Il Titolo di Pezze di Candela

 

Il Titolo di Pezze di Candela

Il Titolo di Pezze di Candela

Il secondo termine di confine (quello nelle terre "De Pinolis" appartenenti all'episcopio di Bitonto) detto Titolo di "Pezze Candela" sino al maggio 1970 sorgeva all'interno dell'attuale zona dell'aeroporto civile; purtroppo oggi non è più visibile in loco, poiché nel giugno 1970 fu abbattuto per i lavori di ampliamento dell'aeroporto, tuttavia il Centro Ricerche di Storia e Arte di Bitonto riuscì a strappare alle ruspe i conci numerati del cippo, che così scomposto, è ospitato nella scuola di restauro San Pietro Nuovo di Bitonto. E' l'unico dei Titoli conservato integralmente che può darci l'idea di come erano anche gli altri, quasi tutti privati dei pezzi originari (stemmi, lapidi, iscrizioni). Il cippo, con base rettangolare, era realizzato in bugnato rustico; nella parte superiore era sormontato da un timpano triangolare nel quale era incastrato, in una cornice rettangolare, lo stemma imperiale di Filippo II di Spagna (1527-1598) figlio di Carlo V.

Lo Stemma di Filippo II di Spagna

Lo scudo, in pietra, aveva dimensioni di cm 70x80, era di tipo sagomato con il fregio del collare del Toson d'oro, agganciato a due tenenti che partivano a metà dallo scudo e sormontato dalla corona reale. Dal punto di vista araldico l'arma imperiale era divisa in quattro parti (inquadrato) ed è così descritta:

1° controinquartato: 1° e 4° di rosso al castello d'oro torricellato di tre pezzi dello stesso, finestrato, aperto e aggiornato d'azzurro (insegne di Castiglia); 2° e 3° d'argento al leon rosso coronato, lampassato e armato d'oro (insegne di Leon);

2° partito e semitroncato a destra:

I)             d'oro a quattro pali di rosso (insegne d'Aragona)

II)          inquartato in decusse: 1° e 4° d'oro a quattro pali di rosso; 2° e 3° d'argento all'aquila nera coronata dello stesso al volo innalzato (insegne di Aragona di Sicilia)

III)      d'argento alla croce d'oro scorciata potenziata, accontornata da quattro crocette dello stesso (insegne di Gerusalemme);

Innestato in punta, (triqueda areola) d'argento (alias d'oro) alla granata di rosso stellata e sfogliata di verde (insegne di Granada) e sovrastante a questa una cetra, d'argento con cinque scudetti di azzurro posti in croce, caricati di cinque bisanti d'argento, segnati da un punto nero, nel centro, messi in croce di S. Andrea, con la bordura di rosso, caricata di sette castelli d'oro posti tre nel campo, due ai lati e due inclinati a destra e a sinistra nei cantoni della punta (insegne del Portogallo);

3° troncato

I)             di rosso alla fascia d'argento (insegne degli Asburgo);

II)          d'oro a quattro bande di azzurro bordato d'argento;

4° troncato

I)             d'azzurro a tre gigli d'oro disposti 2 e 1 alla bordura scaccata d'argento e di rosso (insegne di Borgogna);

II)          di nero al leon d'oro passante (insegne di Brabante);

Sul 3° e 4° una cetra partita: a destra d'oro al leon nero armato, linguato e coronato dello stesso (insegne delle Fiandre) a sinistra d'argento all'aquila rossa coronata dello stesso con volo spiegato (insegne di Anversa).

Sopra tre filari di conci a scarpa correva un cordolo sul quale s'impostava il cippo delimitato in alta da una cornice a ghiera, oltre la quale vi era il timpano triangolare. Nel prospetto nord del monumento, compresa tra la cornice e il cordolo, era incastonata l'epigrafe:

 

MDLXXXV

TERMINUS BIT. IN TER

RIS DE PINOLIS EPATVS

BITONTINI

 

Sopra l'iscrizione, nello scudo, vi era lo stemma dell'Università di Bitonto così blasonato: due leoni d'oro affrontati da un albero di olivo al naturale, radicato su di un verde prato, cinque uccelli o storni appollaiati, il tutto entro uno scudo quasi ovale sormontato da una corona aurea a nove punte. Sul lato ovest si poteva leggere l'iscrizione BITONTUM, mentre sul lato est BARUM. Dal punto di vista architettonico il cippo esprimeva una bella testimonianza del maturo Cinquecento meridionale dai termini forbiti, asciutti, vigorosi, solenni ed eleganti. Anonime restano le maestranze che realizzarono l'opera; probabilmente si trattò di maestri muratori della Bitonto cinquecentesca.