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La transizionalità
nel rapporto terapeutico

Prof. Antonio Maria Favero

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1° incontro.


Questo è un Seminario piuttosto complesso ed ampio.
Nel senso che sarà una panoramica che chiamerei storico-clinica di quello che è stato lo sviluppo, l'evoluzione della psicoterapia psicoanalitica da Freud ad oggi.
Non sarà comunque un discorso storico o prettamente culturale. Sarà un discorso tendenzialmente clinico, perché oggi è cambiato il modo di fare terapia, oggi è cambiato il modo di concepire i pazienti, oggi è cambiata la stessa patologia.
Per cui credo che seguire questi vari passaggi e darne un senso sia estremamente interessante per chi dopo farà il vostro lavoro, il nostro lavoro, qualsiasi orientamento prenda.
Poiché gli inizi sono sempre difficili, per rompere un po' il ghiaccio ho pensato di leggervi due poesie. Due poesie che hanno dei riferimenti a quello che sarà poi lo specifico del nostro lavoro qui dentro.
Mi ricordo, una volta, uno psicanalista francese mi disse che lui aveva imparato di più dagli chansonnier che non dai filosofi.
Ecco, io non credo che questo sia vero: credo che si possa imparare dagli uni e dagli altri.
Comunque gli chansonnier, o i poeti, possono dare un grosso contributo al nostro lavoro, specie per la comprensione che va al di là della logica, che va al di là del caso clinico inteso come origine di un protocollo operativo, ma per recuperare proprio la persona.
La prima poesia che vorrei leggervi è di Macrol...

[  il Gabbiere  ]

Esiste un mestiere che dovrebbe
prepararci alle battaglie più cupe,
alle più sottili disillusioni,
è però un mestiere da donne
e sarà sempre vietato agli uomini.
Tuttavia accade che anche questo mestiere
sia scomparso già da molto tempo
e che nessuno sappia
a ragion veduta quale sia l'ordine
da seguire nella cerimonia.

Ecco questa poesia un po' ermetica e un po' misteriosa, in questo contesto, potrebbe farci pensare che il poeta stia parlando della psicoterapia. Non è così. Però possiamo applicarlo alla psicoterapia.
È qualcosa che ha a che fare con le donne, e vedremo cosa significhi essere donna in psicoterapia, cosa vuol dire un atteggiamento femminile, cosa vuol dire cogliere attraverso l'arte di una donna una procedura, un procedimento, un cerimoniale.
Ora vi sembrerà un po' fuori luogo, ma in realtà, questo è un tema che percorrerà un po' tutto il nostro lavoro.
La seconda poesia è molto più famosa di Kavafis, che è il più famoso poeta greco moderno, oramai morto; è un poeta del '900.
La poesia si chiama "Itaca" ed ha il senso di suggerirci di come anche il nostro lavoro psicoterapico non sia necessariamente una freccia che va verso un obbiettivo, non sia necessariamente un percorso che ci porta ad arrivare ad una verità, ad un punto dato, alla guarigione, alla comprensione, al risultato, ma sia un lavoro che acquista il suo pieno senso nel percorso. C'è godimento nel percorso, c'è godimento nel lavoro e vedremo poi, studiando assieme i più grandi psicoanalisti contemporanei, come sia proprio nel rapporto, nel divenire del rapporto che si crei la terapia.

[  Itaca  ]

Se per Itaca volgi il tuo viaggio
Fa' voti che ti sia lunga la via
e colma di vicende e conoscenze.
non temere i Lestrigoni o i Ciclopi
o Poseidone incollerito , mai.
troverai tali mostri sulla via
se resta il tuo pensiero alto
e squisita è l'emozione
che ti tocca il cuore ed il corpo.
né Lestrigoni o Ciclopi
o Poseidone astrigno incontrerai
se non li rechi dentro nel tuo cuore
se non li rizza il cuore innanzi a te.
fa' voti che ti sia lunga la via
e siano tanti i mattini d'estate
che ti vedano entrare
e con che gioia allegra
in porti sconosciuti prima
fa' scalo negli empori dei fenici per acquistare bella mercanzia
madrepore e coralli
ebani e ambre
voluttuosi aromi d'ogni sorta
quanti più puoi voluttuosi aromi.
recati in molte città dell'Egitto
ad imparare
ad imparare dai sapienti
Itaca tieni sempre nella mente

la tua sorte ti segna quell'approdo
ma non ti precipitare nel tuo viaggio
meglio che duri molti anni
che vecchio tu finalmente attracchi all'isoletta
ricco di quanto guadagnasti in via
senza aspettare che ti dia ricchezze.
Itaca t'ha donato il bel viaggio
senza di lei non ti mettevi in via
nulla ha da darti più.
e se la trovi povera Itaca non t'ha illuso
reduce così saggio così esperto
avrai capito che vuol dire un'Itaca.



Spero che vi sia più chiaro il senso, quando cominceremo ad entrare nella nostra Itaca come momento di guarigione, che il nostro viaggio sia la terapia - che si fa voti che duri molti anni anche se poi qualsiasi paziente non vorrebbe che durasse mai molti anni - che metaforicamente è un percorso che si sviluppa nel tempo… ci vuole tanto tempo per consolare una persona.
Ecco, uno degli obbiettivi che mi pongo io, è quello di interrogarmi assieme a voi di che cosa sia veramente guarigione, ma soprattutto di che cosa guarisca, perché è un dato di fatto che noi possiamo vedere, possiamo cogliere, che ci sono tante teorie sulla psicoterapia, tantissime, le più varie e ognuna delle quali dà una spiegazione del perché si guarisce.
Dicevo che noi consideriamo come un dato di fatto (lo diamo per scontato), che quando due persone si trovano periodicamente, a tempi fissi in un certo setting, in un certo ambiente, in una stanza e parlano insieme, si generi un cambiamento, spesso un cambiamento che coincide con quella che viene chiamata guarigione, con quello che viene chiamato "superamento del sintomo".
Ma perché? Perché due persone che parlano insieme… perché mai devono originare un cambiamento? Allora, qui entra un po' il nostro percorso, che cercheremo di condividere e che innanzitutto come pretesto, potrebbe essere un percorso storico.
Allora, io direi questo: possiamo concepire il nostro percorso in maniera, diciamo così, diacronica; in più colonne ideali.

schema


Allora io direi, andando così, che si potrebbe iniziare partendo da una prima visione della psicoanalisi - quella dei primissimi scritti di Freud, quando Freud cerca proprio di formalizzare quella teoria clinica - i cui influssi positivisti, scientisti, tipici dell'epoca, vedevano lo psicoanalista come un soggetto che chiameremo "S" che si trovava di fronte ad un oggetto che chiameremo "O", che era il paziente con i suoi sintomi ed il suo portato di dolore, di angoscia.
Il Soggetto psicanalista che doveva essere il più possibile neutro ed esente da sentimenti, il più possibile scienziato ed oggettivo, ascoltava interpretava esaminava ciò che questo "Oggetto" da lui separato gli portava di volta in volta. Ed attraverso un lavoro di interpretazione giungeva ad un elaborazione del sintomo.
Ci sono gli studi sull'isteria e quei casi clinici fortemente derivati dall'esperienza che Freud fece con Charcot, l'ipnosi e la sua evoluzione in ambito psicoanalitico.
Noi faremo un percorso che ci porterà invece ai tempi nostri, in cui questa netta differenziazione Soggetto-Oggetto verrà superata da qualcosa che da un certo punto di vista potremmo rappresentare come una sorta di fusione tra i due. Oppure secondo un'altra rappresentazione grafica, non molto lontana, anche se apparentemente contraddittoria, in cui ci sarebbe un triade, in cui ci sarebbe un Soggetto, un Oggetto (che poi sarebbe un altro soggetto, riconosciuto come tale e non come oggetto di studio) e un Campo Relazionale, cioè un qualcosa che non è né dell'uno né dall'altro, ma è di entrambi. Ora vedete che la presenza del campo relazionale fa sì che possiamo usare anche lo schema della fusione, dell'oggetto unico tra Soggetto e Oggetto, tra paziente e terapeuta, tra io e l'altro.
Ripeto: "Altro" non più come oggetto separato e distinguibile , oggetto di conoscenza, ma altro come altro-da-me che insieme a me crea un luogo transizionale, un luogo che accomuna entrambi e che non è di nessuno.
Vedremo bene, quando studieremo Benedetti, come potremo chiamare anche questo campo comune "il soggetto transizionale", questo nella cura della psicosi ha un valore particolarissimo.
Il nostro seminario verterà proprio nel considerare questa evoluzione sotto tanti profili: clinici, diagnostici, culturali, teorici e via dicendo. Cercate dunque di cogliere tutto quello che dirò entro questo progressivo passaggio.
Un primo riferimento alla prima poesia che vi ho letto, la poesia del Gabbiere, al perché questo cerimoniale è cosa di donne…
Ecco, c'è un dato storico non da poco che non dovremo mai scordare né sottovalutare: coloro che oggi fanno terapia, rispetto ai tempi di Freud, sono figure sociologicamente molto diverse. Oggi il mondo della psicoterapia e della psicoanalisi è sempre più un mondo femminile, proprio per un dato storico e sociale, ed è un mondo sempre meno medico.
Io immagino che alla fine dell'800, fine '900 erano quei signori del circolo del mercoledì:
Freud ed i suoi allievi, Adler, Jung, Tausk e gli altri.
Donne ce n'erano ben poche, erano tutti medici (per la maggior parte) e filosofi,
Freud stesso era un neurologo , quindi erano personaggi d'un certo tipo: erano personaggi dell'800, uomini che credevano molto nella scienza, che venivano da una eredità culturale biologista, oggettivista, positivista.
Oggi sempre di più nel nostro ambito, non solo in quello psicoanalitico psicoterapico, ma anche nell'ambito della psichiatria, la presenza femminile è molto più ampia e si assiste, per una serie di altre rivoluzioni storiche e culturali, ad una sempre minore medicalizzazione. Cioè coloro che si occupano di psicoterapia, psicoanalisi, psicologia non sono più tanto i medici, che stanno migrando verso aspetti più collegati alla neuroscienza.
Allora se vi è stato tale passaggio, e questo cerimoniale viene in un certo qual modo a femminilizzarsi sempre di più, non può essere esente da influenze tipiche dell'essere donna, che sono quelle del contenimento, della fusionalità, della simbiosi con l'altro, della comprensione che sa trascendere certi aspetti prettamente logici o formali ma entra più su di un piano affettivo ed emotivo.
Questa è una delle tantissime ragioni che rende conto di questa possibile evoluzione.
Ecco, tutto quello che dirò, vi invito a non considerarlo mai come un enunciato aforistico, come dire "ecco perché si è passati da lì a lì". Vi darò tantissimi contributi, ma credo che nessuno sia esaustivo.
E' la complessità del percorso che dovete cogliere.
Qual era l'oggetto, allora, del lavoro psicoanalitico, del lavoro psicoterapico?
Ecco, una breve parentesi: parleremo più avanti anche della differenza tra psicoterapia e psicoanalisi. Io per adesso però li userò come sinonimi. Mi riferirò essenzialmente alla psicoterapia psicoanalitica, anche se poi alcune cose che dirò non necessariamente riguarderanno solo questa. Comunque intendiamoci bene: userò in questa prima fase come sinonimo "Psicoanalisi" e "Psicoterapia", quindi considerateli proprio alla stregua di due significanti omogenei.
Allora… l'oggetto dei primi studi sulla psicoanalisi è l'isteria o meglio ancora, possiamo dire, la nevrosi nel suo insieme. I primi scritti di Freud riguardano la nevrosi, i primissimi riguardano proprio l'isteria. Quindi erano queste pazienti, quasi tutte donne, anzi pressoché tutte donne, che potete leggere nei primi casi clinici di Freud, le famose "isteriche viennesi"… io le immagino sempre come delle signorine molto educate, con l'ombrellino bianco, molto legate a quella che era la morale, molto legate a quello che poteva essere un conflitto tra un mondo di istinti ed una serie di regole sociali molto rigide, molto condivise, molto riconosciute.
In tempi successivi – ma siamo proprio agli inizio, nel primo decennio, poco dopo il primo decennio del '900 – abbiamo alcuni casi di nevrosi ossessiva o presunti tali; i più famosi, come sapete sono quelli dell'"uomo dei lupi”, dell'"uomo dei topi”, in cui Freud analizza questi aspetti della nevrosi che sono le cosiddette “ossessioni”. Comunque, quello che a noi interessa, è che allora avevamo dei pazienti nevrotici; la psicoanalisi era la terapia elettiva della nevrosi, intendendo per nevrosi, in senso psicoanalitico tradizionale, tutte quelle patologie, quelle manifestazioni che hanno a che fare con un conflitto tra Es e Super-io. L'Es è quel serbatoio pulsionale - veniva definito così -, quel contenitore di istinti, di aspetti biologici o quantomeno a cavallo tra il biologico e lo psichico; mentre il Super-io era tutto l'aspetto morale, culturale, sociale. Il conflitto tra le pulsioni, ecco un concetto importante, quello di pulsione (lo mettiamo nel grafico) ed un aspetto culturale.
Freud in quegli anni scrive “Il disagio della civiltà”… scusate la noia dell'aspetto storico, ma serve proprio per costruire una doverosa piattaforma su cui poi lavorare in termini molto più clinici.
Allora dicevo: queste pulsioni, questo mondo pulsionale istintuale entra in conflitto col mondo della morale , dell'etica, della regola sociale; qualora il conflitto sia insanabile si manifesta attraverso la nevrosi, che è una forma di sofferenza in cui le forme dell'Io sono conservate, anzi si suppone che l'Io sia, praticamente, forte nella nevrosi, difficilmente disposto a negoziati, poco malleabile.
Oggi com'è la situazione? Oggi purtroppo diciamo tutti che non esistono più le nevrosi. E' il nostro sogno incontrare una bella isterica con la sua paralisi che non ha nessuna base organica. Il nostro sogno è trovare un grande ossessivo coi suoi rituali. E' il nostro sogno perché con queste persone, trovando una brillante interpretazione o trovando un nesso inedito tra le cose che dicono, vederle guarite, vederle come Lazzaro “alzati e cammina”, sarebbe una grossa soddisfazione; anche perché rientrerebbe bene nell'ambito dei nostri studi, delle nostre letture che ci hanno insegnato bene come funzionano questi meccanismi.
Oggi invece è molto frequente la patologia narcisistica. Diciamo che è la pressoché totale presenza psicopatologica nei nostri studi, cioè chi si occupa di psicoterapia psicoanalitica si incontra, o si scontra, con le patologie narcisistiche. Si chiamano narcisistiche perché non hanno tanto a che fare con un conflitto tra Es e Super-io, ma hanno a che fare invece con un disturbo dell'autostima. Il disturbo narcisistico è un disturbo dell'autostima: la persona non si ritiene all'altezza del mondo, non si ritiene all'altezza delle sue aspettative, è insoddisfatta di tutto; raramente ci sono patologie molto evidenti, sintomi molto evidenti. Penso che basterebbe a voi anche guardarvi attorno, parlare con i vostri amici, i vostri conoscenti, parlare anche un po' a voi stessi… non credo trovereste moltissimi ossessivi, l'isteria ormai è un animale in estinzione, trovereste persone sostanzialmente insoddisfatte, che sostanzialmente si lamentano perché non hanno interessi, vorrebbero avere delle passioni ma non sanno dove attaccarsi, hanno una forma diffusa di depressione, ma non è la depressione maggiore, non è quell'angoscia vitale, esistenziale, distruttiva… è un segno di malessere, di insoddisfazione, di “mi manca sempre trenta per far trentuno”… “male non sto ma nemmeno bene”… “vorrei ma non posso”… ecco queste patologie cosiddette, se mi fate passare il termine, sono i tipici disturbi dell'autostima, i disturbi del Sé. Questi li tratteremo a lungo, primo per la loro grandissima attualità, secondo perché grazie agli studi delle patologie narcisistiche noi possiamo introdurre una nuova idea di Uomo, perché nel momento in cui voi comincerete ad affrontare pazienti, comincerete ad avere persone che si rivolgeranno a voi in cerca di un aiuto, vi assicuro che ragionare in termini di prima o seconda topica freudiana “Io/Es/Super-io”, “Conscio/Preconscio/Inconscio” non vi servirà, anzi sarà proprio un pasticcio immenso.
Se invece cominciamo a ragionare in termini nuovi, sia come definizione diagnostica, sia come concezione dell'Uomo e sia soprattutto come metapsicologia, come concezione dinamica di quelle che sono le strutture psichiche, ragionando in quei termini ed essenzialmente soffermandovi su una costruzione diversa dell'essere umano, che non è più quella tradizionale… vi sarà veramente d'aiuto. Quando lavorerete sulla relazione e capirete perché è utile lavorare sulla relazione, su questo campo transizionale potrete davvero fornire un aiuto valido, opportuno e veramente costruttivo a chi soffre di questi disturbi ormai universalmente diffusi.
Ecco, dedicheremo sicuramente un'ora al perché oggi si sia più sul versante del narcisismo piuttosto che non sul versante pulsionale, perché ci sono delle implicazioni e delle causali notevoli.
La Psicoanalisi ovviamente cresce, anche teoricamente, in base alla patologia che si trova di fronte. Diceva il Prof. Ferlini, durante la lezione di oggi, che noi non dobbiamo pensare di fare prima una diagnosi, di sapere prima bene quali siano le malattie e dopo di applicare un protocollo di cura… nel nostro campo è un po' il contrario, nel nostro campo è essenziale, quando si incontra un paziente, non avere assolutamente nessuna idea; è indispensabile quella sospensione del giudizio, quella Epoché che i Greci ci hanno insegnato un paio di millenni fa; è indispensabile avere di fronte la presenza della persona, la persona in quanto tale, quindi la "particolarità" e non la "generalità".
Questo è un paradosso dal punto di vista scientifico, perché voi sapete che si fa scienza solo quando abbiamo di fronte un “generale”, un tema così generale da poter includere tutti. Nel nostro caso la visione della scienza deve essere diversa, deve essere una visione in cui noi ci dimentichiamo del generale e ci fissiamo sul particolare, il particolare Mario, Giovanna, Francesca, la persona che in questo momento ci porta la sua sofferenza, il suo “male di vivere”.
E' importantissimo per noi in quel momento non avere nessuna opinione, proprio sospendere totalmente ogni opinione su quello che è un insieme più ampio in cui includere quella persona.
E' un concetto molto banale, ma a noi viene spontaneo, per difesa, per paura, di fronte ad un'angoscia, di fronte ad un “non sapere che pesci pigliare”, cercare sempre una definizione; questo è un nevrotico, questo è uno psicotico, questo siccome ci porta disturbi così, molto vaghi, appartiene a questa categoria. Sì, senz'altro apparterrà a quella categoria, ma è importante per noi continuare a vedere la persona e questo, se volete, è un passaggio che ha necessitato di 100 anni per essere svolto, e sono stati 100 anni molto angosciosi perché hanno implicato un continuo lavoro di ristrutturazione culturale.
Ecco, io seguirei un altro possibile percorso, a questo punto, che è quello che va dalla teoria pulsionale a quello della teoria delle relazioni oggettuali, passando attraverso una serie di meccanismi, di costrutti teorici che di volta in volta occupano una posizione centrale nel campo della psicoanalisi e della psicoterapia.
Allora, torniamo un passo indietro, a questo punto; parlavo della pulsione. La pulsione, dice Freud è questa energia innata che ciascuno ha, si caratterizza secondo alcuni fattori: uno è la fonte della pulsione, cioè la pulsione è una fonte, una fonte fisica, la fonte della pulsione come sapete, come avete studiato in dinamica è la cosiddetta zona erogena.
Allora, c'è una zona erogena, una zona del corpo… ecco, fra l'altro, alcuni psicoanalisti hanno notato in maniera, sì, simpatica che una zona erogena è sempre un buco nel nostro corpo, è un punto dove il corpo come contenitore, come capsula, è rotto. Il nostro corpo non è questa monade in cui la pelle stabilisce un netto confine fra mondo esterno e mondo interno, il nostro corpo ha dei buchi; ha dei buchi in cui si gioca una partita molto importante di mediazione tra il mondo interno, chiamiamolo pure mondo pulsionale, mondo dei fantasmi, mondo delle rappresentazioni e il mondo esterno, che è la realtà condivisa. Ecco in questi buchi, che sono anche gli occhi, ad esempio lo sguardo, metaforicamente, anche biologicamente, a parte una membrana, ma, l'occhio è un buco. Esiste la pulsione scopica, la pulsione al vedere, c'è un piacere anche nell'ascoltare: i buchi delle orecchie. Racamier è stato un mio maestro, e lui disse che attraverso questi buchi delle orecchie si poteva operare una grandissima azione terapeutica con pazienti psicotici. Lui diceva: ”massagér avec les mots”- massaggiare attraverso le parole -, diceva che le parole come vibrazione entrano attraverso queste zone che sono le orecchie, questi buchi delle orecchie e massaggiano l'anima del paziente. Noi, diceva lui, potremmo leggere anche l'elenco telefonico al nostro paziente; in particolari circostanze anche solo leggere l'elenco telefonico, quindi parole senza senso, mette in atto un massaggio, un massaggio proprio dell'anima, una fonte di comunicazione che va al di là del senso e che ha un effetto di mutamento, di trasformazione, di autentica terapia.
Ecco rispetto a questo fatto del dire, del parlare, del senso delle parole, e non parlo solo del senso di ciò che noi terapeuti diciamo al paziente, ma diciamo qualcosa anche del senso di ciò che il paziente ci dice, ci soffermeremo a lungo, perché in questa parte del diagramma, in cui noi dobbiamo immaginare la parte alta del diagramma e quindi la parte antica, in cui dobbiamo immaginare un rapporto cosiddetto oggettivo col paziente, si tendeva moltissimo ad ascoltare i contenuti di ciò che veniva detto, quindi la storia che il paziente portava era una storia di contenuti, di fatti, di accadimenti, di relazioni logiche, di nessi concettuali.
Via via arriveremo, invece, ad una possibilità d'ascolto, il cosiddetto ascolto fluttuante, sì teorizzato da Freud, ma sviluppato molto meglio in tempi successivi, in cui passa in secondo piano il senso e entra in causa qualcosa d'altro. Cioè, in ciò che l'altro mi dice, al di là del senso, al di là del significato, al di là del referente concettuale che le sue parole mi portano, che cos'altro c'è?
Allora io vi invito a ragionare un attimo proprio sulla vostra pratica, perché io punterò molto su questo aspetto, non importa se voi vedete o no pazienti, se fate o no dei tirocini, se vi è capitato di fare qualche esperienza con pazienti, qualche esperienza clinica, è un esperienza clinica anche il vostro rapporto con il vostro vicino di banco, il vostro vicino di casa, il vostro compagno di camera , con i vostri famigliari… sono rapporti clinici anche questi, sono rapporti interumani.
Provate a ricordare di quando ci capita di ascoltare un amico che racconta qualcosa, che può essere anche un episodio simpatico, qualcosa di piacevole che lui ci racconta per condividere con noi questo grosso piacere. Ebbene, quante volte può esserci capitato che il nostro stato d'animo non sia in sintonia col suo? Lui ci racconta una bella cosa e noi siamo annoiati o ci viene in mente, chissà perché, qualcosa di sgradevole e ci viene un magone e ci distraiamo.
Allora, noi siamo convinti che preesistesse questo nostro malessere, disagio, imbarazzo; pensiamo che è un caso che il nostro amico ci stia raccontando una cosa bella e ciò nonostante non riesce a distrarci.
In realtà il più delle volte non è così, il più delle volte la coloritura emozionale che noi proviamo quando noi ci rapportiamo all'altra persona è indotta dall'altra persona. E questo va al di là del contenuto verbale e logico che questa persona sta comunicandoci. Allora al di là delle parole, del referente che le parole dell'altro ci stanno comunicando esiste anche una trasmissione emozionale, quindi io posso essere molto triste, molto disperato, voglio rimuovere questa disperazione, mi trovo con un amico e proprio per dimenticare racconto a questo amico un episodio bello, piacevole che mi ha divertito. L'amico soffre. Soffre perché sente che attraverso le parole amene che io gli comunico vi sono attaccate quelle disperazioni che io voglio dimenticare.
Questo meccanismo si chiama Identificazione Proiettiva e ci dedicheremo almeno un paio di lezioni.
Ma voi potete verificare e toccare con mano questo meccanismo quotidianamente.
Ricordatevi che non c'è nulla di sacro, nulla di magnificamente divino nella psicoterapia. La psicoterapia è semplicemente incasellare in un quadratino, che si chiama Setting, in un'ora della settimana, in uno studio, quello che quotidianamente avviene nei rapporti tra persone.
La psicoterapia è un qualsiasi rapporto tra persone, con la differenza che è un rapporto che si interroga su se stesso. È un rapporto che mette in gioco le persone con un certo obbiettivo, è formalizzato in un certo modo, ma è perfettamente uguale al rapporto che voi potete avere con la persona che vi sta di fianco. Quindi cominciate e vedere chi vi sta vicino, cominciate a parlare, cominciate a far l'inventario dei sentimenti che provate quando siete con qualcuno, cominciate a fare l'inventario di quelle dissonanze tra contenuti manifesti del linguaggio ( "che bello sono andato in discoteca") ed i contenuti profondi latenti, emozionali dello stare insieme ("ma che noia questa persona").
Avete mai sentito la frase "questa persona mi manda energia negativa"?
Certo è una frase molto descrittiva, che ha anche un'origine new age , però la dice lunga sul fatto che il nostro stare con gli altri non dipenda dal cosa gli altri ci raccontano, ma viene da un qualcosa, da un substrato che sta sotto.
Allora Freud diceva, nei primissimi scritti, di fare attenzione a questo substrato emozionale perché è un orpello. Per Freud voi dovete essere chirurghi, oggettivi, osservatori; le emozioni non centrano: il cosiddetto controtransfert è solo un elemento di disturbo, un elemento da obliterare, non serve a nulla. Dovete ascoltare le parole del paziente. Va bene l'ascolto fluttuante ma è essenziale ciò che lui dice perché dietro a quello che lui dice c'è un contenuto latente che voi potete ricostruire attraverso nessi logici.
Un esempio tra tutti è in quella lunghissima trattazione che Freud fa nella "Psicopatologia della vita quotidiana" su quell'amnesia che fa su Boltraffio, Botticelli. Vi invito a vederla. Vi sono tutta una serie di schemi estremanente complessi, in cui tutto il passaggio di nessi logici è essenzialmente verbale, cioè proprio della struttura verbale, linguistica. C'è un aspetto emozionale minimo. È messo un po' all'inizio ed un po' alla fine. Il resto è essenzialmente un sequenza logica di concatenazioni.
Ecco quella fu una primissima fase, oggi, invece, noi facciamo un po' il discorso contrario: utilizziamo le emozioni, quindi le nostre emozioni interne, come il segnale del funzionamento di una cassa di risonanza in cui l'altro ci ha messo dentro, ci ha dato, delle informazioni emotive. Egli ha evocato in noi, ha "suscitato in noi" qualcosa nei casi più blandi, quelli che anche voi potete vedere quotidianamente.
Egli ha invece "messo dentro di noi" qualcosa, ed è una metafora forte che approfondiremo, ha messo dentro di noi proprio quelle emozioni che non ha potuto elaborare.
E qui direi, un primissimo assunto che noi dovremo far nostro è quello della bonifica reciproca.
Dicevamo prima che possiamo porci come obbiettivo anche il chiederci cosa guarisce in un rapporto, perché due persone insieme in una stanza creano guarigione. Qual è il senso? Quali sono i meccanismi per cui si guarisce restando insieme?
Ebbene un possibile senso è proprio questo: due persone si mettono insieme a parlare - e qui non parlo solo di paziente ed analista, ma anche di vicini di casa, amici etc. - due persone si mettono insieme e parlano perché attraverso il parlare, attraverso lo stare assieme, bonificano le parti di sé non integrate, non elaborate. Bonificano il marcio di sé .
Se noi fossimo soli in un'isola deserta come nel film "Cast away" avremmo bisogno di un bamboccio a cui parlare. Perché se noi siamo soli ci avveleniamo con quelle parti non elaborate del nostro sé che ci uccidono. Sono quelle parti che ci uccidono psichicamente… e forse anche fisicamente.
L'altro è indispensabile.
Un grande psicanalista scozzese, Fairbairn , per primo disse che il vero oggetto della pulsione non era solamente l'oggetto di soddisfazione, il vettore pulsionale, ma il vero oggetto della pulsione umana è il rapporto con l'altro.
Noi siamo affamati di relazioni. Noi cerchiamo sempre le relazioni con gli altri. Pensateci un po': qualsiasi oggetto del nostro desiderio è sempre un oggetto di relazione.
È facile questo da dire quando affermo che l'oggetto del mio desiderio è una persona dell'altro sesso, è più complesso, ma è ugualmente vero, quando l'oggetto del mio desiderio è un oggetto fisico. Pensiamo ad una macchina che può essere desiderata, lo è perché questa diviene un segnale di relazione con gli altri. Noi della Porsche ce ne facciamo un baffo se siamo soli sul pianeta, ci serve invece per entrare in comunicazione con gli altri. E via via dalla Porsche, alla penna stilografica, all'orecchino, all'ultimo disco del cantante preferito, sono tutti oggetti di relazione.
Perché attraverso la relazione l'uomo bonifica ciò che non è bonificato dentro di sé.
Nella terapia avviene esattamente questo come avviene in ogni altro rapporto, la differenza è che il terapeuta si fa carico di questa bonifica, cosa che magari non avviene sempre nei rapporti a due , in cui magari si alzano delle pareti, in cui ci si difende da questa necessità.
Nel prossimo incontro continueremo il nostro percorso generale. La nostra tabella, fatta di più colonne, la affronteremo ogni volta arricchendola sempre di nuovi contenuti. Per oggi finiamo qui.




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