DICHIARAZIONE MUTOIDE NUMERO TREMILATRECENTOTRENTATRE

E fu così che i mutoidi non vollero sapere più nulla delle doglie delle biglie puerpere, delle mattonelle pescate nel mazzo sbagliato, del marito e atleta ignoto commemorato sull’altare della patria, delle scariche elettrostatiche dei buontemponi impotenti, dei cacciatori con due cuori, dei culi doppi dei fiaschi, dei portatori sani di acche sciolte, dei dodici segni zodiacali impagliati, delle doppie coppie scambiste moltiplicate per quattro stazioni.

Confusero gli auguri senza semi con gli agrumi dell’anno prima, i residenti con i dissidenti, Barabba con un piatto di penne all’arrabbiata, le mosse di un budino scoordinato in mountain bike con la mousse sbikinata che scrive da un atollo abbindolato da tutti.

Rinunciarono alla mossa numismatica, alle medaglie di latte, ai sogni d’argento, alle nozze di latta, al campione cintura nera Gibaud, all’amplesso compassato in contropiede, al gocciolare del bleu che russa, alla caccia sulle strisce pedonali al vero malleolo d’ oro che cancella le paresi del reale, ai carichi di bastioni, al tacco di Mancini, ai pallet tutti d’un pezzo, ai circhi di Annibale insieme alle Circi cannibali, all’estetica dei promotori finanziari a due tempi, alla torchiatura brusca, a Plutarco e alle frecce di un Cupido senza mira o bersaglio non importa, alle primavere rimandate ai corsi di recupero, ai militari che invece di combattere fanno quadrati piccanti in mille storie di coppe e spade, ai credo, "Dio vede e provvede".

Si rappresero agli asfalti. Fecero crescere i peli alle pile. Interpretarono la caduta della forfora come se fosse un segno divino. Masticarono il brodo codardo. Bevvero bordeaux in tubetti con miccia. Fischiarono dentro i maccheroni maccheronici. Dileggiarono i buchi faraonici del taleggio.

Furono sedotti dai tatuaggi delle navi. Essendo molto forti in saliva scattarono sempre imparando con l’esperienza l’esperanto dei tics che molti non vedono. Preferirono i travestiti di una volta, alla corte di un transgenico, la pioggia di torsoli ricevuta sulla testa, ai torti di mela, la torta igienica, al cadavere del dolce che lievita in un trionfo di compleanni caduti nei giorni sbagliati o in disgrazia, e confusi nella nebbia d’acqua dolce che è il lutto. Scambiarono i ritardi dei tandem mestruali a due posti con l’avvenire, e questo li solleticò.

Coccolarono i coccodrilli divorziati, in crisi di identità per l’astinenza dal metano d’autore. Comprarono le mille mosche bianche facsimili e un terzino fluidificante di mucose sfiorite. Diffidarono delle fontane che servono solo per tormentare gli idraulici e dei martedi grassi e legali che ti sbattono sugli occhi quando si sfogliano i giorni di granito. Praticarono l’aerobica in punta di iena.

Cercarono il verso giusto dei versi. Distinsero i versi dal viceversa degradato ed espulso dal mondo dei marmi, Tangentopoli da Topolino, i maroni dai marò, i fusilli dai fasulli, la sindrome di Padre Pio dalle uova dello Zecchino d’oro, i garibaldini centripeti, dai giribaldini centrifughi finanziatori miopi e micotici, i capodogli che porgono le loro condoglianze in abito scuro dai capodanni in via di estinzione per propri demeriti, gli agrumi incerti dai paguri travestiti da Babbe Natale porche, le trote troione dai sommozzatori ammazzassi.

Ancora, sospettarono i tagliolini al segreto di connivenze con pericolose doppiogiochiste donnole fatali. Non contenti si fecero confinare nel mondo delle "effe", dove soffia lo sciroppo per le tosse e le dame a venire giocano ai condomini in costume. Mascherati da polvere, cospirarono contro il terzo stato i campanelli e le leggi vigenti in materia di bassa tensione. Accusarono i colpi bassi subiti dalla luna piena, e la difterite minerale che fa gracchiare la radio in modulazione di frequenza.

Conobbero l’apparizione del mostro del lago di Costanza e l’incontinenza, la cretineria e la politologia. Contrassero l’epatite da disegno, l’unità di usura della natura delle suole di clausura, la varicella spaziale, e la scarlattina a righe o a quadretti, il rutto di gruppo, o la compagnia di un morto stecchino. Brindarono con l’ettolitro all’eternità del mare che aveva abbandonato il mondo dei mortali, e il trenino elettrico li lasciò, partiti e mai arrivati, in mezzo a una frazione del mondo, più spediti e non ritirati che mai.

Si lasciarono cullare dalle tette esponenziali. Si lasciarono amare dai ricordi videoregistrati sul vinile, che come il buon vile Giuda, li avrebbe traditi con un bacio Perugina sulla guancia purchessia. Poi fecero evadere gli avvoltoi condizionali dalle prigioni mentali dei pigiami a righe. Bevvero ancora moltissimo tra mille fioretti appena freschi di bucato E non contenti dell’ anarchia delle marche e dei diritti irrinunziabili sui bolli, raggiunsero la cronaca nera contagiando plotoni di congiuntivi con un salasso matto di congiuntivite.

Così i mutoidi, ancora traditi nella loro bella vita perduta, infedele e puttana, pensarono a rivoltare, una volta di più, la propria densa vagina.

Gennaio 1999

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