I RACCONTI DI AQUILONE
BLU
Dopo
la favola per i bambini
“
Dappertutto ”
Aquilone
Blu affronta ora con i ragazzi il tema degli abusi ai minori
.
VOGLIO
UNA VITA A COLORI
-
Ragazzi a rischio: la solitudine -
“Perche’ la vita
e’ sempre grigia e nera?” sbuffo’ Davide appoggiandosi maldestramente al
muretto, con lo sguardo abbassato alla ricerca di qualcosa da prendere
a calci e sfogare cosi’ la sua rabbia.
L’appuntamento era
per le ore 16, come ogni giovedi.
L’automobile non
tardo’ ad arrivare.
L’uomo, accennando
un sorriso, fece salire il ragazzo porgendogli il consueto regalo.
Poi, sfreccio’ lontano.
Davide abitava in
collina in una casa bellissima. I suoi genitori non lo avevano mai privato
di nulla: essendo figlio unico, tutte le sue richieste venivano esaudite
senza alcuna obiezione: lo stereo in camera, il motorino dopo la promozione,
il computer accessoriato di ogni sorta di giochini elettronici e, naturalmente,
il collegamento ad internet.
Davide aveva tutto,
proprio tutto cio’ che puo’ desiderare un ragazzino della sua eta’.
Di una cosa sola
avrebbe pero’ fatto volentieri a meno: la solitudine che lo circondava.
Avrebbe barattato volentieri qualche oggetto di troppo con un po’ di attenzione
e di affetto che lo avrebbero senza dubbio fatto sentire meno solo.
Sempre super impegnati
per lavoro, i suoi genitori lo affidavano quotidianamente alla solerte
tata la quale, oltre alle consuete faccende, scambiava di tanto in tanto
due parole anche con lui.
“Neppure oggi non
si riesce a vedere un sorriso su quel musetto?” domando’ la donna.
“Non ho nulla per
cui vale la pena sorridere, Lia”, rispose il ragazzo richiudendosi la porta
d’ingresso alle spalle.
“Sempre a lamentarti,
tu. Ma dove sei stato? Ha chiamato tua madre, ha detto che non rientrera’
fino a domani sera da Roma. La conferenza pare sia molto interessante.
Dimenticavo: ti saluta tanto”.
Davide tiro’ fuori
dallo zaino il nuovo cd-room che l’uomo gli aveva regalato quel pomeriggio.
Lo reputava una
persona buona e premurosa, sempre attento e generoso sin dal primo momento
in cui, per caso, si erano incontrati.
Quando trascorrevano
i pomeriggi insieme, lui non si sentiva solo come a casa.
Si sentiva invece
amato e ricoperto di quell’affetto quasi paterno che gli era sempre venuto
a mancare e per cui soffriva molto.
Suo padre, infatti,
non si interessava a lui perche’ andava sempre di fretta, non gli domandava
mai della scuola, se era felice, se aveva qualche problema.
Mai.
Non lo portava fuori,
al mare, in pizzeria.
Mai.
Si butto’ supino
sul letto ed afferro’ l’ultimo numero di Tex.
La mente ando’ al
giorno in cui si era imbattuto in quell’uomo.
Gli sorrise dal tavolino
del bar, mentre sorseggiava lentamente il caffe’ ed osservava, con fare
curioso, il via vai delle persone lungo il vialetto.
Pareva stesse aspettando
proprio lui.
Quando incontro’
i suoi occhi, come gli disse in seguito, li trovo’ spenti e tristi.
Gli offri’ una bibita
fresca e parlarono subito del piu’ e del meno.
A Davide piaceva
molto parlare.
A volte ne sentiva
un desiderio incontrollabile, un bisogno di urlare “Ehi, mondo! Ci sono
anche io qui!”: ma quello che mancava era un interlocutore attento e disponibile.
Si sentiva a proprio
agio con lui, gli raccontava tutto.
Gli piaceva girovagare
per la citta’ in macchina.
Un giorno l’uomo
gli chiese “Vuoi che ti insegni a guidare?” Davide era al settimo cielo
e penso’ a quanto sarebbe stato felice se glielo avesse proposto suo padre.
Il piazzale del
supermercato era deserto a quell’ora: si sedette al posto di guida e strinse
forte il volante.
Il cuore correva
a mille, mentre quelle mani grandi e robuste ricoprivano con forza le sue.
Davide era contento
ed emozionato, e quando l’uomo gli accarezzo’ con insistenza il viso lui
non si ritrasse ma lo ringrazio’ per come si stava prendendo cura di lui.
Tanti pomeriggi,
dopo la scuola, li trascorreva a casa di quell’uomo.
I films alla tv,
i fumetti, le passeggiate in giardino lasciarono piano piano il posto a
dei giochi che Davide non aveva mai conosciuto prima, dei giochi strani,
giochi da grandi, secondo lui, che all’inizio lo imbarazzarono e gli causarono
anche tanto dolore e tanta vergogna.
Ed ogni volta che
quelle mani grandi e robuste esploravano frettolose il suo gracile corpo,
ogni volta che quel respiro affannoso violava la sua intimita’, e quei
movimenti ripetuti uccidevano i suoi sogni, Davide chiudeva gli occhi e
rimaneva passivamente a subire in silenzio, mentre la sua ingenuita’ di
bambino volava lontano per lasciare il posto ad altri pensieri, ancora
una volta grigi e neri.
Ma mai si ribello’,
ne’ disse nulla, tale era il timore che l’uomo si arrabbiasse e scomparisse
per sempre dalla sua vita, e lui non voleva accadesse questo.
Nella sua testa
si era venuta a creare l’idea che tutto cio’ era una delle tante espressioni
d’amore che a lui nessuno aveva ancora spiegato ma, si era detto alla fine,
meglio che non averne affatto.
Ormai aveva conquistato
la fiducia di quell’amico divenuto col tempo cosi’ intimo e particolare.
Condividevano un
grande segreto: non raccontare a nessuno dei loro incontri e giochi, tanto
meno a papa’ e mamma che gli avrebbero proibito di frequentarlo e fatto
passare un sacco di guai.
“Sai che le persone
sono pettegole e maligne: chissa’ quanto sparlare farebbero alle spalle
della tua famiglia!” Cosi’ aveva detto l’uomo, e Davide aveva promesso
di tenere la bocca chiusa, non volendo deludere proprio nessuno.
Si sforzava di ricordare
se qualcuno gli avesse mai detto qualcosa in proposito, ma non gli venne
in mente nulla, tranne di aver distrattamente sentito una sera alla tv
che dei bambini erano stati trattati molto male da persone cattive che
li avevano costretti a fare cose “da grandi”, mancando loro di rispetto,
ma nulla aveva a che vedere con la sua storia, ne era certo.
In casa nessuno
aveva dato importanza a quella vicenda: la mamma aveva soltanto esclamato
“Sono problemi che fortunatamente non ci riguardano”, ma Davide non aveva
ben capito a cosa si riferisse, ne’ aveva chiesto spiegazioni.
Apri’ il frigorifero
e si verso’ un bicchiere di latte.
“La cena e’ in tavola”,
disse Lia.
Svogliatamente rispose
di non avere appetito.
Chiuse la porta
della sua camera e si affaccio’ alla finestra.
Una leggera brezza
gli scompiglio’ i capelli e gli regalo’ un po’ di sollievo portandosi via
l’odore dell’uomo che ancora gli era rimasto addosso e gli pungeva le narici.
Da lontano, i fari
delle auto in corsa gli illuminavano il viso al loro passaggio.
“Che bei colori”,
penso’ Davide.
Avrebbe voluto dipingere
allo stesso modo i propri pensieri, tuffando le mani in una immaginaria
tavolozza fatta di blu, rosso, verde, giallo… I colori dell’arcobaleno,
quelle sfumature che danno calore alla vita, che la trasformano, che la
rendono bella.
“I colori dell’arcobaleno,
ecco cosa manca alla mia vita.
E se tutto e’ ancora
grigio e nero ai miei occhi, vuol dire che vi e’ qualcosa di sbagliato
in cio’ che ricevo. Io merito di piu’, io voglio di piu’.
Voglio una vita
a colori”.
La vivace intelligenza
di Davide si stava mettendo in movimento e il suo spirito ribelle gli stava
dando un primo, flebile ma importante segnale.
Si distese su un
fianco e si addormento’ quasi subito.
Quella notte, per
la prima volta dopo tanto tempo, fece sogni fantastici.
Si vedeva per mano
ai suoi genitori e si sentiva felice, in piena armonia con tutto cio’ che
lo circondava.
Sogno’ tanti amici,
tanti ragazzi come lui che lo circondavano e gli dicevano “non sei piu’
solo, non devi piu’ subire quell’amore che e’ distorto, che ti fa solo
tanto male. Tu, come tutti noi, meriti il grande amore, meriti di scegliere
la vita”.
“… Voglio una vita
a colori…”
sussurro’ Davide
nel sonno,
mentre fuori un
nuovo giorno stava per nascere..
.
Greta
Blu per Aquilone Blu o.n.l.u.s.