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GEOGRAFIA ASTRONOMICA: la tettonica a zolle 1 - INTRODUZIONE La rivoluzione operata nel pensiero geologico da questa teoria è relativamente recente, ma le radici della tettonica a zolle risalgono al XIX secolo. James Hall, geologo statunitense, aveva osservato che i sedimenti accumulati nelle catene montuose sono almeno dieci volte più spessi di quelli che si trovano nelle zone continentali aperte. Questa considerazione poneva le premesse per lo sviluppo della teoria della geosinclinale, secondo cui la crosta continentale si accresce per aggiunte successive, costituite dai sedimenti di geosinclinale corrugati fino al consolidamento. Un'altra scoperta del XIX secolo fu quella relativa all'esistenza di una dorsale oceanica nell'oceano Atlantico; negli anni Venti gli scienziati sapevano ormai che questa dorsale faceva parte di un sistema esteso a tutti gli oceani del mondo. Tra il 1908 e il 1912, teorie sulla deriva dei continenti erano state proposte da Alfred Wegener e altri geologi, i quali avevano riconosciuto come le zolle continentali potessero frammentarsi, spostarsi e collidere l’una contro l’altra, ripiegando i sedimenti di geosinclinale e creando catene montuose. Le indagini geofisiche sulla densità della Terra e le osservazioni dei petrografi avevano precedentemente mostrato che la crosta terrestre è costituita in sostanza da due tipi di associazione rocciosa: il sima, a base di silicati di magnesio (tipicamente basalto), caratteristico della crosta oceanica, e il sial, a base di silicati di alluminio (tipicamente granito), caratteristico della crosta continentale. Wegener pensava che le zolle continentali sialiche "navigassero" attraverso la crosta oceanica simatica come iceberg in un oceano. In seguito i geologi scoprirono che la crosta terrestre poggia su uno strato del mantello a comportamento plastico, detto astenosfera, situato a una profondità variabile tra i 50 e i 150 km. Dapprima dedotta ipoteticamente, l'esistenza dell'astenosfera è stata in seguito dimostrata attraverso lo studio della propagazione delle onde sismiche. Uno degli argomenti più persuasivi avanzati da Wegener per dimostrare la realtà della deriva dei continenti era la quasi perfetta corrispondenza geometrica di alcuni margini continentali contrapposti, come quelli di Brasile e Africa Occidentale. A sostegno della sua teoria Wegener adduceva anche considerazioni su età, tipo e struttura delle formazioni rocciose sulle sponde opposte. In tali formazioni, effettivamente, erano stati rinvenuti fossili degli stessi animali terrestri. Una simile corrispondenza non è tuttavia riscontrabile in altri margini continentali (ad esempio in tutta la cintura circumpacifica). Questo fatto era già stato osservato intorno al 1880 dal geologo viennese Eduard Suess, che aveva proposto la distinzione fra un "tipo atlantico" di margine, caratterizzato da brusco troncamento di catene montuose di età precedente, e un "tipo pacifico", connotato da catene montuose a cordigliera, allineamenti di vulcani e frequenti terremoti. 3 - ESPANSIONE DEI FONDI OCEANICI Tra il 1920 e il 1930 lo studio dei fondi oceanici registrò un notevole progresso quando il sonar, il principale strumento di ecoscandaglio, fu modificato in modo da poter misurare le profondità oceaniche e rilevare la topografia sottomarina. Diverse tecniche di ricerca oceanografica diedero risultati fondamentali: i profili magnetometrici attraverso le dorsali medio-oceaniche rilevarono che le rocce ai lati della dorsale erano disposte in bande simmetriche di diversa orientazione magnetica; la datazione dei basalti di fondo oceanico dimostrò che le rocce più vicine all'asse della dorsale erano effettivamente le più giovani. Inoltre, in corrispondenza della cresta della dorsale, non si riscontrava la presenza di alcun sedimento marino (i sedimenti appaiono invece ai lati e diventano più spessi via via che ci si allontana dalla dorsale). Queste e altre osservazioni suggerirono l'ipotesi secondo cui la dorsale è il luogo di generazione di nuova crosta oceanica: essa viene trasportata come magma dalle correnti convettive interne e, non appena fuoriesce sul fondo oceanico, si raffredda rapidamente, solidificando in roccia. Per fare spazio a questa continua aggiunta di nuova crosta, le zolle ai due lati della dorsale devono costantemente allontanarsi l'una dall'altra. Nell'Atlantico settentrionale, la velocità di movimento è dell'ordine di 1 cm all'anno, mentre nel Pacifico si raggiungono i 4 cm. Questi movimenti così lenti, provocati dalle correnti di convezione che hanno origine nel mantello, hanno dato luogo – nel corso di milioni di anni – al fenomeno della deriva dei continenti. Attualmente è possibile vedere un inizio del processo di frammentazione continentale nella grande Rift Valley africana, che partendo dalla valle del Giordano e dal Mar Morto, passando per il Mar Rosso, va ad attraversare l'Etiopia e gran parte dell'Africa orientale. Questa spaccatura è l'inizio di una lacerazione della crosta continentale, che prelude all'apertura di un nuovo oceano. Le nuove carte fisiografiche del fondo oceanico hanno anche rivelato che la cresta della dorsale medio-oceanica presenta profonde zone di frattura trasversali. Queste fratture corrispondono alle cosiddette faglie trasformi, che si sono sviluppate per scaricare le tensioni generate da tassi diseguali di espansione oceanica. La maggior parte di queste faglie è nascosta sotto gli oceani; una di esse (la faglia di San Andreas), tuttavia, emerge dall'oceano Pacifico in prossimità di San Francisco e attraversa centinaia di chilometri di territorio. 4 - ARCHI VULCANICI E SUBDUZIONE I problemi dinamici delle coste di tipo pacifico sono riconosciuti fin dagli anni Trenta dai sismologi americani; essi hanno dimostrato che i terremoti associati a queste fasce si originano a scarsa profondità in corrispondenza del lato esterno (a mare) degli archi insulari vulcanici e che la profondità dell'ipocentro aumenta fino a raggiungere un massimo di 700 km a una distanza di 700 km nel retroarco. Dopo un'attenta analisi di un singolo caso, il sismologo statunitense Hugo Benioff aveva concluso che questa geometria corrispondeva a un piano di faglia (piano di Benioff) che si estendeva attraverso la crosta fino a raggiungere il mantello superiore, con un'inclinazione verso il continente di circa 45°. Un sottoscorrimento dalle caratteristiche simili, in corrispondenza della catena alpina, era stato ipotizzato nel 1906. Negli anni Cinquanta questo processo fu detto di "subduzione". L'esistenza di simili piani di subduzione (attuali o inattivi) è stata ora dimostrata lungo quasi tutte le coste di tipo pacifico. La maggior parte di queste fasce presenta un sistema di faglie principali che decorre parallelamente al sistema montuoso. A intervalli di tempo più o meno lunghi, le faglie possono mettersi in movimento graduale o improvviso e in un singolo episodio sismico può prodursi uno spostamento anche di 5 m. Faglie simili si trovano in Cile, Alaska, Giappone, Taiwan, nelle Filippine, in Nuova Zelanda e a Sumatra. Nel corso della subduzione, la crosta oceanica viene costantemente trascinata nel mantello, dove va incontro alla fusione. Dato questo continuo riciclo, nessuna porzione dell'attuale crosta oceanica supera l'età di 200 milioni di anni. Un effetto importante della fusione di crosta oceanica subdotta è la produzione di nuovo magma. Quando la crosta oceanica fonde, il magma che si forma risale dal piano di subduzione fino alla superficie terrestre. L'eruzione di magmi prodotti dalla subduzione ha creato lunghe catene ad arco di isole vulcaniche, come il Giappone, le Filippine e le Aleutine. Laddove una zolla tettonica oceanica va in subduzione al di sotto della crosta continentale, il magma prodotto dalla fusione della crosta oceanica risale attraverso vulcani situati tra lunghe catene montuose a sviluppo lineare, come la cordigliera delle Ande, fino a circa 100 km, procedendo nell'entroterra a partire dalla zona di subduzione. Oltre a creare e alimentare i vulcani, la fusione di crosta oceanica subdotta è responsabile della formazione di giacimenti di minerali metallici. 5 - TETTONICA A ZOLLE INTEGRATA Tutto questo bagaglio di idee e conoscenze doveva essere organizzato in una teoria integrata della dinamica terrestre. Negli anni Cinquanta, il geofisico canadese Tuzo Wilson ha dimostrato la continuità globale delle zone di subduzione. Xavier Lepichon, uno studente francese di sismologia al Lamont, ha determinato la geometria delle zolle attraverso dati di tipo sismico, mentre il geofisico americano Robert Sinclair Dietz ha ricostruito a ritroso nel tempo le posizioni dei continenti e delle zolle oceaniche fino a 200 milioni di anni fa. |
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