Introduzione all'Archeoastronomia | ultimo aggiornamento:
06-Feb-2012 11:33
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testo di Franco
Ruggieri |
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disegno originale di Antonella
Rotella |
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L’Archeoastronomia
studia i rapporti fra Archeologia e Astronomia. |
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Ricerca
cioè attraverso mezzi archeologici, o comunque di indagine del passato,
le conoscenze astronomiche degli uomini antichi
attraverso le loro applicazioni pratiche. |
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La
raccolta di informazioni sui moti apparenti del sole, della luna, dei
pianeti e delle stelle da parte dell’uomo
ha avuto radici assai lontane che, allo stato attuale delle nostre conoscenze, sembrano
affondare nel Paleolitico superiore, almeno venticinquemila anni or sono. |
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Tutto
ciò ha avuto un’importanza essenzialmente pratica: una delle applicazioni
più spontanee, ma anche più importanti
per la vita dell’uomo primitivo, fu l’utilizzo di queste informazioni per
la comprensione del concetto di tempo e la conseguente costruzione di
un sistema di misure che permettesse di
calcolare con sufficiente esattezza il succedersi delle stagioni e
la durata dell’anno. |
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Il SOLE | ||
Il primo “orologio” naturale fu il Sole che, con l’alternare periodi di luce a periodi di buio, fornì inizialmente il concetto di giorno
e la distinzione tra giorno e notte. |
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Qualunque
oggetto illuminato produce una zona d’ombra e non deve essere stato difficile
al cacciatore del Paleolitico scoprire
che, addormentatosi in una calda giornata estiva all’ombra di
una roccia, si era destato dopo un certo tempo in pieno sole. La roccia
certamente non s’era mossa, lui
neanche, quindi l’unica cosa che avrebbe potuto cambiare posizione era
proprio l’ombra. |
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Un’osservazione
più accurata di questa, prolungata nel tempo di alcuni minuti e riferita
ad un oggetto molto alto, permetteva di
notare l’effettivo progredire dell’ombra sul terreno. |
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Nasce da questa considerazione il primo strumento astronomico della preistoria: lo GNOMONE che, a dispetto del nome altisonante, è in origine un semplice bastone piantato verticalmente nel terreno in una zona sufficientemente libera da ingombri (grosse pietre, alberi, arbusti…) così da poterne notare l’ombra in tutta la sua possibile estensione ed in qualunque direzione sia proiettata. All’alba, il bastone produce un’ombra lunga e sottile verso occidente. Nel corso della mattinata, mentre il sole si alza sull’orizzonte, l’ombra si accorcia sempre di più, ruotando lentamente da occidente verso nord.
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Lo gnomone (1) | ||
A mezzogiorno
(il mezzogiorno
vero, non quello a cui
ci hanno abituato i nostri orologi moderni) il sole ha raggiunto il punto più alto dell’orizzonte
che è al tempo stesso anche il punto più meridionale. L’ombra si trova
in quel momento al suo valore minimo come lunghezza e punta esattamente verso
il nord astronomico. |
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l'ombra dello gnomone al mattino | poco prima di mezzogiorno |
al pomeriggio |
Nel corso del pomeriggio l’ombra riprende
ad allungarsi, ruotando da nord verso oriente fino a raggiungere
nuovamente la massima lunghezza al tramonto. |
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Segnando opportunamente, con delle pietre
o dei bastoncini piantati in terra, una divisione in parti
più o meno uguali dell’arco proiettato dall’ombra della punta del bastone,
è anche possibile dividere la lunghezza
del giorno in periodi successivi che, almeno concettualmente, diventeranno poi
le nostre ore. Incidentalmente tale sistema permetteva, e permette tuttora, di stabilire con sufficiente precisione i punti cardinali: con esattezza il nord
(direzione dell’ombra al suo minimo giornaliero) e
il sud (posizione del sole nello stesso momento); con una certa approssimazione
l’est e l’ovest (punti dell’orizzonte dove
rispettivamente sorge e tramonta il sole agli equinozi). |
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Ad un’epoca probabilmente più tarda, forse al passaggio fra il Paleolitico e il Neolitico, è da attribuirsi l’osservazione che il variare della lunghezza dell’ombra proiettata a mezzogiorno non era costante. Infatti raggiungeva la minima estensione al solstizio d’estate, la massima al solstizio d’inverno ed un valore medio in corrispondenza dei due equinozi, di primavera e d’autunno. Questo permetterà di valutare la lunghezza dell’anno – il periodo compreso fra due solstizi, di solito invernali – e poi dividere questo in stagioni.
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