che fu smascherata dal "Mattino" del 19 gennaio a pagina 4:"Spudorate menzogne americane sul bombardamento di Napoli da parte di apparecchi Liberator del 9° corpo dell'aviazione statunitense".
Il combattimento si svolse a 500 metri di quota e fu seguito da molti altri nei giorni e nei mesi successivi, esitandone l'abbattimento di altre superfortezze americane, come abbiamo potuto appurare dall'attento esame dei libretti di volo del tenente Monaco, conservati gelosamente dal prediletto nipote Riccardo.
Una straordinaria imperitura testimonianza di quel giorno glorioso è rappresentata da un pugnale d'argento, regalato a Monaco da un prigioniero americano ed oggi conservato dalla figlia Paola.
Seguiranno circa 50 anni di vita civile con un impegno nella professione e nella politica, un lungo periodo che esamineremo nel prossimo articolo dettagliatamente, ma che non muteranno il carattere dell'uomo, "Un fascistone come non ne esistono più", ricorda commossa la signora Onda, nume tutelare da sempre del gruppo senatoriale di AN.
Il richiamo più stringente al suo animo indomito è scolpito nella struggente poesia che gli dedicò l'amico più caro, il costruttore Enzo Tesse, che fa da epitaffio alla sua pagellina funebre:
Addio Riccardo oggi tu voli alto tanto più alto dei cieli che ti erano familiari ....oggi tu ti allontani nei cieli dell'eternità ma altri giovani e in tanti proseguiranno sulla strada da te tracciata Addio Riccardo.... 
E passiamo ora ad esaminare la carriera medica del nostro Riccardo, il quale, già laureato ed iscrittosi alla scuola di specializzazione, non trova nessuno tra i maestri dell'ostetricia napoletana che gli voglia insegnare realmente la professione, per cui, involontariamente..., fu costretto a ripiegare sul mercato degli aborti clandestini, allora, e non solo allora, fiorentissimo per l'assurdità di una legge ottusa, accolta poi nel codice Rocco, ispirata alla protezione della stirpe, che comminava pesanti pene detentive, sia alla donna che si sottoponeva all'interruzione volontaria della gravidanza, sia al sanitario che gliela procurava. Sono gli anni in cui la tecnica si basava sul famigerato raschiamento, spesso eseguito senza alcuna anestesia, che, se praticato da mani poco esperte poteva arrecare terribili conseguenze. E' l'epoca delle famigerate "mammane", del "laccio" e per le donne della buona borghesia, dei "cucchiai d'oro", e Monaco era uno di questi, conosciuto in tutto il meridione con frotte di clienti che si affollavano nel suo elegante studio di via Caracciolo 13, nonostante le sue tariffe, oscillanti dalle 500 mila lire al milione (siamo negli anni '60-'70!) non fossero particolarmente economiche.
Questa sua attività è durata per oltre 40 anni e solo parzialmente subì un declino dopo l'avvento del metodo Karman (aspirazione) che non volle mai adottare. Anche negli anni dei suoi mandati parlamentari, allorchè lavorava solo nel fine settimana, ha sempre praticato almeno quattro aborti il sabato mattina fino a poco prima della sua morte. In questi lunghi anni di professione egli riuscì ad accumulare una fortuna che gli permetteva di farsi passare ogni sfizio, come dedicare un intero piano in via Caracciolo per potersi divertire con i suoi amati trenini elettrici: una superficie di oltre 500metri quadrati all'ultimo piano, ultrapanoramica, che oggi sul mercato immobiliare varrebbe non meno di 7-8 miliardi, utilizzata per trascorrere ore di svago spensierato, interrompendo il ritmo frenetico del suo lavoro stressante ed avendo talune volte a compagno di giochi nientepopodimeno che Almirante, venuto espressamente da Roma come ci confida il vecchio portiere dello stabile in via Caracciolo 10. Un vero schiaffo alla miseria come gli ricordava spesso il fedele amico Cantalamessa. In codesto luogo segreto trascorreva lunghe ore di gioco spensierato col cappello di capostazione che lo rendeva più alto, lui che era di bassa statura, un metro e sessantuno, una corporatura robusta, il naso marcato, un paio di baffi scuri non troppo lunghi. Questi i tratti fisici essenziali di un personaggio il cui carattere precipuo era costituito da una volontà di ferro che non conosceva ostacoli, accoppiata ad un carattere ostico quanto ostinato.
La sera amava immergersi a notte fonda nelle sue letture preferite: opere di carattere storico e di cronaca. Tra gli scrittori preferiti D'Annunzio e Maupassant, oltre agli scritti di Gandhi, verso cui nutriva una sconfinata ammirazione.
Un'altra costosa passionaccia egli provava per la velocità, la sua "Dino Ferrari" gli permetteva, come ci ricorda l'onorevole Mazzone, di raggiungere Roma in poco più di un'ora. Nella città eterna amava cenare al ristorante "Piperno", situato nell'antico ghetto, ove era prodigo con i suoi colleghi parlamentari nel rievocare aneddoti del passato e storie piccanti di donne, delle quali si professava grande ammiratore, discettandone con disinvoltura ed allegria e terminando sempre con la frase:"Per tanto variar natura è bella".
Questa malcelata passione per il sesso debole non preoccupava più di tanto donna Ginevra, moglie fedele, che una sola volta ebbe a risentirsi visibilmente e a manifestare la sua gelosia, quando il consorte fu fin troppo gentile con una giovane, dal cognome illustrissimo, che si era rivolta a lui per intraprendere una carriera politica, ancora oggi in piena evoluzione.
Ebbe tre figli:due femmine, Gabriella e Paola, da tempo non più residenti a Napoli ed un figlio Gior, tragicamente scomparso per infarto all'età di ventotto anni, la cui morte pesò profondamente anche nell'esercizio della professione paterna, che, secondo la cattiveria di tanti e le malelingue, venne esercitata con più fervore, affinchè altre donne non avessero un figlio, spesso tanto desiderato.
Una nipote, Vanda Monaco, oggi residente in Svezia, fu schierata politicamente sull'altra sponda: consigliere regionale del P. C. I. fino agli anni Ottanta. Da cui interminabili diatribe verbali in aula improntate però sempre ad estrema correttezza e stima reciproca. Alla penna di Vanda si deve l'unica biografia dell'illustre zio ,anche se esigua, che sono riuscito a rintracciare nelle mie ricerche; essa trovava collocazione nell'annuario "Tutta Napoli"edito nel 1959 dalla Deperro editore. Nella citata biografia, stranamente, manca una dettagliata descrizione degli eroismi nel cielo di Napoli, se non il ricordo di "Un'azione bellica che ebbe notevolissima importanza, in quanto mai prima di allora un caccia leggero era riuscito ad attaccare e ad abbattere due bombardieri americani".
Una fortunosa congiunzione astrale ci ha permesso d'incontrare la signora Vanda, oggi artista oltre che regista di successo, di passaggio a Napoli per interpretare un suo spettacolo alla Galleria Toledo. Assente da anni dalla sua città vi era ritornata fortuitamente in coincidenza con la commemorazione dello zio da me organizzata presso il Circolo Canottieri Napoli, con l'aiuto di parlamentari di ogni credo politico, direttori di giornali e personalità della cultura.
La signora Vanda, figlia dell'unico fratello del dottor Monaco, serba per lo zio un affettuoso ricordo al di là dell'opposta fede politica ed ha tenuto a sottolineare che spesso, finite le accese controversie verbali in Consiglio regionale, erano soliti stemperare gli animi e riaffermare l' affetto reciproco in interminabili cene innaffiate da vini corposi, spesso in bettole malfamate, discutendo ancora animatamente, ma di ben altri argomenti. 
Come abbiamo potuto appurare da numerose testimonianze, non solo dei parenti più stretti, ma anche di colleghi e da vecchie clienti con le quali si era confidato, il ginecologo tanto famoso riteneva l'aborto un grave problema di coscienza, un cruccio morale al quale era lecito ricorrere solo quando non esisteva altra soluzione e purtroppo spesso non esiste altra soluzione.
Nonostante tanti decenni di attività "contra leges" lo studio del dottor Monaco non fu mai profanato da incursioni della polizia, né tanto meno vi furono indagini giudiziarie, a differenza di tempi più vicini a noi, durante i quali magistratura e forze dell'ordine hanno fatto a gara nella repressione, in omaggio ad una legge, la 194 del 22 maggio 1978, inficiata dalla nascita da un grave peccato originale: l'ipocrito compromesso tra forze di sinistra e cattolici, che ha prodotto un aborto giuridico, considerando legale l'interruzione della gravidanza eseguita in ospedale ed illecita ed esecrabile la stessa se effettuata in una struttura privata, anche se attrezzatissima; "O tempora o mores".
L'unico infortunio in cui Monaco incorse nell'esercizio della sua professione... fu, in un'epoca in cui le molestie sessuali utilizzate come ricatto non erano come oggi di moda, una denuncia per violenza carnale presentata da una sua attempata cliente la quale dichiarò di essere stata deflorata nel corso di una visita ginecologica. Lo scandalo fu grande e per il medico si riaprirono per alcuni mesi le porte del carcere di Poggioreale, questa volta per una detenzione non più come prigioniero di guerra ma, almeno secondo l'accusa che fu demolita in seguito, come delinquente comune.
Fortunatamente la perizia giudiziaria fu assegnata ad un ginecologo il quale, prendendo a cuore la sventura del più famoso collega, nel valutare i dati anatomici della paziente, concluse che la denunciante si era inventato tutto; infatti, nonostante la sua età veneranda e l'imbarazzante avventura capitatele ,era ancora in possesso del fiore della sua illibatezza.
Superata felicemente la bufera giudiziaria il dottor Monaco non fu irriconoscente e dimostrò ampiamente la sua gratitudine verso il più giovane collega permettendogli di sostituirlo nel suo studio durante il mese di agosto ogni anno, senza pretendere, caso più unico che raro nelle transazioni tra medici, una sola lira di percentuale. Il dottor Sivo, forte di questa preferenza decise anche di aprire un suo studio allo stesso famigerato indirizzo di via Caracciolo 13, ove, aiutato dal foraggiato portiere, riusciva spesso a dirottare qualche incauta cliente recatasi nella famosa "località" per risolvere la sua spinosa situazione, senza nemmeno conoscere l'esatto nome del professionista a cui si affidava.
La sua segreta speranza era riposta nella notevole differenza d'età tra lui e il suo protettore, che sperava quanto prima di sostituire per eventi naturali, accalappiandosi la sua nutrita clientela. "E' della classe 1911!" Soleva spesso ripetere il dottor Sivo, ma per uno scherzo del destino, egli ha lasciato prematuramente questa valle di lacrime, chiudendo mestamente la sua carriera come specialista mutualistico in alcuni comuni a nord di Napoli, dopo aver dilapidato gran parte dei suoi guadagni.
La violenza sessuale di cui fu accusato il dottor Monaco non meravigliò più di tanto l'opinione pubblica, perché forte era l'eco di una serie di dicerie... che circolavano insistentemente a Napoli e di cui alcune, vere o false che fossero, sono pervenute anche alla mia attenzione nelle confidenze delle mie pazienti all'epoca dei primi anni Settanta, quando, con l'introduzione del metodo dell'aspirazione (Karman), lo stesso raschiamento era visto dalle donne come una vera e propria violazione da sopportare in silenzio.
La sua collocazione a destra e la sua fama d'immarcescibile fascista lo trasformarono continuamente in oggetto di attacchi inauditi da parte della stampa di sinistra. 
Fu "Paese Sera", quotidiano paracomunista, a distinguersi nell'azione di linciaggio con numerosi articoli che riportavano spesso confessioni di giovani pazienti con particolari piccanti.
Citiamo, tra i tanti, alcuni brani di una conversazione telefonica registrata e pubblicata dal "Paese Sera" tra il giornalista Luciano Scateni e il professionista:
"Il prezzo è sempre mezzo milione?"
"Perché non va al diavolo"
"E' vero che il suo aborto ha due facce?"
"....?"
"Nel senso che con le signore bene tiene un comportamento rispettoso e con le ragazze un atteggiamento da troglodita?"
"Se non la pianta la denuncio per molestia"
"Dicono (e sono testimonianze dirette, drammatiche) che quando si presenta una ragazza viene affrontata così: ti è piaciuto fare l'amore vero? E ora sgualdrina che non sei altro, che vuoi? Poi mani addosso, insulti"
"..."
"Come se non bastasse con gli spiccioli dell'aborto continuato dicono ed è dimostrato che ha finanziato le farneticanti spedizioni dei mazzieri fascisti"
"Non le permetto!"..................
Di nuovo, sempre su "Paese Sera" del 6 maggio 1978 a pag. 8, mentre è in discussione in Parlamento la legge sull'aborto, viene pubblicata una confessione choc: "La drammatica esperienza di Annamaria" della quale pubblichiamo un ampio stralcio. Era nostra intenzione rendere nota questa esperienza, ma per non tediare eccessivamente il lettore, rinviamo chi è interessato ai particolari erotici e sconvolgenti della testimonianza alla lettura diretta in emeroteca.
Conobbi personalmente il dottor Monaco quando egli m'invitò nel suo studio per discutere assieme di un mio libro da poco licenziato alle stampe. Era il mese di gennaio del 1979, da poco era stata approvata dopo lunga lotta la legge che legalizzava l'interruzione volontaria di gravidanza e da qualche mese era uscito in libreria un mio manuale "Moderne metodiche per provocare l'aborto", nel quale si descriveva per la prima volta nel nostro Paese l'utilizzo della siringa di Karman, una nuova tecnica che permetteva di abortire tramite l'aspirazione, una metodica rivoluzionaria che avevo avuto modo di apprendere e d'introdurre in Italia dallo stesso inventore, il Karman curiosamente non un ginecologo bensì uno psicologo.
Trovai, mentre lo sfogliavamo assieme, il mio libro sottolineato quasi ad ogni pagina, segno di un interessamento da parte di un professionista così esperto e tanto famoso e la circostanza m'inorgoglì non poco. Fui deluso viceversa dal parere negativo espresso sulla nuova metodica, infatti il dottor Monaco riteneva il raschiamento insuperabile e la nuova metodica votata al sicuro insuccesso.
Il tempo viceversa ha fatto abbandonare il vecchio curettage a vantaggio della nuova tecnica che oggi, anche se faticosamente, è entrata nella pratica comune. Nel mondo civile, ad eccezione dell'Italia, l'aspirazione è l'unica tecnica adoperata oltre al sempre più diffuso utilizzo delle metodiche farmacologiche che nel nostro Paese, patria di bigotti e baciapile, rappresentano ancora fantascienza.
La passione per la politica attiva, frutto di una fede incrollabile negli ineludibili ideali del fascismo ha fatto capolinea subito nella vita di Riccardo Monaco, il quale infatti, appena ritornato alla vita civile, dopo essere stato rilasciato nel 1946 dal campo di concentramento di Riccione, riprende gli esami per la specializzazione in Ostetricia, che consegue nel 1947 ed è subito nell'agone elettorale, presentandosi alle prime elezioni politiche del 1948, quando, nelle file del M.S.I. risultò terzo con oltre 15.000 voti di preferenza, purtroppo insufficienti per il Parlamento.
Vogliamo sottolineare che la carriera politica di Riccardo Monaco che descriveremo brevemente non è particolarmente eclatante, anche se egli "ci teneva" moltissimo per la sua fede incrollabile.
"Servì la patria in guerra con onore, la serve oggi in pace con coraggio" oppure"Un voto cosciente per un uomo coraggioso al servizio dell' Idea", questi slogans capeggiavano sul suo materiale elettorale faticosamente e fortunosamente da me rintracciato. Per anni fu editore e direttore del periodico "Azione politica", avendo fedele collaboratore Luigi Argiulo, oggi residente a Giugliano ed ancora oggi attivista convinto.
I suoi articoli, permeati da una fede incrollabile, erano avidamente letti dai giovani, che vedevano in lui una gloriosa bandiera. Ne ricordiamo, tra i tanti, uno dei più acclamati, paradigmatico della sua interpretazione della nostra storia repubblicana: "Il giorno più triste. Il 25 aprile è una giornata da dimenticare perché fu la giornata più triste d'Italia; oggi esiste soltanto un'Italia che venti anni fa ha perduto una guerra ed una classe dirigente che è ancora quella imposta dai vincitori...etc."
Oppure altre amenità della stessa solfa come: "Contro il disordine demomarxista, contro la corruzione imperante, contro il disfacimento dello Stato, per la libertà nell'ordine, per l'onestà politica, per la riforma corporativa dello Stato". Parole d'ordine con le quali Monaco martellava le nuove generazioni e furono sempre i giovani a decretare i suoi successi elettorali.
Dal 1964 fu a lungo consigliere comunale, fino a quando, negli anni Ottanta approdò nel Consiglio regionale, palestra per le sue memorabili dissertazioni e ideale trampolino di lancio per il Parlamento, ove fu eletto senatore il 3 giugno 1979 per il collegio di Napoli V (Vomero) con 18.146 voti e confermato nella successiva legislatura, la 9°, nel collegio di Napoli VI (Stella), in uno dei quartieri più popolari della città. Fu membro di diverse commissioni: Istruzione pubblica, Belle arti, Ricerca scientifica, Spettacolo e sport.
Fu quindi convinto dal suo partito a candidarsi alla Camera e si trattò di un vero e proprio sgambetto, perché per un nostalgico come lui, per il quale contava molto l'idea e poco il partito, il meccanismo delle preferenze poteva essergli fatale. Un "disorganico al sistema elettorale" come lo definisce con affetto il senatore Rastrelli poteva sopravvivere solo al Senato. Infatti risultò il primo dei non eletti, con malcelata soddisfazione di una frangia consistente del suo partito che vedeva di malocchio la sua professione. Si ritirò quindi alla sua attività di medico, ma soprattutto all'affetto della sua famiglia.
Negli ultimi tempi, malandato di salute, preferiva sempre più alla sua splendida casa di via Caracciolo, una dimora più bucolica e tranquilla in quel di San Sebastiano.
Premurosamente assistito dai familiari, metteva tutti in agitazione quando, più di una volta, sembrò che stesse per rendere l'anima a Dio. E di quest'anima erano particolarmente preoccupati i suoi cari, dalla moglie alle figlie, dal prediletto nipote fino alla fedele cameriera e fu proprio lei, quando capì che era imminente il momento del trapasso, ad insistere per far giungere al capezzale dell'infermo un sacerdote per la confessione. E per quest'ufficio fu chiamato un singolare personaggio, già celebre medico e docente universitario, che in età matura aveva avuto la "chiamata".
Pur legato al contenuto segreto dell'ultimo colloquio, sembrò ai suoi cari ottimista, raccomandò soltanto: sono necessarie molte indulgenze!
Finita l'avventura terrena dell'uomo restava però per i posteri il personaggio, delle cui imprese cercheremo di tenere vivo il ricordo:"La vittoria di un passerotto contro due falchi infuriati" lentamente fu dimenticata. Dalla foto sulla copertina del maggior periodico italiano (Tempo n° 211) al silenzio della stampa del dopoguerra, dalle lodi più solenni e sperticate dei contemporanei alla colpevole rimozione del ricordo dei posteri .
Dall'albo d'oro dei decorati al valor militare della provincia di Napoli ci emozioniamo a leggere la motivazione dell'assegnazione sul campo della medaglia d'argento al valor militare per l'impresa dell'11 gennaio 1943 compiuta nel cielo di Napoli. Dobbiamo tutti ricordare che l'importante centro nazionale, citato nella menzione, era Napoli, la sua città e quale onore più alto per un prode, quale raro privilegio per un ardito è costituito dal poter mettere il proprio coraggio e la propria abilità a disposizione dei propri familiari e dei propri concittadini. Quante centinaia di napoletani debbono la loro vita alla sua azione temeraria, la quale provocò la distruzione di tanti aerei nemici, prima che potessero distribuire sulla città il loro carico mortale.
Sugli episodi eroici di Riccardo Monaco si è abbattuta implacabilmente la maledizione dell'oblio più ostinato e dell'amnesia più profonda, portati in auge dalla filosofia della "Napoli milionaria", quando, perduta la guerra, tutti potevano, dovevano, volevano dimenticare non solo il male, i lutti, le sofferenze, la fame e le privazioni, ma anche gli episodi di generosità, di altruismo, di abnegazione, di audace sprezzo del pericolo che non erano certo mancati.
Oggi vogliamo essere buoni, e soprattutto ingenui, e credere all'espletarsi di questa ineluttabile sindrome eduardiana: il tenente Riccardo Monaco con i suoi indimenticabili atti di eroismo è stato dimenticato perché bisognava voltare pagina e non perché fino alla fine ha conservato il suo indomito carattere e la sua immarcescibile fede politica o, peggio ancora, per l'esercizio della sua professione, espletata costantemente con la consapevolezza delle scelte difficili e con una sempre attiva vigile tensione morale.
Non c'è stata allora una pervicace opera di disinformazione durata decenni, da parte dei mass media, desiderosi di sostituire le vecchie veline con le nuove? Non c'è ancora oggi una precisa volontà di non voler ricordare episodi e personaggi, scomodi forse, ma che invitano alla riflessione e ad una più pacata meditazione sul nostro passato?
Ai posteri l'ardua sentenza! 

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