Giordano Bruno Nato a Nola, Campania, nel 1548, battezzato
con il nome di Filippo, figlio di Giovanni Bruno e di Fraulissa Savolino,
dopo l’infanzia si trasferisce a Napoli (1562) per continuare i
suoi studi. Qui entra in contatto con la tematica dell’arte della
memoria, prima chiave di lettura del suo pensiero. A Tolosa nel 1579, vi soggiorna due anni, tenendo dei corsi sul De anima di Aristotele. Si trasferisce quindi a Parigi nel 1581, alla corte di Enrico III, ove riceve riconoscimenti per le sue cognizioni mnemotecniche e lulliane e pubblica testi come il De Umbris idearum, il Cantus Circeus, il Candelaio. Due anni dopo si reca, con una lettera di presentazione di Enrico III, in Inghilterra, dove rimane sino all’ottobre 1585. Nel 1584 vi pubblica la Cena delle ceneri. Nello stesso periodo pubblica De l’infinito universo et mondi, De la causa, principio et uno, lo Spaccio de la bestia trionfante, la Cabala del cavallo Pegaseo. Nel 1585 pubblica gli Eroici furori. Durante il soggiorno londinese si pone in difesa dell’eliocentrismo. La difesa intransigente del copernicanesimo e la dottrina cusaniana dell’infinità del mondo si legano inscindibilmente alla polemica antiluterana e anticalvinista. Rientra a Parigi nell’ottobre 1585. Nel 1586 pubblica i Dialogi duo de Fabrici Mordentis Salernitani prope divina adinventione ad perfectam cosmimetriae praxim (seguiti da un appendice dal titolo Insomnium) nei quali espone l’invenzione del compasso differenziale ad opera del geometra Fabrizio Mordente. I dialoghi sono però l’occasione di un dissidio, in quanto Bruno fa capire come il senso speculativo della scoperta del compasso differenziale sfugga al suo stesso autore. In seguito pubblica l’Idiota triumphans e il De somnii interpretatione, come una sorta di resa dei conti anche dal punto di vista geometrico. Pubblica poi la Figuratio aristotelici Phisici auditus (nella quale espone gli otto libri della Fisica con immagini mnemoniche di carattere mitico) e si pone in aperto contrasto con la filosofia aristotelica nei Centum et viginti articuli de natura et mundo adversus peripateticos, stampato sotto il nome del suo discepolo J. Hennequin (ripreso in più opere successive). Ma il clima politico, mutato, ha indebolito la sua posizione a corte: in seguito alla disputa pubblica sul testo scopre di essere rimasto senza appoggi politici. Si muove dunque tra diverse città tedesche, componendo (e pubblicando a Francoforte) i tre grandi poemi latini di modello lucreziano, De triplici minimo et mensura, De monade, numero et figura, De innumerabilibus, immenso et infigurabili. Dapprima a Magonza e Wiesbaden, poi a Marburgo, dove viene immatricolato come theologiae doctor romanensis, infine a Wittenberg, dove trascorre il periodo più sereno del suo soggiorno tedesco. Viene accolto nel corpo universitario. Vi resta fino al 1588 tenendo lezioni sull’Organon aristotelico. Di questo periodo è la trilogia: De lampade combinatoria lulliana, De progressu et lampade venatoria logicorum, Lampas triginta statuarum. Tiene anche un corso sulla pseudoaristotelica Retorica ad Alessandro, scrive il frammento Animadversiones circa lampadem lullianam, ripubblica, con il titolo Acrotismus camoeracensis, i Centum et viginti articuli. Da Wittenberg parte in seguito al prevalere della fazione calvinista su quella luterana nel 1588, pronunciando la famosa Oratio valedictoria, nella quale esprime la sua profonda gratitudine. Un gruppo di opere rimasto inedito sino al 1891 comprendeva De magia, Theses de magia, De magia mathematica, De rerum principiis et elementis et causis, Medicina lulliana, De vinculis in genere. Si tratta delle opere che hanno reso Bruno una sorta di mago ermetico, agli occhi per esempio di F.Yates. In realtà, però, in queste opere emerge, sotto il nome di magia, il tema della praxis, chiave (mnemonico-operativa) della nova filosofia. Nell’agosto 1591 si trasferisce nella repubblica di Venezia, invitato dal nobile veneziano Giovanni Mocenigo, il quale gli chiede lezioni sull’arte della memoria. I rapporti con Mocenigo si rovinano bruscamente e Bruno viene arrestato dall’inquisizione in seguito alla denuncia per eresia da parte del suo “studente”. Mentre sembra che il processo volga a suo favore, giunge l’ordine di farlo comparire davanti al Sant’Uffizio di Roma (1593). Dopo lunghi processi, interrogatori, tentativi di “dissimulazione” (transfuga quadam artis dissimulatione) e di reinterpretazione delle proprie opere, probabilmente proprio perché ne emerge una che era stata taciuta, lo Spaccio della bestia trionfante, Bruno non abiura ed è dichiarato eretico “formale, impenitente, pertinace” e condannato a bruciare sul rogo. I suoi libri vengono posti all’indice e bruciati. Il 17 Febbraio 1600, imbavagliato perché non possa parlare, spogliato, legato a un palo e bruciato vivo in Campo dei fiori a Roma, si trasforma in martire del libero pensiero. |