All' inizio degli anni '70 OMC si
ritrovò con una gamma vasta ma che presentava un vistoso "buco" nel settore
delle medie potenze.
Nè il piccolo e leggero 20 hp da 360 cc nè
il grosso e pesante 40 da 720 cc erano infatti in grado di competere con
i maneggevoli 35 hp da circa 550 cc che Mercury e Chrysler avevano recentemente
presentato.
E neppure il tiratissimo 25 hp, ottenuto rimaneggiando
il glorioso 360 cc, che all'epoca già vantava ormai vent'anni di produzione
sul groppone, era riuscito a tener testa all'odiato rivale Mercury di
pari cilindrata sul piano di prestazioni e consumo, e tanto meno poteva
sperare di contrastare il nuovo e brillante Yamaha 430 cc.
Così , dopo il 50 hp "looper" e il 9,9/15
"crossflow", OMC partorì la sua terza e ultima novità del decennio.
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Oddio, novità per modo di dire, perchè
se è vero che si trattava di un nuovo progetto, tecnicamente risultava
quanto di più classico e conservativo si potesse immaginare:
Bicilindrico, di grossa cubatura,
con lavaggio trasversale e pistoni con deflettore, un unico carburatore
( quello del 40), lamelle di aspirazione "a margherita" ( derivate
da quelle del "360") ed accensione a volano magnete
con puntine platinate.
Anche l'estetica non si discostava
più di tanto da quella del vecchio 20, di cui tra l'altro riciclava
capottina e barra guida.
Unica concessione alle nuove tendenze
era il piede con scarico nel mozzo, molto squadrato nelle linee
e con un condotto dì scarico nel mozzo dell'elica decisamente
esagerato rispetto al volume di gas che avrebbe dovuto transitarvi.
Nuovo risultava anche il gruppo di
fissaggio allo specchio, che adottava il comodo sistema di blocco
su tre posizioni (normale, bassi fondali e piede completamente
sollevato) già visto sul 9.9/15
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Il nuovo nato fu presentato come "SEATWIN"
35 hp nel 1976 e a dire il vero non entusiasmò più di tanto nè
chi mirava all'apparenza, per via dell'aspetto da "piccolo",
con il maniglione di trasporto, la leva del cambio ed le connessioni
del telecomando esterne in bella evidenza, nè chi puntava alla
praticità, in quanto risultava comunque troppo pesante ed ingombrante
per essere maneggiato da una sola persona.
In Italia poi non aveva praticamente
mercato, collocandosi appena al di là del fatidico limite per
la guida senza patente, al pari dei suoi diretti concorrenti.
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L'anno successivo ( con immaginabile
felicità di chi l'aveva già comprato), come abitudine OMC il nuovo
nato fu rivisto in numerosi dettagli, adottando la spia del raffreddamento
laterale, una nuova bacinella, un sistema di fissaggio capote
semplificato, un filtro silenziatore sul condotto di aspirazione
e, soprattutto, l'accensione elettronica breakerless CD.
Contemporaneamente, ne fu presentata
una versione "economica", lo "Sportster", ridotta a 28 hp, ed
ottenuta semplicemente realizzando un gambale dedicato che permettesse
di accoppiare al nuovo monoblocco il piede ed il gruppo di sterzo
del vecchio "20". Si trattava di una prassi consolidata in casa
OMC, già più volte adottata nel passato per dar
vita a modelli "intermedi"
Per l'Italia, lo Sportster fu ulteriormente
depotenziata a 20 hp/elica e destinato a sostituire il vecchio
Fastwin "360", da cui ereditò inizialmente anche il carburatore
"strozzato".
Per ironia della sorte, questa versione
per una decina d'anni fu, non solo da noi, quella di maggior successo
del 521.
L'aver adottato i "vecchi" componenti
, sia pur riveduti e corretti in alcuni particolari ( i cuscinetti,
per esempio) per meglio adattarsi alla maggior potenza e coppia
da trasmettere, infatti, se da un lato lo rendeva più sgraziato,
con una evidente sproporzione tra il grosso testone e il piccolo
piede, permise di "limar via" quasi una decina di chili, il che
lo riportò nelle grazie del pubblico del "monta e vai".
Nei due anni che seguirono, il "521"
Sportster 25hp continuò ad essere rivisto in numerosi dettagli
funzionali.
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Nel 1978 per esempio l'asse elica
con spina di frattura fu sostituito con uno scanalato, la barra
di guida fu allungata di circa 5 cm per permettere un miglior
controllo di rotta, sul gruppo di ribaltamento fu aggiunto l'utilissimo
"dispositivo per bassi fondali".
Nel 1979 ad essere modificati furono
il filtro di aspirazione ed i cuscinetti di banco e di biella,
mentre il carburatore divenne quello del 35 dotato però
di una flangia di strozzatura sul Venturi.
La versione 1980 rimane, a mio modesto
avviso, quella più equilibrata sia tecnicamente che esteticamente,
grazie alle stupende decals sfumate, nonché quella più affidabile.
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Dal 1981 la tendenza invece si inverte,
e le modifiche di dettaglio, anzichè a migliorare il prodotto,
sembrano mirate solo a ridurne i costi di produzione.
Così fu discutibilmente modificato
il selettore del cambio con un'inutile complicazione ed infragilimento
del leveraggio, venne eliminato il filtro sul condotto di aspirazione,
le impugnature dei morsetti di fissaggio divennero in materiale
plastico.
La capottina, anziché in VTR, fu realizzata
in una mescola, probabilmente di ABS, poco propensa a trattenere
la vernice metallizzata ( e difatti si passò ben presto al bianco
ottenuto direttamente "in pasta") e con una maniglia posteriore,
anch'essa in plastica, poco affidabile.
Maggior precisione si ottenne invece
sostituendo il comando dell'acceleratore a snodi con uno a cavo
flessibile.
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A metà degli anni '80 l'immagine del
521 iniziava ad appannarsi e la minacciosa presenza sul mercato
di avversari molto aggressivi, quali i citati Yamaha/Mariner 25
con scarico al mozzo e il Mercury Panther, reso finalmente affidabile,
convinse la OMC ad offrire come "25" anche la versione originale
"Seatwin", quella con scarico nel mozzo dell'elica per intenderci,
declassando contemporaneamente a "20" di calandra il vecchio modello.
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Per altri tre anni il 521 tornò ad
essere il re del mercato, sino a quando l'introduzione dello Yamaha
25J tricilindrico ed il suo immediato successo come propulsore
per i gommoni semirigidi e carrellabili, non fecero comprendere
ai commerciali che i diportisti italiani avevano ormai superato
il tabù del peso e della trasportabilità.
Complice anche l'innalzamento a 25
hp reali della soglia per la patente, nel corso del successivo
quinquennio fu un continuo fiorire di "25" sempre più potenti,
pesanti ed accessoriati:
i famigerati DEPOTENZIATI, derivati
da unità di potenza reale largamente superiore ai 25 nominali
e di cui il 521 può considerarsi il capostipite.
Già, perché sinora abbiamo omesso
un particolare che ha contribuito non poco al successo dello Sportster,
ovvero il fatto che riportarlo agli originali 28 hp era operazione
semplicissima e molto diffusa, seppur illegale, al punto che
OMC, sulla successiva versione derivata dal "Seatwin" pensò bene
di renderla più complessa e costosa adottando un carburatore non
modificabile...... salvo poi offrire (alle esigenze di marketing
non si comanda) anche la versione "XP" ( o "GT")
di fatto già "taroccata" a 30 hp.
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Negli anni '90, il 521 fu inizialmente
accantonato e sostituito nella ricorsa al "senzapatente più
potente" dal fratello maggiore "737", poi, esauritosi
il fenomeno dei 25 hp "taroccati", ha continuato la sua
carriera in sordina, tornando ad essere, come alle origini, né carne,
né pesce.
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L'unica evidente modifica di questo
periodo riguarda la barra di guida, trasformata in una sorta di
accessorio, montata a sbalzo sul maniglione frontale e con incorporato
il comando del cambio, ad immagine e somiglianza dei modelli più
grossi, sia OMC che della concorrenza.
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Soluzione che se da un lato permette
una più rapida trasformazione in "tiller" delle
versioni elettriche, dall'altro impedisce di lasciare in sede la
barra quando sono montati i comandi a distanza, costringendo quindi
l'utente a rinunciare ad un utile dispositivo di emergenza...
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Troppo grosso per una
nautica "minore", fatta dei redivivi gommoni smontabili in PVC
e con paramezzale pneumatico, troppo piccolo per il nuovo diporto
"senza patente", dove facilmente i natanti superano i 5 mt fuori
tutto e la mezza tonnellata di peso, l'unica
arma che continua a rimanere dalla sua parte è l'affidabilità.
Collaudato da quasi trent'anni di
ininterrotta produzione, estremamente semplice nella struttura,
è il perfetto prototipo del "mulo " da mare,
per chi vuole un motore senza fronzoli ma anche senza paturnie.
Eccolo per esempio raffigurato in
una versione da lavoro alimentata a kerosene, mai importata
in Italia per via del divieto ad utilizzare tale combustibile
per autotrazione.
D'altra parte le note tristi vicende
OMC e l'approssimarsi della morte commerciale dei 2 tempi di
media potenza, rendono improponibile la realizzazione di una
nuova unità, di classe simile a quella del vecchio 18/360, che
lo sostituisca vantaggiosamente.
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E' ormai certo che il 521 passerà
alla storia, oltre che come uno dei più longevi ed amati
fuoribordo, come l'ultimo vero best-seller di media potenza di Evinrude/Johnson.
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Ecco l'ultima livrea OMC ( 2001) con
in bella evidenza il "cavalluccio marino", storico simbolo
del marchio Johnson, che la nuova gestione Bombardier ha poi presuntuosamente
ritenuto opportuno sostituire con il proprio...
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