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A tutti
i bambini del mondo
C'era
una volta in un tempo che non ricordo
una
piccola letterina non scritta,
né
affrancata né imbucata e tantomeno spedita.
Era
bianca come la parete più bianca che non abbiate mai visto
e
questo era il suo problema:
non
riusciva a trovare nessuno che la scrivesse,
nessuno
che facesse su di lei anche il disegno più brutto,
nessuno
che poi la chiudesse nella busta
e
la consegnasse al postino.
Sognava
di compiere un viaggio bellissimo
in
compagnia di una cartolina che proveniva dall'altra parte del mondo,
del
pacco più piccolo della Terra
che
doveva essere consegnato nel posto più sperduto
e
del telegramma più veloce che c'era
e
che l'avrebbe abbracciata
e
le avrebbe fatto fare il giro del mondo in un battibaleno.
I
suoi occhi vedevano un francobollo elegantissimo
posarsi
su di lei e baciarla,
distendere
i suoi bordi frastagliati con dolcezza
e
parlarle di un lungo viaggio nel più arido posto del pianeta,
laggiù
nella parte più sperduta dell'Africa
dove
c'è poca acqua e il sole secca la pianta più tenace
e
lascia senza cibo.
Allora
lei veniva consegnata al bambino triste che stava laggiù
che
l'avrebbe letta e sarebbe scoppiato a ridere
e
avrebbe contagiato la sua famiglia e quella del vicino,
il
villaggio e la città vicina e via via tutti e tutto
fino
a far ridere di gioia tutti quanti.
Ma
quella gioia e quella felicità scomparivano sempre
quando
apriva gli occhi e si rendeva conto che non si era mai mossa
da
quel cassetto pieno di bottoni e pinzette,
piccoli
esserini morbidi senza un'anima e figurine di calciatori,
ciondoli
e gomme da masticare.
Certo
aveva fatto la corte ai francobolli
che
stavano tutti ben distesi nel loro raccoglitore
e
russavano senza ritegno,
ma
loro affermavano di "essere fuori corso",
d'essere
troppo vecchi per intraprendere un lungo viaggio
e
che ora volevano solo riposare.
E
si era molto arrabbiata col vecchio pennino
che
non voleva sentire ragioni:
lui
per scriverla aveva bisogno di un calamaio,
di
uno scrittoio e di un tampone assorbente,
troppe
cose tutte assieme che neanche
la
splendida fantasia della letterina avrebbe trovato.
Così
il suo tempo passava tra cose che scomparivano
e
non tornavano più come i vecchi francobolli
che
furono riuniti in fretta e furia
in
un sacchettino trasparente e cambiarono casa,
i
piccoli bottoni che non trovarono mai più
il
vestitino a cui appartenevano
e
i nuovi arrivi che molte volte la sotterravano e la schiacciavano
a
tal punto da spiaccicarla sul fondo del cassetto.
Fu
durante uno di quei tragici riempimenti che conobbe Filippo,
il
più bel pennarello che non avesse mai visto:
lui
era magrissimo e aveva uno splendido colore blu,
blu
era il suo cappuccio e la sua punta,
e
lei, che lo aveva visto scivolare di notte dal quaderno da disegno,
subito
se ne innamorò.
Non
aveva mai visto nulla di così elegante e dolce,
di
così determinato e allegro
e
quando lei gli raccontò la sua triste esistenza
e
gli parlò dei suoi desideri,
scoprì
che anche Filippo avrebbe voluto viaggiare
e
visitare Paesi da sogno,
che
anche lui avrebbe voluto scrivere parole felici
e
riempire pagine e pagine di gioia.
E
che anche lui si sentiva inutile,
lasciato
per troppo tempo in quel quaderno da disegno
dove
era scomparsa la fantasia e in cui tutte le pagine
erano
rimaste vuote a tal punto da ingiallire rapidamente.
Fu
così che una sera i due decisero di provare a scrivere:
chiesero
al foglio bianco raggrinzito che stava lì vicino
di
prestare loro uno dei suoi angoli e Filippo,
togliendosi
il cappuccio con signorilità,
iniziò
a buttare giù parole, verbi, virgole e punti.
Ed
era talmente grintoso nello scrivere
che
non s'accorse di riempire solo l'angolo,
ma
le righe iniziali, quelle di mezzo e quelle della fine del foglio.
Stava
ancora continuando quando la letterina lo fermò
dicendosi
sicura che era arrivato il momento
di
buttarsi nell'avventura:
realizzare
i loro sogni e iniziare a viaggiare.
Allora
Filippo la distese sul fondo del cassetto,
dopo
aver fatto spostare le piccole cose che ingombravano,
e
iniziò a scriverla: sotto la sua punta lei rabbrividiva
e
provava strane sensazioni,
il
suo grattare e l'odore dell'inchiostro la fecero andare in estasi
e
lei si abbandonò in un sonno profondo
e
pieno di colori vivaci e frasi bellissime.
Sognò
di essere letta e riletta centinaia di volte,
di
visitare posti incredibili e di ritornare nel suo vecchio cassetto
per
essere riscritta da Filippo e poi ricominciare i suoi viaggi,
di
non stancarsi mai, di conoscere tutti i francobolli del mondo,
alcuni
coloratissimi e altri molto tristi
e
di vedere facce di bimbi di ogni nazione
che
la fissavano e la scrutavano attentamente
in
cerca del segnale per iniziare
un
nuovo gioco o una nuova favola.
E,
quando si risvegliò dopo tanto tempo,
si
ritrovò nelle mani del bambino dell'Africa che,incredulo,
iniziò
a leggere e scoppiò in una risata allegra e felice,
portò
la letterina a mamma e papà che la lessero ai fratellini
e
tutti iniziarono a ridere a più non posso
facendo
accorrere tutto il villaggio,
tutta
la città
e
tutto il mondo.
Fallaninna
- 5.10.1998
(A
Lucia e alla sua fossettina)