Bojano

Tratto da: http://www.giubileo.molise.it/itinerari/eucaristico/cattbojano01.htm

 

L’antica cattedrale di Bojano

La città di Bojano con le borgate conta attualmente dodici chiese, la più importante è l’antica cattedrale, situata in località Largo Duomo, dedicata a S. Bartolomeo Apostolo, patrono della città e della diocesi. Il territorio, più volte provato dalle alluvioni e dal terremoto, non ha riferimenti sicuri sul luogo della originaria cattedrale.

Le prime testimonianze relative all’attuale edificio risalgono al 1073, al ventennio in cui la famiglia normanna dei de Moulins si era insediata a Bojano istituendovi la propria Contea.

Sette anni dopo il Conte Rodolfo de Moulins effettuò nella chiesa alcuni lavori di restauro e di decorazione. Nel 1117 la chiesa subì gravissimi danni. Dopo anni di lavoro l’8 maggio del 1215 l’edificio venne nuovamente consacrato dal vescovo Poliziano. Nel 1239 venne costruito il portale ad opera del vescovo Giovanni. Nel 1241 fu privata di alcuni suoi tesori ad opera dall’Imperatore Federico II per finanziare una spedizione in Terra Santa.

Il campanile della chiesa, che non era dove c’è l’attuale, fu fatto costruire dal vescovo Palmerius tra il 1252 e il 1277.

Il terremoto del 1456 distrusse quasi per intero l’antica cattedrale. Essa fu ricostruita ad opera del Vescovo Silvio Pandone intorno al 1513 che modificò la composizione architettonica della chiesa conferendole il suo aspetto attuale. Sul portale della nuova facciata fece porre la seguente iscrizione: "Vivat semperque vivat Pandonia Domus".

Intorno al 1572-1608 il vescovo Carlo Carafa effettuò alcuni decori. Con il terremoto del 26 luglio del 1805 l’edifico fu quasi totalmente distrutto, ma prontamente riedificato; molte opere di un certo pregio artistico in esso contenute andarono perdute.

Negli anni trenta l’antica cattedrale fu ornata di affreschi sotto le volte della navata centrale e sotto la cupola, opera del pittore Romeo Musa. Durante i bombardamenti della guerra del 1943 l’edificio venne rovinato fortemente, si salvò solo il presbiterio e il campanile. Fu ricostruita e riconsacrata dal vescovo Alberto Carinci nell’agosto del 1948. Dai bombardamenti si salvarono due tele di grandissime dimensioni, ora restaurate, che sono collocate nell’abside. Rappresentano una la predicazione di S. Bartolomeo in Armenia e una il battesimo di Polimnio. Fra le tante statue, di grande pregio artistico, sono le statue di S. Bartolomeo, in legno, certamente della scuola napoletana e la statua dell’Immacolata, anch’essa in legno e della stessa scuola.

Il campanile che ha blocchi di pietra più volte riutilizzati a causa dei terremoti, ha subito negli ultimi anni cambiamenti alla cuspide. Oggi la si può ammirare con i nuovi pezzi di ceramica giallo- verde.

A partire dal 1994 sono stati realizzati lavori di restauro al tetto e all’interno. Il vescovo Mons. Ettore Di Filippo con la partecipazione dei sacerdoti della diocesi, dei religiosi e religiose e del popolo di Dio consacrò il nuovo altare e riaprì l’antica cattedrale il 24 agosto 1997.

I rinvenimenti archeologici

I lavori di restauro hanno dato la possibilità di portare alla luce la tomba del vescovo Silvio Pandone. Ora è situata sulla sinistra entrando dal portone centrale. In una bacheca di vetro sono conservati: vasi, un anello sigillo, ceramiche con decorazione, oggetti di indubbio valore storico-artistico.

E’ stato possibile riscoprire alcune strutture pertinenti all’edificio antico. In particolare è venuta alla luce, nell’area presbiterale, l’abside antica risalente al sec. XI e sul lato sud una zoccolatura con lesene esterne, conservate solo nella parte più bassa, databili allo stesso periodo.

 

Rinnovare le promesse battesimali

A seguito dei lavori di restauro sotto l’altare è stata rinvenuta l’antica abside da cui sgorga acqua viva. L’antica cattedrale di Bojano forse è unica al mondo ad avere l’altare per la celebrazione eucaristica sopra una sorgente d’acqua.

L’evangelista Giovanni annota: "Venuti però da Gesù - i soldati - vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue ed acqua"(Gv 19,33-34). Nel sangue e nell’acqua i Padri della Chiesa vi hanno visto i sacramenti del Battesimo e dell’Eucarestia.

Una scala con sette gradini che, nella discesa, simboleggia i sette vizi capitali, permette di accedere all’abside e alla sorgente. Dal basso, volgendo lo sguardo in alto, attraverso il vetro, si vede l’altare della celebrazione eucaristica. L’antica cattedrale con questi segni così eloquenti si presta bene per la liturgia del rinnovamento delle promesse battesimali perchè la fede venga confermata e rinvigorita: "Credo in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo...Credo la Chiesa una santa cattolica e apostolica, nella remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna. Amen".

Risalendo i sette scalini si fa memoria dei sette doni dello Spirito Santo. E’ un rivivere la liturgia battesimale così come avveniva agli inizi del cristianesimo quando, coloro che dovevano ricevere il battesimo scendevano nella vasca con i sette scalini che indicavano i sette vizi capitali per essere immersi nell’acqua battesimale ad indicare che l’uomo vecchio moriva per risorgere con Cristo, dopo si usciva dal fonte battesimale salendo i sette scalini segno della nuova dignità di figli di Dio ad opera dello Spirito Santo che aveva ricolmato il neo battezzato con i suoi sette doni.

"Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perchè come Cristo è risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova... Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più, la morte non ha più potere su di lui" (Rom.6, 4-8).

S. Bartolomeo Apostolo patrono dell’Arcidiocesi di Campobasso-Bojano

Il culto di S. Bartolomeo Apostolo
nell’Arcidiocesi di Campobasso-Bojano.

Le notizie sul culto di S. Bartolomeo nella Arcidiocesi di Campobasso-Bojano sono scarse e frammentarie.

S. Bartolomeo è stato all’inizio della fondazione della diocesi di Bojano il patrono, il protettore? Sembra di no.

Un’antichissima tradizione orale, ancora viva tra il popolo matesino, afferma che, il primo patrono diocesano, fu S. Giorgio Martire. Questa tradizione è suffragata da un documento scritto - è una dispensa universitaria- frutto di una seria ricerca effettuata da un professore dell’Università di Bari.

La predetta ricerca scritta era in possesso del sac. Giovanni Bertinieri di Sepino. Il Bertinieri, anni orsono, diede a leggere la precitata ricerca al can. Pasquale Pizzardi, parroco della cattedrale di Campobasso, appassionato cultore di storia locale e di Bojano, suo paese natale. In tale ricerca era esplicitamente scritto che S. Giorgio martire era patrono della diocesi matesina. Il canonico Pizzardi restituì il documento al Bertinieri il quale lo avrà custodito nel suo archivio personale, andato ai nipoti dopo la sua morte.

Stando a questa ricerca e alla tradizione orale, S. Giorgio fu patrono della diocesi di Bojano fino all’epoca dei Longobardi. Quando questi si spinsero nel Molise, Bojano entrò a far parte del ducato di Benevento. In questo periodo una reliquia di S. Bartolomeo da Benevento fu portata a Bojano, da allora S. Bartolomeo divenne patrono della diocesi di Bojano.

Festività di S. Bartolomeo apostolo a Bojano

La festa liturgica dell’apostolo Bartolomeo viene celebrata il 24 agosto, ma a Bojano, e nell’intera Arcidiocesi, la solennità ricade il 25 agosto.

Mons. Francesco Macarone Palmieri il 10 agosto 1879 inviò a tutto il clero e al popolo una bellissima lettera sulla festività di S. Bartolomeo apostolo, patrono della Diocesi. In essa il Vescovo esorta tutti a recarsi a Bojano, secondo un’antichissima tradizione, il giorno 25 agosto per "...render più bella, più solenne e più edificante la festività del santo patrono".

L’andare a Bojano per i sacerdoti, in quel giorno, era un atto di obbedienza che si faceva al Vescovo. La cerimonia si svolgeva con semplicità nel seguente modo: durante la messa solenne presieduta dal vescovo, dopo la lettura del Vangelo, il cerimoniere chiamava per nome tutti i sacerdoti presenti e questi uno dopo l’altro, alla presenza del popolo devotamente attento e raccolto, andavano ad inginocchiarsi davanti al Vescovo assiso in trono. Gli baciavano il sacro anello e gli offrivano un cero in segno di sudditanza spirituale e di obbedienza. Era uno spettacolo edificante per tutto il popolo di Dio in quanto esprimeva l’unità e la comunione fraterna tra il pastore e il clero. Terminata la messa tutti partecipavano alla processione del santo patrono per le vie della città in festa. Al termine vi era il pranzo offerto dal vescovo a tutti i sacerdoti.

La vita di San Bartolomeo

 

Bartolomeo, apostolo, santo. Il suo nome ricorre nei vangeli sinottici (Mt 1,3 - Mc 3,18 - Lc 6,14) nei quali è associato a Filippo e così pure negli Atti degli Apostoli 1,13. Nel Vangelo di Giovanni troviamo, come apostolo e amico di Filippo, Natanaele, chiamato dal Signore dopo Andrea, Simone e Filippo (Gv 1,45-50) "figli di Zebedeo" (Gv 21,2), mentre non vi compare affatto il nome di Bartolomeo.

Con ogni probabilità si tratta della stessa persona che, come spesso avveniva a quei tempi, aveva due nomi. Tenendo presente il Vangelo di Giovanni, Natanaele doveva essere il nome personale e tenendo presente i Vangeli sinottici e gli Atti, Bartolomeo era il cognome, così come Simone era chiamato Barjona. Si tratta di un nome patronimico, il cui doppio elemento aramaico: Bar Talamai, cioè figlio di Talamai che nella traduzione della Bibbia in latino è Tholomai.

Dal Vangelo di Giovanni 21,2; 2,1, apprendiamo che Bartolomeo era di Cana di Galilea, dove oggi gli è dedicata una chiesa. La sua vocazione viene narrata così: Gesù, finito il suo digiuno di quaranta giorni, era ritornato vicino a Giovanni Battista, sulla riva del Giordano. Qui, due discepoli scesi dalla Galilea, vedendo Giovanni additare Gesù con le parole: "Ecco l’Agnello di Dio!", seguirono Gesù, erano Andrea e un altro, con molta probabilità Giovanni il futuro evangelista. Il giorno dopo il Signore chiamò Filippo al suo seguito, e questi accettando con slancio l’invito parlò di lui al suo amico Natanaele, Bartolomeo, e gli disse: "Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella legge e i Profeti, Gesù figlio di Giuseppe di Nazaret". Natanaele esclamò: "Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?". Filippo gli rispose: "Vieni e vedi". Gesù intanto, visto Natanaele che gli veniva incontro, disse di lui: "Ecco davvero un israelita in cui non c’è falsità". Natanaele gli domandò: "Come mi conosci?". Gli rispose Gesù: "Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico". Gli replicò Natanaele: "Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!". Gli rispose Gesù: "Perchè ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!".

L’apostolo Bartolomeo, dopo la Pentecoste, deve essere stato attivissimo, perchè la tradizione posteriore gli attribuisce lunghi viaggi missionari; ma nulla di preciso si può stabilire.

Lo storico Eusebio di Cesarea nell’Historia Ecclesiastica narra che Panteno, intorno al 200 d.C., trovò in India il Vangelo di Matteo in aramaico e si sentì dire che era stato portato da Bartolomeo, ma non si sa se l’India designi le regioni prossime all’Etiopia o l’Arabia. Lo pseudo Crisostomo narra che Bartolomeo convertì i Licaoni, ed altri parlano di una missione in Asia Minore, donde poi avrebbero percorso la Mesopotamia e la Partia. Giunto in Armenia, ad Albanopoli o Urbanopoli, per ordine del re Astiage, di cui aveva convertito il fratello Polimnio, esorcizzandone la figlia, fu martirizzato: crocifisso secondo la tradizione diffusa in Oriente, decapitato secondo i martirologi di Rabano Mauro, Adone, Usuardo, lo scuoiamento di Bartolomeo è affermato invece da S. Isidoro di Siviglia e dal Martirologio di Beda ed è comunemente ammesso presso i Latini alla fine del Medioevo.

Le spoglie di Bartolomeo furono trasportate a Martyro-polis e Maifarquin dal vescovo Maruta (410 a.C.), poi a Darae in Mesopotamia dall’imperatore Atanasio I (507 d. C.).

Nel 507 sono in Frigia, nel 580 a Lipari e a Benevento nell’838. A Roma nella chiesa di S. Bartolomeo all’ isola Tiberina, dove sarebbero state portate da Ottone III (983).

La festa di S. Bartolomeo è celebrata dai Bizantini l’11 giugno, dai Latini il 24 agosto, dagli Armeni l’8 dicembre, il 25 febbraio dai Copti e dagli Etiopi il 18 giugno e il 20 novembre.

Il modo del suo martirio gli valse il patronato di tutte le corporazioni che si occupano della preparazione delle pelli, della fabbricazione o della utilizzazione dei cuoi. S. Bartolomeo aveva anche la reputazione di santo guaritore: lo si invocava, infatti, contro le convulsioni, le crisi spasmodiche e le malattie nervose in genere.

Chiese, cattedrali, paesi e città, portano il suo nome.

Nella Cappella Sistina in Vaticano, Michelangelo ha ritratto S. Bartolomeo mentre ostenta gli attributi del martirio e in quella pelle, il pittore ha lasciato il suo autoritratto.

S. Bartolomeo nell’arte locale

A San Bartolomeo è dedicata l’antica cattedrale di Bojano. All’interno dell’abside vi sono due tele di grande valore, salvate dai bombardamenti della guerra del 1943. Rappresentano uno la predicazione di S. Bartolomeo in Armenia e l’altra il battesimo del re Polimnio. Una preziosa statua in legno opera del Buono della scuola napoletana del 1700, mostra l’apostolo Bartolomeo con lo sguardo fiero e nella mano destra il segno del martirio subito.

A Campobasso, ai Monti, vi è la chiesa dedicata a S. Bartolomeo.

Nella cattedrale di Campobasso, dopo i restauri del 1995, è stato posto sul presbiterio un artistico mosaico sul lato destro di chi entra in chiesa raffigurante il Santo. L’immagine richiama quella della statua presente nella chiesa di Bojano. Sullo sfondo ben visibile è la cattedrale di Campobasso e gli angeli che guardano il santo apostolo mentre uno gli offre la palma del martirio. Il mosaico è stato realizzato dalla Domus Dei - Roma 1995.