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Le Donne

 

La Condizione della Donna 

L’appellativo di “ signora della casa “ attribuito alla donna egizia ne qualifica innanzi tutto la centralità nelle oc­cupazioni domestiche.

Procedere alla macinatura dei ce­reali e alla preparazione della birra, alla filatura e alla tes­situra del lino sono le sue principali attività quando è una donna del popolo, sovrintende invece al lavoro delle an­celle quando appartiene alla nobiltà.

In Egitto alla donna è consentito di condividere con il marito e i figli un'intensa vita sociale:

 le scene parietali la ritraggono nell'atto di presenziare a banchetti o ricevimenti, di prender parte a battute di caccia o pesca lungo il Nilo. Dispone di un patrimonio che porta in dote allo sposo, ma che un contratto gli restituisce in parte in caso di vedovanza. 

I reperti

 

Dall’alto: affresco ritrovato nella tomba di Ramose: prefiche al seguito di un corteo funebre. Il loro compito riproduce  il lamento accorato di Iside e Nefhty  sul corpo senza vita di Osiride.

Affresco raffigurante alcune donne assistite da ancelle. Alcune di loro annusano il fiore del loto azzurro che emana un dolce profumo ed è simbolo per gli Egizi di vita eterna. La sua corolla avrebbe fatto da culla al Sole al suo sorgere.

 

La sua posizione giuridica non differisce nella forma da quella dell'uomo, anche se le possibilità che le si offrono di affermarsi socialmente sono molto scarse. Assieme allo sposo si preoccupa di dare una prima educazione ai figli, alla madre è in particolar modo demandata l'educazione della figlia femmina che d'altra parte generalmente si esaurisce in seno alla famiglia d'o­rigine. Si sposa di solito in giovane età, spesso con un uo­mo molto più anziano di lei e per effetto di un matrimo­nio combinato tra i rispettivi genitori.

Frequente è il ca­so dell'unione tra consanguinei, soprattutto cugini, ma nell’ insieme è difficile valutare la reale frequenza del fe­nomeno dal momento che in Egitto vale l'abitudine di defi­nire la fidanzata 'sposa sorella'.

Marito e moglie appar­tengono allo stesso ceto socia­le, la mescolanza è rara e og­getto di riprovazione collettiva.

 Nei tempi più antichi l'uo­mo libero che sceglie di sposa­re una schiava vive con lei al di fuori della legalità e gli eventuali figli nati dalla cop­pia sono considerati schiavi a tutti gli effetti. Ancor peggiore è la condizione della donna dell'harem del palazzo reale. In ap­parenza gode degli agi che le derivano dalla vita di corte, nella realtà è co­stretta a uno stato di pe­renne soggezione che l'appellativo di donna confinata prova senza possibilità di dubbio.

  Il matrimonio non è in Egitto ratificato da alcun intervento dello stato. E' semplicemente un occasione di festa che gli sposi condividono con i parenti e gli amici.
Le testimonianze di cui disponiamo sono poche e per la maggior parte desumibili da testi letterari da cui deducia­mo che la celebrazione comprende danze, canti, banchet­ti.

La giornata si conclude con il trasferimento della spo­sa a casa del marito. Sono riferibili solo all'Età Tarda i pri­mi esempi di contratti scritti dove i diritti materiali dei due coniugi sono regolati con precisione.

 La norma è che l'uomo provveda integralmente al mantenimento della moglie. In caso di divorzio il marito continua a passare alla ex moglie alimenti nella misura di un terzo rispetto alla quota definita nell'accordo iniziale. La causa più frequen­te della rottura coniugale è l'infedeltà di uno dei due co­niugi seguita dalla sterilità. 

Onora la Moglie e la Madre

 <<Se sei fortunato>>, leggiamo nel Libro degli Insegnamenti, << e hai la casa ben fornita e ami la moglie, riempi il suo stomaco e rivesti le sue spalle, poiché essa è un buon campo per chi la possiede. Ma se la contrari, sarà la tua rovina>>.

 Un altro papiro ammonisce:

<< Non dimenticare mai tua madre. Essa ti ha portato a lungo nel seno come un pesante fardello, ti allevò e non fu mai rivoltata dalla tua sporcizia; e quando tu andasti a scuola, ogni giorno ella era là, con il pane e la birra portati da casa>>. 

 Il caso di abbandono della moglie da parte dello sposo è più frequente di quello con­trario. In particolare se le infedeltà maschili sono tollerate al punto da consentire a un marito che lo desideri di pren­dersi una moglie secondaria, l'adulterio femminile è pu­nito con grande severità. La colpevole è esposta al pubbli­co ludibrio, frustata e marchiata a vita con l'amputazione di un'orecchia o del naso.

Di fronte alla morte infine la donna egizia gode rispetto all'uomo di assoluta parità, ha diritto a una tomba tutta per sé e il corredo funebre di cui dispone è in tutto simile a quello maschile.

 

Le grandi regine


La società egizia riconosce alla donna analoghi diritti ri­spetto all'uomo e le accorda un'identica promessa di vita eterna: in questo prende le distanze dalle discrimina­zioni e vessazioni perpetrate dalla maggior parte delle ci­viltà antiche. Tuttavia il riconoscimento del ruolo della donna costituisce l'eccezione, non la regola.

Così, se nel Medio Regno l'identità di un uomo viene in genere preci­sata in riferimento alla madre che l' ha generato, di solito prevale piuttosto la dicitura il tale figlio del tal padre, sono poi sempre gli uomini a trasmettere ai figli il grado ri­coperto nell'amministrazione o la professione.Nulle sono per la donna egizia le possibilità di far carriera se non co­me danzatrice o musicista, raro il caso in cui le sia data la possibilità di diventare regina da madre o sposa del farao­ne, titoli onorifici spesso interpretati nell'ombra. Esistono però significative eccezioni. 

HATSHEPSUT, figlia di Thutmosi I e sposa-sorella del suo successore, si sostituisce per anni nel governo del Paese al figlio Thutmoses III, divenuto sovrano in età inidonea per regnare.

Sotto di lei l'Egitto abbandona la politica aggressiva verso il vicino Oriente adottata dai predecessori, ma conquista indubbi successi nell'apertu­ra di nuove vie commerciali verso la ricca terra di PUNT.

Sembra che la regina abbia goduto dell'appoggio del po­tente clero devoto ad Amon al punto che numerosi tem­pli del dio le sono dedicati. Il più bello e senza dubbio quello addossato alla scosce­sa parete rocciosa di DEIR EL-BAHRI.  I  geroglifici iscritti sulle pareti ricordano i successi della regina. Quando si fa rappresentare, Hatshepsut è ritratta con gli attributi del faraone ma­schio, barba tradizionale compresa, a dimostrazione di quanto sia inusuale per una donna ricoprire tale incarico.

Alla sua morte, Thut­mosi III, irriconoscente, fa di tutto per infangarne la me­moria, ne abbatte persino le statue e sistematicamente procede alla rimozione del suo nome dai monumenti che la ricordano. Neppure una traccia deve rimanere del fa­sto del suo regno. 

La personalità di NEFERTITI, sposa di Amenofi IV e sostenitrice del suo audace progetto di riforma religiosa, è stata oggetto di poco credibili trasfigurazioni fantastiche. A favorirle sono le notizie relative all'impegno fanatico di cui avrebbe dato prova per diffondere nel Paese il culto del disco solare Aton, ma anche l'umanità suggerita dalle numerose scene che la ritraggono in affettuosa conversa­zione con il marito o impegnata ad accudire le sei figlie nate dal matrimonio.

Lo stesso realismo insolito traspare dal notissimo
busto di Berlino, opera in calcare policro­mo, audace nella realizzazione al punto che non ci si aspetterebbe che l'alto copricapo della regina riesca ad ar­monizzarsi con il suo fragile collo. Il profilo della donna è bellissimo, ma la grazia elegante non è la sola qualità del­la regina che è l'unica a essere rappresentata nell'atto di massacrare i nemici.

Avvolta nel mistero è la sua uscita di scena, al dodicesimo anno del regno del marito, così co­me misteriosa resta la sua sepoltura. Si crede che la sua salma abbia accompagnato quello del marito ad AMAR­NA, ma il sito è stato trovato profanato e il sarcofago reale distrutto.
 

NEFERTARI è la più nota delle molte mogli di Ramsete Il, una delle poche regine divinizzate in vita.
A lei è dedicato il tempio minore del vasto complesso di ABU SIMBEL, quello sacro alla dea Hathor con cui è identificata.

Ma a un altro monumento è affidata la sua notorietà: la sua tomba rinvenuta da una spedizione archeologica italiana nella VALLE DELLE REGINE.

I colori vivissimi delle scene pa­rietali che descrivono il viaggio di Nefertari verso la re­surrezione ultraterrena sono stati oggetto di lungo e atten­to restauro ultimato nel 1994 e concluso dall'apertura al pubblico del sepolcro. 

I reperti

In alto il colossale tempio funerario della regina Hatshepsut a Deir el-Bahari. Oltre la scoscesa parete rocciosa cui l’edificio è addossato si estende la Valle dei Re.

Busto della regina Nefertiti conservato nel Museo di Berlino.

In basso raffigurazione di Nefertari vicino al dio Horo dalla testa di falco.

 Hatshepsut  

Alla morte di Tuthmosi I gli successe il figlio TUTHMOSI Il che regno sull’Egitto per soli tre anni. Si sposo con la sorellastra HATSHEPSUT da cui ebbe una figlia; con una sposa secondaria genero TUTHMOSI III il successore designato.
Poichè tuttavia, quando scompar­ve, il figlio era in età troppo immatura per governare, fu la sorella-sposa Hatshepsut a subentrargli di fatto. Con lei l'Egitto annovera la prima grande figura di regina della sua lunga storia.

Indubbi segnali divini concorrono a presagirne la gran­dezza e la fama.

Sono iscritti entro una trama narrativa che con ovvi obiettivi propagandistici la regina fece ripor­tare sulle pareti del suo tempio addossato alla roccia. AMON, il capo degli dei, convocò un giorno l'assemblea divina con l'intenzione di chiedere un parere circa l'oppor­tunità di dare all'Egitto un nuovo grande sovrano. 

Cor­reva il regno di Tuthmosi I e alla chiamata di Amon le divinità accorsero pron­te. Fra di esse vi era THOT, lo scriba degli dei,il saggio per eccellenza, che ad Amon consigliò di generare il nuovo re con la mediazione di Ahmes, la regina in carica.  Accolto il suggerimento, Amon assunse allora l'aspetto mortale del faraone e si introdusse nella stanza nuziale. Quella notte Ahmes sarebbe stata inebriata a tal punto dal profumo che emanava dal corpo del marito da convincersi per un'unione... soprannaturale. 

A rivelare poi il risultato di quell'incontro sarà lo stesso Amon che, comparso al co­spetto di Ahmes, le annuncerà come imminente la nascita di 'colei che abbraccia Amon'.
La venuta al mondo della futura regina, assistita dalla dea del parto TAWERT, sarà propiziata da HATHOR, la dea che porterà la nuova nata al cospetto del padre-dio e del suo consigliere Thot che alla bambina profetizzerà la durata del regno. 

Monumenti e reperti


E’ stata ritrovata a Roma verso la metà dell’Ottocento presso l’abside di Santa Maria sopra Minerva, nel luogo in cui sorgeva anticamente Iseo,questa sfinge di Hatshepsut raffigura la regina distesa nella posizione del leone accovacciato col capo ornato dalla parrucca hathorica,tipica delle sovrane, che ricadeva sulle spalle in due riccioli laterali e in una treccia sulla schiena.

Il pezzo fa parte della collezione del Museo Barracco di scultura antica di Roma.

Tempio sepolcrale della regina Hatshepsut a Deir  el-Bahari e un particolare della terrazza con le colonne orisiache.

Ultima in basso la testa in calcare della regina conservata al Museo del Cairo.
 

Altri due dei, secondo il racconto, avrebbero provveduto all'investitura della regina: SETH le avrebbe infatti conse­gnato la corona bianca dell'Alto Egitto, mentre HORUS avrebbe provveduto a dotarla del copricapo rosso del Basso Egitto. Ciò si sarebbe storicamente compiuto tra il secondo e il settimo anno di regno di Tuthmosi III, che per ventun anni la madre esautorò di fatto della possibilità di eserci­tare il comando.

Quella che alcuni descrivono come un u­surpazione ai danni del figlio-nipote fu resa possibile dal carattere volitivo della donna che si arrogò il diritto-dovere dell'esercizio di tutti gli affari di Stato con grande ener­gia.Lo faceva d'altra parte con il pieno consenso dei sud­diti che le riconobbero i cinque nomi tradizionali della ti­tolatura del faraone,  mentre gli artisti, in ossequio al canone maschile della raffigurazione regia, la ritrassero con la barba o con la veste tipica del sovrano senza che il petto scoperto lasciasse intuire i suoi attributi femminili.
 

Come dire che una donna, se voleva essere re, doveva accettare appieno l'identificazione con il principio maschile che ispirava il concetto stesso di regalità. Della collaborazione di grandi uomini Hatshepsut si servì per la realizzazione di grandiosi progetti.
Il funziona­rio NEHESY ricevette dalla regina l'incarico di guidare l'ardita spedizione egizia nella TERRA DI PUNT.

Questi oltre alle tradizionali e profumatissime resine, le portò in dono uno splendido esemplare di pantera. Il gran sacerdote HA­PUSENEB fu suo visir e assistente ai lavori presso il tem­pio di Amon a Karnak e l'architetto SENENMUT, il più amato fra i consiglieri della regina, fu il progettista e direttore dei lavori del complesso sepolcrale di DEIR EL-BAHA­RI.
 

Il tempio, una delle più colossali costruzioni egizie per dimensioni e quantità del materiale di pregio utilizzato, è un esempio perfetto di come l'architettura possa armoniz­zarsi con il paesaggio circostante e addolcirne l'asprezza. E’  infatti addossato a una scoscesa parete rocciosa e si svilup­pa su tre livelli sovrapposti cui si accede attraverso una rampa.

Le ampie terrazze di questo anfiteatro sono ornate da portici decorati da bassorilievi dipinti: vi si rievocano le vicende della teogamia ('matrimonio divino') che precedet­tero la nascita di Hatshepsut, la spedizione nella Terra di Punt e il difficile trasporto degli obelischi portati da As­suan. La terrazza più alta dà accesso a cappelle dove Senen­mut si fece ritrarre all'interno di alcune nicchie, ma non tutto è stato ancora riportato alla luce e attualmente spedi­zioni archeologiche (tra cui una missione italiana) sono al­l'opera per svelare gli ultimi segreti del luogo. 

L’attività di costruzione di nuovi siti sacri si estese duran­te il regno di Hatshepsut da Tebe a Elefantina e testimoniò, oltre al grande gusto artistico della regina e dei suoi colla­boratori, la prosperità economica di un Paese che, ormai uscito dalla fase più difficile della sua storia, tornava a go­dere di straordinarie risorse umane ed economiche.
Cinquantenne, Hatshepsut uscì misteriosamente di sce­na.

Qualcuno pensa a una morte violenta, all'esito dram­matico di una vendetta messa in atto dal figliastro usurpa­to, ma nulla tuttavia ci autorizza a credere in una simile congettura.

Sembra più credibile che, ormai stanca, la re­gina abbia lasciato lo scettro al figlio, nel pieno vigore del­le forze per assolvere al meglio i suoi doveri di sovrano. Con lei scompare una delle tante figure femminili egizie che, nella politica come nel mito, lasciarono tracce indi­menticabili di sé.

Hatshepsut

Volto di hatshepsutFiglia maggiore del re Thutmosis I, sposata al fratellastro Thutmosis II e tutrice del giovane fratellastro-nipote Thutmosis III, Hatshepsut riuscì in un modo o nell'altro a sfidare la tradizione e a installarsi saldamente sul trono divino dei faraoni. Fu l'unica presenza femminile nella storia ad essere rappresentata, sia come donna che come uomo, vestita con abiti maschili, dotata di accessori maschili e addirittura della barba finta tradizionalmente esibita dai faraoni. Nonostante durante il suo regnò l'Egitto prosperasse, dopo la sua morte, si cercò con ogni mezzo di cancellare il suo nome e la sua immagine. I monumenti di Hatshepsut furono abbattuti o usurpati da altri, i ritratti distrutti e il nome cancellato dalla storia e dall'elenco ufficiale dei re egizi. Ma qualcosa rimase: Manetone, menzionò un faraone donna, di nome Amense o Amensis, come quinto sovrano della XVIII dinastia. La regina Hatshepsut è il monarca di sesso femminile più famoso che l'Egitto abbia mai avuto in tutto il corso della sua storia. Infatti, al contrario di come comunemente si crede, non fu l'unica donna che riuscì a governare l’Egitto. Per decenni questa regina è stata definita come l'usurpatrice di un ruolo completamente maschile e quindi la sua presa del potere viene interpretata come un atto che contrasta fortemente con lo status quo. Studi recenti ha però dimostrato che uno degli elementi chiave nei successi di Hatshepsut fu sicuramente lo sviluppo del ruolo della regina durante la seconda metà della XVII dinastia. Hatshepsut era cresciuta nel palazzo del re, dove era stata educata dagli scribi di corte. In quel periodo il palazzo del re si trovava a fianco dell'entrata nord del tempio di Amon a Karnak, dove oggi c’è il colonnato fatto costruire da Tarharka nel cortile di Rameses II. Durante la sua gioventù Hatshepsut dovette vedere la morte dei suoi due fratelli Ahmose and Wadjmose, e della sorella, Neferubity, anche se non abbiamo nessuna informazione sulle cause di queste morti. Potrebbe essere dopo questi decessi che Thutmosi I presentò sua figlia Hatshepsut alla corte e ne fece la sua erede, come attesta una sua iscrizione che si trova nel suo tempio funerario di Deir el Bahari. Poi sua maestà (Thutmosi I) disse a loro: "Questa è mia figlia, Khnumetamon Hatshepsut - possa lei vivere! - Io ho scelto lei come successore per il mio trono...lei dirigerà il popolo in ogni parte del palazzo; lei vi guiderà. Obbedite alle sue parole, unitevi al suo comando." I nobili reali, i dignitari e i capi del popolo sentirono il proclama della promozione della sua figlia, il Re dell’Alto e del Basso Egitto, Maatkara - possa lei vivere in eterno!" Ma a questo punto, compare improvvisamente sulla scena un altro figlio del faraone, Thutmosi, che fino ad allora non era mai stato nominato nelle iscrizioni ufficiali di suo padre. E fu lui, non Hatshepsut a diventare faraone allo morte di Thutmosi I. Si può presumere che, per rinforzare i suoi diritti al trono, fu in questo periodo che si decise il suo matrimonio con la sorellastra, Hatshepsut, che doveva avere qualche anno più di lui. Si ipotizza che Hatshepsut lo sposò appena prima o forse addirittura durante la sua incoronazione, nell’anno 1, il secondo giorno del mese di Akhet. Dopo la morte di Thutmosi I il primo dovere del nuovo re e della sua energica sposa dovette essere la sepoltura del loro padre. Il nuovo faraone doveva essere molto giovane. Una statua del re, recentemente scoperta ad Elefantina lo rappresenta senza dubbio come un giovinetto, e il fatto che non sia mai nominato come principe durante i trent’anni del regno di suo padre, suggerisce che avesse molto meno dei trent’anni che Luc Gabolde gli attribuisce. Il visir Ineni ha lasciato scritto che egli salì al trono come un falco nell’uovo. La stessa espressione che venne in seguito usata sia da Thutmosi III che da Amenofi III, ed in entrambi i casi abbiamo la certezza della loro estrema giovinezza al momento di diventare faraoni. Un’altra indicazione, per quanto poco attendibile, sulla sua gioventù e sulla brevità del suo regno ci è data dal basso numero di eredi generati. L’unica figlia di Hatshepsut, la principessa Neferura, era ancora neonata quando sua madre diventò la reggente di Thutmosi III, che risulta essere l’unico figlio maschio di Thutmosi II e che era anch’egli solo un bambino quando salì al trono.

Il cartiglio reale di Hatshepsut

 

La regina
La regina

                          La regina-faraone
                     La regina-faraone

Il sepolcro

Il sepolcro


Cuspide dell'obelisco rappresentate la regina con il
dio Amon


 Nefertiti


La personalità di NEFERTITI, sposa di Amenofi IV e sostenitrice del suo audace progetto di riforma religiosa, è stata oggetto di poco credibili trasfigurazioni fantastiche.
A favorirle sono le notizie relative all'impegno fanatico di cui avrebbe dato prova per diffondere nel Paese il culto del disco solare
Aton, ma anche l'umanità suggerita dalle numerose scene che la ritraggono in affettuosa conversa­zione con il marito o impegnata ad accudire le sei figlie nate dal matrimonio.

Lo stesso realismo insolito traspare dal notissimo
busto di Berlino, opera in calcare policro­mo, audace nella realizzazione al punto che non ci si aspetterebbe che l'alto copricapo della regina riesca ad ar­monizzarsi con il suo fragile collo.
Il profilo della donna e bellissimo, ma la grazia elegante non è la sola qualità del­la regina che è l'unica a essere rappresentata nell'atto di massacrare i nemici.

Avvolta nel mistero è la sua uscita di scena, al dodicesimo anno del regno del marito, cosi co­me misteriosa resta la sua sepoltura. Si crede che la sua salma abbia accompagnato quello del marito ad AMAR­NA, ma il sito e stato trovato profanato e il sarcofago reale distrutto. 

I reperti


In alto il busto di Nefertiti conservato presso il Museo Egizio di Berlino e proveniente da Tel al-Amarna.

In basso una raffigurazione delle due figlie di Amenofi IV – Akhenaton in atteggiamento di reciproco affetto con vivo realismo  secondo i nuovi canoni artistici introdotti dall’arte armaniana.   

La regina svolgeva un ruolo importante.
Spesso si sosti­tuiva al marito, forse vittima di una malattia ormonale, nella direzione degli affari di Stato e con lui amava mo­strarsi in pubblico nell'atto di montare il carro dorato trai­nato da impetuosi cavalli bianchi.

Era d'altra parte anche una madre affettuosa, educava le sue sei figlie con sempli­cità e consentiva loro di partecipare a ogni momento della vita a palazzo.

Ma la durata di questa felice condizione di coppia è bre­ve.
A poco a poco a palazzo s'imposero le divisioni, la re­lazione coniugale ne risentì negativamente e, dopo dodici anni di convivenza, Nelertiti e Akhenaton si separarono.

Il re, rinnegando la sua promessa ad Aton e al suo popolo, rientrò a Tebe lasciando la regina sola ad Akhet-Aton. E lei rimase, volitiva come sempre, a cercare di tenere in vi­ta con la forza della disperazione un sogno ormai al tra­monto.
 

Fu allora, quando Nefertiti aveva venticinque an­ni, che il maestro scultore DJEHUTYMOSE la ritrasse nel busto conservato oggi a BERLINO: sul fragile collo, un profilo finissimo e sottile che il copricapo completa in al­tezza ed eleganza, uno sguardo puntato diritto verso l’e­ternità. Sembra che Nefertiti abbia tentato allora di impadronir­si del potere; scrisse infatti una lettera al re ittita in cui gli comunicava la morte dello sposo. 

Lo informava che, in assenza di pretendenti accettabili, era disposta a prendere come sposo uno dei suoi figli, ma il progetto fallì visto che il predestinato finì assassinato mentre tentava di vali­care la frontiera egizia (e alcuni, e bene precisano, attri­buiscono l'iniziativa del matrimonio con uno straniero non a Nefertiti, ma a una regina successiva, forse la mo­glie di Tutankhamon rimasta vedova in giovane età).

Non si conoscono le circostanze della morte di Neferti­ti. Morì forse a trentacinque anni, ma il suo nome non è mai stato trovato su quello che e stato identificato come il suo sarcofago, nè su quelli di Akhenaton.

Forse il suo cor­po fu bruciato, segno di indegnità presso gli Egizi. Certo è che la tomba di Amenofi lV quella in cui aveva chiesto di essere sepolto accanto ai suoi familiari, fu trovata com­pletamente saccheggiata. 

Le vita a Tel-el-Amarna


Tutto intorno erano giardini, parchi, laghi, bacini ricchi di animali. La pittura e la scultura raffigurano scene di vita quotidiana della fami­glia reale, riti officiati dalla coppia e, in modi insoliti, si caricano di realismo e modernità. Un bassorilievo ritras­se il faraone in preghiera nell'atto di sorreggere il cadave­re della figlia Maketaton. Una statua raffigura Akhenaton mentre abbraccia Nefertiti teneramente adagiata sulle sue ginocchia. 

Nefertiti

Busto di Nefertiti

NEFERTITI (XVIII dinastia). Secondo le ultime interpretazioni, Nefertiti viene considerata figlia di Ay, fratello di Teie, nipote quindi di Yuia e Tuia e cioè cugina di Amenhotep IV. Nefertiti e il suo sposo ,formarono una coppia molto legata dal punto di vista politico. Nel V anno di regno, quando il sovrano cambia il suo nome in quello di Akhenaton, Nefertiti riceve un altro nome : "Nefer-nefru-aten"(Aten è perfetto nella sua bellezza).Sembra che dopo il XII anno di regno, abbia ricoperto a corte un ruolo di minor importanza, probabilmente per la presenza di Kiya, altra sposa di Akhenaten. Nefertiti morì durante il XIV anno di regno di Akhenaten.

Alcuni archeologi britannici pensano di aver identificato il corpo di una più famose regine dell'Antico Egitto, la cui bellezza - tramandata da una delle più splendide opere di scultura dell'antichità - è rimasta leggendaria: Nefertiti, matrigna del faraone Tutankhamen, che fu una delle donne più potenti dei suoi tempi. Lo scrive nel sito on line il Sunday Times.
Dopo 12 anni di ricerche, gli studiosi hanno concluso che una mummia non troppo ben conservata ritrovata nella Valle dei Re, è proprio quella, antica 3.500 anni, della mitica regina. Joann Fletcher, che fa parte del gruppo di ricerca dell'università di York, ha riferito che l'esame della mummia ha permesso di chiarire che essa risale alla diciottesima dinastia, ed è stata disposta nel modo tipico delle mummie reali.
Questi, e altri particolari, convergono nell'identificarla come la mummia di Nefertiti. La mummia era stata portata alla luce nel 1898 da archeologi francesi. Era murata in una camera laterale nella tomba del faraone Amenothep II. Le sue cattive condizioni di conservazione non l'avevano portata all'attenzione degli scienziati.
Venne fotografata una volta soltanto, nel 1907. Da allora, era conosciuta soltanto con la definizione "mummia di giovane donna". Fu proprio quella vecchia foto a suscitare l'attenzione di Joann Fletcher, che notò la somiglianza della mummia col famosissimo busto di Nefertiti conservato a Berlino, celebre come una delle opere più alte della statuaria antica. Mostra una donna dal profilo purissimo, col collo da cigno e gli zigomi alti e sottili.

Mummia di Nefertiti:
forse è un uomo
Dubbi sul ritrovamento della regina egiziana

La mummia che si pensava appartenere alla regina egiziana Nefertiti potrebbe
essere quella di un uomo. Zahi Hawass, egittologo inglese del Supremo consiglio
archeologico del Cairo, ha messo in dubbio l'importante ritrovamento dell'Università di York, che aveva annunciato in giugno la scoperta della salma della regina rinomata nel mondo antico per la bellezza. Le anche della mummia sono troppo strette per appartenere a una donna sei volte madre.
Joann Fletcher, esperta di mummificazione dell'Università di York, aveva
comunicato il dissotterramento della mummia della potente regina egiziana,
portato a termine dalla sua squadra nella Valle dei Re di Luxor.
Discovery Channel aveva poi pubblicizzato il ritrovamento in una trasmissione televisiva, senza curarsi dei dubbi sul sesso della mummia espressi dal segretario generale del Supremo consiglio archeologico, Hawass.
"Sono sicuro che la mummia non appartenga a una donna", aveva dichiarato
immediatamente l'esperto, da 35 anni attivo sul campo. Dall'altra parte,
lo stesso studio inoltrato al consiglio archeologico della capitale egiziana
da Don Brothwell, alla guida della spedizione dell'Università di York, riconosceva alcune "incertezze in merito al sesso dell'individuo mummificato", pur concludendo che si trattasse di una donna per la mancanza di genitali maschili. Immediato il collegamento con la potente regina, alla guida del regno a fianco del marito Akhenaton, dal 1379 al 1362 a.C.
Hawass ha infine eliminato ogni incertezza, spiegando che il doppio-piercing
all'orecchio della mummia all'epoca era comune sia nelle donne che negli
uomini in un periodo differente da quello in cui era vissuta la regina Nefertiti.
In quegli anni era più consueto negli uomini. "In particolare - ha specificato
l'egittologo -, nessuna regina usava orecchini e ciondoli alle orecchie".
Numerosi gli elementi discordanti poi con la storia tramandata. Secondo
la tradizione, la bellissima regina è morta a 35 anni, mentre i resti ritrovati
appartengono a un individuo fra i 18 e i 30 anni. Un'analisi più meticolosa
del cadavere ha chiuso la questione: i fianchi della mummia sono, infatti,
troppo stretti per essere quelli di una donna che ha partorito sei volte."

Articolo di Dayna


Nefertari, la bella tra le belle 

Quando nel 1904 l'archeologo italiano ERNESTO SCHIAPARELLI, durante la sua seconda campagna di scavi nella Valle delle Regine, scoprì la tomba della grande sposa reale di Ramses lI, si rese conto immediata­mente della portata del ritrovamento.

“ La nostra Missione si rallegrò della scoperta di questa tomba come di uno dei maggiori risultati da essa ottenuti perché oltre a essere appartenuta a una delle più celebri regine d'Egitto essa era pure di singolare bel­lezza, sia per la disposizione architettonica sia per i bassorilievi e le iscrizioni che ne coprivano interamente le pareti; gli uni e le altre, erano modellati in rilievo su uno strato di stucco col quale tutte le pareti e il soffitto furono coperti, non essendo lo strato di roccia calcarea nella quale la tomba è scavata abbastanza omo­geneo e compatto da potersi lavorare direttamente “.

Così scriveva il diret­tore del Museo Egizio di Torino nel­la cronaca dell'impresa; oggi, dopo i recenti restauri, i risultati del suo la­voro sono stati valorizzati appieno.Pur saccheggiata e di fatto spogliata di quasi tutte le suppellettili che conte­neva, la tomba presentava infatti bellissime decorazioni che neppure le infiltrazioni d'acqua e i conseguenti danni avevano rovinato al punto da minarne per sempre la niti­dezza dei contorni e la brillantezza dei colori. 

Ma chi era NEFERTARI, la ‘ bella tra le belle, la ‘ ricca di fascino ' ?

Ramses II sposò Nefertari probabilmen­te prima di diventare re, durante il perio­do di coreggenza con il padre.
Cosa la distinse tra le altre mogli del faraone o quale virtù o forza di carattere ebbe per esercitare un ruolo di primo piano accanto al marito,
affiancandolo nelle principali decisioni di politica interna ed estera, rimane un mistero.

Quanto al nome, si doveva presumibilmente a ragioni dinastiche: prima di lei infatti era stato portato dalla moglie di Ahmose, il fondatore della XVIII dinastia e dalla consorte di Tuthmosi III. Nefer stava a indicare in egizio il superlativo dell'aggettivo bel­lo, donde gli epiteti bellissima, ‘ la più bella '.
 

Che i lineamenti e il portamento della regina fossero al­l' altezza del suo nome è confermato dai numerosi ritrat­ti che compaiono sulle pareti della sua tomba; l'autorevo­lezza è invece testimoniata dal fatto che in un tempio minore di Abu Simbel la statua di Nefertari è affiancata a quella del marito e, cosa davvero insolita, è rappresentata della sua stessa grandezza. Se si considera il carattere for­temente concettuale dell'arte egizia che, come quella me­sopotamica, ritraeva la figura umana più o meno grande in base al ruolo ricoperto, sembra lecito ipotizzare che la regina godesse di straordinario favore nel Paese. 

La scoperta della tomba di Nefertari

Ernesto Schiapparelli  (nell’immagine) fu con Francesco Ballerini tra i primi archeologi italiani a lavorare nella Valle delle Regine. Spetta a loro il merito del ritrovamento della tomba della  “grande sposa reale”.

Le origini familiari della ' grande sposa ' di Ramses II affondano nella leggenda. Il ritrovamento nella sua tomba di un oggetto riportante il cartiglio del faraone Ay  fece credere a Schiaparelli e ad altri l'esistenza di un legame di sangue tra Nefertari e i faraoni della XVIII dina­stia.

Ma l'ipotesi che con questo matrimonio Ramses iI Grande abbia inteso procurarsi una parentela divina che non poteva vantare tra i diretti antenati pare suggestiva ma poco credibile.
 

La nobile signora  e ‘ signora delle due terre' amava ac­compagnare il sovrano in tutte le celebrazioni religiose e civili e lo seguì in numerosi dei suoi viaggi.
Anche in po­litica estera giocò un ruolo rilevante come e stato prova­to dal ritrovamento, tra le tavolette dell'archivio del palaz­zo reale di HATTUSAS, la capitale ittita, di una lettera spedita dalla grande regina d'Egitto alla moglie di Hattusi­li, il re ittita con cui Ramses II aveva concluso il trattato di pace seguito ai fatti di Qadesh.
 

In essa Nefertari si rallegrava per le strette relazioni di amicizia tra i due Paesi che l'accordo aveva favorito. 

Qualche incertezza sussiste sulla morte della ‘ bella tra le belle ', che i più propendono per collocare tra l'anno venti­seiesimo e il trentaquattresimo del regno di Ramses Il. In quest'epoca si colloca infatti il completamento della deco­razione del piccolo tempio di Ahu Simbel.  

Sulle sue pareti la regina è ritratta in atteggiamenti tipici di vita, ma l'iscri­zione che sta sulla facciata dell'edificio ha il tono della commemorazione funeraria. Nefertari si spense quindi a quarant'anni circa d'età, e a confermarlo è il fatto che nes­suna moglie dopo di lei è detta ‘ grande sposa reale '. Come moglie fu unica e altrettanto di lei si può dire come don­na. La sua mummia non è mai stata trovata, ma la viva­cità delle scene affrescate sulle pareti della sua tomba ci hanno restituito viva l'amata da Mut .

Nefertari e le sue raffigurazioni


In alto sul capo di Nefertari è posta la tipica corona delle regine e delle principesse egizie formata da una spoglia di avvoltoio, due larghe ali ripiegate ai lati e da un supporto detto “modio” che poteva fare da base per altre decorazioni.

Più in basso, Nefertari fa delle offerte alle divinità, e alla dea Hator.  

NEFERTARI
Il triste destino della sposa prediletta

Poco più a Nord del Tempio Grande di Abu Simbel, si trova un tempio rupestre più piccolo che il faraone dedicò a Nefertari . Di orgine tebana ( ma non si hanno testimonianze sicuro di questo) è' certo che fu la più amata tra le spose del faraone, sia da parte del sovrano sia da parte del popolo. "La più bella", questo è il significato del nome della regina, ed effettivamente i numerosi ritratti ne testimoniano il fascino e la delicatezza dei lineamenti. Ramses la sposò prima di succedere al padre e la volle con sè ovunque. Appariva accanto al faraone durante le cerimonie religiose e in ogni occasione ufficiale. Anche nei dipinti e nelle incisioni sui monumenti si ritrova spesso a fianco del marito in pose molto affettuose. Come nel particolare del tempio di Luxor dove la regina sembra accarezzare affettuosamente la gamba di un colosso di Ramses. Anche nella vita politica Nefertari ebbe un ruolo importante. I suoi contatti epistolari e gli scambi di doni con la regina degli Ittiti  Piduhepa ebbero sicuramente influenza positiva sul processo di pace fra i  rispettivi popoli. Al faraone diede sei figli, due femmine, Meritamon e Nebettani che entrambe furono in seguito spose e regine di Ramesse II, e quattro maschi. Di quest'ultimi, però, nessuno divenne re perchè tutti morirono piuttosto giovani. Fu infatti Merenptah, uno dei figli di Istnofret, l'altra sposa reale, a salire al trono dopo la morte del padre. Nefertari avrebbe dovuto essere a fianco del marito per l'inaugurazione di Abu Simbel. Ma probabilmente non vi partecipò. Un'ipotesi a metà tra il romanzo e la storia vuole che la regina sia spirata ad Abu Simbel, proprio sulla soglia del tempio che avrebbe condiviso con il suo sposo per l'eternità. Morì a circa quarant’anni,forse tra il 26° e il 30° anno di regno del marito. Avrebbe affidato alla figlia maggiore il compito di inaugurare il santuario con Ramses. Nefertari fu sepolta con tutti gli onori nella Valle delle Regine. Nella sua tomba,scoperta nel 1904 da Schiapparelli non si trovò molto: la mummia ed il corredo funerario erano stati trafugati. Ciò nonostante le splendide pitture sulle pareti, recentemente restaurate, fanno di questo luogo uno dei gioielli dell'antico Egitto.


 

Cartiglio di Nefertari

Nefertari con il marito Rames II
Nefertari con Ramesse II


Grazie a queste importanti figure di donna, i re d'Egitto racchiudevano in sé, come gli dei, i principi maschile e femminile. Le donne, inoltre, potevano anche governare il paese e impugnare lo scettro reale come gli uomini e diventare così sovrani a tutti gli effetti. Sia i faraoni-uomini sia i faraoni-donne erano permeati dell'essenza divina che doveva essere trasfusa anche ai principi ereditari. Questa trasmissione avveniva attraverso l'incesto, che garantiva il passaggio dell'essenza divina dai genitori ai figli. Pur non essendo una regola, nella storia dell’Antico Egitto esistono diversi casi di unione tra fratelli e sorelle e padri e figlie sul “modello” del pantheon egizio dove le coppie divine costituite da fratello e sorella generavano altre coppie divine. Le regine svolgevano anche un ruolo di primo piano come madri o spose reali sin dall'epoca arcaica; la loro importanza trapela dal fatto che anche se durante le prime dinastie solo il faraone poteva godere di una tomba monumentale esistono eccezioni "femminili" a questa regola. Una di queste è rappresentata da Neithotep, una figura di donna alquanto misteriosa, ritenuta una delle prime regine d'Egitto, forse moglie di Narmer e probabilmente madre del re Aha. Neithotep ebbe una grande tomba a Naqada, un edificio imponente e magnifico. Un'altra eccezione è quella di Merneith, di cui sono stati trovati due monumenti, uno a Sakkara e l'altro ad Abydos. Queste costruzioni non differiscono affatto né per dimensioni né per architettura da quelli dei sovrani della I dinastia, anzi sono addirittura fra i più belli dell'epoca. Tra le altre importanti regine d'Egitto troviamo Nemaathap, che visse durante la Il dinastia e fu moglie del re Khasekhemui, e tre Meresankh che vissero tra la III e la IV dinastia. Una fu la sposa secondaria e la concubina di Unis, mentre per quanto riguarda le altre due non si sa con precisione chi fosse veramente moglie di Chefren. Bisogna ricordare anche Hetepheres, madre del faraone Cheope. Tra le donne che invece regnarono sull'Egitto, come veri faraoni compaiono Nitocris, la quale chiuse la VI dinastia, e Sobekneferu che pose fine alla XII dinastia. Ahhotep I passò alla storia come la regina guerriera che ebbe un ruolo fondamentale nella lunga lotta di liberazione contro gli invasori Hyksos. Tra le grandi figure femminili della XVIII dinastia segnaliamo la regina Nefertari e il faraone-donna Hatshepsut seguita dalle regine e spose reali Teie, Nefertiti e Ankhsenamon. La dinastia successiva presenta la regina Tuya, sposa di Sethi I e madre del grande Ramesse II. La lista di regine finora incontrate si conclude con Twosre, moglie di Sethy II, una figura femminile davvero enigmatica che salì al trono regnando come un faraone e che chiuse un periodo di lotte dinastiche ed infine Cleopatra , l'ultima regina d'Egitto, il grande amore con Cesare e Marco Antonio e la fine dell' impero egizio.

Sobekneferu

Sobekneferu era un "horus-femmina", un vero e proprio faraone donna che rappresentava la titolatura reale completa. Il suo nome significava "Bellezza di Sobek", con riferimento al dio coccodrillo, simbolo di fertilità e allo stesso tempo di potenza della luce divina. La regina era sicuramente figlia di Amenemhat III e sorella ( o sorellastra o addirittura sposa) di Amenemhat IV. Il suo fu un regno breve che durò poco più di tre anni. Di lei rimangono vari monumenti provenienti dall'area del Fayyum, ma si ignora ove sia la sua tomba anche se si pensa che potrebbe essere stata costruita a Mazghuna, vicino a quella attribuita ad Amenemhat IV. La sua ascesa al trono non fu segnata da alcun conflitto all'interno del regno perchè Sobekneferu era considerata un faraone a tutti gli effetti. la regina-coccodrillo chiuse la XII dinastia.

 

Teie

TEIE.(Tiye) Fanciulla di origine non regale, figlia di Yuia e Tuia, divenne regina sposando il grande sovrano Amenhotep III (XVIII dinastia circa 1390-1352 a.c.).Fu la prima regina che ebbe un ruolo importante durante la vita del suo sposo. Partecipò attivamente alla politica estera e si preoccupò dei problemi del paese durante i primi anni di regno del figlio, nel nome del quale esercitò la reggenza. Nei pressi di Soleb, in un tempio a Sedeinga fu assimilata alla dea Hathor e venerata come patrono locale mentre era ancora in vita. Teie è stata la prima donna ad essere divinizzata durante la proprio esistenza.

 

Cleopatra

CleopatraCleopatra (Alessandria d'Egitto 69-30 a.C.), ultima regina della dinastia tolemaica; regnò sull'Egitto come Cleopatra VII dal 51 al 30 a.C. ed è passata alla storia per le sue relazioni sentimentali con Giulio Cesare e Marco Antonio.
Figlia del faraone Tolomeo XII Aulete, alla morte del padre nel 51 a.C. fu associata al trono con il fratello Tolomeo XIII, dodicenne, a condizione che si sposassero, come era nell'uso tra i faraoni egiziani. Nel terzo anno di regno, Tolomeo XIII, incoraggiato dai suoi consiglieri, assunse da solo il governo e mandò la sorella in esilio. Cleopatra si rifugiò in Siria, dove rivendicò abilmente i suoi diritti fino all'arrivo di Giulio Cesare, il quale, sconfitti gli egiziani sul Nilo nel corso della guerra alessandrina (48-47 a.C.), uccise Tolomeo e insediò sul trono Cleopatra, nel frattempo divenuta sua amante.
Secondo le consuetudini egiziane, Cleopatra dovette regnare insieme al fratello minore, Tolomeo XIV, allora undicenne, che fu costretta a sposare. Una volta assicurata la stabilità del governo egiziano, Cleopatra si trasferì a Roma, dove visse come amante di Cesare dal quale ebbe un figlio, Cesarione. Dopo l'assassinio di Cesare nel 44 a.C., tornò in Egitto dove, secondo alcune fonti, avvelenò Tolomeo XIV e associò al trono il figlio Cesarione. Allorché la battaglia di Filippi (42 a.C.) pose fine alla guerra civile seguita alla morte di Cesare, Cleopatra si legò ad Antonio, divenendo la sua amante; ebbe su di lui una profonda influenza, al punto da accreditare la voce che i due ambissero a dar vita a un regno orientale in opposizione a Roma.
Nel 40 a.C. Cleopatra ebbe da Antonio due gemelli e quattro anni dopo i due si sposarono ed ebbero un terzo figlio. Nel 34 a.C., dopo la vittoriosa campagna contro i parti, Antonio celebrò il proprio trionfo ad Alessandria e annunciò pubblicamente la divisione dell'impero, già di Alessandro Magno, tra Cleopatra e i figli. Quando la notizia giunse a Roma, Cesare Ottaviano Augusto dichiarò guerra ad Antonio: nella battaglia navale di Azio (31 a.C.) i romani distrussero la flotta di Cleopatra, e nell'agosto del 30 a.C., quando venne espugnata la città di Alessandria, Antonio e Cleopatra si suicidarono (secondo la leggenda la regina si fece mordere da un serpente). Cesarione fu giustiziato da Ottaviano e l'Egitto passò nelle mani di Roma, come proprietà personale dell'imperatore.

Volto di Cleopatra
Frammento di bassorilievo