<%@LANGUAGE="VBSCRIPT" CODEPAGE="1252"%> Le acque a Monreale, amministrazione municipale e interessi affaristici nel XIX secolo
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FACOLTA' DI LETTERE E FILOSOFIA

CORSO DI LAUREA IN LETTERE MODERNE

Criminalità associata e commercio dell'acqua
Le acque a Monreale: sistema idrico e fontane
Monreale: caratteri generali
Bibliografia
Premessa

 

Felice Marchese è il custode dell’acqua della Vanella di proprietà della Mensa arcivescovile di Monreale [1] , anche lui rientra nella tipologia ambigua dei fontanieri dipendenti dalla Mensa [2] . “Il guardiano dell’acqua è un personaggio complesso: dispensatore di un bene prezioso, ha il potere di togliere e dare facendo sempre attenzione a che il suo tratto di fiume, e quindi i suoi giardinieri, non siano danneggiati da altri che concorrono al possesso dello stesso bene [3] ”. La vicenda di Felice Marchese si colloca nell’agosto 1873, mese significativo per via delle alte temperature raggiunte al suolo. Gli utenti dell’acqua della Mensa scrivono all’Arcivescovo Benedetto D’Acquisto che il Marchese “si è fatto lecito appropriarsene quella quantità che lo stesso crede, consegnandola al più tardi di giorni 24/25 di ogni vicenda invece di giorni 14 e per le ore destinate a ruolo [4] ”. Marchese allora viene più volte richiamato dal suo diretto superiore, il Fiscale delle acque della Curia. Dalle proteste alle aperte minacce il passo è breve, così il Marchese è sollevato dall’incarico e trasferito [5] . In verità alcuni giardinieri testimoniano a suo favore, fra questi sono presenti anche i famigerati fratelli Miceli, capi riconosciuti della mafia degli Stuppagghieri di Monreale [6] . L’acqua usurpata era con tutta probabilità diretta proprio a loro, magari col duplice obiettivo di toglierla ad altri giardinieri appartenenti alla vecchia mafia locale [7] . In questa vicenda si mescolano variamente fra loro elementi nuovi e vecchi: protezioni eccellenti, vecchia e nuova mafia, la lotta per l’acqua, il mutamento di equilibri che si credevano assodati, inizio di una faida armata all’interno della stessa associazione malavitosa locale. Dopo la sospensione del Marchese il nuovo incaricato declina per motivi di salute, essendo già in età avanzata [8] . Con una geniale trovata il Fiscale delle acque mantiene come fontaniere provvisorio il Marchese stesso, ma questo gesto costa carissimo al fontaniere e la sua morte è ormai decisa. Il 22 ottobre del 1874 alle 17.30 viene ucciso, all’età di 48 anni, con cinque colpi di fucile a pallettoni, e il suo corpo viene ritrovato esamine nel giardino di tal Stefano Leto [9] . Dopo poco più di un anno dall’inizio della vicenda lo sgarro subito dai giardinieri viene rispedito al mittente. Diverse sono le ipotesi intorno a questo omicidio. La prima potrebbe essere che è stato punito il tentato salto del fontaniere dalla vecchia alla nuova mafia (a modo di esempio per tutti quanti gli altri), un’altra ipotesi ancora potrebbe risiede nel fatto che si è truffato dei galantuomini che non dovevano essere disturbati. Ma la soluzione più vicina alla realtà dei fatti è di sicuro quella che miscela entrambe queste due componenti, che comunque portano sempre alla uccisione del fontaniere incauto.

Dopo questa vicenda apertamente si apre una delle guerre di mafia più cruente di tutto l’ottocento, che si conclude solo alla fine degli anni ’70, quando si celebra un processo alla setta degli Stuppagghieri [10] . In realtà il processo, che pur ha un reale fondamento, è basato solo sulle intenzioni supposte di quelli che si credono o professano come appartenenti alla setta [11] .



[1] ASDM – FM, busta 402.

[2] Per chiarimenti cfr. in questo capitolo il paragrafo 1.

[3] A. Crisantino, Della segreta e opera associazione, Sellerio, Palermo 2000, p. 67.

[4] ASDM – FM, busta 402.

[5] Ibid.

[6]   A. Crisantino, Della segreta e opera associazione, Sellerio, Palermo 2000, p. 68.

[7] Ibid.

[8] Ibid.

[9] ASCM - Busta 478, 28/10/1874. Si tratta del verbale redatto dal comandante delle guardie campestri di Monreale.

[10] Per la cronaca del processo alla setta cfr. A. Crisantino, Della segreta e operosa associazione, cit., pp. 213-232.

[11] Ibid.

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