Le loro parole mi rasserenarono, ci abbracciammo di nuovo tutti e tre, salutammo Bruno che partiva con il suoi genitori che vollero accompagnarlo fino alla sua meta, notai che anche i loro volti erano sereni, e, fra me e me, salutando con la mano, augurai ogni cosa buona a Bruno.
Io e Franco facemmo un grosso sospiro, sembrava avessimo trattenuto il fiato fino alla scomparsa dell'auto che portava Bruno verso il suo futuro.
Tornando a casa con Franco parlammo un po':
- Come l'anno presa i tuoi? - chiesi.
- Né bene né male, ho parlato con loro tutta una sera, hanno capito, però avrebbero preferito un postò più vicino, almeno potevano venirmi a trovare qualche volta. Il Brasile non l'ho scelto io, è capitato così per caso, io ho solo detto di sì.
Dire di sì, questa piccola frase mi frullava per la testa, dire di sì, a cosa? A chi? Dire di sì... dire di sì!
Una settimana dopo ci fu una piccola svolta nella mia vita, due aziende, a cui avevo inviato il mio curriculum, mi contattarono per un colloquio. Mi presentai e, scelsi un mobilificio. Dopo qualche giorno ero al lavoro. Avevo già lavorato nel legno, mi piaceva. Franco si congratulò con me, lo vedevo poco, solo nei fine settimana quando tornava a casa.
Studiava molto, soprattutto lingue e il primo soccorso infermieristico, ma il sabato sera era nostro, ore ed ore a parlare, a leggerci le rare lettere di Bruno a fantasticare su come sarebbe stata la nostra vita, a ricordare i giorni passati in India con Madre Teresa.
L'otto gennaio giunse il giorno della partenza di Franco. Lui andava più lontano di Bruno, il Brasile non era Venezia, c'era mezzo mondo e un oceano di mezzo.
Ci abbracciammo, le parole non servivano, ormai ci capivamo solo con lo sguardo. Mi promise di scrivermi per mandarmi l'indirizzo, io promisi di scrivergli ogni volta che potevo.
- Teniamoci in contatto, per quel poco che potremo, fammi sapere di te e come ti va, - mi disse - mandami notizie anche di Bruno.
- Ciao e in bocca al lupo - risposi con un nodo alla gola.
E infine rimasi solo. Con tante cose per la testa, tanti pensieri. I miei amici avevano trovato la loro strada e l'avevano imboccata, avevano "detto di sì” e erano partiti.
Io avrei atteso il momento in cui avrei "detto di sì", sarebbe arrivato, non sapevo quando ma, ero certo che sarebbe arrivato.
Il lavoro era diventato sicuro, mi rimisi a studiare frequentando corsi serali di ragioneria, nel contempo contattai delle associazioni di volontariato, e cominciai ad operare nel sociale, con gli anziani ma soprattutto con i ragazzini delle elementari e medie, - "se la pianta la prendi da giovane cresce dritta e non fa brutte pieghe" - E' un detto che non so da dove venga, ma me lo ricordava sempre mio nonno. Così feci.
Dopo il servizio militare, ripresi il lavoro e l'attività, ogni tanto ricevevo una lettera da Franco che mi raccontava delle Favelas di Rio, non si differenziavano molto dal campo dell'India, la situazione era pressoché identica, non c'era la lebbra, ma c'erano altre malattie tropicali. Lui riceveva la mia posta, dopo qualche mese, ma la riceveva.
Anche Bruno qualche volta si faceva vivo, non essendo frati di clausura gli concedevano una o due settimane di "vacanza" che passava con la sua famiglia. A maggio 1988 che fu ordinato sacerdote e fu l'occasione di partecipare alla cerimonia, Franco arrivò dal Brasile e ci ritrovammo tutti e tre dopo circa sei anni. Fu una commozione generale, poi le nostre strade si divisero nuovamente.
Bruno operò vari anni in varie comunità per il recupero per drogati in Italia e Francia, poi, i primi mesi del '90 mi annunciò la sua partenza per una missione in Madagascar, riuscii a vederlo al paese dove venne a celebrare una messa e dove organizzammo una raccolta di fondi per la missione.
Intanto io, mi ricordo il giorno e l'ora, alle 20,30 del 19 marzo 1979, ad una riunione delle associazioni del Comune sbattei letteralmente contro due occhi neri, capelli neri, foulard fuxia, jeans e camicetta a fiori, fu colpo di fulmine, quegli occhi mi bruciarono, mi penetrarono, mi resero schiavo d'amore, credo che la cosa fosse reciproca, perché ci guardammo a lungo senza parlare, ma sembrava ci conoscessimo senza averci mai visti, che il destino aspettasse solo di farci incontrare, sentii una dolce musica, che ricordavo di aver sentito a Calcutta, una voce dentro mi disse, "la tua ricerca é finita, hai trovato l'altra metà del tuo cuore".
Successivamente lei mi disse la stessa cosa, la musica, le parole. Ricordai Madre Teresa, "non crucciarti, il Signore pensa a te e ti darà i mezzi perché tu possa portare a termine i tuoi compiti".
La bellissima e dolce creatura diventò mia moglie il 23 aprile 1983, il 18 aprile 1984 mi regalò una splendida figlia e il 1 marzo 1990 un magnifico ragazzo.
Franco a Bruno non poterono partecipare al mio matrimonio, ma si fecero vivi con due lettere scritte con il cuore, che conservo tuttora.
Le occasioni per vederli furono poche, nel 1990 pochi mesi dopo la nascita del mio secondo figlio riuscii a vederli tutt'e due, anche Franco aveva trovato una dolce brasiliana e si era sposato, tre anni prima. Bruno era magrissimo, aveva due occhi profondi, due occhi che vedevano sofferenza ma che anche soffrivano. Sia io che Franco gli chiedemmo come si sentisse, ma nonostante la sua risposta fosse rassicurante non ci convinse del tutto, dopo un mese ripartirono sia lui che Franco, ci salutammo sempre allo stesso modo, abbracciandoci tutti e tre strettamente.
Bruno lo rividi nell'estate del '96 minato da una malattia tropicale, fu mandato a casa per qualche mese per curarsi e riprendersi, era il fantasma di un uomo che nei suoi anni migliori pesava 85 chili per un metro e ottanta, ora, a fatica arrivava a cinquanta chili. Lo frequentai assiduamente, ascoltando la sua vita di missione, accompagnandolo qualche volta all'ospedale per le cure mediche o in qualche parrocchia vicina dove andava a celebrare e a raccontare della vita missionaria, in tre mesi si riprese un po', recuperò una decina di chili, ma era impaziente di ritornare alla sua missione, diceva sempre:
- Non sono capace di ciondolare senza far niente.
- Ma ti devi curare, e poi stai facendo molto per la missione, ogni paese che visiti raccoglie fondi da mandare laggiù.
- Ormai sto meglio, sono anche ingrassato, a star qui senza far niente con tutto quello che c'è laggiù da lavorare mi viene la depressione, sento che lì hanno bisogno di me.
Non riuscii a convincerlo, andò perfino dal vescovo finché ottenne il permesso di ripartire.
Lo salutai con una stretta al cuore, come fosse l'ultima volta che lo vedevo, e fu così.
Due anni dopo Bruno ci lasciò per sempre, ad un mese dalla sua morte la salma arrivò al paese dove furono celebrati i funerali, giunse anche Franco dal Brasile, lo portammo a spalla, io Franco e altri amici.
Aveva lasciato scritto che voleva tornare alla terra non voleva essere elevato al di sopra di nessuno, intorno alla su tomba volle che fossero disposte due panchine perché, chi lo voleva andare a trovare si potesse sedere e fare una chiacchierata con lui.
Io e Franco, prima che lui ripartisse per il Brasile, ci sedevamo lì e chiacchieravamo con Bruno come lui fosse con noi, e sentivamo che c'era. Sulla sua lapide volle un pensiero di Madre Teresa:
" Mio Signore, fa che io possa vederTi oggi ed ogni giorno nei malati e, mentre li accudisco, che io possa avvicinarli a Te. Anche se ti nascondi dietro le sembianze poco invitanti della persona irritata, esigente, scriteriata, fa che io possa comunque riconoscerTi. Com'è dolce servirti."
Conclusione.
Il 5 maggio, ho ricevuto una lettera di Franco, verrà dal Brasile per un mese e porterà la moglie e i suoi tre figli. Sono felice, mentre scrivo queste ultime righe, mi tremano le dita.
Vieni Franco, ti aspetto, andremo insieme a trovare Bruno, ci sederemo con lui, parleremo del tempo che abbiamo trascorso insieme vicine e lontani, ricorderemo Madre Teresa, la missione di Bruno, Le favelas del Brasile, le associazioni di volontariato. Trent'anni della nostra vita. Bruno ha già portato lassù la sua vita, lo immaginiamo a fianco di Lei che ci guarda e ci assiste fino a che, anche noi, lo andremo a trovare, ritroveremo Madre Teresa, molte persone che ci hanno conosciuto e che speriamo di aver fatto qualcosa per loro.
Porteremo il nostro fardello nelle mani del Signore, e potremo sapere se quel poco che abbiamo fatto sia bastato.
G. maggio 2003 (fine)
Ringraziamenti:
Ripeto, in conclusione i miei ringraziamenti a Francesca Romana e a Maria Antonietta per avermi chiesto questo mio ricordo, mai richiesta fu accolta così prontamente, senza nessuna fatica.
Ho voluto concludere raccontando il corso delle nostre vite, mia, di Franco e di Bruno. Sono passati trent'anni e sembra ieri.
Ringrazio i papà di Franco e di Bruno che ci hanno mandato laggiù per delle ferie e ci hanno dato, involontariamente, l'occasione che ha stravolto le nostre vite rendendole, spero, migliori.
Ringrazio Madre Teresa, ogni tanto mi sogno di Lei, le ho raccomandato la mia famiglia, e sento che continua ad assistermi come, sicuramente, l'ha fatto nella prova che ho avuto circa dieci anni fa.
Siete sempre nel mio cuore.
Giuliano
Aggiungo, oggi, luglio 2008 la mia commozione e serenità nel comunicare ad altri amici questo mio pezzo di vita, sono convinto che alla Piccola e Santa Madre fa sempre piacere se altri vengono a conoscenza delle sue parole e specialemente delle sue azioni.
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Siate espressione vivente della bontà di Dio; bontà negli occhi, nel volto, nel modo di salutare:
il modo in cui viene compiuto un gesto sia importante quanto il gesto stesso.
E' così bello completarsi a vicenda! Può darsi che quello che facciamo noi nei bassifondi voi non possiate farlo, e quello che voi fate nel posto dove siete chiamati ad operare non possiamo farlo noi. Ma insieme stiamo facendo qualcosa di bello per Dio. (Madre Teresa di Calcutta)
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