In questo primo giorno di primavera ricordiamo tutti i giovani che ci hanno lasciato nell'attesa di incontrarli nella luce
| Primavera forse Forse nell'aria intorno non brilli più, e nei campi arati, con ottuplice esattezza, più non esulti come ai tempi non lontani della fame vinta con fatica, senza veleni. O forse è la piccola isola a doppi vetri che i figli fuggono lungo la notte a distruggere la profondità dello sguardo ormai stanco. Noi non sappiamo più, dolce Primavera, se il latte è fatto da mucca o di quote e non c'è risposta alcuna agli sportelli anonimi della banca intesa dei nostri sogni, al fast food della nuova conoscenza veloce. Forse è Primavera: praterie immaginarie comunque ci incalzano e cavalli che corrono liberi, la nuova frontiera del mondo che sempre rinasce, il sospiro delle stelle che si adunano nel cielo a miriadi; anche noi ritorniamo oggi a tessere l'encomio della Primavera che ogni anno inanella il tronco largo della vita. Corrono a fiumi sulla striscia d'asfalto automobili che non fanno poesia, belle solo tra spot e tra di loro: ti liberano il tempo cosė come lavastoviglie che non fa rima con niente; più tempo in affanno per aver più tempo libero, perché? Primavera: palpita ancora inesorabile alle gemme la vita che non si spegne. |
L'albero cui tendevi Rimane ancora qui la tua presenza: l'albero cresciuto cui tendevi la mano, la tastiera fredda che tace e il campo dei giochi con la palla in corner colorata e immobile; tutto rimane: la somma esatta e inesorabile dei sogni, il grande poster, e l'oggettistica di morte, i doni dei nonni per le previste iniziazioni della vita. Siamo ancora qui, a vigilare il seme che muore con lacrime di carestia e tentazioni di visionari. Quando la tua voce risuona nei labirinti della nostra mente rivediamo i tuoi occhi di cervo ferito e il sorriso dovuto alle labbra della giovinezza. Lasciarti è stata la nostra fine del mondo, il nostro domani per fuggire sui monti e abbandonare la macina che gira; lasciarti è stato per noi come la città abbandonata e la carrucola caduta nel pozzo. Lasciarti è stato il nostromondo senza Ulisse e senza eroi, senza miti e senza poemi, è stato la nostra Auschwitz quotidiana: non ci resta che il Cristo doloroso sul calvario dei dubbi e delle notti agitate dai sensi di colpa. Non ci resta altro che una compassione senza limiti per le ferite del mondo. Non ci resta che il pane spezzato. |
Nomi scritti Sergio, Alberto, Elena, Chiara, Alvise, Francesco, Giulia, Roberto, Giovanni, Giacomo, Maria, Lucia,... i vostri nomi sono scritti in questo infinito azzurro di Primavera che tutti cerchiamo con caratteri di vento e musica di pace. I vostri nomi stanno scritti nell'invisibile silenzio di un Dio che parlando tace e che, principio e fine, nulla abbandona di quanto ha generato. Con voi tessiamo l'elogio alla creazione che passa e si rinnova; non ci ferma al pianto duro che come scrosci d'acqua irriga i solchi. Abbiamo appreso l'infinita arte del pessimismo che non basta a significare l'attesa di una madre e l'affanno d'un padre. Abbiamo appreso con voi l'infinita arte della promessa che si compie. E siamo qui a vegliare, sentinelle al gelo della notte; siamo qui a coltivare la speranza che non muore, in fondo ai vasi quasi asciugati dalla tragedia di vivere. Noi restiamo qui in piedi come ogni madre alla croce a pretendere con la flebile voce dei poveri il compimento delle promesse. Vogliamo che sia consolato chi piange, liberato chi č prigioniero, ascoltato chi bussa, perdonato chi perdona; noi vogliamo con la forza che un Dio ci ha donato. I vostri nomi abbiamo letto in un cielo di speranza. |
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