Continuiamo la
disquisizione sui sistemi di alimentazione occupandoci degli unici
2 tempi rimasti sul mercato dopo l'introduzione delle norme EU 2006...
i Direct Injection.
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Il due
tempi tradizionale è infatti limitato nell'ulteriore miglioramento
di consumi ed emissioni dal "peccato originale" di avere le
luci di ammissione e scarico controllate dal movimento del
pistone, e quindi di essere vincolato ad una sequenza di apertura/chiusura
delle stesse simmetrica ed invariabile.... la prima ad aprirsi
è sempre l'ultima a chiudersi..,
Soprattutto ai bassi e medi regimi,
buona parte della miscela, iniezione o no, se ne esce incombusta
allo scarico, vanificando gli sforzi dei progettistied aumentando
inutilmente consumi ed emissioni .
Si aggiunge poi la contemporaneità
delle fasi di espulsione dei gas esausti e di immissione di
quelli freschi, che porta ad una inevitabile contaminazione
tra i due flussi.
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Quello che allora sembrava
un limite invalicabile, invece, è stato oggi brillantemente aggirato
dalla nuova generazione di motori ad Iniezione Diretta. In questo
tipo di motori, l'iniettore è spostato all'interno della camera
di combustione, e rilascia la giusta dose di preziosi idrocarburi
solo dopo che la luce di scarico si è chiusa, impedendo qualsiasi
indesiderata "fuga".
L'uovo di Colombo? Certamente
sì, ma che ha posto i progettisti davanti a numerosi nuovi problemi
da risolvere:
- In primis, anzichè
essere "aspirato" dalla depressione nel carter, il carburante
doveva esser immesso nella camera di scoppio vincendo la pressione
di compressione, stimabile in circa 8-10 bar ( assunto un rapporto
di compressione di 10:1)
Un valore complessivamente
limitato, ma che comunque richiedeva una pompa ben più efficace
di quelle a membrana sinora in uso ed un impianto di iniezione comandata.
- In secondo luogo. cosa
ben più complessa, bisognava
garantire l'intima miscelazione tra aria e combustibile, che deve
avvenire in tempi brevissimi, quelli impiegati dal cielo del pistone
a percorrere il tratto di cilindro che separa la luce di scarico
dal punto morto superiore. Le differenti soluzioni adottate per
ottenere ciò, costituisce la principale differenza tra i
motori dei vari costruttori
I metodi adottati seguono
essenzialmente due scuole:
La prima prevede l'immissione
del carburante in camera di scoppio ad altissima pressione per ottenere
un effetto "Spray" ed un'elevata polverizzazione della carica di
benzina, per abbreviare i tempi di miscelazione. Ovvio che in questo
caso si pone il problema di, trovare il modo più conveniente per
portare il carburante alla pressione di lavoro richiesta.
La seconda usa una premiscelazione
del carburante con una limitata quantità d'aria per "portarsi
avanti con il lavoro" prima ancora della iniezione vera e propria
in Cds.
Con un paragone automobilistico,
il sistema di alimentazione di un motore ad iniezione diretta è
stretto parente di quello di un moderno turbodiesel.,
Non a caso Yamaha
adotta uno schema d'impianto molto simile a quello del "COMMON
RAIL" FIAT, con un'unica pompa che invia carburante ad alta pressione
ad un condotto dal quale "attingono" gli iniettori. Il
principale limite di questa soluzione è che una eventuale minima
perdita nel lungo condotto può generare sgradite fontanelle di infiammabile
combustibile nebulizzato sotto la calandra ( problema sconosciuto
nei Diesel...)
Questo problema viene
superato nel sistema OMC/Ficht, che, riprendendo
l'analogia automobilistica, è invece molto vicino all'iniettore/pompa
di VolksWagen, con la benzina che arriva all'iniettore a pressione
relativamente bassa, e solo in esso viene portata al valore di immissione.
Essendo poi gli iniettori indipendenti, si ha una certa garanzia
di poter proseguire in caso di guasto ad uno di essi.
Sul fronte opposto, ovvero
ad utilizzare una premiscelazione aria/carburante prima dell'iniezione,
troviamo l'Optimax Mercury e l' LPDI
di Tohatsu, entrambi basati sui brevetti Orbital, , in cui attraverso
l'iniettore viene immesso in camera una miscela di aria in pressione
e di combustibile. La premiscelazione permette di ottenere una buona
combustione pur mantenendo meno elevato il valore assoluto della
pressione. La complicazione? La necessità di un compressore ausiliario
per l'aria, con conseguente aumento di peso ed ingombri. Rimane
a mio avviso il sistema più convincente, come dimostrano anche i
buoni risultati commerciali....
Con tutti questi DI, rimane
l'incognita di determinare quale percentuale dell'aria aspirata
attraverso il carter sia effettivamente presente in camera di scoppio
al momento dell' iniezione. ( sia pur composto di sola aria, parte
di quel che viene "pompato" dal carter , se ne va alllo
scarico duirante la prima parte della corsa di salita del pistone.
Sbagliare questa stima
per difetto, può significare ritrovarsi con problemi di "Misfire"
e, alla lunga, con un pistone bucato!.. Il problema come abbiamo
visto non si poneva in precedenza perchè la miscelazione
tra aria e benzina avveniva PRIMA dell'ingresso in camera.
Infine, bisogna assicurare
l'affidabilità del sistema di iniezione nonostante le poco raccomandabili
condizioni di lavoro ( elevatissime temperature e pressioni) in
cui l'iniettore viene a trovarsi, entro la camera di scoppio.
Una soluzione alternativa
che "aggira" parte di questi problemi è
quella presentata dalla nostra Selva
sul modelllo "Bull Shark", il cui punto di forza sono
la semplicità e la relativa economicità. Non si tratta di un vero
sistema ad iniezione diretta, in quanto comunque l'iniettore è posto
fuori dalla camera di scoppio, e a rigore non è neppure un vero
due tempi, in quanto apre la sinora trascurata strada della valvola
di travaso comandata. Eppure gode , almeno sulla carta, degli stessi
vantaggi dei VERI ID
Se son rose....
Bye
Camillo
Last Update
22.01.07
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