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Parliamo qui del motore forse più
originale degli anni sessanta, di sicuro quello che più divise in entusiasti
o detrattori gli utenti, nonostante una non straordinaria diffusione... A
causa del suo profilo inconsueto ebbe parecchi soprannomi, uno più oltraggioso
dell'altro, il più benevolo dei quali fu "IL GOBBO".
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Non dev'essere stato un compito facile
quello che si son visti affibbiare all'inizio degli anni '60 i tecnici OMC del
progetto MQ: Realizzare
un motore da 10 hp ottimizzato per le esigenze (o presunte tali) dei pescatori,
ovvero: - Compattezza
estrema - Facilità
di trasporto - Peso ridotto
all'osso - Silenziosità
da primato - Possibilità
di navigazione su fondali ridotti -
Profilo privo di potenziali appigli per lenze -
Sviluppo verticale limitato al filo dello specchio di poppa o poco più
con baricentro più basso possibile. Soprattutto
quest'ultimo vincolo era alquanto limitante, giacché, se applicato ad un
motore tradizionale, avrebbe significato limitarsi quasi al puro ingombro di piede
e gambale, come si vede dalla figura accanto ....
Ciliegina sulla torta, il nuovo nato andava a rimpiazzare un modello glorioso
ed apprezzato come il 10 QD, per cui non c'erano da aspettarsi sconti da parte
dell'utenza. |
Per
rispettare le specifiche imposte e al contempo realizzare un prodotto credibile,
il team fu costretto a buttare a mare quasi tutto l'esistente, al punto che, se
non fosse per la familiare linea del piede, recuperato dal QD pur con alcune parti
interne prese a prestito dal 5 1/2, il motore non sembrerebbe neppure lontanamente
un prodotto OMC. Oddio,
a ben vedere tecnicamente una parentela OMC c'è, ma riguarda i "grossi"
40 e V75 da cui viene presa pari pari la filosofia a "Matrioska" del
doppio gambale coassiale, anche se con modalità di realizzo e per scopi
completamente differenti. "Vogliono
un motore che assomigli ad un gambale?" - devono essersi provocatoriamente
chiesti i progettisti - " Bene, noi metteremo un motore in un gambale!"
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Il
nuovo MQ ( o "Sportwin 9.5" se si segue la denominazione Evinrude) nasce
quindi attorno ad un monoblocco nuovo ma complessivamente tradizionale,(a parte
l'adozione, forse unica nella storia del fuoribordo, di un carburatore verticale
invertito, fissato direttamente al carter di travaso) accoppiato ad un piede altrettanto
tradizionale attraverso un gambale cortissimo. Questo
nucleo essenziale viene inserito, con interposizione di supporti antivibrazione,
in una "conchiglia " in alluminio, a due valve, tra le quali viene trattenuto
un gruppo sterzo alquanto complesso nelle funzioni, più vicino al "know-how"
Mercury che a quello OMC, alle quali vengono fissate le leve esterne di controllo
(sterzo, acceleratore e cambio), che lavorano attraverso un complicato sistema
di leveraggi. |
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Sin qua la cosa
sembra alquanto semplice e geniale ... purtroppo quando ci si devono mettere le
mani, c'è solo da piangere! |
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A parte la scarsa accessibilità
a motore "intero", con i lunghi leveraggi di rinvio di starter, avviamento
e regolazione minimo che attraversano longitudinalmente il poco spazio reso disponibile
dalla pur ampia capottina, c'è la scocciatura di doverlo mettere continuamente
sottosopra per recuperare qualsiasi vite o rondella che regolarmente scivola dalle
dita e va a perdersi nel "buco nero" del gambale (reso cieco da un diaframma
di gomma). La rimozione
delle valve è inoltre piuttosto laboriosa per la necessità di smontare
quasi integralmente gli innumerevoli snodi e rinvii e per il fatto che il monoblocco
è praticamente "portante" in quanto direttamente su di esso si
attestano i supporti antivibranti. Anche la scelta dei particolari d'assemblaggio
dimostra una scarsa attenzione alle esigenze dell'assistenza: per esempio, per
rimuovere il supporto delle bobine di accensione basterebbe scollegare il punto
finale dello snodo acceleratore .. purtroppo fissato con una vita a testa cilindrica
rivolta verso il basso! Morale: per il mancato utilizzo di una vite a testa esagonale
si rende necessaria la rimozione dell'intero sistema di snodi dalla manetta in
poi ... |
Già,
direte voi, ma dal punto di vista dell'utente, com'era? Un
sogno, secondo la mia esperienza... leggerissimo ( i suoi 27 kg ridicolizzano
i 35 e passa degli attuali "portatili"), potente, silenziosissimo. Non
particolarmente parco, si avvaleva di una cilindrata notevole ( 250 cc) per sviluppare
una coppia decisamente esuberante. Il
baricentro basso favoriva la stabilità della barca mentre la maggior distanza
tra elica e asse di rotazione induceva un effetto "bracket" che rendeva
lo sterzo assai sensibile. |
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Difetti?
Una congenita debolezza strutturale del cannotto dello sterzo, anche a causa dei
numerosi dispositivi che vi si infulcrano ( leveraggi per assetto per bassi fondali
e blocco a totale ribaltamento, maniglia di trasporto parzialmente basculante,
sistema di blocco automatico in retromarcia). Il
cannotto, a differenza di quanto accade normalmente, non è infatti realizzato
con un tubo cilindrico o uno scatolato chiuso, bensì con un unico "foglio"
in alluminio (ovviamente stiamo parlando di una fusione) , recante i due perni
di rotazione alle estremità, nervato da una sola piega verticale a 90°. Con
l'uso rude può creparsi in corrispondenza dell'astina trasversale di appoggio
e allora comincia il dramma. Se
non preso in tempo può rompersi e provocare la caduta del motore in mare,
ed in ogni caso la sostituzione è alquanto laboriosa ( e costosa, ammesso
di riuscire a trovare il pezzo). |
Un altro potenziale
problema è l'estrema vicinanza del monoblocco all'acqua. Soprattutto da
fermo, su barche con scarsa stabilità longitudinale, è un attimo
mettere il pistone inferiore " a mollo". Lo dimostra il fatto che buona
parte dei pochi esemplari sopravvissuti siano a gambo lungo... Il medesimo problema
si può verificare anche per la rottura del "sifone" a monte dello
scarico aereo. |
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Quanto vale? |
In
conclusione: Rimane
a mio avviso un propulsore meraviglioso per gommoni intorno ai " tre e mezzo",
di cui esalta la portabilità nell'uso "monta e vai". Pagò
una eccessiva specializzazione, cui si debbono alcune funzioni strampalate di
cui ancor oggi non si comprende l'utilità, come una regolazione dell'assetto
su ben 16 posizioni diverse.. Per
molti aspetti risulta nettamente superiore al successivo "9.9" cui arrise
un maggior successo e che, pur profondamente rimaneggiato, è arrivato sino
ai nostri giorni. Purtroppo
è la OMC stessa, tramite l'ITALMARINE che da tempo non fornisce più
alcun tipo di ricambio, neppure il più banale, per questo modello, a decretarne
la progressiva scomparsa... |
Enrico
D. Venezia © |
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