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Prima parte del Capitolo N°8
Tratto dal libro:
"50 anni di attività
con la tecnica della
registrazione e riproduzione analogica"
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Meccanismi di azionamento
per giradischi e cambiadischi
Edgardo Magnaghi (LESA – TFK) |
Gli apparecchi giradischi erano presenti, nella seconda metà del
secolo scorso, nel 50% delle case
di tutti i cittadini europei. In questa relazione vengono descritti i
congegni utilizzati negli apparecchi
più diffusi costruiti da LESA e TELEFUNKEN e la loro funzione. |
1. Classificazione dei meccanismi di azionamento
Il sistema di azionamento del giradischi, utilizzato dai vari costruttori,
era solo poco dissimile l’uno dall’altro.
La semplicità nella realizzazione dei meccanismi di azionamento era
la caratteristica principale della categoria
di apparecchi a basso costo che prevedevano solo congegni per avviare ed
arrestare il giradischi. Lo chassis e
il piatto del giradischi erano stampati, quasi esclusivamente, in materia
plastica. Questo offriva vantaggiosamente
la possibilità di eseguire un montaggio semplice su catena, sostituendo
così il tradizionale collegamento mediante
viti. In particolare, lo chassis in materia plastica veniva modellato in
modo che i singoli elementi costruttivi si
univano con semplici sistemi a incastro oppure mediante tenute a scatto.
Il metodo di stampaggio a iniezione risultava
sicuramente molto costoso, tuttavia la spesa era giustificata dalla grande
serie di pezzi. Esso inoltre consentiva un
notevole risparmio di tempo nel montaggio e in conseguenza di ottenere un
vantaggioso prezzo di mercato.
I giradischi di quella categoria erano inoltre, per la maggior parte, autonomi,
cioè essi erano normalmente corredati
di collegamento rete, amplificatore e altoparlante. Per ascoltare un disco
non era quindi necessario nessun dispositivo
ausiliario. L’organo motore era molto semplice e si limitava generalmente
alle due velocità di rotazione del disco più
diffuse 45 e 33.1/3 giri/min.
Il sistema di trasmissione era generalmente realizzato con la cosiddetta
ruota di frizione. Il motore di tipo a induzione
(2 oppure 4 poli) aveva l’albero rotore gradinato e, mediante una
ruota satellite con il bordo esterno ricoperto in
gomma, trasmetteva, opportunamente ridotto, il moto rotatorio al piatto
portadischi (Fig. 1).
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Fig. 1 Trasmissione con ruota di frizione
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Il motore era fissato alla piastra del cinematismo
mediante un sistema di ammortizzatori realizzato con molle a
compressione imbottite con spugna di gomma. Questo sistema ammortizzante
era indispensabile su tutti gli apparecchi
adatti a “suonare” dischi in quanto dovevano attenuare la
trasmissione di vibrazioni dalla piastra del cinematismo al
piatto portadischi e quindi al braccio (Fig. 2). Tali vibrazioni avrebbero
influito nella riproduzione del disco come
rumore di disturbo (Rumble).
Giradischi di questo tipo, presenti nel programma produttivo del settore
fonografico di AEG-TELEFUNKEN, erano
gli apparecchi denominati “Mister Hit” e, della LESA, gli
apparecchi denominati “Lesaphon” (Fig. 3). Come
riproduttore acustico era impiegato un semplice sistema monofonico a cristallo.
Il dispositivo di arresto a fine disco
disinseriva l’alimentazione di corrente dal motore e dall’amplificatore.
Per la commutazione acceso/spento si
usavano quindi i medesimi contatti elettrici. L’apparecchio, con
questa semplice realizzazione, raggiungeva però una
soddisfacente qualità di suono. La costanza di velocità
raggiungibile era più che sufficiente per musica leggera e da
ballo.
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Fig. 2 Propagazione delle vibrazioni che causano rumore di disturbo
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Questo primo gruppo di giradischi estremamente
semplice era seguito da un gruppo con il meccanismo alquanto più
costoso. Il piatto portadischi era imbutito in lamiera d’acciaio
e quindi, molto importante, con un più alto momento
d’inerzia che garantiva un miglior sincronismo di velocità.
Gli stessi venivano offerti come singolo equipaggio senza
amplificatore oppure con amplificatore mono o stereo e si potevano prevedere
con cambio a tre o perfino quattro
diverse velocità di rotazione del disco. Esse erano la vecchia
velocità 78 giri/min, le più diffuse velocità 45
e 33.1/3
giri/min e la più raramente usata velocità 16.2/3 giri/min.
Le più importanti caratteristiche di questo secondo gruppo di apparecchi
erano comunque nel sistema di azionamento
che impiegava un alquanto potente organo motore a più velocità
con albero gradinato e la piastra supporto realizzata
in lamiera d’acciaio. Il braccio era normalmente fornito con una
capsula piezoelettrica a cristallo stereo e con un
congegno per regolare la forza di appoggio della puntina che la manteneva
sufficientemente precisa.
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Questi cosiddetti apparecchi
Standard soddisfacevano però solo il grande pubblico. Un buon impianto
stereo adatto a
riprodurre musica classica era diventato di grande consumo anche se le
caratteristiche Hi-Fi definite dalla Norma
DIN 45500 pag. 3-4.66 [2] non erano ancora facilmente raggiungibili.
Fondamentalmente nelle sopra menzionate Norme era ammessa una tolleranza
sulla velocità del +1.5 o/oo, -1.8 o/oo,
raggiungibile solo con una regolazione fine della velocità che
ovviamente si traduceva in una spesa supplementare.
Senza tale dispositivo poteva risultare una deviazione dal 2 al 3 %. Volendo
tener conto delle capacità di stima di un
esperto musicista delle deviazioni di altezza del suono derivate dalla
deviazione di velocità, quelle tolleranze non
risultavano eccessivamente strette.
Il rivoluzionario sistema di comando a trazione diretta portò negli
anni 70 un radicale miglioramento nella fedeltà di
riproduzione. Il basso numero di giri dell’organo motore riduceva
sensibilmente il rumore di disturbo e i nuovi
componenti elettronici consentivano di rispettare i valori tollerati nella
fluttuazione di velocità.
Il mercato ora chiedeva giradischi a solo due velocità, 33 e 45
giri/min, ma con il posizionamento automatico della
puntina sul disco per evitare, come precedentemente descritto, possibili
danneggiamenti dello stesso disco e della
puntina. Per eseguire ciò non era più possibile utilizzare
il motore principale, si doveva perciò ricorrere a piccoli
motorini ausiliari controllati con la nuova tecnica elettronica dei sensori
e delle porte logiche. Il tutto doveva però
risultare estremamente semplice ed economico. La LESA, con il nuovo marchio
PANTA, realizzò un proprio motore
per trazione diretta con statore senza cave e con avvolgimenti a quattro
fasi, rotore con magnete permanente a 12 poli,
completo di circuito elettronico per la commutazione senza spazzole con
cellule di Hall e per il controllo di velocità
PLL con quarzo di riferimento. Questo motore, anche se tecnicamente valido,
risultò non conveniente rispetto il prezzo
dei motori importati dal Giappone.
Nel 1980 la PANTA presentò sul mercato la serie di giradischi automatici
RPH che utilizzava un motore DDM di
fabbricazione giapponese con un piatto pressofuso in lega non magnetica
e due motorini ausiliari di produzione
propria, per muovere il braccio. Questi giradischi ottennero un relativo
successo di vendita ma un positivo
riconoscimento dai laboratori delle riviste specializzate. Si era perciò
riusciti, limitando il costo aggiuntivo, a
soddisfare le esigenze Hi-Fi con una abbastanza commerciale classe di
apparecchi di elevato standard qualitativo.
Da questi ultimi apparecchi si arrivava ai prestigiosi apparecchi
da studio dove la velocità nominale doveva essere
tarata sul valore esatto. Inizialmente il sincronismo di fluttuazione
era ridotto ad un valore ampiamente al di sotto
della soglia uditiva mediante l’impiego di un pesante piatto portadischi
pressofuso in lega di zinco con elevato
momento d’inerzia; successivamente con la trazione diretta. Gli
stessi erano inoltre dotati di cartucce magnetiche con
preamplificatore antidisturbo.
Queste caratteristiche richiedevano un alto costo e di conseguenza gli
apparecchi avevano un corrispondente alto
prezzo di vendita anche se si trattava di semplici giradischi. I cambiadischi
erano infatti costruiti prevalentemente sul
concetto dei modelli con qualità standard o qualità medio/alta.
Di seguito saranno trattati alcuni significativi problemi costruttivi
per i giradischi e i cambiadischi.
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Mister hit della TELEFUNKEN |
Fig. 3 Apparecchi fonografici economici con amplificatore e altoparlante |
2. Rotazione del disco con trazione indiretta e motore in
c.a.
2.1. Differenti sistemi di comando
La ruota di frizione (Fig. 4) era, come precedentemente esposto, il metodo
di trasmissione per le diverse velocità di
rotazione più diffuso. Il motore e la ruota satellite potevano
essere disposti indifferentemente all’esterno o all’interno
della circonferenza del piatto portadischi. La ruota satellite aveva una
forza di appoggio di circa 150 grammi ottenuta
mediante una molla ma era posizionata in modo che, oltre la forza di appoggio,
venisse a crearsi un effetto
autoincuneante indispensabile per garantire la positività della
trasmissione. La trasmissione poteva anche essere
realizzata con un sistema combinato ruota/cinghia, in questo modo il cambio
di velocità veniva eseguito mediante una
ruota gradinata collegata al motore mediante una cinghia (Fig. 5). Un
altro modo conosciuto era quello di inserire
direttamente la cinghia di trasmissione tra il piatto portadischi e la
ruota satellite (Fig. 6).
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Fig. 4 Ruota di frizione per quattro velocità |
Fig. 5 Comando combinato ruota/cinghia ;
collocazione della cinghia tra motore e ruota gradinata
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Fig. 6 Comando ruota/cinghia ;
qui il piatto portadischi è azionato dalla cinghia
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2.2. Tolleranza sulla velocità
Tutti i sopra descritti sistemi di comando, utilizzati per trasmettere
differenti velocità di rotazione al piatto
portadischi, erano influenzati dalle tolleranze proprie del motore e dello
stesso rotismo.
Con la produzione di grandi serie era stato necessario controllare su
un buon numero di motori, in rapporto ai vari
slittamenti, la media dei valori della velocità di servizio riscontrata
ed adattare, di conseguenza, il diametro di
trasmissione sull’albero gradinato alla velocità di servizio
prefissata. Questo accorgimento consentiva tuttavia di
contenere, nella produzione di apparecchi in grande serie, la già
menzionata deviazione di velocità nei valori 2÷3%.
Per eliminare le sole tolleranze proprie del motore sarebbe stato necessario
l’impiego di un costoso motore sincrono.
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2.3. Messa a punto (regolazione fine) della velocità
Per regolare con precisione la velocità, utilizzando motori alimentati
in c.a., erano note due tecniche fondamentali.
Un primo, più semplice, metodo consisteva nell’utilizzo di
una puleggina gradinata conica in combinazione con una
ruota di frizione spostabile verticalmente (Fig. 7). Nell’altro
metodo, sicuramente più preciso, veniva utilizzato un
freno regolabile a corrente di Foucault mediante il quale veniva frenato,
dal campo magnetico di un magnete
permanente, un particolare disco in alluminio o rame solidale al motore
o alla ruota intermedia. Si poteva quindi,
con questo sistema, variare la velocità d’esercizio del piatto
portadischi mediante lo spostamento radiale del magnete
sino a raggiungere il valore nominale previsto (Fig. 8).
Questi costosi sistemi erano però utilizzati solo negli apparecchi
HiFi.
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Fig. 7
Albero gradinato conico con ruota di frizione registrabile per la regolazione
fine della velocità
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Fig. 8
Regolazione fine della velocità con l’impiego del freno a
corrente di Foucault
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2.4. Misurazione della velocità
Per l’allineamento alla velocità nominale veniva impiegato
il disco stroboscopico fornito come accessorio (Fig. 9)
che doveva essere illuminato da una sorgente luminosa alimentata con la
corrente alternata della rete. Questa sorgente
luminosa poteva essere una qualsiasi lampadina oppure un normale tubo
fluorescente. Il disco stroboscopico, in
alcuni casi, veniva fissato sotto il piatto portadischi, in questi casi
la lampada era incorporata nell’apparecchio
unitamente ad uno specchietto che ne permetteva la visione. La divisione
in settori del disco stroboscopico era
calcolata in modo che, raggiunta la velocità nominale, la figura
dello stesso disco doveva risultare apparentemente
ferma qualora fosse illuminato con luce oscillante a 50 Hz (100 impulsi
luce per secondo = 6000 per minuto). Il
numero dei settori era stato quindi stabilito in modo che l’oscillazione
della divisione stroboscopica, a una divisione
per secondo, corrispondesse a una deviazione di velocità del 1%.
Per cui il numero delle divisioni era calcolato nel seguente modo :
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N = |
2f · 60
--------
n
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100 · 60
= ---------
n
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dove: n = numero divisioni
f = frequenza di rete
N = giri/ minuto
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e quindi (per frequenza 50 Hz) :
78 giri/min
45 giri/min
33 1/3 giri/min
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77 settori bianchi e 77 settori neri
133 settori bianchi e 133 settori neri
180 settori bianchi e 180 settori neri
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L’allineamento della velocità, in condizione
di movimenti lenti, poteva essere eseguito senza spostare la puntina
del braccio rivelatore fuori dal solco dell’incisione. |
Fig. 9
Disco stroboscopico per rilevare e mettere a punto la velocità
di rotazione nominale del piatto
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2.5. Problema del sincronismo
Rispettare la velocità di rotazione nominale del
piatto era un problema molto importante in quanto le variazioni
periodiche di velocità vengono percepite dall’orecchio come
deviazioni in altezza del suono. Il massimo della
percettibilità avviene nelle piccole deviazioni di frequenza, cioè
nel campo da 1 a 10 Hz, e la soglia uditiva è
nel valore di circa ± 0.5 %.
La soglia uditiva è in grado quindi di rilevare i difetti, per
esempio, in una selezione musicale di pianoforte; poiché
la musica del pianoforte è molto influenzata dalle deviazioni in
altezza del suono e il suono dello stesso pianoforte
oscilla molto lentamente essendo un tremolo naturale, gli stessi difetti
potrebbero corrispondere a difetti dello
strumento musicale.
I giradischi, anche quelli di minor pregio, venivano perciò confrontati
ai solenni pianoforti. Normalmente i dischi
venivano prodotti utilizzando apparecchiature di altissima precisione
in grado di limitare al minimo le deviazioni in
altezza del suono così che i costruttori di giradischi e cambiadischi
potevano non considerare, nel collaudo dei loro
apparecchi, la tecnica di incisione dei dischi.
Al contrario, nelle apparecchiature a nastro, si doveva tenere conto della
somma delle deviazioni di sincronismo
durante la registrazione e la riproduzione. [1]
Le frequenze di disturbo caratteristiche dei giradischi
che si evidenziavano erano:
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per le vibrazioni del motore
per le pulsazioni dell’albero gradinato del motore
per le pulsazioni della ruota satellite
per le pulsazioni rispettivamente del piatto e del disco
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100 Hz
circa 2800/60 = circa 47 Hz
circa 120/60 = circa 2 Hz
circa 30/60 = circa 0.5 Hz |
Le deviazioni lente sino a circa 10 Hz sono indicate come wow e quelle
veloci sino a circa 200 Hz come flutter.
Non è possibile tuttavia non ricordare in questa relazione che
occasionalmente poteva accadere, malgrado la grande
precisione nella tecnica di incisione dei dischi fonografici, pervenissero
sul mercato dischi con foro centrale largo
o non perfettamente concentrico. Tali dischi provocavano logicamente,
anche sui migliori apparecchi riproduttori,
deviazioni in altezza del suono.
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2.6 Misura delle deviazioni in altezza
del suono
Rilevare la misura del valore delle deviazioni in altezza
del suono, come il rilevamento del sincronismo della velocità
del piatto, era una operazione molto complicata.
Per eseguirla era necessario uno speciale strumento di prova particolarmente
adatto per la misurazione delle sopra
menzionate deviazioni, un disco di frequenza con incisa una oscillazione
continua di 3150 Hz e possibilmente anche
un registratore scrivente per una migliore analisi delle oscillazioni
di frequenza.
Questa misura veniva effettuata su un reticolo di filtraggio che prendeva
in considerazione solo il campo di percettibilità
degli orecchi. Il metodo di prova e il relativo campo di frequenza dei
filtri erano opportunamente indicati nella tabella
DIN 45507 / 10.68 [3].
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Fig. 10 Curva di valutazione delle deviazioni di altezza del suono |
3.1. Arresto automatico del piatto a fine disco
Il primo automatismo applicato ai giradischi è stato senza alcun
dubbio l’arresto automatico del piatto a fine disco.
Questo dispositivo che sfruttava la coppia di rotazione del piatto portadischi
per eseguire, con una minima forza,
una funzione meccanica, sarà successivamente impiegato nel cambiadischi
e nel registratore a nastro.
Una levetta solidale al braccio (Fig. 11), armava, mediante la rotazione
manuale dello stesso braccio verso l’esterno
del giradischi, un interruttore a scatto che dava inizio alla rotazione
del piatto. Nella medesima operazione, la stessa
levetta operava il rifasamento di una seconda levetta coassiale trascinata
però solo mediante frizione di 30 gr/cm.
Tale seconda levetta, venendo a contatto con la leva di tasteggio, costringeva
quest’ultima in rotazione e, quando la
puntina raggiungeva ø140, aveva inizio l’operazione di tasteggio.
Sino a che il passo della spirale del solco era < 0.2 mm,
la molla a ragno posta sul piatto portadischi respingeva la leva di tasteggio;
ma allorchè il passo del solco superava
quel valore, la molla ingaggiava la leva di tasteggio e le forniva la
forza necessaria ad operare lo sgancio del dispositivo
interruttore e quindi l’arresto della rotazione del piatto.
La leva di tasteggio doveva risultare bilanciata su tutti gli assi di
simmetria per evitare la messa in bolla dell’apparecchio.
3.2. Appoggio automatico del braccio sul disco
L’appoggio del braccio sul disco richiedeva una certa pratica e
prima di tutto la mano ferma. Un brusco movimento
durante l’appoggio poteva causare lievi ma irreparabili danni al
disco. Per facilitare questa operazione che necessitava
la massima attenzione, furono costruiti i giradischi con appoggio guidato.
In questi, con il semplice movimento della
mano si muoveva il braccio verso l’interno sino al solco di entrata
predisposto sul disco e quindi, azionando la levetta
del lift, lo si abbassava delicatamente sul disco mantenendo la sua posizione
radiale.
Nel caso dell’appoggio guidato del braccio, per trovare più
facilmente il solco di entrata nei diversi diametri di dischi
utilizzati si era anche aiutati da un lamierino fornito di apposite tacche.
Queste incavature, coniate esattamente in corrispondenza
del solco di entrata, provocavano un leggero scatto quando, durante il
brandeggio, si raggiungeva il corretto punto di
lavoro (Fig. 12).
Con la levetta del lift si poteva nello stesso modo delicatamente sollevare
il braccio dal disco quando non si voleva
utilizzarlo sino alla fine.
Mentre questo tipo di appoggio guidato era ancora completamente eseguito
manualmente, vennero costruiti anche i
giradischi automatici dove l’operazione di brandeggio poteva essere
eseguita mediante il posizionamento automatico.
Il diametro del disco poteva essere definito con l’aiuto di un comando
selettore oppure, con una ulteriore automazione,
mediante un meccanismo di rilevazione automatica.
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Continua |
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