THANKS 1
Vorremmo
cogliere l’occasione per ringraziare coloro che non riconoscono lo sporco,
chi non gioca pulito, chi accusa il maggiordomo e chi il
prezzemolo, chi favorisce la nebbia. Quelli che si assicurano l’anima
per l’anno che viene; quelli che collezionano calci di rigore nelle porte di
casa, quelli che recuperano le pause tra i rifiuti, i “su e giù” e il sopra
e il sotto, la capra che crepa seduta, gli europallet lunari che atterrano sui
calli dei sette nani, i “sicuramente”, il “può darsi”, il non dire mai
“no”, i “forse”, i “non si sa mai”, i “vedremo”, i castelli di
carte, il tutto a quarantotto, la ghigliottina dei sigari, i mazzi di banane
antisdrucciolevoli, l’effetto domino, la scala Richter che diventa quella di
Escher, l’inseguimento mai lanciato, i chilometri indigesti, i fiumi di
varecchina e quelli sotterranei di macchie nere, i millimetri caduti in fase di
atterraggio, l’orzata, gli oroscopi sottomarini letti con il periscopio,
l’ora delle beccacce, il girotondo, Carosello, chi non casca mai per terra, le
facce che spaccano il carburo. Quelli che fanno il loro dovere, quelli che fanno
il loro piacere e non guardano nel culo a nessuno, quelli che non hanno un
parere e quelli che si tuffano nel mare racchiuso in bottiglia gridando
“aiuto” perché non sanno nuotare, chi si veste con gli alamari, chi mangia
solo calamai, chi insegna ai calamari a nuotare nelle fritture mosse, le cose
che non si possono tenere dentro all’infinito e quelle che si devono tenere
dentro per sempre pena la fucilazione a scaracci, quelli che giocano a scacchi
con gli occhi bendati, quelli che hanno il cuore colabrodo e mangiano solo
passatelli, quelli che hanno il calabrone nei pensieri, le lettere in maschera,
i punti scomparsi, i numeri a volto scoperto, chi va ai corsi di bolle ovali ed
impara a volare latinoamericano, chi va a sciare con la pancia vuota e cade a
bocca aperta. Quelli che trattano ancora il culo da culo, il cuore tradito da un
soffio, il cuore stempiato quasi calvo di tutte le sue “q” orgogliose perse
per il maremoto… gli “scusate il ritardo”, la pietra anice tracannata
nelle osterie del porto e maggiore responsabile di calcoli renali, il babà, i
barbablù, i barbapapà a elastico, le barbe a motore che vanno su e giù per le
guance e consumano solo dopobarba ecologica, le trecce finte delle nere e le
trecce vere di Robin Hood travestito, le frecce che si piantano sui platani
delle mani, i faccia a faccia, i “ma si faccia dare del lei”, i voi, i
“noi qui”, anzi il “prima noi”, l’Io, io!, tutti noi fotografati nella
gita scolastica ad Assisi cacciando piccioni con la chitarra acustica… le
Monnalisissime e le Paperissime. Chi resta a guardia dei peli caduti
ignominiosamente nelle mutande durante una caccia alla cinghiala, chi si getta
nel vischio senza pensarci troppo, il pendolo e il dondolo, chi porta la nebbia
sui banchi di scuola, chi traccia la forma del Peloponneso con il rosso
dell’uovo. Chi beve ancora il Rosso Antico, chi impreca ai quattro Calindri
che contribuiscono alla estinzione dell’estratto del carciofo da incrocio
urbano, chi si infuria per una traccia di bianchetto dell’amante sul colletto
della camicia, chi si imbarbarisce per l’annessione del Blu alla Prussia,
Cristoforo Colombo che urla di gioia per avere ancora in tasca un tubetto di
terra di Siena, l’ultimo. Quelli che baciano le mani e qualche tacco slittato
su di una deiezione urbana. Quelli che pisciano controvento, quelli che portano
gli occhiali solo a letto, quelli che mangiano sotto la tavola. Quelli a cui
combaciano solo i piedi, e non è poco, , quelli che mangiano la pasta nei piedi
piatti fondi. Gli “ai sensi dei regolamenti inventati”, quelli che non
digeriscono le zanzare, i numeri visti da dietro, il padrone del proprio giro
vita, le ciambelle con i buchi mossi, i “di ventotto ce n’è uno tutti gli
altri ne han trentuno”, gli “ambarabà cicì cocò, tre civette sul comò…”,
il Braccobaldo show, il custode del follicolo domestico, le tempeste di forfora
battente sulle auto delle famiglie di cinque persone nelle gite fuoriporta, le
figure di merda scolpite da Fidia nelle latrine del Partenone, le promesse
sigillate con una scorreggia svestita, le toppe magnetiche sui pantaloni degli
astronauti, le puttane con la vagina orizzontale, la mousse al cioccolato
leccato sul Monte di Venere, la birra bionda in reggicalze, il Vov, i cori di
Wow, le pon pon girls, i paesi tristi non ritratti neppure
dalle cartoline in bianco e nero, la pesca di frodo che non ha il bel
bicchio rugoso, la pesca sul fondo, la guerra dei pomodori in un universo di
uomini e donne calvi, i pelati belli e dignitosi, le vulve depilate e le valvole
in arresto, le bambole piene di sogni, i segni del destino mai dimenticati, i
cestini pieni di carte al cartoccio, le auto incidentate, le auto perdute e poi
scoperte, le orecchie che tradiscono l’asino, il naso di Pinocchio che strappa
sempre il lenzuolo del letto, le lamiere roventi su cui abbronzare il sedere, i
pappa e ciccia, l’amante di tuo padre sempre più brutta, il filetto e le
lezioni di scherma, il rubabandiera della pace, le canzoni di Lucio Battisti
futurista e dimenticato nei sacchi della posta. Quelli che iniziano male e
finiscono peggio come i mobili cacciati dalla finestra, quelli che iniziano
peggio e continuano così, Roberto Baggio, quelli che intelligentemente si
mettono a sedere a metà strada per non arrivare mai e neppure per ritornare,
quelli che corrono nei sacchi anche per andare in ufficio, quelli che mandano
alle riunioni la propria faccia fotocopiata, chi non ha scarpe e non ha scarpe e
non ha scarpe, i cuori di latta, il maraschino scarico, il limoncello
superdotato, l’amaretto che defeca solo cubetti biodegradabili, le penne Bic
trapiantate sulle oche a sangue bleu, Cip e Ciop, l’isola di Alka Seltzer, la
colonia penale dove vengono liberati i prigioni di Alkatraz, l’isola di Das
sprofondata sotto i palazzi di Creta. Il “dovevamo esserci” ma abbiamo
sbagliato giorno, il “potevamo non andarci” ed invece ci hanno portato
legati, il “dovevamo andarci” e non ci siamo smentiti, il “potevamo
andarci” e siamo scappati nudi e scalzi passando dalla porta di servizio. Il
cane che non ha mai ringraziato nessun “padrone”, il padrone che ha atteso
invano sulla poltrona il proprio cane fuggito su di un osso volante, Peter Pan,
Robin Hood e i soldatini di plastica, le bandiere del calcio di Serie A, le
palla ovali, le palle rotonde, le palle a scacchi dove giocano figure astratte
liberate a forza dalla gravità, le palle sgonfie che ti fanno sentire sempre il
Pelé che ipnotizza la curva del Maracanà, la gomma del Ponte dello stretto di
Messina, l’Ovomaltina, Tex, i Rolling Stones, il dolore regalato, l’amore
rubato, i baci profondi pieni di strani rumori da notti orgasmatiche nelle
alcove di Atlantide. Chi ha previsto proprio tutto e per questo non vuol dire
niente, chi c’era ma era girato, chi c’era -ma quanta confusione- e stava
dalla sua parte ma ci stava anche se strettino strettino, chi cambia le carte
sul tavolo, chi cambia il tavolo senza che cadano le carte, chi non ha mai le
carte in regola, chi ne ha troppe, chi gioca per sbaglio, chi gioca d’azzardo,
chi gioca con due mazzi uguali, chi non si cambia mai le mutande per un mese,
chi scrive alla luna, chi fa l’elogio del peccato, chi fa del male e se ne
frega, chi scrive solo parole inutili di amore, chi non risponde più, chi ha
dimenticato l’ora legale in autobus, chi piange sempre dopo un addio, chi ci
sarà per sempre… e lo sa benissimo, chi ci credeva, chi ci ha scommesso la
camicia e rimanendo con i bottoni e con quelli sta girando il mondo, chi ha dato
senza dire che dava, chi ha ricevuto ma ha dimenticato, chi ha dato ancora
quando si dissanguava, chi ha dato e darà perché voleva dare, chi ha ricevuto
e non voleva ricevere, chi ricorderà…
Ognissanti
2001