Odio

L'odio e l'aggressività
Le radici dell'odio

L'odio è una mescolanza di rabbia, risentimento e desiderio di vendetta per un male subìto o che si pensa di aver subito. Infatti si accompagna all'individuazione di un nemico che  non  necessariamente corrisponde all'autore del danno arrecato: anche stimoli neutri possono essere percepiti come minacciosi, l'odio può riversarsi su vittime trasversali non direttamente responsabili del proprio vissuto negativo, e si può provare odio ed avere un comportamento aggressivo anche se l'altro non ha cagionato alcun danno, ma con la sua presenza costituisce un intralcio all'espansione della propria personalità.   

Nell'infanzia l' aggressività può non derivare  dall'odio, ma scaturire dal desiderio di autoffermazione ("bullismo"). Il fanatismo è invece l'odio generato dalla convinzione della propria superiorità che autorizzerebbe a ledere altri senza incorrere in sanzioni, come se fosse un proprio inalienabile diritto.

Il Demonio
Funzione rassicurante ed esorcizzante delle incarnazioni del male

Il Demonio è la personificazione del male ed ha una funzione rassicurante perché rende riconoscibili dall'esterno i segni del male  e isolabile il soggetto che ne è portatore. La dicotomia bene-male e i sentimenti netti ed oppositivi sono tipici dell'infanzia e degli archetipi che rappresentano la forma di pensiero primordiale.

L'opposizione bene-male
L'evoluzione dei sentimenti

Nell'infanzia il vocabolario emotivo è ristretto e costituito da coppie di opposti come bene-male, bello-brutto, amico-nemico. Con la crescita, intesa non come semplice progressione temporale ma come acquisizione di conoscenze ed esperienze significative, i sentimenti si fanno più articolati e il vocabolario si amplia consentendo una denominazione più precisa dei vissuti provati.

Tra normalità e follia
Squilibrio tra gravità del comportamento e futilità del movente

La ragione rimane delusa quando indaga sulle cause del male, perché si aspetta di individuare moventi rabbiosi, gravi quanto l'enormità dei crimini compiuti. La corrispondenza tra efferatezza del gesto e gravità del movente consente di giustificare il male, relegarlo al di fuori della  quotidianità e restarne estranei. 

Qualora questa rassicurante corrispondenza venisse intaccata dalla scoperta di moventi futili per gesti gravi si postulano la follia e la patologia, per ribadire l'incompatibilità tra normalità e male ed esorcizzare ancora una volta la paura. Si tratta di meccanismi difensivi per non accettare una realtà troppo dolorosa e minacciosa.


"La banalità del male"
Il volto comune e insospettabile del male 

Hannah Arendt, filosofa contemporanea, scrive:"Quando i moventi diventano superflui,il male diventa banale".  Quando Hanna Arendt vide Eichmann, generale nazista, si aspettava di cogliere nel suo aspetto i segnali del male, di riconoscere il mostro, il bruto, l'incarnazione della violenza umana. Invece egli apparve un uomo insospettabile, anonimo, comunissimo, all'apparenza innocuo e persino diligente e composto. Conclude convincendosi che il male non è "radicale",cioè sadico, perverso e demoniaco, ma banale, insulso, mediocre. Che il male non è dettato da violenza selvaggia e brutale, ma scaturisce da mediocrità, acriticità e piattume. (Tesi esposta nel suo reportage giornalistico-filosofico-politico "La banalità del male").

Argomenti correlati:
Dominio

        Alfabeto Emotivo
          Home