Pagina Iniziale Foto amatoriali BOJANO
Il Ver Sacrum
Il
territorio abitato dai Sanniti, nella parte centro-meridionale della penisola
italiana, era chiamato dai suoi abitanti Safinim i quali designavano se
stessi come Safineis. In latino Safinim divenne per assimilazione Samnium,
da cui i Romani derivarono il termine Samnites per designare gli
abitanti.
I Greci li chiamavano Saunitai e la loro terra Saunitis.
La tradizione antica vuole che i Sanniti fossero immigrati in quelle terre dove
precedentemente vivevano gli Opici o Oschi e che ne avrebbero assimilato
gradualmente gli usi e la lingua, l'Osco appunto. Si crede che fossero arrivati
nel Sannio dalle terre limitrofe dei Sabini, di cui sarebbero stati i
discendenti. Tale ipotesi porterebbe alla conclusione che i Sanniti avrebbero
origini greche in quanto i Sabini discendevano, come affermavano Strabone,
Plutarco ed Dionisio di Alicarnasso, dagli Spartani.
Questa
ipotesi sembra più essere una legenda che trae origini dall'analogia tra il
loro modo di vivere, semplice e votato alla prestanza fisica, e quello degli
spartani.
Le popolazioni osco-umbre, che includevano sia i Sanniti che i Sabini, si erano
quindi sviluppate dalla fusione di abitanti del luogo con infiltrazioni
indoeuropee, durante l'Età del ferro.
Nel 600 a.C. esistevano ormai tribù osco-umbre distinte e nel 500, se non
prima, il popolo storicamente noto come Sanniti deve essere stato chiaramente
identificabile ed aver avuto il controllo incontrastato del Sannio.
Le ampie aree pianeggianti
dai contorni limitati e modellati dalle pendici delle impervie montagne del
Sannio favorirono quindi l'insediamento di queste popolazioni stanziatesi
probabilmente a causa di un Ver Sacrum o Primavera Sacra,
una manifestazione divinatoria attuata dalle popolazioni antiche e basata su
emigrazioni forzate. Che vi sia stata all'inizio un'impostazione sacrale di tali
riti sarà forse vero ma in seguito questa prassi si rivelò anche un ottimo
metodo per diminuire la pressione demografica in talune zone della penisola
favorendo la colonizzazione delle altre aree limitrofe. Analizzando le procedure
dei riti sacri dedicati alle divinità dell'Olimpo italico è possibile intuire
come venivano a formarsi le singole tribù sabelle. Ciò grazie anche alla
tradizione tramandataci dagli scrittori antichi che descrissero come questo
rituale religioso, il Ver Sacrum appunto, spingesse i popoli di lingua osca ad
inoltrarsi sempre più lungo gli Appennini, discendendo periodica-mente alle
pianure su entrambi i versanti. Secondo queste tradizioni il rito arcaico
prendeva forma nel momento in cui avversità di carattere fisico come malattie e
pestilenze oppure psicologico come il succedersi di avvenimenti negativi,
spingessero una determinata tribù a sacrificare i primogeniti nati nel periodo
primaverile al dio Mamerte (Marte).
In verità il sacrificio consisteva nel rendere, coloro che dovevano essere
sacrificati, dei sacrati ovvero persone offerte al dio in una
forma però che rispettava sia l'idea del sacrificio sia le esigenze di crescita
della tribù stessa.
In questo modo tali
individui vivevano fino all'età adulta come elementi particolari con un destino
già segnato. L'obbligo era di lasciare il proprio gruppo di appartenenza per
cercare nuove terre dove insediarsi, muovendosi sotto la guida di un animale
sacro alla divinità. L'animale guida poteva essere rappresentato da un toro, un
lupo oppure un cervo ed il gruppo emigrante lo seguiva nel suo errare e si
stabiliva nel luogo che pensavano l'animale avesse indicato. .A compiere questo
genere di migrazioni dovettero essere in modo particolare quei guerrieri-pastori
tipici di tante etnie mediterranee. Anche l'animale guida ha i suoi equivalenti:
la sua esistenza è nota presso altre comunità indoeuropee.
L'origine remota di tale pratica si può forse ricercare in qualche cerimonia
connessa con la migrazione stagionale delle greggi. E' molto probabile che con
il passare del tempo non si facesse più ricorso ad un animale reale ma i
Sacrati marciassero sotto un vessillo su cui l'animale era raffigurato.
Nelle
tradizioni dei popoli oschi, l'inizio dei viaggi sacri cioè il punto geografico
da cui partivano i Sacrati per colonizzare altri territori, era da identificarsi
in un luogo della Sabinia in cui dimorava un oracolo nei pressi di una zona
ricca di acque solfuree, probabilmente l'attuale Paterno tra Città Ducale e
Antrodoco. In quelle terre una volta vi era stato un grande lago determinato
dall'allargarsi del letto del fiume Velino, in mezzo al quale esisteva una verde
isola galleggiante che era stata indicata anticamente da quell'oracolo ai
profughi provenienti da Dodona, in Grecia, come il luogo dove fondare la nuova
città di Cutilia.
Il "laghetto sacro di Cutilia", nell'odierno territorio di
Rieti, venerato per la sua isoletta natante e ritenuto dagli antichi come
l'ombelico d'Italia, fu quindi il luogo da cui, secondo Festo, partirono
7000 Sabini con a capo Comio (o Comino) Castronio, guidati da un
bove, l'animale sacro che avrebbe indicato la strada da seguire.
Interpretando i segni divini che il bove, influenzato dal dio Mamerte (Marte per
i Latini, Mamerte per gli Oschi ed Ares per i Greci) avrebbe manifestato, i
Sacrati, dopo un lungo cammino, si fermarono nella terra degli Opici, presso un
colle chiamato "Samnium" da quella gente, in un'area pianeggiante
molto fertile e ricca d'acqua. Sempre secondo Festo, i Sanniti avrebbero tratto
il proprio nome da quel colle.
La figura di Comio Castronio che guidò i primi Sanniti nel loro futuro
territorio acquisì con il passare del tempo l'aureola della miticità, tanto
che l'immagine iconografica del condottiero-sacerdote che veglia il bove a
riposo venne raffigurata nel I secolo a.C. come simbolo etnico sullemoneta della
Guerra Sociale.
Il
VER SACRUM che
si svolge nella seconda domenica di maggio è, tra le manifestazioni di
carattere culturale, quella di maggiore rilievo.
È una rappresentazione scenica itinerante in costumi d'epoca, un'iniziativa che
vuole portare all'attenzione di tutti la necessità di conoscere il proprio
passato, di conoscere le proprie origini.
La ricostruzione dei rituali si basa sulle notizie tramandateci da scrittori greci e latini e dai recenti studi di archeologia, glottologia e filologia.
La rappresentazione si articola in quattro sequenze sceniche.
La
I scena rappresenta il
Ver Sacrum, un rito molto diffuso tra le
popolazioni italiche.
Il rito era dettato dal principio di popolazione in un determinato momento
storico: il Ver sacrum è il distacco di giovani dalla patria di origine
alla ricerca di nuove terre, adeguate al proprio sostentamento. La scena si basa
sulla consacrazione e sulla divinazione celebrata dal Sacerdote prima di inviare
i giovani alla ventura. Subito dopo, si assiste alla migrazione dei Sabini,
capeggiati da Comio Castronio e guidati da un bue che si
stanzieranno alle falde del Tifernus mons, dando origine alla città di Bovianum.
La II scena rappresenta l'istituzione del Matrimonio, fondamentale nella vita dei Sanniti: esso si attuava come un rito comunitario. Basato non su una scelta privata, ma pubblica, l'amore era asservito agli interessi della patria e la donna era considerata la giusta ricompensa al valore dei guerrieri.
La III scena ha il suo centro nella figura di un vecchio saggio che, sebbene abbia perduto il figlio in battaglia, incita i giovani guerrieri a perseverare nella virtù e nel valore, considerati cardini fondamentali di una società giusta e felice.
La IV scena rappresenta un rito antichissimo: il giuramento dei giovani che costituivano l'esercito sannita. Ciascun guerriero, davanti all'altare, invoca la maledizione su di sé e sulla sua stirpe qualora non combatta con valore o fugga con codardia dalla battaglia. Il guerriero che rifiuta di giurare è ucciso e buttato tra i mucchi delle vittime umane ed animali sacrificate nelle cerimonie precedenti, come monito agli altri.