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Alberto Granado |
amico d’adolescenza e di tutta la vita di Che Guevara ci racconta qualcosa di lui e di Cuba (a cura di Raffaele Aprea)
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Anche se ormai
ottantrenne accompagnao dai familiari sui più stretti tra cui un
bastone, Alberto Granado biochimico fondatore di un istituto di ricerca a
Santiago di Cuba, non ha smesso di mordere la vita e gira per il mondo a
parlare del Che Guevara. Il suo grande amico dell'adolescenza. Nelle settimane
scorse è stato in Italia ed anche in Campania ospitato dall'Associazione ItaliaCuba
con sede di Salerno. Alberto Granado, argentino, era amico del Che fin da quando, il Che, aveva 14 anni ed
Alberto 20. anche se 14enne Ernesto Guevara de la Serna era molto più maturo
degli altri ragazzi della sua età. Leggeva molto ed amava il rugby. A quel
tempo c'era un solo campo da rugby illuminato anche la sera ed il Chè
appassionato di questo sport, nonostante l'asma dovuta ad una polmonite curata
male da piccolo, non si arrendeva mai e si dedicava molto. Una
delle caratteristiche principali di Ernesto Guevara de la Serna era la
determinazione ed una grande forza di volontà.
È stato proprio grazie al rugby che si sono conosciuti. allora,
Alberto lo aveva notato per la sua irruenta passione con cui si
dedicava a questo suo sport preferito e non immaginava quanto da lì a poco avrebbe
scoperto. Ernesto era un accanito lettore ed aveva già acquisito una cultura
molto ampia per l'età che aveva. Ernesto ed Alberto divennero molto amici, si
soprannominarono vicendevolmente <<Mial>>
che stava per <<mio Alberto>> e <<Fuser>> che stava per <<il furibondo De La
Serna>>. Il film 'I diari della motocicletta' racconta la verità. Gli
anni trascorsi insieme dai 14 ai 24 (del Fuser) furono gli anni più formativi,
fu un percorso di vita il cui viaggio sulla motocicletta la Poderosa è praticamente la naturale
conclusione di quanto avessero vissuto in quei dieci anni. Durante gl'incontri
che ha tenuto Alberto Granado in questi giorni ha sempre voluto rispondere alle
domande delle persone, e ci ha raccontato che il viaggio con la motocicletta
era un sogno più suo che del Che. Molte persone si erano dette pronte ad
intraprendere quel viaggio ma alla fine tutti si tiravano indietro solo Ernesto
fu fedele alle parole che spese ed a soli 23 anni e a pochi esami dalla laurea
in medicina (laurea che conseguirà al ritorno dal viaggio) scelse di conoscere
il mondo che fino a quel momento aveva solo studiato dai libri. In quel momento
dice Alberto- <<ho capito di trovarmi di fronte una persona speciale>>.
Che Guevara era una persona con uno spiccatissimo senso dell'umanità. Quando
intrapresero il viaggio sia Alberto che Ernesto non avevano alcun orientamento
politico: eravamo apolitici perché i tutti partiti avevano dei lati oscuri. Eravamo
semplicemente contro....contro tutto e tuti. Il viaggio era nato dalla sete di
conoscenza. In quei giorni, Che Guevara maturò un forte bisogno di lottare
contro le ingiustizie; sin da ragazzo non le aveva mai sopportate, come pure le
persone vigliacche. Il gesto che più può sintetizzare il Che ha raccontato Alberto Grado- (ed è
raccontato anche nel film) è stato quando in Cile a Val Paraiso non esitò un
attimo per abbandonare la compagnia di Alberto e delle ragazze per visitare una
donna anziana che stava male.
In questi incontri pubblici
l'argomento non è stato solo Che Guevara ma anche Cuba, Fidel Castro ecc.. più
volte è stata posta la domanda del futuro di Cuba dopo Fidel ed Alberto Granado
non ha esitato a spiegare che l'esperienza Socialista della Repubblica di Cuba
non finirà anche se Fidel dovesse venire a mancare. La rivoluzione socialista
cubana non è stata la volontà di pochi ma una rivoluzione che viene dal
popolo.La popolazione di Cuba ha
scelto,all'indomani della rivoluzione, un modello di vita socialista. Dalle
tante domande che sono state poste ad Alberto vale la pena sottolineare -parole
di Alberto Granado- che nonstante la simpatia che tutti gl'italiani nutrono nei
confronti di Cuba, essa non è come la immaginano. La vita dei cubani e dura,
l'embargo strozza l'evoluzione economica del Paese ma nonstante tutto questo i
cubani sono orgogliosi del loro presidente della forma di libertà socialista. Cuba quindi si presenta come un
paese con i sui pregi, molti medici cubani lavorano in tutto il mondo curando
gratis nei luoghi del pianeta di maggior disagio, e le sue contraddizioni come
la povertà e la necessità di difendersi contro i tentativi di vanificare e
dminare il sistema socialista cubano. Come tutti gl'incontri con
persone speciali o personaggi che sono stati nelle strette vicinanze della
storia, finite le domande c'è stato un ficcare di libri da autografare...foto
di gruppo ecc.. nonostantele piccole vanità il messaggio di Alberto Granado
resta chiaro. di Raffaele Aprea
(….Frammenti…parole di Alberto Granado...)
Prima di cominciare voglio dichiarare tutta la mia
commozione per l'affetto che dimostrate verso Cuba, verso il Che e verso me che
sono solo un umile rappresentante di tutto questo. Succede sempre la stessa
cosa, con tutti gli anni che ho, prima di fare questi incontri penso che non mi
emozionerò ma alla fine mi emoziono sempre. La cosa che più mi piace è
cominciare questo dibattito. Non mi piace un dibattito dove la gente parla solo,
ma dove la gente domandi. ....
in cosa il film "I diari della motcicletta" si distacca dalla realtà del viaggio? tutto ciò che racconta
il film é reale. Non é un documentario é una pellicola e quindi tiene aspetti
propri della cinematografia. Però l'unica cosa che si distacca dalla realtà é
che il Fuser attraversò il fiume per andare dai lebbrosi di giorno e non di
notte. Oggi i media tentano di mostraci mondi e realtà lontane, questo ha
cambiato íl modo di víaggiare delle persone? Credo che ci vuole un contatto
diretto con le cose perché con media si mandano molti messaggi sublunari in cui
si mettono in risalto il ricco i criminali e coloro che opprimono il prossimo.
Quindi viaggiare è molto importante, soprattutto se viene fatto con
naturalezza, in modo in modo che da esso ne scaturisca che anche le utopie si
possono realizzare Nel film viene messa
in risalto la spiccata sensibilità che Chè verso l’individuo umano, a volte con
accenti che possono apparire “infantili”. Alla luce dell’evoluzione della
Storia e della stessa morte del Chè, lei consiglierebbe ancora quella
spontaneità ai giovani? Il Chè non era per nulla infantile. Quando l’ho conosciuto aveva
quattordici anni ed aveva una formazione intellettuale molto superiore alla
media dei ragazzi della sua età. Lui non ragionava in maniera infantile ma in
maniera molto più profonda rispetto ai ragazzini della sua età. Quello che non
poteva sopportare e su questo rifletteva era l’ingiustizia La scelta di non
occuparsi del governo, dopo che la rivoluzione avesse terminato il corso, lo
ritiene un limite? Questa non era una cosa buona. Il Chè aveva grosse capacità di
governo e non volerle accettare per lui è stato un errore, infatti quando lui
dovette scegliere se continuare nell’esperienza governativa di Cuba o di
andarsene verso nuovi orizzonti scelse di adare verso essi. L’ambiente cattolico
in cui era cresciuto il Chè hanno influenzato il suo modo diessere e le scelte
che ha fatto? No! Il Chè e me eravamo completamente atei. La famiglia Guevara,
come tutte le famiglie argentine erano cattoliche di facciata. Andavano a
messa, battezzavano il loro figli, si sposavano in chiesa ecc… ma essendo noi
atei non c’è stata influenza del mondo cattolico nelle nostre scelte. Nel film ed in molti
altri libri il viaggio è mostrato come un momento altamente formativo per le
scelte che il Chè farà nella sua vita. Secondo lei senza il viaggio il Chè
sarebbe stato diverso? Anzitutto noi non siamo partiti come rivoluzionari ed anche se in
un primo momento può sembrare eccessivo affermare che il viaggio sia stato un
momento davvero formativo, nel corso degli anni successivi ci si è resi conto
che il viaggio ha avuto molto peso nella formazione del Chè come rivoluzionario.
Senza dubbio durante il viaggio abbiamo sbattuto la testa contro cose che
conoscevamo solo in teoria, quindi c’è una differenza tra conoscere le cose da
un romanzo e vederle in prima persona. L’affiatamento e l’amicizia crebbe molto
durante il viaggio perché scoprivamo che avevamo un modo di reagire, di fronte
alle cose positive e negative, uguale. Lei si sente più
argento o cubano? Ho tre patrie, l’Argentina che mi formò come medico e
scientificamente, il Venezuela dove sono cresciuto come scientifico, ho avuto
una moglie ed ha concepito due figli. In fine Cuba dove si sono realizzati i
sogni della mia vita. In Italia abbiamo
avuto un uomo molto stimato dal mondo politico e culturale, si chiama Mario
Capanna ed ha ipotizzato la nascita di un Parlamento mondiale che si occupi di
tutelare i diritti delle popolazioni; visti i fallimenti della politica. Cosa
ne pensa di questa idea? Ci sono già molti organismi deputati a questi compiti come la FAO
ed altri. Sarebbe più opportuno far funzionare questi. Oggi nonostante tutto
c’è un forte sfruttamento delle zone più povere del mondo, cosa si sentirebbe
di dire ad un giovane che vive in quei luoghi? Direi a tutti loro che sono la via del futuro…… che dovrebbero
lottare per i loro diritti e per un futuro migliore. di Raffaele Aprea |
Oltre la danza macabra |
l'ultimo libro della Parlamentare Luisa Morgantini (a cura di Raffaele Aprea)
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Giovedì 9 settembre si è tenuta,
presso il cineclub Vittoria in Casagiove, in collaborazione con la libreria
Uthòpia, la presentazione del libro dell’europarlamentare Luisa Morgantini che
ha partecipato al dibattito pubblico che si è tenuto nella platea del cinema.
La serata di
presentazione e iniziata con la lettura di un brano del libro, un intervento al
Parlamento Europeo in cui si pone l’accento sull’orrore delle politiche di
deportazione e colonialiste di Sharon, ma senza giustificare gli atti di
terrore di Hamas. Bisogna rivolgere l’attenzione alle famiglie delle vittime
delle vittime israeliane e palestinesi che si uniscono e si sforzano per
costruire un cultura della pace.La richiesta di sicurezza da
parte di Israele sarà possibile solo attraverso il riconoscimento ed il rispetto reciproco. Si chiede alla politica europea
di sostenere il ritiro delle truppe israeliane dai territori palestinesi e di rispettare
i confini sanciti nel 1967, di chiedere con forza la fine degli interventi
militari israeliani perché violano i diritti umani e lasciare ad Arafat li
libertà di potersi muovere. La pace è indispensabile per
tutti e non bisogna confondere l’opposizione a Sharon con l’antisemitismo; ma
bisogna pur fare differenze tra occupanti ed occupati al fine di vedere
terminate le sofferenze e le ingiustizie che scandiscono il tempo in terra di
Palestina ed Israele. Nel rispondere e commentare i vari interventi
l’europarlamentare ha integrato il conflitto israelo-palestinese all’interno di
quella che orami è diventata una politica di guerra in cui stati più
economicamente e militarmente più potenti sfruttano regioni del mondo in cui
l’assenza di regimi democratici consente loro di influenzare le scelte
economiche e “politiche” in maniera opportuna. Questo è ad esempio il caso del
Sudan, luogo dal quale da poco era tornata, in cui la lotta è tutto intorno al
petrolio; il Sudan è uno di quei luoghi in cui il petrolio non si nasconde. Affinché tutto questo accada senza grossi rumori – in realtà
non ci sono riusciti davvero in pieno! – ci si aiuta con i mezzi d’informazione
e quindi il pensiero corre ad Enzo Baldoni, ucciso in Iraq dove stava
realizzando un reportage ma che non è stato “benedetto!” dai riflettori dei
media, la sua morte è stata lasciata nel silenzio. In questo contesto di politiche
di guerra ed un’informazione poco libera, che s’introduce il titolo del libro:
“Oltre la danza macabra”. Esso è un invito ed una speranza, ad uscire da questa
danza, appunto, di guerra e terrorismo. Il libro: il libro rinuncia a fare
un’indagine sulle dinamiche socio-economico e politiche che ci hanno portato a
questo stato di guerra, esso è una raccolta di racconti ed interventi fatti in
sede U.E. in cui oltre a denunciare ingiustizie, mostrare la tragicità della
sofferenza che regna nei campi profughi,
nei luoghi martoriati da guerra e guerriglia, in conclusione di ogni
racconto, l’autrice, propone in maniera
soffice, quasi come ovvia conseguenza dello stato dei fatti una soluzione.
Questa scelta, letteraria, ha spiegato l’autrice, nasce dal credere nella
centralità dei fatti. Parlare del prigioniero che finita la sua detenzione non
torva lavoro e si trova disorientato, significa parlare di una questione
politica partendo dalla realtà effettiva. Quindi, in
conclusione, “oltre la danza macabra” si presenta come un libro che si rivolge
alla parte sensibile dell’uomo ma non dimentica di guardare avanti, al futuro
ed alla soluzione possibile del problema. |