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IN C U B I
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leggendo il racconto breve "Il mio Tempo" di Arturo Ferrara
Viotti, già apparso in Iperspazio Racconti del sito Arte
e Letteratura . .
arturo
ferrara
"Evocazione"pastelli a cera e china, formato a4
Tutti
questi NON SONO. Per questo "sono stati". Ed in verità SONO perché "sono
stati". Medito su questa APPARENTE contraddizione chiamata VITA e sull'APPARENTE
SEGRETO chiamato MEMORIA.
(da miei Pensieri)
arturo
ferrara
"Al di là" olio su tavola in Arte formato 30 x40
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abarthur
diritti riservati
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Il
mio Tempo
di
Arturo
Ferrara
Guardavo
le lancette dei miei orologi.Ho sempre collezionato orologi di ogni
forma e grandezza forse cercando attraverso loro il mio tempo nella
vita.
Stranamente non uno segnava lo stesso orario.Le differenze non erano
da poco.
Fuori era tutto buio e non si vedevano stelle in cielo. Forse era coperto,ma
era tutto innaturalmente silenzioso e strano.
Il tempo pareva sospeso .Le lancette tuttavia scorrevano, ognuna per
conto loro, come gli esseri nell' esistenza, incompresi e incomprensibili,
ma spinti da quella forza che li ha alla vita e di cui temono la fine.
Nello spazio la materia è un eccezione, su tutto domina il vuoto,
come nella nostra vita, tra un evento significativo e un altro vi sono
abissi di nulla, riempiti da un inutile rumore di fondo, truccato da
sfondi ed idee di cartapesta.
Sembravano sapere tutto ciò i miei orologi, il loro diverso ticchettio
li differenziava, ma, ora, intuivo che per tutti voleva dire la stessa
cosa.Proprio ciò che mi sfuggiva."Sentivo" ma non capivo,
come nella vita. Come trovare ora un riferimento? Ne avevo bisogno.
Era buio, quindi doveva essere notte, potevo escludere alcune ore, Ma
QUEL buio era troppo innaturale, senza cielo, senza uccelli notturni.
A volte la logica delude più dell'istinto. Le stesse luci dei
lampioni sembravano, troppo fisse, quasi una brutta copia della realtà.
Ero certamente in un sogno, perché nel palazzo di solito molto
rumoroso a qualunque ora, c'era un incredibile silenzio.
All'improvviso, la mia comoda casa mi sembrava una prigione, dovevo
scappare, scendere sotto, trovare forse un po' di pace all' aperto.
Una strana forza mi tratteneva.La stessa forza che trattiene dei passeri
in uno squallido cortile di cemento, dove trascorrono la loro vita,
con gli alberi e i parchi vicino.Erano gli orologi .Avevo paura che
uno di loro si fermasse all'improvviso.Non importava che ognuno segnasse
l'ora diversa, erano vivi e palpitanti, li sentivo tutti, ad uno ad
uno, mi affrettai a ricaricare quelli meccanici, per gli altri mi chiedevo
quando sarebbe finita la pila. La mia vita la sentivo legata a loro,
al loro diverso ticchettio.
Chi ero io se non uno di loro, chi siete voi se non un battito che non
ha sincronia nell'universo, solitario incompreso che esprime un codice
che nessuno può e vuole comprendere e che è ignoto anche
lui?
Eppure tutti hanno il desiderio di conoscere e comunicare quei pochi
minimi comun denominatori che renderebbero meno improvvisi e tragici
gli eventi, che farebbero sentire meno soli e abbandonati, che darebbero
inequivocabilmente un FINE al movimento una MISURA.
Tra gli orologi v'erano alcune sveglie.Ma erano caricate? Quando sarebbero
suonate?. Non osavo guardare.Aspettavo. Ogni orologio avanzava alla
sua maniera e mentre alcune lancette erano andate avanti di un ora,
altre lo avevano fatto di due e così via.
L'oscurità non accennava a dimuinuire, sembrava ormai diventata
una parte fissa di me, un incredibile orrore di vuoto e di nulla che
rendeva vana ed inutile ogni attesa. Cosa temere allora, cosa desiderare?
Cosa sarebbe cambiato se un orologio o tutti si fossero fermati, o una
o più sveglie avessero scandito con il loro diverso suono il
tempo? Ma quale tempo ? E' che non esisteva tempo, mi ero accorto che
non esistevano, non erano mai esistiti, riferimenti, se non fittizie
illusioni o ipocrite convenzioni.... Chi sa veramente i confini fra
realtà e sogno?
Nulla era da attendere, nulla da trascorrere.
E, ora lo sapevo la mia vita o NON VITA sarebbe stata sempre sospesa
tra l'infinito vuoto che mi divideva da tutto, dalla materia, la vita,
il pensiero, la speranza.
Ma sapevo anche del mio unico compito: scandire il mio tempo, percepivo
lo scorrere dei miei pensieri che comunicavo come potevo....Una voce,
una forma....un tic tac di sensazioni e sentimenti vasti come l'infinito
e più piccoli di un atomo.
Se era un sogno avrei rivisto il cielo, le stelle l'unico possibile
riferimento...se no avrei finito la mia carica, dimenticato, incompreso,
arrugginito nella mia stanza.(Ora molto meno comoda).
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