THANKS 2

 

Vorremmo cogliere questa occasione per ringraziare la piastra per le crêpes che ha salvato tanti matrimoni, i cani che rincorrono le macchine abbandonate, i films di kung-fu di Bruce Lee alle tre di notte, Helmut Newton per la sua foto di Nastassia Kinski che allatta un bambolotto, un giro gratis, e un altro ancora, gli eccetera eccetera eccetera, le ricette della nonna Papera, le oche giulive, le uno pennute,  le colline senza pazzi seduti, i campi pieni di calcio, gli spazi aperti, le strade chiuse, gli stadi vuoti, i cinque cerchi, le pizze dei pezzati pony express, il saper come bilanciare, il non saper rilanciare, tutti gli dei greci e non solamente quelli buoni, gli “a occhi chiusi”, le montagne di insalata russa, i cerotti areati, le ore aria dei galeotti, una sveglia telefonica in un albergo di Tirannia. Cosa sai e cosa non sai e chiunque si sia mai chiesto “perché?”, i pro e i contro, le tre Marie ed i tre Re Magi, il mare come l’olio, il sushi e l’odore dell’erba bagnata tagliata di fresco che fa odore di erba tagliata di fresco, il peso piuma delle acche, il peso massimo delle doppie vu, il minimo comune denominatore, i seni esagerati, gli estremi e tutto quello che ci potrebbe essere in mezzo ma che ci insegue di nascosto, l’arroganza, l’organza, l’immaginato e feudale Regno del Pongo, mia cugina plastilina, il vissuto e tutto quello che abbiamo sbagliato, il topolino che viene a prendere il dentino di notte o le lucciole che non sono lanterne sotto i bicchieri, Darwin che in cucina era uno strazio ed i suoi schifosi piselli in scatola e il 3x2, i lacci sciolti che litigano con le scarpe da tennis, la rucola. Quello che volevi fare e non hai fatto perché non tiravi più il fiato. Chi sei e chi non potresti essere neppure con quella parrucca arancione che porti solo sul posto di lavoro, la pioggia tra i piedi. Il saper perdere, il non voler vincere, una carica di cavalleria a dondolo con la sciabola puntata all’altezza degli occhi, la scostumata ipotenusa e le vernici a spray, il fulmicotone, il treno a vapore o l’andare un po’ più oltre le dita dei piedi che sorridono dalle coperte corte, le tute da sub i tutù per uscire la sera sul fondo degli abissi, il “dai è tardi”, il denaro incustodito che se la passa benissimo anche così. Chiunque abbia avuto l’idea dei sottotitoli, chiunque abbia avuto la premonizione dei sottaceti, i denti stretti, l’odore dei piedi d’oro, le pantofole scozzesi, il kilt ed il tilt, i musei delle creme, Al Capone e Al Pitone, la sua controfigura tridimensionale dispersa nella caccia grossa. Quel qualcosa ottenuto col niente e quel niente ottenuto con una grande fatica. Tutto ciò che hai, quel poco che da solo è già tanto, Giovanna d’Arco. I noleggi video ventiquattrore, il Sole ventiquattrore, la notte ventiquattrore. Quelli che non ne vogliono parlare e quelli che dicono ignorando la curiosità,  i biscotti a forma di lettere e di cuori solitari. Chi ha polso e chi ha inguine. L’equilibrio delle clessidre piene di pietre. Chi tira la prima pietra e chi da secoli aspetta a rispondere con l’ultima. Quelli che erano per una vita spericolata almeno per il primo trimestre, il mai e il sempre, la vocale “a”, i verbi copulativi che si accoppiano senza precauzioni nelle cinquecento, la parola e la libertà di dire “vaffanculo tutto”. L’apprezzarlo o meno. Le scale e gli ascensori che non si fermano mai neppure in cima all’Everest, le carte false in mano al furfante di denari, i taxi vuoti e chiunque abbia seguito il suo corso fino alla fine, eccetto i fiumi stanchi o seccati. Chi non c’è più, chi non ci sarà domani. Chi ci sarà per sempre ma passerà inosservato come l’adorato osso sacro e chi c’è stato ma non s’è visto più, per sua fortuna o suo malgrado il clima. Chi s’è visto ma non c’era, il telecomando di Dio e lo stravaccarsi sul divano a slitta con la gonfiabile mucca Carolina e leccarle le tette come fossero francobolli, gli urlatori in tv, il come e il perché, il percome  e il comechè: il vabbé e il Mar Caspio e i pianoforti delle capsule dentarie suonati dal lavoro del tuo dentista, quella ragazza che era sull’autobus stamattina senza mutande, l’occhiata, l’occhialuta, l’occhialuna, l’occhiobella, lo sguardo e l’incanto, il coro. Un tentativo, il fallimento, il preoccuparsi ma … fregandosene, il fregandosene ma … preoccupandosi, il tuo meglio e il tuo peggio, le medie scarse, l’Ego, il Sé, il Per, il tututututututu, la tua mente, tu che tratti il tuo culo da culo, il non disperare, il non sparire sempre, il perdere la testa ma ritrovandola seguendo i capelli caduti, la consapevolezza che non hai visto ancora tutto, la irrequietezza di capire che non hai mai visto niente, il deodorante alla mela rancida, una scusa, un perdono, un morso ben tirato, la terra vista da Zabriskie Point, quel primo uomo che un giorno guardò le stelle dei presepi vissuti, gli ormoni di Woody Allen, gli occhiali di Stewie Wonder, i distributori atomici, i supermarket, e gli alberi da furto su cui salire per fare scappare Giulietta per i peli del naso, il fermarsi e il ritornare a camminare con le proprie gambe, il fermarsi ancora per poi passare con il vino rosso nel bicchiere, e un giorno vivere. Certi animali e già sapete chi siete, l’inventore del pallone gonfiato, i forzati della pallamagica, la colonia penale del calcio balilla, la brambilla del Polesine, gli “auguri” inviati con i siluri, quelle campionesse romagnole di mattarello che sanno centrare la testa doppia del marito ubriaco e fedigrafo, gli autografi dei morti, la stecca di sigarette alla marijuana, i tuoi piedi stanchi e quel qualsiasi posto dove ti andrebbe di andare che ti viene a prendere una sera, la realtà per quel che non è, la fantasia per quello che è, la verità comunque tu la concepisca perché c’eri anche se stavi dalla tua parte, gli anni bisestili, i giorni quando piovono rane e quelle notti in cui eviti i rospi e ti innamori di una allucinogena funga porcona all’altezza dello stomaco. Il sogno di volare e il sogno di non amare, tutto quello che sarebbe potuto accadere a te ed è successo al piano di sotto del condemonio o nella coppia incrociata in auto, chiunque abbia deciso di fare delle regole e chiunque le abbia mai infrante. Chi le ha sempre dimenticate e chi ha mentito sempre perché gli piaceva l’eco, quelli a cui manca solo la parola e quelli che vogliono avere sempre l’ultima, quelli che malgrado tutto vale sempre la pena di bombardare, gli ormai è lunedì, la vita la morte e i miracoli dell’euro e chi non lo trova più, chi dà sempre l’altra guancia, ed il maiale di cui non si butta via niente, il sogno di ciò che non è, “l’andiamo?”, il “No. Voglio ancora!”. I tutti di un pezzo, quelli di cioccolata, i profilattici invisibili, i sentimenti di scarto, chi si ingrassa solo nello spirito, chi osteggia i riporti, i sensi colpa e il non averli mai assaggiati. Chi sta bene e chi sta male. Chi tu sei e chi io sono, quelli che erano amici di tuo padre, quelli che danno sempre del tu, quelli che tirano la carretta, in discesa. Chi noi saremo un’altra volta e chi non era. Chiunque ci abbia mai ispirato, come è giusto.

 

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