Legge dei grandi numeri
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La legge debole dei grandi numeri fu enunciata dal matematico svizzero Jakob Bernoulli (1654-1705) nel 1680 ma pubblicata nel 1713 nell'Ars Conjectandi dal nipote Nicolaus Bernoulli:
per le variabili aleatorie X = X1 +X2 + ...+Xn , somme di variabili di Bernoulli Xi indipendenti, che verificano la stessa legge di probabilità:
allora:
Ovvero: per quanto piccolo sia e, la probabilità che X/n sia uguale p con approssimazione a meno di ε tende a 1 per n che tende a infinito.
Detto altrimenti: più è grande n, più è probabile che la frequenza relativa dei successi ripetendo n volte uno stesso esperimento casuale sia prossima alla probabilità. Questa legge, dimostrabile attraverso il teorema di Bienaymé-Chebychef , si dice debole poiché la convergenza delle frequenze alla probabilità non è nel senso numerico; è infatti la probabilità dell'evento { X/n ¹ p } che diventa quasi impossibile per n ® ¥: si parla di convergenza in probabilità.
Conviene osservare che questa legge consente di fare previsioni sulle frequenze basandosi sulla conoscenza della probabilità, non l'inverso. Non è una dimostrazione della legge empirica del caso, la legge di natura che ci autorizza a vedere la probabilità di un evento come limite della frequenza in un numero infinito di esperimenti, ma può solo giustificarne l'intuizione. Ad esempio questa legge non garantisce che lanciando un dado non truccato, fissato un grado di approssimazione, da un certo numero grande di lanci in poi la frequenza con cui esce una faccia approssimerà sempre così bene la probabilità di uscita di quella faccia; dice solo che è sempre più bassa la probabilità di ottenere frequenze sensibilmente diverse da tale probabilità.
Si può enunciare anche una legge forte dei grandi
numeri, dovuta a F.P. Cantelli nel 1916:
Se fn, fn+1, ... sono le frequenze relative di successo
in n, n+1, ... ripetizioni per un dato evento che ha probabilità p di verificarsi,
allora
pagine a cura di Roberto Ricci Liceo S. "A.Righi" Bologna. Ultima revisione