Civita Superiore |
La
presenza dell’uomo a Civita è documentata fin dal VI secolo a.C.; le
tracce più consistenti risalgono però all’epoca del Longobardi che
ne fecero sede di Gastaldato e poi di Contea. Anche i Normanni
confermarono il ruolo di questo insediamento, accrescendo il castello.
La struttura castellana di Civita è stata sempre di primaria importanza
perché era attestata in posizione strategica a controllo del tratturo;
essa era sia a dominio del centro abitato sottostante, Bojano, sia a
cavaliere di uno dei punti più vitali
della principale via di comunicazione del passato che era il
percorso tratturale. Per questa sua peculiare ragione d’essere, cioè
roccaforte di livello territoriale, esso non è integrato con la città
che è posta in basso. Risulta, invece, integrato con il villaggio di
Civita, denominata ‘Superiore’. Qui l’agglomerato edilizio e le
mura costituiscono un tutt’uno venendo a fondersi la murazione con le
pareti esterne delle costruzioni: questa fusione è risolta nella
Giudecca, una delle porzioni di Civita, con l’addossare alle mura
urbane le stalle le quali non hanno bisogno di finestre. Il castello è
il fulcro del sistema difensivo che comprende anche le tre porte delle
quali si conservano i toponimi. Dunque il castello assolve a funzioni
tanto di scala territoriale quanto locale essendo a protezione
dell’insediamento abitato di Civita. Quest’ultimo si deve essere
accresciuto nel periodo medievale quando le pianure, per il divagare
delle acque dovuto all’assenza delle azioni necessarie per la loro
regimentazione, si rivelarono ostili alle abitazioni spingendo i centri
urbani a ritirarsi sui rilievi montuosi. Abbiamo in questo periodo lo
svilupparsi di insediamenti di mezzacosta, Bojano, e di terrazzo,
Civita. Questo nucleo, perciò, non può essere definito una semplice
frazione, ma va considerato un vero e proprio villaggio costituito non
solo da un aggregato di case e rustici, ma pure da alcuni servizi comuni
come la chiesa e il cimitero. C’è pure una piazza, sicuramente di
epoca più recente, creata intorno alla chiesa e alla scuola che
rappresenta un tipo di piazza particolare nel panorama delle piazze
molisane perché è una piazza-belvedere dalla quale si può ammirare
l’intera vallata dell’alto corso del Biferno. Di certo, comunque, a
Civita convivono connotati urbani insieme a caratteristiche
spiccatamente rurali dell’agglomerato. Tra questi vi è l’assenza di
abitazioni plurifamiliari che, in genere, rivelano la forza centripeta
esercitata dagli autentici nuclei urbani. Si ha poi l’assenza di
compattezza dell’agglomerato abitativo perché esso ha una densità
molto rada con gli orti che stanno dentro il villaggio. A differenza di
tutti gli altri paesi molisani nei quali la campagna è difficilmente
visibile all'interno dei nuclei abitati, qui gli orti sono ricompresi
nelle mura e non fuori, come avviene solitamente, e ciò, tralaltro
conferma l'immagine di Civita come quella di un luogo fortificato,
chiuso verso l'esterno. Un carattere urbano è quello della distinzione
tra la zona delle abitazioni, che si concentrano per lo più nella
contrada chiamata S. Giovanni, e quella delle stalle e dei fienili che
invece stanno in via Giudecca. La Giudecca è forse la parte più
pittoresca, non solo per il nome, ma anche perché è stata quasi del
tutto abbandonata, da quando le stalle, per la crisi e l'evoluzione
della pastorizia, sono inutilizzate. Oggi, in verità, è in corso
qualche intervento di riattazione a scopo abitativo che, però, sta
provocando un logoramento continuo delle mura, che poi sono le pareti
esterne delle vecchie stalle, per aprirvi qualche finestra necessaria
per la nuova destinazione. Le principali cause del degrado dell'antico
tessuto edilizio a Civita non sono, però, sicuramente, quelle degli usi
impropri, ma quelle dell'abbandono. Qui si è sentito maggiormente
l'effetto dell'emigrazione che ha colpito nei decenni passati la nostra
regione, trattandosi di un insediamento in quota. Quindi, se è lo
spopolamento che ha permesso la conservazione dei caratteri originari,
esso però è, nello stesso tempo, la causa dell'assenza di
manutenzione. I segni più evidenti dell'abbandono si scorgono nel
castello i cui paramenti murari si stanno sgretolando richiedendo
continui interventi di consolidamento da parte della Soprintendenza. |
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Le origini di Civita Superiore vanno ricercate in tempi lontani. Come testimoniano i ritrovamenti di monete, di ceramiche a vernice nera e di alcuni frammenti di tegole, infatti, Civita costituiva il centro fortificato di un insediamento sannita di una certa importanza. La sua fortuna cessò con l’avvento dei romani, che preferirono
insediare la loro colonia di Bovianum nella vallata sottostante. Nel 1400 il possesso del castello passò alla famiglia Pandone. Tra il 1489 e il 1519 il Vescovo Silvio Pandone, a capo della Diocesi di Bojano, costruì la nuova cattedrale di San Bartolomeo e migliorò la struttura della rocca adibendola a residenza estiva. Nella seconda metà del 1700, l'edificio visse un periodo d’abbandono e di povertà, destinato a perdurare e ad aggravarsi per la carenza d’acqua. Nel 1943 il castello fu bombardato e distrutto. La struttura dell’edificio è rettangolare con una lunghezza di circa
116 mt. ed una larghezza di 30 mt. L’ingresso al borgo era situato sul lato est, ma oggi esso è andato quasi completamente distrutto. Di tale fronte è visibile, infatti, solo un tratto di mura.Sul lato nord vi era una torre-cisterna di forma circolare oggi sostituita dal belvedere, costruzione moderna che poggia in parte sulle antiche mura del castello. Nell’angolo ovest, invece, era collocata la torre mastio... |
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In
epoca normanna l’attuale territorio del Molise risulta diviso in due contee:
quella più interna (Contea di
Molise, 1055) e quella
costiera (Contea di
Loritello, 1061) i cui
confini non sono ancora definitbili con esattezza. La difficoltà è dovuta in
primo luogo al fatto che i possedimenti dei vari signori normanni non
costituiscono unità politiche
compatte ma sono sviluppati “a pelle di leopardo”. Negli anni in cui il
potere centrale e i vincoli feudali diventano saldi, nuove unità
amministrative chiamate comestabulia
si aggiungono alle divisioni già esistenti ma va tenuto conto anche della
rapidità con la quale i confini possono cambiare nel tempo.
La contea di Loritello include i
possedimenti compresi tra il corso del Trigno e una fascia di terre della
Capitanata (Bovino, Montilari, Dragonara), ma i confini non sono stabili. Nel
1061 Goffredo D’Altavilla, primo conte della famiglia che governerà
Loritello (attuale Rotello), occupa parte della Marca di Chieti e, dal 1064,
Roberto I si spinge ancora più a nord diventando signore dell’Abbazia di
San Clemente a Casauria.
Lo sviluppo storico dell'architettura fortificata
Il
Molise può essere considerato una “terra di transito”, una regione che
ripetutamente nel tempo è stata coinvolta in vicende storiche che l’hanno
fortemente condizionata; una regione che anche per questo ha sempre dimostrato
una sensibile vocazione ad essere “terra di castelli”. Torri, recinti e
castelli sono sempre legati al teritorio da molteplici relazioni: lo
controllano e lo soggiogano ma al tempo stesso ne dipendono.
Le opere fortificate rappresentano una classe di “reperti” architettonici
tra i più frequenti; hanno la non comune specificità di presentare livelli
di sopravvivenza e soglie di vulnerabilità molto elevate perchè sono state
progettate, costruite e costantemente adattate a nuove situazioni proprio allo
scopo di resistere il più a lungo possibile. Il cattivo stato di
conservazione di alcune opere fortificate è imputabile non tanto a cause
belliche o a cataclismi naturali quanto piuttosto al fatto che i castelli,
ormai inutili dal punto di vista prettamente militare, sono diventati spesso
una cava di materiali da riutilizzare e poi lasciati in abbandono. Il Molise,
da questo punto di vista, presenta la singolarità, legata anche alla sua
povertà, di vedere il costante riutilizzo degli edifici antichi con
adattamenti talvolta pesanti ma più frequentemente dettati dalla più
semplice regola della necessità.
La presenza di opere fortificate nel Molise è costante nel tempo: recinti di
epoca sannita, accampamenti fortificati e città murate di epoca romana;
insediamenti, installazioni ed opere difensive longobarde, normanne; sveve ed
angioine, residenze fortificate di epoca aragonese. La toponomastica molisana
riporta frequenti citazioni che si riferiscono ad opere fortificate: la
Torretta, la Guardiana, la Rocca, Tre Torrette, la Torre... Il castello, in
queste condizioni, assume il ruolo di elemento privilegiato di interpretazione
della storia del territorio.
Il
Molise conserva tracce storiche della presenza normanna, documentazioni
d’archivio, certamente, ma soprattutto resti di architettura sacra e, ancor
più, fortificata. Questa si presenta spesso deformata da interventi
successivi ma può comunque contribuire a dimensionare, con buona precisione,
una parte della storia della presenza normanna in Europa.
Un catalogo delle opere fortificate riferibili con certezza ad interventi
normanni non è possibile, allo stato attuale delle ricerche, per
insufficienza di documentazioni d’archivio e per la ancora scarsa quantità
di studi “sul campo” finora effettuati. Per il momento, si ipotizza che
possano essere normanni il torrione di Mennella (un donjon
con una zoccolatura a scarpa, servito da una cisterna, inserito in un recinto
molto ampio che conserva tracce architettoniche riferibili a varie epoche); il
castello delle Riporse a Longano (chiuso da un recinto potenziato con una
scarpa e munito di torrette angolari a pianta circolare); la fortezza di
Roccamandolfi (organizzata intorno al mastio con un muro di cinta ben fuso con
la roccia afforante e attrezzato con torrette aggettanti); il castello recinto
di Pesche (un piccolo donjon
rialzato su una base a scarpa, protetto sul lato a monte da un fossato e da
una lunga muratura di cinta); il castello di Roccapipirozzi (un recinto
ingloba il torrione cilindrico); la torre di Oratino (isolata a scarpa su un
costone roccioso, l’ingresso è rialzato al primo piano); il castello di
Tufara (l’intervento normanno riguarda una probabile estensione
dell’impianto più antico, già protetto da una palizzata); la torre
castellata di Termoli (torrione a base quadrilatera inglobato in strutture più
recenti).
I Normanni del Molise
Studi
recenti hanno individuato circa duecento cognomi di origine francese nelle
regioni del Sud dell’Italia. Tra le numerose famiglie di cavalieri che sono
arrivati dalla
Francia settentrionale l’esempio
più noto è quello dei dodici fratelli
Altavilla, il cui cognomen
toponomasticum deriva dalla località di Hauteville-Le Guiscard,
feudo della famiglia omonima. Questa suggestiva
ipotesi collega direttamente la
storia del Molise a quella di
feudi e contee della Normandia.
A Ugo succedono i figli, Simone e poi Ugo II. Questi preferìsce schierarsi
con Innocenzo II, nel partito avverso a quello di Ruggero II. Si allea con
altri due nobili normanni, Roberto di Capua e con Rainolfo d’Alife, nemici
della corona. Dopo la vittoria del re,
lo sconfitto Ugo II subisce la confisca
dei beni ma poco dopo sarà perdonato e reinsediato a patto di rinunciare a
Castel Volturno e alle terre ad oriente del Biferno. Alcune terre confiscate
gli saranno restituite quando Ugo II verrà nominato giustiziere, quasi a
conferma dell’importanza che riveste il Comitatus
Molisii (la nascita è forse nel 1144).
Il
successo riportato nella battaglia di Civitate sul Fortore (1053) segna
l’inizio delle conquiste normanne nelle terre adriatiche del principato di
Benevento. Goffredo, fratello di Roberto il Guiscardo, attacca la contea
longobarda di Larino ed espugna il castello di Morrone del Sannio-Guillamatum.
Nel 1061, Roberto, figlio di Goffredo viene proclamato “primo
comiti de Loritello” e continua l’opera di espansione territoriale
iniziata dal padre. Conquista la contea di Teate (attuale Chieti) che affida
al controllo di suo fratello Drogone e si spinge ad assediare Ortona. Il conte
ha vassalli fin sulle rive del
Pescara e si trova a rivestire un ruolo di grande importanza tra i nobili
normanni e ad essere temuto persino dalla Chiesa.
Il papa Gregorio VII, riconciliandosi con il Guiscardo (1080), riconosce le
vittorie di Roberto ma chiede più rispetto per le terre dello stato
pontificio. Roberto, che ha grandi mire espansionistiche, è impegnato al di là
del Fortore: nel 1100 diventa signore di Bovino e forse di Dragonara. Il
figlio Roberto II si rivela, al
contrario del padre, grande collaboratore della Chiesa, presenziando al
concilio di Troia (1115), indetto da Pasquale II, e quello proclamato cinque
anni dopo da Callisto. I due pontefici cercano di arginare le lotte intestine
tra i signori normanni e di indurli a schierarsi contro
Arrigo V.
Roberto II si trova a governare la contea durante il regno del duca di Puglia,
Guglielmo (1111-1127) debole e incapace di arginare le guerre feudali che
hanno luogo in Capitanata. Guglielmo di Loritello tradirà Ruggero II per
schierarsi con Lotario III, sceso in Italia nel 1137, facendogli atto
d'omaggio sul Tronto e aprendogli le porte di Termoli in linea con la politica
adottata anche dal conte Ugo II
di Molise.
La vendetta del re contro Guglielmo non tarderà; la contea presumibilmente
viene devoluta alla corona. Prima di morire, Ruggero II chiede al
figlio Guglielmo di investire del titolo di conte di Loritello Roberto
di Basunvilla, un personaggio imprevedibile che adotterà una politica ambigua
e comunque spesso filotedesca. Nel 1169, Roberto viene richiamato dalla Regina
Margherita e da Guglielmo il Buono per fare atto di omaggio e tornare ad
essere Conte di Loritello e di
Conversano.
Le famiglie normanne
I
conti di Loritello hanno grande autonomia e potere come dimostrano i documenti
relativi al periodo di reggenza di Guglielmo II: amministrano la giustizia (justiciaria)
con poteri simili a quelli del re.
A Roberto III di Basunvilla, durante il regno di Guglielmo il Malo, viene
garantita la completa immunità dai controlli degli ufficiali regi. Roberto,
figlio di una sorella di Ruggero
II e del conte di Conversano (originario di Vassonville città vicina a
Dieppe, in Normandia), si trova ad esercitare
il suo
potere in
un momento
tormentato della
storia del regno.
Deciso ad ostacolare la politica del re, Roberto III dichiara, sulla scorta di
un falso testamento di Ruggero II, di essere il legittimo successore al trono.
Il re ordina l’arresto del ribelle che non si arrende e che, non avendo
l’aiuto sperato da Federico Barbarossa, tenta di allearsi con il Comneno.
Roberto
fugge in Lombardia (1158) con l’altro ribelle Andrea di Rupecanina, aiutato
da papa Adriano IV e protetto ancora una volta da Federico I, tornerà in
Italia solo dopo l’assassinio di Maione (1161) a guidare la rivolta dei
signori siciliani contro il re. A questo punto è Guglielmo il Malo a
costringere il Conte di Loritello ad una seconda fuga alla corte di Federico
in Germania di cui sarà fedele compagno nelle spedizioni per conquistare il
Regno normanno.